Come nell’articolo precedente, vorrei esporvi, proseguire una sintesi del lavoro sin qui fatto sulle pagine di “Ereticamente” per focalizzarne meglio il senso.
Vi ho raccontato la volta scorsa che in particolare la serie di articoli Narrativa fantastica, una rilettura politica è nata dall’esigenza che sentivo profondamente, di gettare un ponte tra due aspetti apparentemente contraddittori della mia attività intellettuale, quella di scrittore del fantastico e quella di autore (forse è eccessivo che io usi il termine “ideologo”) di una certa realtà politica e umana.
Tuttavia, a ben guardare, c’è forse “un terzo” Fabio Calabrese, di cui del resto sulle pagine di “Ereticamente” avete già trovato abbondanti tracce, e anche qui c’è un discorso da riprendere e riassumere per enuclearne il senso.
In premessa, vi devo dire che c’è una contraddizione nella quale mi trovo stretto. Ve l’ho raccontato più volte, sono nato e vivo a Trieste, ma, già il mio cognome lo sbandiera a tutte lettere, ho origine meridionale per il lato paterno. Mi piace pensare di essere uno di quegli italiani che Cavour diceva bisognasse fare una volta fatta l’Italia.
Potrebbe sembrare strano l’interesse di uno come me per il mondo celtico, visto che fin troppo spesso da noi il celtismo è stato declinato in termini di separatismo padano, anche se oggi la cosa pare tramontata, e neppure la Lega che in un passato recente è stata la maggiore esponente di tale tendenza, sembra oggi non prospettare più tali antistoriche velleità.
E’ ovvio che io non ho mai considerato le cose in questo modo. No, semplicemente e obiettivamente, quella celtica, accanto a quelle ellenica, latina e germanica, è una radice, perlopiù misconosciuta, del nostro essere europei. A ciò si aggiunge la constatazione che questa radice è stata spesso, appunto, misconosciuta e sottovalutata, perché essa è meno riconducibile, o non lo è affatto, a quelle supposte influenze da oriente a cui si è voluta attribuire l’origine della civiltà europea, e che di fatto hanno distorto e distorcono la comprensione della sua storia e della sua natura.
Adesso non chiedetemi di ripetere tutto quanto ho esposto sulle pagine di “Ereticamente” nella bellezza di 35 articoli che compongono la serie Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, anche perché ve ne ho parlato proprio la volta scorsa.
Qui a Trieste abbiamo annualmente un festival celtico di una certa importanza, il Triskell, e non vi nascondo che fra i motivi che mi hanno spinto a interessarmi ad esso c’è anche il fatto che anni fa i sinistri locali cercarono di boicottarlo perché a loro dire si tratterebbe di una manifestazione “fascista” a motivo del fatto che la sua organizzatrice è la figlia di un esponente missino di una certa importanza a livello locale negli anni passati, sebbene il Triskell non abbia mai fatto politica, né mostrato preclusioni di alcun genere nei confronti di chicchessia.
Ma personalmente ho l’impressione che certi “compagni” siano gente che la sera prima di andare a dormire guardi attentamente sotto il letto per accertarsi che non vi siano fascisti o forze oscure della reazione in agguato.
Dunque, dicevo, “un terzo” Fabio Calabrese, “celtico” che si è materializzato attraverso una serie di conferenze tenute al Boschetto del Ferdinandeo dove si svolge annualmente il Triskell, perché ovviamente quel che interessa a me è l’aspetto storico-culturale, non andarmene in giro in kilt o con le orecchie da elfo.
Io ho iniziato a tenere queste conferenze nel 2013, sebbene il festival esistesse già da una dozzina di anni, avendo avuto inizio con la fatidica soglia del 2000, ma fin allora l’avevo seguito principalmente in veste di reporter del portale celtico Celticworld, e fu proprio la cessazione di Celticworld a spingermi a una partecipazione più diretta.
Nel 2013 iniziai presentandomi come autore di fantasia eroica, visto che le Edizioni Scudo mi avevano appena pubblicato l’antologia Il risveglio della spada, e a margine delle conferenze di successive edizioni ne ho approfittato per presentare anche le mie altre antologia Primavera sacra e L’indicibile segreto e i romanzi La spada di Dunnland e Una spada per un re.
