di Mario M. Merlino
Arrivo alla stazione di Trieste a mezzo pomeriggio. Il viaggio è, come sempre, lungo, troppo, ma come sempre ne vale la pena. Superato il piazzale antistante, con il giardino le panchine la statua dedicata all’imperatrice Elisabetta d’Austria, la Sissi storica e non quella un po’ stucchevole dei film, s’apre via Ghega. Al secondo piano del numero civico 2, l’Istituto Carlo Panzarasa. Suono salgo le scale nella penombra mi aprono la porta blindata mentre, curiosa ed asettica, la telecamera di sorveglianza registra la mia presenza. Gli amici, i camerati mi accolgono con quella spontanea e gioiosa ospitalità che è caratteristica dei triestini. Come se la bora, il vento imperioso proveniente dai Balcani sapesse spazzare via inquietudini problemi tristezza…
Nei locali si terrà, per il secondo anno, il convegno ‘tutta un’altra Storia’. Oggi, venerdì 5 ottobre si apre la mostra, nella sala apposita, sulla Folgore con cimeli unici e significativi accompagnati dalle liriche che il comandante Edoardo Sala, alla guida dei paracadutisti della R.S.I., ha scritto a ricordo dei suoi commilitoni che si sono spinti oltre e prima ‘in quell’angolo di cielo…dove vivono in eterno santi, martiri ed eroi’.
Lungo il corridoio, alle pareti o dentro bacheche in vetro, si affastellano elmetti armi documenti divise distintivi sul Fascismo, la conquista dell’Impero e la guerra civile di Spagna, la guerra mondiale, con i suoi alleati e i suoi tanti nemici, e si aprono le stanze degli uffici della biblioteca dei Non Cooperatori che qui, ogni anno, celebrano il loro raduno. In fondo un ampio salone è strutturato per le conferenze e le proiezioni. Nel pomeriggio parlerà un generale degli alpini con un contributo fotografico, il professore Massimo Patanè dell’università di Ginevra sul giornalista svizzero Paul Gentizon, che fu amico personale di Mussolini e dell’Italia, presente la figlia Ada Wild di Losanna. Voglio ricordare come il volume ‘Difesa dell’Italia, pubblicato nell’immediato dopoguerra e ormai introvabile, è fra i documenti più seri e forti sulle vicende durante ed ultime del Fascismo. Inciso: varrebbe la pena la sua ristampa. Chissà… E ultimo Fausto Biloslavo, reporter di guerra e caro amico di tutti noi fin dal tempo in cui condivideva questa passione con il mai dimenticato Almerigo Grilz.
All’Istituto mi accoglie con gesti sobri, signorili ma so di grande affetto, Carlo Panzarasa,presidente dell’Istituto e infaticabile raccoglitore della gran parte del materiale presente. Lucida memoria di una vita spesa a ricordare quei giovani camerati, cresciuti in terra di Francia da famiglie italiane, che avvertirono non ultimi l’esigenza di riscattare l’onore della Patria, magari mai conosciuta, dopo l’8 di settembre. Quei Volontari di Francia, inquadrati nel btg. Fulmine della XMas, che versarono il loro sangue, una rossa dolorosa scia, lungo il percorso dalle Alpi ai confini orientali, a Tarnova della Selva, ove opposero il loro coraggio contro il nemico slavo-comunista, impedendo con il loro sacrificio l’occupazione di Gorizia.
‘Pioveva a dirotto a Venezia il giorno del nostro arrivo. Le barche nei canali erano coperte da teli impermeabili, le calli praticamente deserte, di gondole neanche l’ombra: uno spettacolo davvero triste. Rimanemmo molto delusi, non l’avevamo immaginata proprio così’, ricorda. Ai primi di novembre uscirà un libro di ricordi, suoi e dei suoi commilitoni, curato da un giovane ricercatore, Andrea Vezzè, e di cui ho copia dell’originale stampatomi direttamente su file. Un bel libro, capace di tradurre gli avvenimenti storici con le emozioni, i sentimenti di chi li ha vissuti e ad essi è rimasto fedele.
Tarnova era un isolato paese di poche case al centro dell’altopiano da dove si domina tutta la pianura del goriziano,oggi territorio sloveno. La scorsa primavera vi abbiamo fatto una visita con alcuni camerati francesi nostri ospiti. Carlo era visibilmente e giustamente emozionato. Qui gli uomini del Fulmine e tanti Volontari di Francia hanno scritto una delle pagine più tragiche ed esaltanti della XMas e della storia in armi della Repubblica Sociale. E, se un rimpianto egli si porta addosso, sta nel fatto di non avervi preso parte in quanto in missione per rifornire di armi il battaglione. Credo che ciò abbia accentuato, marchiato a vita, l’impegno di raccogliere proteggere evidenziare il destino eroico dei suoi camerati. Gli uomini d’Onore pagano sempre il debito che hanno contratto, soprattutto se morale…
Dal venerdì 19 gennaio 1945, alle 5 e 40 del mattino, alla domenica del 21 gennaio gli slavi del IX Korpus titino sferrano l’attacco. Non abbiamo cifre esatte sulla loro consistenza numerica, certo non inferiori al migliaio di uomini, con armi ricevute da aviolanci alleati. Di fronte, in modeste postazioni difensive, all’interno di case e cascinali, meno di duecento marò si batterono come disperati, contro ogni logica, sapendo come avvenne che non vi sarebbe stata pietà alcuna neppure per i feriti.
In questo percorso di guerra, di cameratismo, Carlo ebbe la fortuna di salvare la macchina fotografica con cui aveva filmato i momenti delle loro vicende. Dall’arrivo alla base sull’Oceano Atlantico, a Bordeaux, ai resti del btg. Fulmine che, sotto la neve, scendono a valle. E, guardando i volti di quei ragazzi, sot
to i diciotto anni in massima parte, simili ad adolescenti alla prima comunione, quei volti di coloro che sopravvissero maturati in fretta dimostrando che la sofferenza sa rendersi un bene più forte d’ogni blandizia. E, nel suo cuore, nella sua mente, in instancabile volontà, andare oltre il confine, scavare ove furono frettolosamente sepolti, raccoglierne i pochi resti, nasconderli in sacchi neri dell’immondizia e rendere loro una tomba nel cimitero di Gorizia.
to i diciotto anni in massima parte, simili ad adolescenti alla prima comunione, quei volti di coloro che sopravvissero maturati in fretta dimostrando che la sofferenza sa rendersi un bene più forte d’ogni blandizia. E, nel suo cuore, nella sua mente, in instancabile volontà, andare oltre il confine, scavare ove furono frettolosamente sepolti, raccoglierne i pochi resti, nasconderli in sacchi neri dell’immondizia e rendere loro una tomba nel cimitero di Gorizia.
Che aggiungere oltre, se non ‘grazie, Carlo!’.
Sabato pomeriggio conduco l’incontro con la presentazione del libri ‘Il sopravvissuto’ di Roberto Mancini e ‘Fughe’ della dottoressa Valeria Isacchini. Poi un breve filmato su Rinaldo Massi, mistico guerriero, privo d’un braccio a causa dell’esplosione del suo Panzerfaust. A sorpresa ho organizzato uno stacco musicale tramite una giovane concertista giapponese di viola. Kasakawa Megumi, questo il suo nome, ha reso alto e nobile il momento in cui, doveroso momento, ho ricordato coloro che ci hanno salutato in quest’ultimo anno… ‘In Geist, mit uns’…
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