Come sapete, il passaggio tra un anno e l’altro è un momento di consuntivi e previsioni.
Poiché non sono un astrologo, anzi, nell’astrologia nemmeno ci credo, non azzarderò profezie per l’anno a venire, tuttavia una cosa credo di poterla rilevare: la Chiesa ha deciso che il 2025 sarà un anno santo. Gli anni santi, un tempo secolari, sono diventati sempre più frequenti, si tratta senza dubbio di un espediente per rinsaldare la fede di una società sempre più indifferente alla religione e secolarizzata, ma con ogni probabilità, l’unico risultato che otterrà, sarà quello di rimpinguare i conti degli albergatori romani.
Altro che anno santo! Pasqua coinciderà con la data di un compleanno molto festeggiato in Germania tra il 1933 e il 1945, e pasquetta con il natale di Roma, e già questa sembra la risposta di un fato forse meno cieco di quel che si vorrebbe pensare, alle sparate ecclesiastiche.
D’altra parte, simili metodi hanno già dimostrato di fare cilecca, potrebbero proclamare un giubileo ogni due o tre anni, e non otterrebbero comunque risultati di sorta. Un predecessore dell’attuale pontefice, Carol Woytila, che era uomo di ben altro spessore e di ben altro carisma di Bergoglio, durante il suo pontificato ha fatto più santi di quanti la Chiesa ne abbia elevati agli onori degli altari in tutti i secoli precedenti, e ciò non ha inciso minimamente sul laicismo e l’indifferenza verso la religione della società moderna.
Ma adesso lasciamo stare un futuro che, per definizione è oltre le nostre possibilità di conoscenza, e vediamo cosa di notevole ci ha apportato questo 2024 dal quale ci apprestiamo a prendere congedo.
Forse, l’evento più notevole del 2024 è stato la rielezione con un voto che si è dimostrato un vero plebiscito popolare, di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti.
Quello che più colpisce di questa elezione, a parte il fatto che Trump viene, se non vado errato, a stabilire l’inedito primato di due mandati non consecutivi, è lo stacco fra il risultato delle urne e i sondaggi che invece, fino all’ultimo minuto, davano un testa a testa all’ultimo voto fra Trump e la candidata democratica e vicepresidente uscente Kamala Harris.
Il fatto che il rodato meccanismo dei sondaggi sia in questo caso clamorosamente fallito, richiede una spiegazione. Il sistema mediatico era tutto schierato dalla parte della Harris, negli USA come da questa parte dell’Atlantico. Questo può certamente aver indotto i rilevatori a forzare i dati quando, come sempre accade, in una certa percentuale, si presentavano ambigui, ma il motivo principale, ritengo, non è questo.
La spiegazione più probabile è che il battage mediatico intorno alla Harris abbia intimidito gli elettori americani in maniera così rilevante che molti di loro non se la sono sentita di confessare che avrebbero votato per Trump, e questo ha alterato le rilevazioni.
Questa circostanza ci dice molto su quello che sta avvenendo oggi negli Stati Uniti e anche in Europa, dove la sinistra, dismessi i panni marxisti, si è ridisegnata a imitazione dei democratici di oltre Atlantico.
Proprio commentando la vittoria forse non inattesa, ma di certo di proporzioni inattese del magnate americano, qualcuno ha osservato che oggi “la sinistra sa parlare soltanto alle élite”. Noi sappiamo, naturalmente, che non è il caso di parlare di élite, che non ne esistono più, che l’unica linea di demarcazione che esiste oggi tra le classi sociali è l’entità del conto in banca, che semmai si dovrebbe parlare di classi alte, ma resta il fatto che questo commento ha colto un fatto molto importante.
Da una parte e dall’altra dell’Atlantico, la sinistra tutta presa dalle questioni del LGBT+, dei migranti, dell’armocromia, ha del tutto voltato le spalle a quelle classi popolari che un tempo costituivano il suo tradizionale bacino di utenza.
Questa è una realtà di cui vi avevo già parlato tempo addietro, commentando che, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, aderendo al pensiero liberista con l’entusiasmo dei neofiti, la sinistra “ha buttato via il bambino – il socialismo, l’idea dell’intervento dello stato nell’economia a fini di equità sociale – insieme all’acqua sporca”.
E’ un giudizio che devo in parte rettificare, perché la faccenda è un tantino più complessa, risale infatti al ’68, agli anni della contestazione che hanno visto i partiti e i movimenti di sinistra sempre più infiltrati da elementi borghesi e alto-borghesi che hanno permesso agli stessi di guadagnare posizioni strategiche nell’economia, nella cultura (che in ultima analisi è un mercato come un altro), nell’informazione, negli apparati dello stato, nella magistratura. In questi decenni, costoro, la “sinistra al caviale” sono diventati l’elemento preponderante. Non si fatica a immaginare che per costoro liberarsi della maschera marxista deve essere stato un autentico sollievo. “Il bambino”, si può dire, non è stato buttato via, non esisteva proprio, o era morto da un pezzo.