Il 2014 fu l’anno della mia prima conferenza vera e propria. Presentai per così dire, un inquadramento delle tematiche che mi ripromettevo di svolgere negli anni successivi, inserendo il discorso sul mondo celtico nel più ampio quadro della civiltà europea, la cui antichità e originalità sono gravemente sottovalutate a causa del mito fasullo dell’Ex Oriente Lux, di quello che io chiamo lo strabismo mediorientale.
A differenza della maggior parte di quelle degli anni successivi, non ho riutilizzato il testo di quella conferenza come articolo o un paio di articoli su “Ereticamente” per una ragione molto semplice: questo testo era composto in toto da estratti di articoli che avevo già pubblicato sul sito della nostra pubblicazione, in particolare della serie Ex Oriente lux, ma sarà poi vero? Se tuttavia vi punge in maniera irresistibile la curiosità di conoscerne il contenuto, sappiate che il testo è sostanzialmente identico a L’Europa alle origini della civiltà, che propriamente è quello di quella conferenza che tenni a quel corso Erasmus del 2018 di cui vi ho parlato a suo tempo, e dove ho avuto il piacere e l’onore di conoscere personalmente e supportare Felice Vinci, l’autore di Omero nel Baltico. Dico supportare perché le tematiche delle nostre due conferenze s’incastravano perfettamente l’una nell’altra, come se ci fossimo messi d’accordo in anticipo, sebbene non fosse affatto così.
La conferenza del 2015 la dedicai a Il mito di re Artù e il mistero del Graal. Io adesso non mi addentro in un discorso che dovrebbe essere familiare a tutti voi, il valore euristico del mito, già così ben evidenziato da Platone e riconosciuto da chiunque non sia prigioniero di un’ottica strettamente illuminista-positivista.
C’è una circostanza che occorre rilevare. All’epoca era stato da poco pubblicato un romanzo accompagnato da un battage pubblicitario inaudito per un libro a livello mondiale, Il codice Da Vinci di Dan Brown (che con il nostro genio rinascimentale non c’entra niente), subito seguito a ruota da una trasposizione cinematografica in cui attori del calibro di Tom Hanks e Jean Reno sono riusciti a dare il peggio di loro stessi. Dissipate le fanfare pubblicitarie, si vede che si trattava di un brutto romanzo e di un film ancora più brutto. Ma il punto non è questo, il punto è che sebbene oggi esista su re Artù e il Graal una letteratura praticamente sterminata, Dan Brown deve aver pensato di non affaticarsi troppo e si è basato su un solo libro di cui Il codice Da Vinci è una trasposizione narrativa tanto pedissequa, che Brown si è visto intentare una causa per plagio, Il santo Graal degli inglesi Baigent, Leigh e Lincoln. Quello che è irritante nel libro dei tre inglesi, è lo sforzo che mettono in atto fino ai limiti del ridicolo, per separare il Graal dal mondo celtico, arrivando ad esempio a ipotizzare che Crethien de Troyes nei suoi romanzi del Graal, parlando di “Perceval le galois”, ossia Parsifal il gallese, sia incorso in un errore, e che doveva trattarsi di “Perceval le valois”, ossia Parsifal il vallese, cioè lo svizzero.
Una tale massa di corbellerie non poteva essere lasciata senza risposta, e io, pur nella modestia dei miei mezzi, ho cercato di darla, prima attraverso la conferenza, poi pubblicandone il testo, suddiviso in tre articoli, su “Ereticamente”.
Inoltre, ho dedicato un articolo della serie Narrativa fantastica, una rilettura politica a esaminare, lo ammetto, con occhio non troppo benevolo, tutto quel filone di letteratura fanta-pseudo-esoterica nato per imitazione del Codice Da Vinci e che oggi, fortunatamente, sembra avviato all’estinzione.
Dal 2016 al 2020 c’è stato il blocco delle conferenze dedicate ai megaliti.
