17 Luglio 2024
Politica

Attentato a Trump: la verità su chi ha sparato… – Umberto Bianchi

A seguito del recentissimo attentato in quel di Pensilvanya all’ex Presidente Usa Trump, durante un tour elettorale, si sono levati i soliti coretti di condanna e di distinguo, tesi a rimarcare la distanza delle forze politiche che incarnano il politically correct da qualsiasi tipo di violenza, arrivando al solito a pronunciare le solite analisi sulla violenza insita ad una società (quella americana…) ove vige una sin troppo larga manica nell’uso delle armi, arrivando a sottintendere che certi episodi sono il frutto avvelenato di quella mentalità “reazionaria” di cui lo stesso Trump ed i suoi seguaci sarebbero portatori. A fare un’analisi più approfondita, invece, quanto accaduto non dovrebbe poi suscitare più di tanta meraviglia.

A ben vedere, difatti, sembra che un invisibile “file noir” colleghi tutta una serie di eventi legati, guarda un pò, a tutti quei personaggi che, in qualche maniera, hanno deviato o si sono messi di traverso rispetto alle direttrici delle politiche globaliste. Partiamo dal più recente caso: quello di Marine Le Pen. Dopo esser stata sconfitta da una serie di vergognose manovre di palazzo, nonostante il suo Rn fosse il primo partito di Francia, quanto a numero di elettori, ora si trova “stranamente” coinvolta in un’inchiesta della magistratura d’Oltralpe. Il caso numero due riguarda, invece, un uomo di Chiesa, quel monsignor Viganò che, praticamente unico in ambito ecclesiale, ha avuto il coraggio di denunciare con vigore le distorsioni, le falsità ed i soprusi commessi durante il periodo della cosiddetta “emergenza sanitaria”, oltre ad altre scomode uscite, in primis sulla allegra gestione delle finanze vaticane dello Ior, tentando di fare un po’ di ordine e tante altre uscitine non gradite a quei Poteri Forti che, anche in Vaticano godono di solidissimi appoggi e punti di riferimento. Il terzo caso riguarda un nome forse più altisonante ed è quello del presidente russo Vladimir Putin che, a seguito del conflitto con l’Ucraina, si è visto denunciare come criminale di guerra, contemporaneamente all’erogazione di una impressionante quantità di sanzioni nei riguardi della Federazione Russa.

La cosa che qui lascia perplessi è che, per esempio, nei riguardi dello stato israeliano, e dello sproporzionato numero di 40.000 e passa morti, scatenati per rappresaglia all’attaco di Hamas del 7 ottobre 2023, non è stato emesso alcun tipo di sanzione o seria condanna ufficiale, che dir si voglia. E questi sono i più recenti ed eclatanti casi, verificatisi a partire del biennio dell’emergenza Covid. Perchè, a voler essere precisi, molti altri ve ne sarebbero di esempi in questo senso. Da poter citare, uno su tutti, quello riguardante le “strane” vicende giudiziarie riguardanti proprio l’ex presidente-tycoon Usa di cui stiamo parlando. Ora, Donald Trump non può certo esser citato quale figura ideale di antagonista al Globalismo. Egli rimane pur sempre colui che è stato e che, probabilmente sarà di nuovo, il presidente della più potente nazione del mondo, simbolo vivente del capitalismo e del liberismo.

Resta il fatto però, che l’impostazione della sua azione politica ha debordato non poco, da quelle che, del Globalismo tout court, sono le linee direttrici, impostando la politica estera degli Usa verso un sempre maggior isolazionismo, almeno per quel che riguarda tutte le questioni attinenti il Vecchio Continente, concentrando maggiormente, invece, le proprie energie sull’area geo economica del Pacifico, per quel che attiene, in particolare, i rapporti con la Cina. Trump, tra l’altro, è stato colui che si è messo di traverso con la Fed, impedendo che questa alzasse ulteriormente i tassi di interesse, una manovra questa, in totale controtendenza con quanto i suoi predecessori erano generalmente soliti fare riscuotendo un grande successo, in ispecial modo, tra i rappresentanti di quella middle class, schiacciata e pressata dalle recenti crisi finanziarie e da un regime fiscale, troppo spesso insensibile ai suoi bisogni.