Naturalmente esiste sempre, anche se col tempo si va assottigliando, quello che Achille Occhetto chiamava lo zoccolo duro, dei “compagni” puri e duri (di comprendonio) che non si sono minimamente accorti di tutto quanto è accaduto dal 1991 in poi, e poi ci sono sempre, prevedibilmente, quanti sono legati ai partiti di sinistra e ai sindacati, da interessi personali o familiari-clientelari.
Una cosa che possiamo notare, non so con quanta soddisfazione, è che l’Italia ha fatto scuola. La sinistra americana, peraltro senza riuscirci, ha cercato di sbarrare la strada a Trump per via giudiziaria, mobilitando i magistrati sul suo libro paga, esattamente come la sinistra italiana ha fatto in passato con Berlusconi e continua a fare con Salvini. Non ce l’hanno fatta, forse dovrebbero venire a Roma e studiare ancora un po’.
Ma d’altra parte non si può non ammirare il profondo senso democratico di questi democratici che sono disposti ad accettare il giudizio popolare solo quando va a loro favore, ma se il responso delle urne è loro avverso, cercano in tutti i modi di sovvertirlo per via giudiziaria.
Tuttavia non è il caso di farsi prendere da facili quanto ingiustificati entusiasmi, occorre ricordare che Donald Trump è pur sempre un presidente USA, uno yankee con una mentalità yankee, che non ci permette assolutamente di considerarlo “dei nostri”, anche se – ammettiamolo – il modo in cui la sua rielezione ha fatto rosicare i “compagni” fino ai gomiti, ci ha dato una bella soddisfazione.
Noi possiamo, ad esempio apprezzare la sua promessa, sperando che la mantenga, di porre fine alla guerra in Ucraina cessando di sostenere Kiev, ma non possiamo dire altrettanto del suo rinnovato sostegno alla politica genocida di Israele in Medio Oriente.
Sul fronte della guerra in Ucraina, comunque c’è poco da stare allegri, perché Biden (o meglio chi sta dietro a Biden, perché dubito che un ottantenne che dovrebbe stare non alla Casa Bianca ma in una casa di riposo, con chiari sintomi di alzheimr abbia una reale capacità decisionale), nell’attesa di passare la mano a Trump, sta portando a un inasprimento del conflitto consentendo a Kiev di impiegare armi strategiche contro il territorio russo, e avvicinando tutti noi al baratro di una terza guerra mondiale.
Tuttavia, devo dire che ho trovato quasi umoristica l’affermazione di alcuni commentatori secondo i quali, venendo meno l’appoggio americano, toccherà agli stati dell’Europa occidentale farsi carico di un maggiore sostegno a Kiev. E’ molto probabile che non faranno niente. I governi dell’Europa occidentale sono dei burattini, e i burattini rimangono del tutto inerti se la mano del puparo si sfila.
L’Ucraina combatte per “i valori dell’Occidente” e la libertà, la libertà di portare le armi della NATO sempre più vicine a Mosca, la libertà di opprimere i russi del Donbass, la libertà di assassinare Darya Dugina.
Molto meno della decisione di togliere l’appoggio a Kiev, ci può piacere quelle di continuare e probabilmente incrementare l’appoggio a Israele. Israele è uno stato canaglia e assassino, e si vede bene come ha in programma di risolvere la questione palestinese, con la morte dell’ultimo palestinese.
Bisogna considerare per capirlo, non solo il potere economico e il controllo assoluto che ha sul sistema mediatico la lobby ebraica americana, ma anche il peso che ha la bibbia nella mentalità yankee, e con essa l’attribuzione della (falsa) centralità al popolo (auto)eletto.
Devo dire la verità, se c’è una cosa che mi rivolta lo stomaco, è sentire i professionisti della disinformazione mediatica che ci bombardano ogni giorno di menzogne, parlare di “risorgente antisemitismo”. Essi confondono deliberatamente la naturale, umana, sacrosanta indignazione per le atrocità che Israele sta compiendo a Gaza, in Cisgiordania, in Libano con il razzismo di ottanta anni fa. Chi vi parla di antisemitismo, siatene certi, sta cercando di ingannarvi.
Adesso lasciamo le vicende della politica internazionale per occuparci un po’ di casa nostra, di questa nostra Italia.
