Il Nuovo Testamento riporta notizie relative a due distinti messia
Dalla attenta lettura dei vangeli canonici, confrontati con quanto lo storico ebreo Giuseppe Flavio ha riportato nelle sue opere, purtroppo pesantemente censurate ed alterate dai copisti cristiani, e tenendo conto di alcune informazioni emerse dalle tradizioni esoteriche, alcuni studiosi cultori della materia erano riusciti a scoprire l’effettiva identità del cristo re crocifisso a Gerusalemme nell’anno 35 dell’era volgare.
Successivamente, dallo studio dei manoscritti del Mar Morto, si è scoperta anche l’esistenza di un cristo sacerdotale, anche se già nell’Antico Testamento ve ne era un accenno nel libro di Zaccaria.
La presenza del secondo messia celato nei vangeli canonici è stata accettata soltanto in tempi abbastanza recenti, ma senza che fosse stato possibile identificarlo.
Soltanto nell’anno 2007 è stata raggiunta una ragionevole certezza sull’identità del cristo sacerdotale, ed è anche stato possibile ricostruire le complete genealogie di entrambi i messia, oltre ai loro rapporti di parentela con i personaggi citati nel Nuovo Testamento o riportati nelle cronache di Giuseppe Flavio.
Tali informazioni, insieme con la metodologia adottata per la ricerca, vengono riportate nel saggio L’origine del Cristianesimo Cattolico Romano, recentemente pubblicato dalla casa editrice Profondo Rosso, nel quale vengono anche ripercorsi i momenti fondamentali dell’evoluzione storica della Chiesa Cattolica.
I manoscritti del Mar Morto
In effetti, fino all’ultimo decennio del secolo scorso, a causa della quasi totale mancanza di documentazione risalente al periodo storico in questione, era estremamente problematico condurre seri studi sul Nuovo Testamento che portassero a risultati convincenti, anche se in particolari ambienti, come ad esempio in certi rami della Massoneria, sopravvivevano tradizioni che raccontavano una storia completamente diversa e per evidenti aspetti più verosimile.
Le prospettive per gli studiosi sono cambiate a causa del fortuito ritrovamento, nell’anno 1947, nei pressi della riva nordoccidentale del Mar Morto, di alcuni insiemi di rotoli di pergamena, redatti proprio intorno al primo secolo nell’ambito della comunità essena e rimasti nascosti, come in una capsula del tempo, per quasi duemila anni.
L’incarico di repertare e tradurre i rotoli era stato affidato all’insigne archeologo francese Roland De Vaux, direttore dell’Ecole Biblique et Archeologique gestita dei padri domenicani. Il colto sacerdote, dopo aver riunito una commissione internazionale composta praticamente da soli studiosi cristiani, essendosi reso immediatamente conto, grazie alla sua indiscussa competenza, del contenuto dirompente per tutte le confessioni cristiane dei documenti che aveva avuto in custodia, distribuì con estrema cautela agli esperti il materiale da catalogare e tradurre, facendo in modo di pubblicare ogni anno soltanto gli studi relativi a pochi frammenti insignificanti.
Dopo la sua morte, i successori, anch’essi studiosi domenicani, continuarono nella politica di non far trapelare il contenuto dei rotoli, finché, nei primi anni ‘90, essendo scoppiato uno scandalo a livello internazionale, furono finalmente pubblicate le immagini microfilmate dei documenti che erano rimasti occultati per più di quaranta anni, ed immediatamente studiosi di tutto il mondo iniziarono a studiarli ed a pubblicare traduzioni dei testi e dei frammenti.
Forse la scoperta più significativa fu proprio apprendere che in quel periodo dovevano essere contemporaneamente presenti due distinti messia: il cristo regale di Davide ed il cristo sacerdotale di Aronne, che dovevano cooperare su due distinti livelli allo scopo di liberare la Palestina dai Romani e realizzare l’avvento del regno di Yahweh, il dio degli Israeliti, che nell’Antico Testamento è riportato aver vissuto fisicamente in mezzo al suo popolo almeno fino al sesto secolo dell’era classica.
l termini intercambiabili messia e cristo, come ormai comunemente riconosciuto, indicavano persone dedicate a svolgere, in particolari momenti storici, supreme funzioni nel nome di Yahweh, dopo essere stati consacrati tramite un’unzione rituale.
