Quest’anno ricorrono le celebrazioni per il quinto centenario dalla morte di Jeroen Anthoniszoon Van Aaken, meglio noto ai più col nome d’arte di Hieronymus Bosch, pseudonimo adottato per differenziarsi sia dal padre sia dal nonno, anch’essi pittori, tutti nativi del piccolo centro del Brabante che gli diede i natali e in seguito la fama.
Il Noordbrabants Museum ha organizzato a s’Hertogenbosch, città d’origine del pittore, un’esposizione delle opere dell’artista fiammingo dal titolo Visioni di un genio, inaugurata lo scorso 13 febbraio e che rimarrà aperta fino al giorno 8 maggio di quest’anno. La mostra ha inizio con il dipinto simbolico conosciuto come Il carro di fieno, proveniente dal museo del Prado che è noto per conservare la maggior parte delle opere di Hieronymus, per concludersi quindi con le metafisiche e misteriche Visioni dell’Aldilà giunte da Venezia dove – forse – Bosch soggiornò quasi in concomitanza con Dürer e lo stesso Leonardo. Tra i capolavori che possono essere ammirati nella stessa esposizione abbiamo anche: l’Estrazione della pietra della follia e le Tentazioni di Sant’Antonio, La nave dei folli ed il Trittico degli eremiti. Riportiamo qua di seguito la dichiarazione rilasciata alla stampa da Charles de Mooij direttore del Noordbrabants Museum:
«Hieronymus Bosch è il più importante e più autentico interprete dell’epoca medioevale che i Paesi Bassi abbiano generato. È magnifico pensare che nel 2016 sarà possibile ammirare la maggior parte delle sue opere a ’s-Hertogenbosch, la città che gli ha dato i natali. Altrettanto straordinaria è la possibilità offerta a una nuova generazione di conoscere la sua opera, unica sotto ogni aspetto».
Oltre alla mostra, la città ha predisposto un programma culturale di caratura internazionale e per tutti i gusti e livelli, che prevede eventi musicali, pieces teatrali, spettacoli di danza e altre forme d’espressione artistiche, compreso un percorso, quasi un pellegrinaggio iniziatico, snodantesi attraverso i principali luoghi che hanno visto compiersi la vita di Hieronymus Bosch. Inoltre i sette principali musei della regione del Brabante, presenteranno nell’arco dell’anno ben tredici altre mostre, suddivise tra le città di Den Bosch, Breda, Eindhoven e Tilburg, offrendo in tal maniera un evocativo e sorprendente viaggio alla scoperta dell’arte, della cultura e del mondo contemporaneo a quell’”autunno del Medioevo” nel quale visse l’artista.
Ancora una volta sosteniamo che con le opere di Hieronymus Bosch i soliti – a volte usurati – strumenti della storia dell’arte si rivelano inadeguati, perciò e per esempio, a cominciare dalla attribuzione e dalla cronologia delle opere giunte a noi, quasi tutte prive di data e soltanto alcune recanti una firma, con questo artista tutto è fuori dalla norma alla quale ci hanno voluto abituare. I dipinti di Bosch vanno visti con occhi che non sono soltanto quelli fisici ma conducono “oltre” le “porte della percezione” in mondi inquietanti e meravigliosi, regno di creature sovrannaturali a volte orribili, altre sublimi ma sempre, comunque, “aliene”.
I suoi quadri sono capolavori nei quali – e attraverso i quali – l’artista racconta anche il male, la follia, le tentazioni, gli agguati dei demoni che assediano l’uomo nella sua vita terrena. Egli riempie così le tele di dettagli alchemici di non sempre facile decrittazione e stregonerie popolari, spesso miste alle credenze, alle storie religiose e agli insegnamenti morali tipici della sua epoca, ma anche di animali fantastici e figure mostruose o demoniache fuoriuscite dai sogni e dalle leggende d’un mondo nordico ancora medievale, miste ad arcane e antiche sapienze. Bosch si rivela un vero e proprio giocoliere della forma, un funambolo in grado di danzare sul filo sottile e tagliente della follia umana, un artista-mago, quasi un Bagatto, del quale il monaco José de Singuenza (1544–1606) scrisse che egli vedeva e dipingeva gli uomini non «così come appaiono di fuori» ma piuttosto «come sono realmente».
