A cento anni da un delitto dimenticato…
Il 1° Maggio è la Festa dei Lavoratori soltanto dal 1946. Fino ad allora il 1° Maggio era solo una festa socialista e solo nel 1946 venne imposta come data ufficiale per la Festa di “tutti” i Lavoratori, nella visione politica totalitaria tipica del socialcomunismo, per cui “lavoratore” era solo chi fosse comunista o socialista. Una manifestazione di una fazione politica assurta così a manifestazione di “tutti”, di Stato. Infatti, i lavoratori cattolici avevano sempre festeggiato un’altra data, il 15 Maggio, giorno in cui ricordavano l’entrata in vigore, nel 1891, dell’Enciclica Rerum Novarum di Leone XII sulla dottrina sociale della Chiesa.
Fino al 1946, sia chiaro, la festa del 1° Maggio era solo la festa di una fazione politica: quella socialcomunista.
In Italia, la prima “festa dei lavoratori” di Stato venne istituita dal Regime fascista: il 21 Aprile 1924 si celebrò per la prima volta, in forma ufficiale, il Natale di Roma – Festa del Lavoro, istituzionalizzando la festa alternativa al 1° e al 15 Maggio proposta dai fascisti già nel 1921. E così sarà fino al 1945, quando – durante la RSI – fu per l’ultima volta ricordata dallo Stato italiano questa data.
Se durante il Fascismo il 1° Maggio non sarà mai festeggiato da nessuno, prima dell’avvento del Regime questa data si concretizzava in feste private organizzate dal PSI o dai sindacati, concordate magari coi datori di lavoro. Una fazione politica che, “liberamente”, festeggiava una sua ricorrenza. Tra il disinteresse – se non proprio ostilità – delle altre fazioni.
Con l’avvento del Biennio Rosso (1919-1920), il 1° Maggio si trasformò in occasione per rivendicare non solo i diritti dei lavoratori, ma anche per annunciare la prossima rivoluzione “liberatrice” che avrebbe spazzato via l’odiato regime “borghese” ed instaurato la tanta agognata dittatura del proletariato, con tutto il suo bagno di sangue “purificatore” che avrebbe, ovviamente, aperto una nuova era di pace, libertà, benessere, ecc. Come avveniva… in Unione Sovietica!
Durante il Biennio Rosso, il 1° Maggio fu solo una “tappa” della guerra civile teorizzata e promossa dai massimalisti. Tredici morti fu il bilancio della “festa” del 1920, ad esempio.
Il 1921 vide una svolta epocale registrarsi in Italia. Come reazione alle violenze perpetrate durante i due anni precedenti dai sovversivi esplose lo squadrismo. La guerra civile (a bassa intensità) entrò così nel suo apice: all’esercito rosso che fino ad allora marciava incontrastato, se non nella sporadica reazione delle Forze dell’Ordine, si oppose un altro esercito, quello fascista, ben più determinato ed organizzato. L’avvicinarsi del 1° Maggio 1921, quindi, per giunta durante una campagna elettorale costellata da incidenti, fu visto da tutti con preoccupazione. Gli scontri tra le opposte fazioni, già furenti, sarebbero certamente aumentati, portando al collasso il già compromesso ordine pubblico in tutta Italia. Una ventina, alla fine, saranno i morti registrati in questa giornata di “festa”, di cui si ricordano le consuetudinarie violenze sovversive di Pola, dove si conteranno addirittura sette morti.
Delle violenze sovversive in atto durante e dopo il Biennio Rosso si parla davvero poco, così delle vittime di queste violenze, spesso cancellate dai libri di storia e addirittura dalla memoria delle comunità locali che di questa violenza pre-rivoluzionaria furono in balia.
Tra i tanti fatti dimenticati, il 1° Maggio 2021 ricorrerà il centenario dell’assassinio di Vito Riganti, omicidio avvenuto a Corato (Bari), in quel lontano 1921.