Fu anche subito evidente che alcuni dei nomi riportati all’interno del Nuovo Testamento erano in realtà degli appellativi, come ad esempio:
- Maria, traslitterazione latina di Myriam, anche nella versione ellenizzata Mariamne, era il termine con cui ci si riferiva ad una principessa di sangue reale;
- Maria Maddalena era l’appellativo di una principessa di sangue reale sposata con un sovrano appartenente alla dinastia davidica od ad un legittimo aspirante a tale ruolo;
- Marta, traslitterazione di Tamar, era il temine con il quale veniva indicata una nobile matriarca signora della casa, anch’essa di discendenza reale;
- Elisabetta, traslitterazione di Eliseba, era l’appellativo di una principessa di sangue reale sposata ad un sacerdote con il rito dinastico ma non legittimata ad assumere il ruolo di moglie dinastica.
Anche molti termini apparentemente di comune impiego assumevano un significato particolare, come, ad esempio:
- i pesci erano i gentili che volevano convertirsi all’ebraismo;
- i pani erano i sacerdoti leviti che svolgevano la funzione di diaconi;
- la Luce era la triarchia sacerdote, re e profeta, in altri termini messia di Aronne, messia di Israele e profeta;
- la Via indicava il compendio dottrinario degli Esseni;
- i figli della Luce erano coloro che seguivano i principi della Via;
- i poveri oppure i poveri di spirito rappresentavano propriamente quelli che avevano raggiunto i più alti gradi nella comunità essena, ma in senso lato indicavano genericamente tutti gli Esseni;
- i ciechi erano quelli che non conoscevano la Via e quindi non potevano vedere la Luce;
- i malati erano coloro che erano incorsi nel pubblico discredito;
- i lebbrosi erano quelli che erano stati espulsi dalla comunità;
- i morti erano coloro che erano incorsi nella scomunica;
- i pescatori di uomini erano gli autorizzati a praticare in acqua il battesimo esseno per i gentili;
- la resurrezione dalla morte indicava la revoca della scomunica.
I nomi degli angeli citati nei vangeli canonici, la cui gerarchia, tra l’altro, era già riportata nel Vecchio Testamento all’interno del secondo libro di Samuele, rappresentavano le funzioni sacerdotali essene, ma il significato di questa informazione, per altro riportata dallo storico Giuseppe Flavio nell’opera La guerra giudaica, non era stato compreso fino a quel momento.
I tre arcangeli principali, i soli il cui ruolo era ereditario, erano comunemente chiamati il Padre, il Figlio e lo Spirito:
- Michele, il Padre, che doveva appartenere alla discendenza sacerdotale di Sadoc;
- Gabriele, il Figlio, che doveva appartenere alla discendenza sacerdotale di Abiatar;
- Sariele, lo Spirito, che doveva appartenere alla discendenza di Levi.
Le tradizioni esoteriche
Dopo la conquista del Regno di Gerusalemme, che segnò la conclusione della prima crociata, era stato istituito un ordine monastico-cavalleresco, comunemente chiamato dei Cavalieri Templari, che dietro l’apparente scopo di proteggere le vie di comunicazione nella Terrasanta, aveva inizialmente il compito di effettuare ricerche storiche ed archeologiche, al fine di reperire documenti e manufatti relativi alle famiglie ebraiche nobili ed al cristo che era stato crocifisso.
Grazie agli ottimi rapporti intrattenuti con le comunità ebraiche in Europa, l’ordine fu supportato dall’Università di Narbona nella traduzione e nell’interpretazione degli antichi manoscritti ritrovati, riuscendo così a riacquisire importanti conoscenze, delle quali si era perso il ricordo da più di un millennio.