Il fascino esercitato dalle opere e dalla vita misteriosamente semplice di Hieronymus Bosch ha sempre indotto coloro che hanno posto attenzione ai dipinti a cercare di penetrare i mondi fantastici che in essi sono raffigurati. Ciò che probabilmente si rivelava manifesto o comunque intelleggibile a vari livelli ai contemporanei del pittore fiammingo, col procedere dei secoli è divenuto sempre più oscuro. Così, di volta in volta si è giunti a vedere in queste tavole l’agire di un pazzo, di un erotomane, di un cultore demoniaco, di un drogato ante litteram, di un eretico, fino ad interpretare le figure sulla base dell’attuale disciplina psicanalitica; altri, più saggiamente, hanno intuito l’esistenza di un messaggio tradizionale – magico o alchemico – nascosto sotto l’apparenza dell’immaginario religioso e morale caratteristico dei suoi giorni, ma non l’hanno spiegato né forse compreso.
Bosch è ricordato soprattutto come «pittore di diavoli», celebre per questo anche presso i suoi contemporanei, che riconoscevano in lui un iniziato in grado di vedere, grazie ad una seconda vista, le creature sovrannaturali appartenenti al Cielo, agli Inferi e a quei Mondi Intermedi che sono i Reami Fatati. Riconoscendo in tal maniera, anche all’interno di un discorso ermetico cristiano, l’esistenza di esseri che non appartengono né al Regno della Luce né a quello delle Tenebre come gli Elementali, dei quali si sarebbe occupato di lì a pochi anni Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, meglio conosciuto come Paracelso.
L’aspetto alchemico presente nei dipinti di Bosch è meno evidente ad un occhio profano, celato com’è in simboli e forme, in strutture cristalline o silicee, strumenti o edifici – biomeccanici si direbbe oggi – che rimandano ad ampolle, alambicchi e matracci, o all’athanor fulcanelliano. Il processo alchemico, l’Opus, va ricercato nella lettura e decifrazione di molte tavole di Hieronymus, purché si riesca a comprendere il codice che il pittore vi ha celato. In un certo senso egli anticipa pittoricamente il metodo “occulto” di Michel de Notredame con le sue Centurie.
Studi recenti infine affermano come Hieronymus Bosch non sia mai stato in “odore di eresia”, e dunque vicino a gruppi sospetti come i “Fratelli del Libero Spirito” o la setta degli “Adamiti”. Al contrario, era ben accetto dalla struttura religiosa del suo tempo e inserito nella vita sociale della sua città. Così, le sue opere più note si rivelano essere proprio i dipinti su commissione da parte di religiosi ed enti ecclesiastici, come il Giardino delle delizie, grande racconto simbolico che parte dalla creazione del mondo e dell’uomo, per proseguire con il primo peccato e finire con le punizioni infernali per i reprobi in uno spettacolare “inferno sulla terra”. Tutta la sua produzione è perciò segno che quelli erano tempi particolari: il pittore nacque alla fine della Guerra dei Cent’anni e visse una fase di risveglio economico e sociale del proprio paese e dell’intera Europa. La nuova, nascente ricchezza borghese e mercantile produsse benessere ma anche corruzione, così che Bosch fu testimone estraniante di una società perennemente in bilico tra vizio e virtù.
La sua fu una vita avvolta nel mistero, artista figlio di artisti destinato a lasciare un segno profondo nell’immaginario dell’Europa cristiana occidentale, muovendosi silenziosamente in una traccia di colore e di splendore, lungo i secoli, sino a noi… oggi, cinquecento anni dopo.
Approfittiamo per dare l’annuncio in anteprima che, nell’autunno prossimo, in data da stabilirsi e così per il luogo, con il Patrocinio dell’Accademia d’Olanda di Roma si terrà un convegno d’alto profilo sull’artista fiammingo dal titolo: I MONDI FANTASTICI DI HIERONYMUS BOSCH – Alchimia, Magia e Mistero nell’Arte tra XV e XVI secolo.
Interverranno Vitaldo Conte, Nuccio D’Anna, Dalmazio Frau, Sebastiano Fusco, Claudio Lanzi e altri – moderatore Mario Sammarone.