Da due anni l’intera regione era sconvolta dalle convulsioni insurrezionali delle Leghe rosse e, nel 1921, il nascente squadrismo si stava espandendo un po’ dappertutto, come naturale reazione dei ceti medi e della borghesia, degli studenti, a mesi e mesi di violenze generalizzate, contro le quali lo Stato sembrava non reagire, soprattutto per assicurare l’ordine pubblico e il rispetto dei diritti di tutti.
Il 1° Maggio 1921 venne proclamato in tutta Italia lo sciopero generale ferroviario, cui si associarono numerose altre categorie di lavoratori che, come abbiamo visto, si esibirono in molti centri in azioni delittuose contro le Forze dell’Ordine o i consuetudinari nemici politici e di classe.
A Corato, un corteo di sovversivi guidato dal Prof. Giovanni Lombardi – che doveva tenere un comizio elettorale – si snodò per le vie cittadine, dimostrando tutta la forza e la compattezza del movimento socialista. Tuttavia, la manifestazione degenerò ben presto in incidenti di vasta portata. Alcuni sovversivi attaccarono la sede del Blocco Nazionale, con l’intento di bruciare l’odiata bandiera tricolore che era esposta all’entrata. Fu l’inizio delle violenze. Fu assaltata anche la sede del Fascio, facendo nascere una paurosa sparatoria, durante la quale vennero esplosi un centinaio di colpi.
In Piazza Cesare Battisti, i sovversivi in rivolta incrociarono Vito Riganti. Era un povero ed onesto lavoratore, padre di due bambini. Era al servizio della potente famiglia Addario, la più importante della città, che da poco si era avvicinata al fascismo, visto come baluardo contro la sovversione in atto nella regione.
Quella Domenica era prevista un’uscita in carrozza e Riganti era il cocchiere della famiglia. Non poteva e non voleva certamente sottrarsi al suo dovere, né intendeva unirsi agli scioperanti. Questo fu considerato intollerabile per i massimalisti che, anziché sfogare il loro odio di classe contro gli Addario, preferirono prendersela con un povero lavoratore. Mentre Riganti si avvicinava al calesse fu centrato da alcuni colpi di arma da fuoco e cadde a terra senza vita. Giustizia proletaria era fatta!
E gli incidenti continuarono. Fu colpito anche un anziano, tale Claudio Tarantini, che rimase ferito. L’Avv. Buonpensiero, il Cap. De Benedetti e l’Avv. Rispoli, tutti di sentimenti patriottici, vennero fatti oggetto di colpi di rivoltella. Tre Carabinieri – il Mar. Magg. Luigi Cippone, Salvatore De Matteis e Patevito Cazzato – respinsero l’assalto dei leghisti al Comitato elettorale, fronteggiando impavidamente i sovversivi sotto il fuoco di nutrite scariche di fucileria. Successivamente vennero decorati di Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
Data la situazione, dovette intervenire la truppa con l’ausilio di un’autoblinda per sedare i rivoltosi. E fu la resa dei conti.
Numerosi furono i feriti e si registrò, secondo alcune cronache, anche un altro morto. Cinquanta sovversivi vennero arrestati, tra i quali anche il Prof. Lombardi. Scattò subito una vasta rappresaglia da parte della cittadinanza di sentimenti patriottici che, guidata dai fascisti, si sfogò contro le locali Camera del Lavoro e Casa del Popolo che vennero devastate[1].
A cento anni di distanza dai luttuosi eventi di Corato, nessuno più si ricorda del povero lavoratore Vito Riganti, assassinato dai sovversivi per festeggiare… il 1° Maggio!
Pietro Cappellari
Nota:
[1] Nostre ricerche presso l’Archivio di Stato di Bari, nel fondo giudiziario e in quello del Gabinetto del Prefetto, che avrebbero permesso una più corretta descrizione degli eventi, hanno dato purtroppo esito negativo.