Il primo risultato conseguito fu l’aver appreso la vera importanza delle funzioni svolte da Giovanni il Battista, che andavano ben oltre il semplice ruolo di precursore che sembravano riservargli i vangeli canonici attribuiti a Luca ed a Giovanni.
Altra fondamentale scoperta furono la ricostruzione, ed in alcuni casi la conferma, delle informazioni sulla storia del cristo crocifisso, sulla sua genealogia e sul suo vero nome.
Molte delle conoscenze acquisite dai Cavalieri Templari finirono dimenticate, forse a causa dello scioglimento dell’ordine e delle persecuzioni nei confronti dei suoi membri, ma alcune furono tramandate sotto vincolo di segretezza.
Inizialmente la massoneria scozzese fu probabilmente la principale detentrice di questi segreti, ma sono stati accertati anche altri canali di diffusione.
Ad oggi non risulta che i Cavalieri Templari avessero fatto oggetto delle loro ricerche anche il cristo sacerdotale, del quale avevano forse perfino ignorato l’esistenza; in ogni caso non risulta che avessero tramandato informazioni su di lui.
Nell’era moderna erano presenti innumerevoli associazioni e movimenti, alcuni dei quali si ritenevano essere parte del cattolicesimo, mentre molti erano invece in posizione critica con gli insegnamenti della Chiesa oppure in aperta opposizione ai suoi vertici, ma che, in ogni caso, risultavano in qualche modo in relazione con la religione cattolica. Molte di queste associazioni mostravano una facciata ufficiale essoterica ma nascondevano un contenuto segreto esoterico.
All’origine di queste società segrete, molte delle quali sopravvissute fino all’inizio del secolo XX°, oltre alcune obbedienze massoniche, vi erano anche alcuni cristianesimi primitivi di natura gnostica, sopravvissuti per secoli in clandestinità, e perfino alcune corporazioni a carattere pseudo-religioso. La massima diffusione di questi sodalizi si ebbe in Francia nel secolo XIX°, ma fin dal rinascimento italiano molti illustri artisti hanno dimostrato di essere a conoscenza di queste tradizioni segrete e le hanno trasposte nelle loro opere, riuscendo a non farsi scoprire dalla Santa Inquisizione.
Tra le società ed i movimenti più importanti, quasi tutti di origine francese, oltre al Priorato di Sion, che era stato inizialmente collegato ai Cavalieri Templari, si possono anche ricordare:
- la Compagnie du Saint Sacrement et de l’Autel, chiamata dispregiativamente la Cabale des dévots, sostenuta e difesa da san Vincenzo de’ Paoli, che secondo una tradizione non confermata sarebbe stata la manifestazione palese del Priorato di Sion;
- la Chiesa del Carmelo, fondata da Pierre Eugene Vintras, nella quale venne adottata la simbologia del sacro cuore, vessillo della rivolta cattolica in Vandea;
- la confraternita dello Hieron du Val d’Or, fondata dal gesuita Victor Drecon;
- la Société Angélique, altrimenti nota come Le Brouillard, fondata da Sebastian Gryphius, a cui aderirono molti preti cattolici in tutta l’Europa.
Negli ultimi anni del secolo appena trascorso sono saliti agli onori della cronaca i casi di tre sacerdoti, tutti collegati alla Société Angélique, che alla fine del secolo XIX° avevano condotto una vita da miliardari e che, a loro spese, avevano restaurato od edificato edifici di culto introducendovi simboli che, ad un esame accurato, mostravano caratteristiche chiaramente esoteriche, le quali, in un caso, erano state riconosciute eretiche dalla Chiesa Cattolica:
- Bérenger Sounière, parroco del paesino francese di Rennes le Chateau nell’Aude;
- Louis da Coma, parroco del minuscolo villaggio di Baulou, sempre in Francia, molto vicino alle rovine del castello di Montségur, ultima roccaforte catara;
- Giuseppe Giovanni Bertolotti, parroco del paesino italiano di Altare, in provincia di Savona.
La sacra famiglia, la pietà e la madonna nera
Dagli studi recenti è emerso come molte opere d’arte nascondano in realtà conoscenze esoteriche tramandate nel tempo, di cui alcuni artisti iniziati hanno mostrato di essere al corrente.
