I Concetti Strategici (CS) sono documenti pubblicati quando le condizioni materiali in cui l’Alleanza opera mutano, affinché essa ripensi e riposizioni i rapporti tra obiettivi e risorse. Il CS del 1968 fu la bussola per circa trenta anni, infatti l’U.R.S.S. implose prima (vigilia di Natale 1991). Altra rimodulazione con l’evoluzione del contesto politico-strategico seguito alle guerre nei Balcani, così come agli attentati “dell’11 Settembre”. Anche in questi casi, l’Alleanza Atlantica diede soluzioni nuove ai problemi emergenti con i CS del 1999 e del 2010. Il conflitto in Ucraina più che aver cambiato la NATO ha evidenziato qualcosa di cui tra gli alleati si discuteva da tempo, ovvero l’esistenza di un “duello” tra Mosca e Pechino. Il risultato del summit di Londra della fine 2019 sottolineava che “le azioni aggressive della Russia costituiscono una minaccia alla sicurezza euro-atlantica”. Il comunicato del summit di Bruxelles a cavallo tra la primavera e l’estate del 2021, ha sottolineato la “competizione sistemica di potenze autoritarie, così come da crescenti sfide alla sicurezza dei nostri Paesi e dei nostri cittadini da tutte le direzioni strategiche” e poneva l’attenzione anche sulle “ambizioni dichiarate e il comportamento assertivo della Cina”.
La convinzione che la sfida “revisionista” fosse già iniziata da tempo, pertanto, era talmente radicata che qualche settimana prima del 24 febbraio il segretario generale Jens Stoltenberg aveva chiesto agli alleati l’adattamento a una «nuova normalità». Dopo il summit di Madrid dello scorso giugno, queste idee risultano immortalate in un documento in cui la NATO formula la sua strategia per gli anni a venire. Nel Concetto Strategico 2022, infatti, si afferma che «l’area euro-atlantica non è in pace» e che viviamo un «tempo critico per la sicurezza, la pace internazionale e la stabilità». Quanto scritto dagli alleati nel CS 2022, tuttavia, più che profilare un mutamento nella postura della NATO sembra delineare una sorta di ritorno al passato, in parziale discontinuità con le forme che ha assunto nell’ultimo trentennio. E non perché sia cambiato il suo obiettivo di lungo periodo, ossia “salvaguardare la libertà e la sicurezza degli alleati assicurando la difesa collettiva contro ogni minaccia e da ogni direzione”. Né sono stati modificati i tre core task, deterrenza e difesa, gestione delle crisi, sicurezza cooperativa, che, sono stati confermati negli scritti. La Carta dell’anno in corso ha spinto la NATO a tornare a occuparsi del contrasto ai tentativi di cambiamento dello status quo internazionale indotti per mezzo della violenza.
Come ai tempi dell’Unione Sovietica, le grandi potenze intenzionate a modificare lo status quo internazionale come la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa, sta propiziando un nuovo focus di difesa e deterrenza. Il conflitto ucraino ha cambiato i rapporti tra gli alleati. L’assenza sostanziale delle Forze Armate dell’Unione Europea (formalmente circa cinquemila uomini forniti solo da Francia, Italia e Spagna sulla carta) e l’aggressione russa hanno evidenziato (CS 2022) che “il legame transatlantico è indispensabile per la sicurezza”. La Russia è un pericolo sia per i Paesi dell’Est a causa delle operazioni belliche in Ucraina, sia per quelli del Sud a causa delle sue attività destabilizzanti nel Mediterraneo e nel Sahel nonché per gli Stati Uniti, che con Joe Biden hanno rispolverato la funzione di “gendarme” dell’ordine su scala globale. Senza l’aggressione del 24 febbraio, probabilmente, non si sarebbe concretizzato l’allargamento, con la repentina adesione nell’Alleanza di Svezia e Finlandia. Queste Nazioni, se durante la Guerra fredda erano state costretti a mantenere una rigida neutralità, al suo termine erano entrate nell’Unione Europea ma non nella NATO. Né su questa ipotesi si sarebbe mai aperto un dibattito, in corso, in Irlanda, Austria e…Svizzera. La guerra, infine, ha minimizzato le frizioni che si stavano alimentando tra gli alleati in merito al Concetto Strategico 2022. Tre posizioni differenti erano emerse sul futuro della NATO. Quella dei Paesi dell’est, convinti che la NATO dovesse continuare a occuparsi del pericolo di sempre, la Russia, con i mezzi di sempre: deterrenza e difesa. Quella dei Paesi dell’Europa meridionale, Italia egemone in qualità di potenza continentale, che le chiedevano di occuparsi paritariamente delle minacce provenienti dal “Fronte orientale” e dal “Fronte meridionale”, amplificando gli strumenti idonei alla gestione delle crisi. Quelli anglosassoni, invece, che ambivano a trasformarla in un’alleanza sempre più globale, sia allargandone ulteriormente il raggio d’azione che rilanciando gli impegni in temi di sicurezza cooperativa. L’attacco “post-sovietico” all’Ucraina ha rafforzato la prima delle tre posizioni, che ha rimodulato il recente Concetto Strategico.
Questa evoluzione, tuttavia, sembra assomigliare più alla classica polvere messa sotto il tappeto che a una vera e propria nuova soluzione, come dimostrano anche i contenuti della recentissima National Security Strategy pubblicata dall’amministrazione Biden, che non sono del tutto sovrapponibili a quelli del CS 2022. Nel medio termine, le diverse prospettive degli alleati sono destinate nuovamente a riaffacciarsi e l’identificazione di una nuova sintesi tra queste rappresenta la grande sfida, interna, cui l’Alleanza Atlantica dovrà far fronte da qui al 2030. L’ingresso della Finlandia e della Svezia nella Nato ha portato il fronte dello “scontro” tra le aquile, i falchi, i cigni, i lupi, le linci e i cani da guardia blu occidentali e gli orsi rossi russi, dal Mare Mediterraneo orientale al Mar Nero, dal Mar Baltico al Mar Glaciale Artico. Il grande panda cinese osserva ad occidente, aspettando il momento utile per annettere Taiwan e tollerando con la pazienza di una madre i giochi ludico-missilistici della figlia, la Corea del Nord, verso Corea del Sud e Giappone: le due sentinelle estremo orientali degli Stati Uniti d’America.
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