di Mario M. Merlino
Commenti a caldo sulle elezioni. Bah, forse è troppo, per quanto mi riguarda. Non sono un politologo e, in un certo senso, me ne faccio schermo. A torto, va da sé, anche perché sono della generazione che è cresciuta, ’68 e dintorni, con la fissazione che ‘tutto è politica’. Mi viene a mente da buon (ex)professore di storia che, durante l’età giolittiana, gli ufficiali dell’esercito regio si facevano vanto non conoscere nome e cognome del ministro della guerra e, altresì, la classe politica poco o nulla sapesse di cose militari. Gli effetti si videro alla vigilia e durante la prima guerra mondiale. Alla morte del generale Pollio fu nominato il Cadorna solo perché era il più anziano nella lista dello stato maggiore. E il Cadorna tanto aveva in dispregio ministri e uomini politici che, si dice, accettò solo alle condizioni che non si impicciassero della conduzione bellica. Così i soldati morivano all’assalto delle trincee asburgiche sul Carso mentre il paese era ignaro, fino a divenire quasi indifferente, di quanto avveniva al fronte. Niente propaganda, malvisti i volontari soprattutto se politici e interventisti (emblematico fu il caso di Mussolini bersagliere), cieca l’obbedienza. Ci volle Caporetto perché, nel timore che gli austro-tedeschi dilagassero oltre la linea del Piave, la guerra divenisse patrimonio di tutti e per tutti. E furono gettate le basi per quella riscossa nazionale da cui il fascismo trasse linfa in uomini e ideali. Caporetto, già…
Ovviamente la saccenteria ex cattedra e registro non arriva ad equiparare le vicende del 1917 con la fiera delle vanità – nella duplice accezione del termine (soprattutto in quella di ‘inutilità’ se è vero che siamo poco più di una colonia) – di quest’ultima tornata elettorale con proiezioni commenti analisi vincitori (quali?) e vinti (quali?) esclusi eccellenti ripescati vecchi volti e volti nuovi e sconosciuti. In fondo si tratta di mediocri miserie umane, piccoli peccati veniali agli occhi della grande storia, certo però in una condizione di miserabilità morale civile economica nella quale ci hanno trascinato e dalla quale non si vede appiglio per uscirne fuori. Non mi ripeterò, quale risoluzione estrema radicale ed auspicata, sul binomio ‘bastonate e barricate’ con cui ho ammorbato i lettori di Ereticamente e a commento sulle pagine di fb. E, tanto per non farmi mancare ulteriori reminiscenze storiche e sana nostalgia, olio di ricino il BL18 carico di squadristi in camicia nera ‘pugnal fra i denti le bombe a mano’…
Molti dei miei amici scrivono irridendo su quel ‘0,4’ e del suo cap-etto (cento grammi scarsi di niente idee niente programmi niente dignità) che potrà solo fare il maggiordomo in casa Tulliani a Montecarlo. Ed io sono fra loro. Perché il modo come ha voluto realizzare lo strappo da Berlusconi (capisco che in politica non esiste la parola ‘grazie’ e che lo stile appartiene ad altra razza), ha il ‘colore grigio della vergogna’, come si esprimeva Mario Castellacci a proposito dell’8 settembre. E il confronto con Badoglio è fra la tragedia e la farsa, certo, ma entrambi erano intenzionati a sottomettere il nostro paese ad ulteriori supremazie a base di stelle a strisce o a stelle a sei punte – che, in fondo, si equivalgono… Perché non vale, no, per lui non vale il ragionamento che ‘il cavaliere nero’ ha sdoganato sì la destra, ma l’ha privata d’ogni identità e idealità, riducendola ad un consiglio d’amministrazione famelico osceno scomposto. Accusa da non trascurare se sfogliamo i giornali di questi ultimi mesi anni giorni e, tanto più indecente e servile, perché agli occhi della opinione pubblica questa è l’immagine che emerge (e noi rientriamo in questa broda, pur nostro malgrado)…
Ci sono, però, altre percentuali da prefisso telefonico e queste, purtroppo, sono laceranti segni di imbarbarimento oltre che di idiozia politica. Quelle sulle quali non c’è concesso ridere o soltanto ridere amaramente. Sono le percentuali legate a destra della destra, in un rincorrersi di poche centinaia di voti per una sorta di Guignol’s Band, prendendo a prestito il titolo di un romanzo (1944) di Céline o, classicheggiando, un quadro del pittore fiammingo Hieronymus Bosch, odor di zolfo e danzatori dal piede di capra. Di più: la loro somma – e in politica la somma di più realtà non corrisponde all’aritmetica – non cambierebbe di molto la pochezza dei numeri salvo il farsi, di volta in volta, contare e, in una democrazia parlamentare, solo la percentuale delle crocette acquista valore e misura. Il vecchio presidente Mao raccomandava ai rivoluzionari di professione di essere come i pesci che nuotano nell’acqua, la società in cui confondersi, non certo nel laghetto artificiale attrezzato per la pesca… Così l’invito di Marcello Veneziani, ormai stanco di Itaca e delle sue infruttuose pietraie, e di Pietrangelo Buttafuoco (sgradito il primo; simpatico il secondo, tanto per un qualcosa d’ulteriormente personale) di sedersi attorno a un tavolo per trovare unità d’intenti mi sembrano sedute spiritiche o, in modo più ameno, eco della canzone di Giorgio Gaber Al bar Casablanca… E, ci ricado nelle mie fissazioni, le gambe del tavolino sarebbero più utili e meglio utilizzabili come randelli. Non credo ad un nuovo capo carismatico, decisionista, ma preferisco immaginarmi tanti Lemmonio Boreo ovvero l’allegro giustiziere di Ardengo Soffici. Siccome, però, temo che all’appuntamento con la storia continueremo ad arrivare in ordine sparso, confusi divisi litigiosi vanitosi presuntuosi, sarà il caso che mi astenga d’altro dire.
Mi hanno regalato in questi giorni un certo numero di romanzi di Emilio Salgari in edizioni d’inizio secolo. Quante volte abbiamo letto dei cacciatori di teste del Borneo… Mo
lte teste sono rotolate ad urne aperte, molte altre si preparano ad essere spillate dal collo in un prossimo futuro. (Mi sembra che qualcuno già chieda quella di Gargamella). Un regolamento di conti, magari senza spargimento di sangue ma con molte lacrime. Quanti malumori invidie delusioni rancori rigetto di responsabilità e capri espiatori… insomma ci sarà da divertirsi e, al contempo, dare un senso allo stato presente delle cose per essere, si spera, di nuovo in cammino…
lte teste sono rotolate ad urne aperte, molte altre si preparano ad essere spillate dal collo in un prossimo futuro. (Mi sembra che qualcuno già chieda quella di Gargamella). Un regolamento di conti, magari senza spargimento di sangue ma con molte lacrime. Quanti malumori invidie delusioni rancori rigetto di responsabilità e capri espiatori… insomma ci sarà da divertirsi e, al contempo, dare un senso allo stato presente delle cose per essere, si spera, di nuovo in cammino…