In un filone della iconografia relativa alla cosiddetta sacra famiglia sono presenti sia statue che affreschi e dipinti in cui viene rappresentata una giovane donna insieme con due neonati, talvolta anche con la presenza di un uomo. In questo caso la tradizione cristiana e la critica artistica hanno affermato, facendo riferimento al vangelo canonico attribuito a Luca, che tali opere rappresentano una sposa di nome Maria, a volte ritratta anche in compagnia del marito Giuseppe, umile artigiano, effigiata insieme con il figlio primogenito Gesù e con un cugino di lei chiamato Giovanni, ambedue di pochi mesi. Divenuti adulti, Gesù, anche lui artigiano come il padre, diventato un predicatore itinerante e soprannominato il Cristo, sarebbe stato crocifisso per sentenza del prefetto della Giudea Ponzio Pilato, mentre Giovanni, riconosciuto un personaggio ascetico dotato di grande carisma e soprannominato il Battista, sarebbe stato fatto decapitare per ordine del tetrarca della Galilea Erode Antipa.
In realtà non si conosce il vero nome della sposa, una principessa di sangue reale e moglie dinastica di Giuda, signore della città di Gamala e legittimo aspirante al trono della Giudea, ricordata soltanto con l’appellativo di Maria, mentre i bambini, entrambi suoi figli, nati da un parto gemellare, erano stati chiamati Giovanni e Giuda come il padre.
In un altro filone della medesima iconografia viene rappresentata una giovane donna che ha appena partorito un figlio in un ambiente rustico, oppure la stessa, insieme con un bambino, che viaggia accompagnata da un uomo. Sia la tradizione cristiana che la critica artistica hanno affermato, facendo riferimento ai vangeli canonici attribuiti a Matteo ed a Luca, che tali rappresentazioni si riferissero sempre alla giovane sposa Maria, raffigurata dopo aver partorito il figlio Gesù, ed in un’altra circostanza ritratta mentre fugge in Egitto insieme con il marito Giuseppe ed il figlioletto, per sfuggire ad Erode il Grande, re di tutta la Palestina ed alleato dei Romani, il quale, in tarda età e gravemente malato, avendo avuto il timore di essere detronizzato da un bimbo di circa due anni, figlio di un artigiano, avrebbe ordinato di inseguirli per fare uccidere Gesù.
In questo caso si conosce il nome della madre, che si chiamava Cleopatra, moglie adultera del re Erode, rappresentata dopo aver partorito il suo terzo figlio, di nome Giacomo, concepito con il suo amante Giuseppe, che era un nobile giovane discendente dalla linea di sangue davidica. Le rappresentazioni della famiglia in viaggio la mostrano incinta, mentre fugge insieme con il compagno e con il suo secondo figlio Gesù, concepito con il re Erode.
Le commoventi raffigurazioni di una giovane donna che tiene tra le braccia il corpo martoriato di un uomo, erano sempre state considerate rappresentazioni della madre Maria che abbracciava il corpo senza vita del figlio Gesù, mentre invece si riferiscono alla giovane sposa ricordata soltanto con l’appellativo di Maria Maddalena ed al suo regale marito Giovanni, rappresentato dopo la deposizione dalla croce.
Per concludere questo breve excursus nell’iconografia cristiana, è doveroso ricordare la madonna nera, rappresentata con un bambino in braccio ed in passato ritenuta sempre la raffigurazione della madre Maria con il figlio Gesù, mentre invece è stato definitivamente accertato che originariamente rappresentava la dea Iside con il figlioletto Horus.
Due storie parallele
La confusione tra i due messia Giovanni e Gesù e la loro conseguente unificazione, era avvenuta perché di solito non venivano quasi mai citati per nome ma soltanto con l’appellativo il cristo. Pertanto già nel II° secolo, in conseguenza delle grandi rivolte e grazie alla scomparsa pressoché totale di due generazioni a causa della morte di più di un milione di persone e delle successive deportazioni di massa, i ricordi degli episodi erano stati confusi non intenzionalmente, e le due nobili figure erano state unificate in un unico personaggio, ricordato alcuni secoli dopo con il nome di Gesù Cristo.