Da notare che dal 2020, essendo rimasto in pensione a settembre 2019, mi è stato chiesto di tenere annualmente almeno due conferenze al Triskell, ora che ho più tempo libero, naturalmente li ho accontentati, ma il problema non è quello di trovare il tempo, bensì l’argomento da trattare.
Nel 2021, Betty, l’organizzatrice del Triskell mi dice: “Senti, quest’anno sono settecento anni dalla morte di Dante, perché non ci fai una conferenza su Dante e i Celti?”
GASP!, ma naturalmente, passato il momento d’imbarazzo, gliel’ho fatta, e voi ne avete visto il testo su “Ereticamente” suddiviso in più articoli, che vi ho presentato come Un druido di nome Dante Alighieri. Per i miracoli ci vuole tempo, ma le cose impossibili le faccio subito, anche se devo ammettere che la conferenza “su Dante” è stata una conferenza “sudante”, nel senso che mi è costato non poca fatica il prepararla, e per fortuna che Betty non si è ricordata che erano pure i duecento anni dalla morte di Napoleone, se il tema da svolgere fosse stato Napoleone e i Celti, non avrei saputo che pesci pigliare.
La stesura del testo della principale conferenza del 2022 è stata molto più liscia, Le radici celtiche della letteratura fantastica, in realtà si basava su una serie di articoli che avevo scritto a suo tempo per Celticworld. Tutti noi sappiamo che l’immaginario celtico con le sue invenzioni di elfi, orchi, lepecauni e via dicendo, ha avuto un grosso peso nell’originare la moderna fantasia eroica. Quello che è meno noto è che anche gli autori moderni di estrazione celtica, hanno dato un contributo determinante al fantastico, basta ricordare qualche nome, gli irlandesi Jonathan Swift, e Joseph Sheridan Le Fanu, gli scozzesi Arthur Conan Doyle e Robert Luis Stevenson, ma anche ad esempio il fatto che il maestro dell’horror moderno, l’americano H. P. Lovecraft ha a sua volta avuto due maestri celti, l’irlandese lord Dunsany e il gallese Arthur Machen.
Sulle conferenze del 2023 e quelle che ho in preparazione per il prossimo Triskell, permettetemi per il momento di mantenere il riserbo, in attesa di decidere cosa riportare sulle pagine di “Ereticamente” e cosa no.
Per completezza, e sempre per cercare di enuclearne il senso complessivo, vorrei ora ricordare due serie di articoli attinenti a due questioni d’importanza fondamentale di cui mi sono occupato su “Ereticamente”. Innanzi tutto il discorso scientifico, cui ho dedicato la serie di articoli Scienza e democrazia, e su cui sono recentemente tornato con Domande per le quali la scienza non ha risposta.
Quante volte, considerando la sociologia marxista, la psicanalisi, lo strutturalismo della scuola di Francoforte, l’antropologia culturale, e via dicendo, abbiamo avuto la sensazione che tutto il bagaglio della “scienza” democratica non consista in altro che in una serie di armi puntate contro di noi e contro la nostra visione del mondo?
Da qui viene la tentazione di un globale rifiuto, di fare appello al sentimento contro la ragione, la ricerca di vie alternative alla conoscenza, ammesso che ne esistano. Ma questo significa mettersi a priori in una posizione perdente.
Al riguardo, devo essere molto schietto. Io credo che il metodo galileiano basato sull’osservazione, sulla costruzione di teorie basate su di essa, la messa alla prova delle teorie mediante l’esperimento, sia l’unico metodo che può portare a una conoscenza effettiva del mondo che ci circonda, ma, e questo è il punto fondamentale, la “scienza” democratica non rispetta affatto questo metodo, e per conseguenza non è affatto scienza, bensì ciarlataneria ideologica.
Tanto per cominciare, vediamo il rifiuto di prendere in considerazione la componente biologica dell’essere umano per non contraddire il dogma fasullo che “tutti gli uomini sono uguali”. Anatema al ricercatore che scopre che non solo il nostro aspetto fisico, ma anche il comportamento è condizionato dalla biologia, dall’eredità genetica, e difatti sotto questo anatema è caduto – fortunatamente postumo – quello che è stato forse l’ultimo grande o perlomeno vero scienziato della nostra epoca, Konrad Lorenz.
