Nel momento in cui, al termine del Convegno di Napoli del 21/06/2014, ho salutato i cari amici e camerati che insieme a me vi avevano partecipato, non ho potuto fare a meno di manifestare loro una certezza che è venuta alla coscienza (anche alla luce dell’esperienza ultraquarantennale che ho acquisito in ordine ad eventi simili…); certezza avente ad oggetto due aspetti della realtà profonda, e cioè invisibile, nella quale è situata la nostra esistenza: le tenebre avanzano sempre di più e sempre più velocemente ed inesorabilmente; e, per quanto noi si sappia, trattasi di dimensioni sia interne che esterne, tanto microcosmiche quanto macrocosmiche, essendo due modalità di essere dello stesso Mondo!
La riflessione, ed è il secondo aspetto di quella certezza, che intendo sviluppare, è fondata su e nasce dalla considerazione intorno al fatto incontestabile che il Convegno di Napoli, per come è stato voluto, indirizzato e per la natura che lo ha qualificato (e ciò in virtù dell’opera instancabile e pregevole della redazione di EreticaMente e dei ragazzi de Il Cervo Bianco di Napoli) è stato il primo, a mia memoria, ad aver affrontato la tematica intorno al pensiero ed alla vita di Evola secondo una prospettiva e una domanda rigorosamente ed esclusivamente spirituali, cioè aventi ad oggetto la quaestio del logos evoliano, dal punto di vista del mondo dell’anima (che è nel tempo) e dello Spirito (che è al di là del tempo); quindi non più come si è fatto fino ad oggi, anche per questa occasione del quarantennale del transito al Polo Eterno del filosofo, cioè secondo problematiche metapolitiche o di filosofia o metafisica della storia o di antropologia delle religioni e delle tradizioni.
Ora, il fatto straordinariamente rivoluzionario ma effettuale e consono al “senso” dei tempi, è che un così elevato numero di persone, provenienti da ogni parti d’Italia, tra relatori e partecipanti, con una rilevante prevalenza di giovani, abbia non parlato o dibattuto su aspetti o problemi del “mondo” consegnato (tràdito) da Evola, ma, in sostanza ed obbligatoriamente, di problemi dello Spirito, e cioè della possibilità o di una attualità (nel senso proprio aristotelico) della Via (o delle Vie) difesa da Evola o dallo stesso indicata, al fine esclusivo di porsi la problematica, oggi, della coniugazione di vero e di certo in ordine ad un mutamento di coscienza che possa indurre ad una visione differente, ad un sistema di pensiero e di emotività radicalmente altri nei confronti di quelli dominanti, tenendo fermo il principio che si conosce ciò che si ama e si ama ciò che si conosce!
Per esprimerci secondo la simbologia ermetico-alchemica, ci si è posti la domanda, in sé stessa densa di enormi questioni aperte, intorno ai rapporti, nell’epoca attuale e nell’uomo (o di quel che ne resta…!!) presente, tra il Mercurio segnato e governato dal Fuoco e quello segnato dalla Luna; cioè la dimensione della sfera animica e vitale direttamente centrata dal principio del pensiero cosciente e quella ancora più lontana da quest’ultimo, dallo stesso difficilmente raggiungibile e quindi esperibile e che è pertanto preda delle potenze dal Basso; quindi sulle possibilità che si presentano a chi voglia realmente liberarsi dalle catene interiori che tengono prigioniero e schiavo l’uomo di questa età tanto nella dimensione dello Spirito, di cui nulla sa e deve sapere, come in quella dell’anima che è ormai strappata dal luogo Alto che è il Principio noetico, oscurata e affascinata da forze che la trascinano verso il subumano. E torniamo, quindi, proprio al secondo aspetto di cui parlavo all’inizio, quando constatavo che le Tenebre avanzano: il solo fatto, il solo evento, che vi siano delle persone, coscienti e consapevoli, accomunate da una visione del mondo spirituale ed eroica, unitaria seppur distintamente vissuta, che osano, sfidando l’Oscurità, guardare dentro le loro stesse coscienze ed esperienze di vita, interrogando le stesse su come, non solo si possa e si debba affrontare tutto ciò, ma si debba oramai inderogabilmente farlo non più sul piano o nella dimensione della sovrastruttura ma su quello della struttura (per usare il lessico marxista) dove la prima è relativa al mondo del tempo, dello spazio e dello spessore, ancorché transeunti e l’altra è relativa a ciò che decide, governa, è l’essenza del Mondo, ed è l’Idea, Luce dello Spirito, con la serena consapevolezza che, come è dall’eternità avvenuto, la battaglia è sempre e soltanto finalizzata alla conquista delle anime e quindi è di natura apicalmente metafisico-religiosa!
Il resto essendo solo corredo e suppellettili varie.
Coloro i quali intendono affrontare tale epos, devono sapere che in questo livello della battaglia, si è inevitabilmente soli, in tensione verticale, e si deve fare propria questa immagine che, pensata profondamente, và interiorizzata come concetto vitale: s’immagini, quindi, di trovarsi su uno scoglio situato in mezzo al mare in tempesta, con le sue Acque che rabbiosamente minacciano di sommergerci e travolgerci, siamo però tenuti e trattenuti da un legame salvifico (?) alla roccia medesima; non c’è un al di là né un al di qua, essendo dimensioni interiori o modi di vivere e di essere dello stesso Mondo, poiché si è ciò che si conosce e si conosce ciò che si è! Né possiamo andare via da questo “luogo” perché esso siamo noi stessi da sempre!