Da un po’ di tempo siamo bombardati di sondaggi e dalle opinioni di commentatori che discettano su ogni variazione dello zero virgola delle intenzioni di voto da una settimana all’altra. Anche costoro devono pur mangiare, e per farlo, devono pur sporcare d’inchiostro un certo numero di pagine, ma sostanzialmente quello che ne esce, con trascurabili oscillazioni, è il quadro uscito dalle ultime elezioni politiche. Anche i recenti, strombazzatissimi successi del PD alle elezioni amministrative in Emilia Romagna e in Umbria non spostano di molto le cose.
L’Emilia Romagna, lo sappiamo, è la roccaforte “rossa” per eccellenza in Italia, quindi non c’è proprio da stupirsene. Per l’Umbria il discorso è analogo, contata da sempre tra le “regioni rosse”, era passata provvisoriamente al centrodestra, e “i compagni” non hanno faticato troppo a riprendersela. Non si tratta in entrambi i casi di risultati epocali.
Se consideriamo le cose in termini di rapporti di forza fra i partiti, vediamo che Fratelli d’Italia ha raggiunto la dimensione attuale di primo partito ingrandendosi a spese di Forza Italia e della Lega, mentre a sinistra, la rimonta del PD e l’affermazione di Alleanza Verdi Sinistra, sono avvenute grazie alla crisi in cui si trovano oggi i Cinque Stelle, è il rapporto di forze o la frontiera fra centrodestra e centrosinistra che sembra non molto più mobile degli schieramenti nemici sul Carso durante la prima guerra mondiale.
La maggioranza governa e l’opposizione si oppone, ovvio, ma c’è da chiedersi con quale faccia il centrosinistra possa sventolare sotto il naso della gente un libro dei sogni di cui, in sessant’anni di governo quasi ininterrotto, non ha realizzato nulla. E’ paradossale, ma sono gli stessi esponenti del PD a dirci che se le recenti alluvioni che hanno devastato la Romagna sono state così disastrose, ciò si deve in gran parte al fatto che la regione è retta da giunte di centrosinistra dove la componente verde, per un malinteso senso dell’ecologia, ha bloccato qualsiasi progetto di sistemazione e di pulitura degli alvei dei fiumi.
Se c’è un dato netto che si riconferma elezione dopo elezione, è la crescita esponenziale dell’astensione. Sempre più italiani sono convinti, o hanno raggiunto la consapevolezza che il rito elettorale è una cosa sostanzialmente inutile, e che in sostanza non decide nulla riguardo al loro futuro.
Proprio l’avvio dell’esperienza di governo di centrodestra ce ne ha dato una desolante dimostrazione, ha subito messo da parte quello che è stato il cavallo di battaglia delle sue promesse elettorali, ossia fermare l’immigrazione clandestina. Intanto gli effetti devastanti della sostituzione etnica si fanno sempre più evidenti. Lasciamo da parte i problemi di ordine pubblico e di criminalità creati dagli immigrati. Giusto quest’anno è arrivata la notizia del primo comune d’Italia dove non ci sono più italiani, Martello in provincia di Bolzano, popolato solo da tedeschi sudtirolesi e da immigrati. Il primo, ma potete essere sicuri che non sarà certo l’ultimo.
Per il resto, questo governo si è caratterizzato per un piatto e totale servilismo verso il padrone yankee. Non ci sono soldi per ricostruire le zone terremotate dell’Abruzzo, ma si trovano fondi a pioggia per inviare armi in Ucraina. Ancora più vergognosa, almeno dal punto di vista etico, la solidarietà espressa da questo governo alla politica guerrafondaia, espansionistica e genocida di Israele.
A questo punto, una domanda s’impone: perché diavolo votare un centrodestra che una volta al governo farà esattamente le stesse cose che farebbe un governo di centrosinistra?
Astenendosi dal voto non c’è la possibilità di cambiare le cose, votando nemmeno, ma almeno con l’astensione si evita di rendersi complici di un sistema che, diciamolo in tutta franchezza, fa schifo.
Non so esattamente chi l’abbia detto, ma credo che risalga a Mark Twain, una frase che sarebbe l’epitaffio perfetto per questa marcia democrazia, “Se votare servisse a qualcosa, non ce lo lascerebbero fare”.
Tuttavia, questo non ci impedisce di far sentire la nostra voce, l’abbiamo fatto negli anni passati, l’abbiamo fatto quest’anno, continueremo farlo fin quando ci sarà possibile.
NOTA: nell’illustrazione, tre protagonisti della politica internazionale e italiana, a sinistra Donald Trump rieletto alla presidenza degli Stati Uniti, al centro il presidente ucraino Volomir Zelensky, a destra la premier italiana Giorgia Meloni.
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