Io personalmente trovo molto significativo che fra gli intellettuali “nostri” emersi nel sia pur desolante panorama degli ultimi tre quarti di secolo, vi siano stati gli italiani Gianantonio Valli e Sergio Gozzoli e il francese N. C. Doyto, tre medici, cioè persone obbligate professionalmente a confrontarsi con l’essere umano come effettivamente è, non con le astrazioni con cui si pascono i sedicenti intellettuali di sinistra.
Altro dogma fondato su un aprioristico rifiuto, quello dell’antropologia culturale fondata da Claude Levi Strauss (non era quello dei jeans), “il rifiuto di distinguere tra le conoscenze e gli usi”, il che vorrebbe dire in pratica che non esiste differenza tra il Partenone o la cattedrale di Chartres e una capanna di frasche africana. Penso non occorra dire altro circa questa “scuola di pensiero” volta a sminuire e negare tutto ciò che la civiltà europea è stata per millenni.
Un altro filone di irrazionalismo inquinante è l’antifascismo che, non trovando più un avversario reale, si batte coi fantasmi, si è spostato dall’analisi sociologica e storica alla demonologia. Ve l’avevo spiegato con qualche esempio, è una caccia ai simboli, come nel caso dei reparti dell’aviazione da caccia della RSI, colpevoli di aver abbattuto i quadrimotori americani che andavano a bombardare le nostre città e salvato migliaia di vite di nostri connazionali, che nell’attuale aeronautica sono stati declassati a reparti di artiglieria contraerea, sono state cioè “punite” le insegne di quei reparti.
Più recentemente, sono stati messi al bando i tradizionali bottoni dei loden, le cui striscette di cuoio ricorderebbero – dicono – la svastica. L’ ultima novità è arrivata a natale 2023 con la messa al bando dell’acrostico anglicizzante MERRY XMAS che ricorderebbe la Decima Mas.
Infine, pur non essendo un giurista (ma non occorre, certe cose sono evidenti), ho dedicato alcuni articoli all’esame della “nostra” costituzione, La più bella del mondo secondo l’illustre – e serissimo – giurista Roberto Benigni, evidenziando il fatto che essa contiene una serie di trappole volte a impedire al popolo di esprimersi, o alla sua volontà di avere effetto. Tanto per cominciare, essa vieta il vincolo di mandato, cioè qualsiasi forma di controllo degli elettori sugli eletti. Poi c’è la figura anomala del presidente della repubblica. In quasi tutte le repubbliche parlamentari, o il presidente è eletto dal popolo e dispone di ampi poteri (Stati Uniti, Francia), oppure non è eletto dal popolo, ma in questo caso è una figura puramente simbolica. Noi abbiamo un presidente non eletto dal popolo che dispone di ampi poteri, per di più in carica per un settennato rinnovabile. In pratica un monarca elettivo scelto da una casta di baroni.
Ci sono poi le regioni a statuto speciale, statuto speciale che consiste nell’essere leggi costituzionali, quindi non modificabili se non attraverso la farraginosa procedura di revisione costituzionale, questo allo scopo di garantire i privilegi accordati alle minoranze etniche a discapito dei cittadini di etnia italiana.
Ma forse la disposizione costituzionale che ha avuto e sta avendo le conseguenze peggiori, è quella che vieta il referendum sui trattati internazionali, essa ha permesso ai “nostri” politici di trascinarci nella trappola della UE senza nemmeno avvertirci, e oggi di svendere pezzo per pezzo quel che rimane della nostra sovranità nazionale. La “nostra” costituzione proclama che la sovranità appartiene al popolo, poi tutto il resto ha la precisa funzione di vanificare questo assunto. Abbiamo una sinistra che si oppone strenuamente a qualsiasi modifica costituzionale, ma sappiamo che le sue scelte sono sempre a danno del popolo italiano.
Con queste considerazioni di ordine generale, credo di avervi enucleato il senso del lavoro svolto finora, ma naturalmente si tratta solo di un punto di ripartenza in vista degli impegni futuri.
NOTA: Nell’illustrazione, una locandina particolarmente suggestiva di un’edizione del Triskell di qualche anno fa.
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