Se, come sappiamo, la base fondamentale dalla quale ci si deve muovere è la concezione del mondo che ci distingue dal tipo umano dominante e se questa è la visione della Tradizione Classica elleno-romana, dobbiamo ancorare l’anelito, lo slancio verticale verso il Trascendente, l’atto supremo di Libertà dell’Egemonikòn stoico, quale Signore interiore, alla lucida e ferma mistica intellettuale apollinea, evitando tanto la deriva sacerdotale quanto il dionisismo cristianista, quindi non possiamo né dobbiamo recidere quel legame che ci tiene sulla roccia, né, quindi, lasciare la roccia medesima poiché, secondo la nostra Moira o Fato, cioè porzione di Cosmo che trascendentalmente abbiamo scelto, noi siamo qui perché lo vogliamo in quanto lo abbiamo voluto come nostro Demone! Il compito pertanto è, in piena ed integrale coscienza, che deve essere Sapere cioè Gnosi, fermi e quasi stoicamente imperturbabili, di tenersi e tenere tanto il legame quanto la roccia, però sublimati, vissuti, esperiti e conosciuti non più come limiti, impedimenti o pesi ma come campo di battaglia sul quale schierare l’acies delle legioni del Sé e della luminosità dello Spirito; in alleanza, ormai serena ed armoniosa, con tutta la dimensione dell’anima, avendo come “strumento” il suo furor bellicus onde affrontare la rabbia delle oscure Acque con la consapevolezza che, come la roccia su cui siamo ed il legame che ci tiene ad essa, esse non sono altro, nella radicalità della loro essenza, il profondo oscuro e fiammeggiante di noi stessi e del Mondo: sono Saturno, cioè il Piombo che è la casa celata dell’Oro! Così come insegnano tanto la sapienza del Buddhismo Mahàyanico intorno a il Samsàra e il Nirvana che sono, in senso esoterico, il Medesimo, quanto lo stesso Plotino intorno alla identità della sensazione iniziale con il “toccare il Dio” finale (Enneadi, VI, 9, 7). Qui il significato ancora più profondo è il Mistero dell’Eternità che si coniuga con il Tempo o, meglio, di quest’ultimo che è l’immagine mobile del primo: come insegnano Platone ed Hegel, in virtù della loro mistica filosofica; la Verità è l’Intero, cioè tutte le ere, tutti i cicli del Mondo e dell’Universo, dalla Luce alle Tenebre, dall’Età dell’Oro a quella della Distruzione e della Morte: il Vero è il Vaso, l’Athanòr e non i “momenti” delle sue “apparizioni” che sono i vari elementi, Metalli, Numi, Astri, Cicli e coscienze; questa consapevolezza che è Sapere, sereno, gioioso e forte, può rendere lo Spirito pronto ad ogni evento, ad ogni esperienza poiché Egli sa che l’Uno è in Tutto e il Tutto è nell’Uno e che, quindi, non vi è dualità alcuna ma polarità dimensionali ed esperienziali di un unico mondo (Paradiso ed Inferno sono modalità differenti di essere e di conoscenza dello stesso Mondo, in relazione alla natura di chi lo esperisce); pertanto dal cosmo gli Dei, esotericamente, non sono mai fuggiti, poiché nulla può essere senza la Divinità! Anche le Tenebre sono nel Dio e dal Dio, come affermò sereno un monaco buddhista ai soldati che si accingevano ad ucciderlo! Ecco il significato dell’immagine poc’anzi evocata e, nella interiorizzazione della stessa, risiede il Sapere incontrovertibile poiché apollineo che noi siamo sempre e comunque immersi nel Divino come la rete nel mare! (tale tema è approfondito nel mio libro La conoscenza suprema, Genova Ed. Arya 2012).
Colui il quale si riconosce in essa come in uno specchio e vive questa visione del Mondo e tali Miti, in uno con loro Simboli, rappresentando essi autentiche esperienze eterne dell’Anima cosmica e ne fa tema, logos e sostanza per il Fronte delle anime, che dobbiamo e vogliamo costituire, unendo, deve sapere (e torniamo all’altro aspetto di quella “certezza” di cui all’inizio…) che nel mondo dello spirituale, come in quello fisico, ad ogni azione segue una azione effettuale, cioè si ha una necessaria conseguenza; per cui Shatàn (l’Avversario) comparirà! Prima o poi ciò avverrà! ed esso non getta “bombe” o usa le armi materiali del mondo stupidamente politico-giornalistico, ma bensì quelle sottili del “dissidio”, della “zizzania”, della viltà e dell’opportunismo, delle false diatribe e della frammentazione “settaria”, basando tutto ciò sul capzioso argomento avente ad oggetto la pretesa questione della cosiddetta “ortodossia” tradizionale o del “necessario” imprimatur (non si sa di quale chiesa…!).
Noi che abbiamo dato vita all’esperienza, non solo e non tanto del Convegno di Napoli ma al modo in cui lo abbiamo voluto: non commemorativo né celebrativo ma invocatorio ed evocatorio dell’Idea vivente che è, come nella Tradizione di Roma, visibile a tutti coloro che per capacità essenziale la vedono; noi che ci riconosciamo in essa e nella sua vita rituale, che è rito filosofico interiore e quindi creazione costante di “barriere”, di limes, di katéchon quotidiani; chi nella esperienza della Tradizione classica neoplatonico-ermetica e chi in quella che si ispira agli insegnamenti di Massimo Scaligero o Giuliano Kremmerz; ritengo che, anche se con argomentazioni diverse e sensibilità alquanto differenti, in una comune visione del Mondo, non possiamo non chiedere anzi esigere, innanzitutto da noi stessi, di essere all’altezza del compito che gli Dei ci stanno affidando, restando fermi al nostro posto, come il legionario di Pompei, nonostante il terremoto, finché non riceveremo altro ordine!
Giandomenico Casalino
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