Una delle più antiche metafore della nostra vita psichica la rappresenta come un sistema unitario che si autoregola in base ad un costante bilanciamento di forze e dinamismi opposti che esprimono le diverse istanze in esso presenti. Una condizione di perenne tensione tra elementi diversi è quindi il presupposto energetico necessario affinchè vi sia una vitalità della psiche che, sulla base di processi di sintesi, di compensazione, di equilibrio, si articola poi in più stabili e specifiche configurazioni. Il pensiero occidentale e quello orientale hanno espresso questo concetto in molteplici vesti: narrativo-mitologiche, esoteriche, religiose, filosofiche, psicologiche, scientifiche. Basti qui ricordare ad esempio la traiettoria filosofica che partendo dal pensiero di Eraclito, secondo cui tutto ciò che esiste si trasforma nel suo opposto (“Ciò che si oppone conviene, dalle cose che differiscono si genera l’armonia più bella e tutte le cose nascono secondo gara e contesa”), perviene all’idealismo hegeliano che poggia sulla famosa triade tesi-antitesi-sintesi. Oppure, all’altro capo del mondo, la visione filosofica buddista Zen del Tao, che sintetizza magistralmente anche in immagine l’azione reciproca di Yin e Yang (anticamente raffigurati come ‘i due pesci bianco e nero’, due metà uguali con la maggior concentrazione al centro e sul rispettivo lato, in cui in ogni metà è presente
Ne deriva che qualunque cosa ha un suo opposto in termini comparativi. Nessuna cosa può essere completamente Yin o completamente Yang; essa contiene il seme per il proprio opposto. Avendo radice uno nell’altro essi sono interdipendenti, hanno origine reciproca, l’uno non può esistere senza l’altro, sono quindi complementari, si sostengono a vicenda e sono costantemente mantenuti in equilibrio. Lo Yin e lo Yang inoltre si trasformano l’uno nell’altro: ad un certo punto, lo Yin può trasformarsi nello Yang e viceversa. Infine, ogni rottura di questa condizione di equilibrio è determinata da uno ‘sbilanciamento’ o ‘eccesso’ dell’uno sull’altro elemento, che finisce per prevaricare e inficiare la stabilità dell’intero sistema (la terapeutica orientale fin dalla antichità è basata essenzialmente su questa logica causale, che attribuisce ogni malattia dell’organismo ad una alterazione patologica dell’equilibrio tra Yin e Yang, che deve quindi essere ripristinato). La psicologia moderna ha esplicitato a sua volta tale concezione soprattutto attraverso l’opera dei pionieri Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, che a partire dall’inizio del secolo scorso hanno messo in luce aspetti fino allora sconosciuti del funzionamento psichico, all’interno di una visione della psiche in quanto sistema autoregolantesi centrato sulla distinzione tra coscienza e inconscio e su dinamismi primari di natura antagonistica e di reciproca compensazione. Jung in particolare ha poi offerto un ampio scenario storico e culturale che facesse da supporto ad una tale concezione della vita psichica, grazie a studi e ricerche transculturali e alla minuziosa opera di recupero e di approfondimento su importanti testi della tradizione ermeticoesoterica e in particolare alchimistica. La metafora centrale dell’Alchimia, in quanto scienza dell’evoluzione psichica e spirituale dell’uomo, è infatti incentrata sulla conjunctio Solis et Lunae, ovvero del maschile e femminile, cioè l’unione-sintesi dei contrari, realizzando così la conjunctio oppositorum, condizione necessaria che consente il superamento dell’unilateralità della coscienza egoica per realizzare una più ampia esperienza del proprio Sé, inteso questo nei termini di una sintesi unitaria dei diversi e molteplici aspetti consci e inconsci della propria personalità. Ma l’esito favorevole della sintesi dei contrari nella conjunctio non è mai scontata, anzi essa è il risultato di un lungo e difficoltoso processo di elaborazione, vera e propria Opera alchimica, in cui contrapposizioni e conflittualità interne dell’individuo giungono alla possibilità di un superamento grazie ad un allargamento ed arricchimento del campo di coscienza, che può ora contenere aspetti in precedenza negati e rimossi. Si realizza cioè un’unità superiore al limitato Ego individuale, attraverso l’unione di polarità opposte che sono presenti nella psiche di ogni individuo, come maschile e femminile, razionalità e pulsionalità, pensiero ed eros, conscio e inconscio. Quando invece la vita cosciente è dominata da una eccessiva unilateralità, quando cioè l’individuo si identifica in modo quasi esclusivo col proprio Ego, viene a determinarsi col tempo una contrapposizione inconscia altrettanto forte, che si manifesta dapprima con un’inibizione delle prestazioni della coscienza e in seguito con una perturbazione più o meno grave dell’indirizzo cosciente.
E’ il fenomeno psichico che Jung – riprendendo un concetto già presente nella filosofia eraclitea – definisce come ‘enantiodromia’ (dal greco antico εναντιοδροµία, composto di enantios, opposto e dromos, corsa), che si traduce letteralmente con ‘corsa nell’opposto’. Questa ‘legge di natura’ sembra essere un principio universale anche della psiche umana, sia a livello individuale che collettivo e si manifesta sempre laddove si verifichi uno sviluppo unilaterale di uno o più aspetti sul piano cosciente, ciò che mette in moto un movimento opposto sul piano inconscio, in base ad una legge di compensazione e di riequilibrio che, com’è noto, è una caratteristica intrinseca del sistema ecologico e di tutti i sistemi biologici ad esso connessi. In altre parole, quando un’istanza psichica viene troppo compressa o eccessivamente ridotta a scapito di qualcun’altra, essa non scompare ma finisce nell’inconscio e in tal modo accumula una sempre maggiore energia, per cui ad un certo punto si assiste ad una prevaricazione più o meno violenta di tale istanza sul resto della psiche e si opera una vera e propria rivoluzione sistemica rispetto ai precedenti orientamenti coscienti. In conclusione, quindi, mentre l’enantiodromia sembra esprimere una difficoltà, o impossibilità in taluni casi, di ampliare la propria esperienza e adattarla ad una più fluida e creativa visione psicologica della realtà, la conjunctio oppositorum deriva da un progressivo allargamento del proprio campo di coscienza grazie al confronto con aspetti rimossi e inconsci. Poiché ciò è conseguenza anche di un implicito superamento di precedenti visioni e modalità esistentive limitate che appartengono al passato, un tale processo determina anche la morte della precedente identità e la rinascita del nuovo individuo, la cui personalità ora trascende l’Ego e rende possibile la compresenza ricca di nuove potenzialità di aspetti psichici fino a quel momento in inconciliabile reciproca opposizione.
Balthasar – Confraternita Cavalleresca del V Vangelo
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