Con la presidenza Trump, gli Usa hanno beneficiato di una ripresa economica senza precedenti, dopo la crisi finanziaria del 2008. Una ripresa accompagnata, come abbiamo già avuto modo di rilevare, da una progressiva tendenza all’isolamento, accompagnata dalla riscoperta dei classici temi di un populismo di stampo conservatore: lotta alle elites finanziarie, contrasto all’immigrazione, forte attenuazione del regime fiscale, maggior attenzione alla difesa della famiglia tradizionale e della proprietà privata e via discorrendo. I modi spicci accompagnati ad un forte decisionismo personale hanno fatto il resto. Quella di Trump, tra l’altro, è stata la prima presidenza praticamente esente da interventi bellici, eccezion fatta per l’episodio dell’omicidio del generale iraniano Suleimany. Al di là dei toni roboanti poi, Trump è riuscito a riappacificarsi parzialmente con la Corea del Nord e ad intraprendere una politica di non contrasto nei riguardi della Federazione Russa.

Tutta una serie di elementi questi, che fanno del tycoon americano uno dei rappresentanti di punta di una tendenza che va faticosamente affermandosi a livello mondiale, imperniata sul pieno ritorno alla sovranità politica ed economica di una comunità nazionale. Questo in aperto contrasto con le linee guida di un liberismo globale imperniato, invece, sul demandare la sovranità politica ed economica dei vari paesi ad organismi sovranazionali, privilegiando un’economia che, sempre più finanziarizzata, va sempre più incentrandosi sulla produzione ex nihilo di titoli virtuali, generatrice di un micidiale mix di debito e di crisi, di contro alla produzione di beni materiali su cui si incentra l’economia reale. È chiaro che tutto, questo fa di Donald Trump un elemento inviso a coloro che del liberismo globale sono gli alfieri.

Non dimentichiamoci che quella del liberismo globale, in salsa progressista non è una istanza recente, né frutto di una qualsivoglia transitoria moda ideologica, bensì è frutto della sedimentazione di qualche secolo di idee in tal senso e può quindi contare su una più che solida base di consenso ad altissimo livello. Ora, credere che questi signori cedano il posto, accettando supinamente quelli che possono essere i risultati della dialettica politica e delle varie istanze ideologiche, è pura illusione. Certa gente, pur di non cedere le redini del comando è disposta a tutto, arrivando anche a violare gli stessi principi di quella democrazia di cui essi stessi si fanno alfieri.

Non ci meravigli pertanto, la violenza da sempre presente sullo scenario politico americano, vista la posta in giuoco. Nè ci meravigli quanto accaduto in Francia con la Le Pen. Per Lor Signori qualsiasi trucco o scorrettezza o falsità, sono leciti, pur di rimanere in sella. Abbiamo ben capito “chi” ha sparato a Donald Trump o cosa ci sia dietro agli “strani” capitomboli politici della Le Pen. Pensare di far cambiare direzione al mondo in un sol colpo, affidandosi ad una fortunata tornata elettorale, è quanto di più illusorio si possa fare. Quella che ci si prospetta innanzi, è una lunga lotta epocale che via via, tappa per tappa e senza esclusione di colpi, potrebbe portare ad un auspicabile e necessario cambio di rotta, a livello mondiale. Ma dovrà passare il tempo ed a vincere saranno solamente coloro che avranno pazienza, tenacia ed idee chiare, tali da far ripiegare ed implodere su sé stesso un Sistema. A questo punto vale il detto: “chi vivrà vedrà”.

Umberto Bianchi

1 Comment

  • Primula Nera 17 Luglio 2024

    Da maggio abbiamo avuto : gravi aggressioni in Germania contro esponenti di destra ; l’attentato a Fico, premier slovacco critico riguardo alle politiche UE sull’Ucraina ; lo strano “incidente” mortale a Raisi, presidente iraniano, amico della Russia e acerrimo nemico di Usa e Israele.
    E adesso Trump…
    La sensazione che un certo mondo sedicente “democratico ” sia in difficoltà e stia agendo come la mafia è ,quantomeno, un sospetto…

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