Il cristo regale di Davide
Giovanni ed il fratello gemello Giuda nacquero nell’anno 6 d.C. nella città di Gamala, sede del ramo degli Asmonei che discendeva in linea diretta dal re Giovanni Ircano I°.
Secondo una fonte araba non precisata appresa da san Francesco di Assisi, nel periodo dell’anno in cui era nato il futuro messia, risultava ben visibile in cielo la costellazione del Cancro, chiamata anche la capanna del carpentiere, con al centro l’ammasso stellare centrale conosciuto come la mangiatoia od il presepe, mentre da un lato brillava la stella chiamata l’Asinello boreale e dall’altro, al tramonto, era visibile il pianeta Venere, da sempre associato alla dea Iside, archetipo di maternità.
Il padre Giuda, legittimo aspirante al trono, ricordato come il Galileo, era un maestro della Legge e non certo un mastro falegname. Morì intorno all’anno 23 d.C. dopo aver messo al mondo, oltre a diverse figlie, anche altri tre figli: Giacomo, ricordato come il Maggiore, Simone e Giuseppe. Naturalmente la sua sposa dinastica, della quale non è stato tramandato il nome ma soltanto l’appellativo di principessa, era anch’essa discendente dalla medesima linea di sangue reale.
Dai riferimenti nei vangeli canonici che possono essergli ragionevolmente attribuiti, sembra che Giovanni di Gamala non fosse stato completamente rispettoso delle regole e fosse stato invece propenso a godere abbastanza liberamente dei piaceri della vita. In ogni caso, con tutta probabilità, per la sua formazione di base dovette frequentare la scuola farisaica del maestro Hillel, la quale, vicina alla famiglia reale ed in sintonia con la componente moderata del movimento esseno, pur essendo legata alla tradizione, era però abbastanza in sintonia con la realtà di quei tempi.
Essendo il primogenito, prima di poter assumere le responsabilità del suo ruolo in seguito alla morte del padre, fu obbligato a contrarre il matrimonio dinastico. La fidanzata fu naturalmente scelta tra le principesse di pura discendenza davidica, ma neanche di lei si conosce il nome, poiché i vangeli canonici riportano soltanto il suo appellativo di principessa sposa e sostegno del cristo regale, oppure quello di principessa di Betania, in relazione alla località vicina a Gerusalemme in cui era nata.
Sempre i vangeli canonici hanno interpretato i fratelli del messia Giovanni come suoi apostoli, e per cercare di completare il numero di dodici, significativo nel movimento esseno, li hanno elencati insieme con i loro numerosi soprannomi in aramaico ed in greco, aggiungendo anche i fratellastri del cristo sacerdotale Gesù, ed arrivando paradossalmente ad includere tra di loro lo stesso Giovanni.
Quando gli Esseni interpretarono alcuni eventi come l’inizio degli ultimi tempi, segno che l’avvento del regno di Yahweh era ormai imminente, Giovanni, essendosi deciso a dare inizio alla rivolta per cacciare i Romani dalla Palestina, aveva avviato una vasta attività di propaganda politica, accompagnata anche da esplicite minacce di far uccidere coloro che gli si fossero opposti e di farne gettarne i cadaveri nella discarica della città di Gerusalemme. Inoltre fomentò l’esecuzione di sanguinosi atti terroristici ai fini intimidatori, messi in atto dai seguaci accettati tra i partigiani zeloti tramite il rito battesimale officiato da Giovanni il Battista.
L’iniziativa insurrezionale fu facilitata da una serie di favorevoli circostanze concomitanti, e Giovanni di Gamala riuscì ad impadronirsi praticamente senza violenza di Gerusalemme, dopo aver provocato la fuga della piccola guarnigione romana presente in città, la quale, essendo stata colta di sorpresa, non era riuscita ad opporre alcuna resistenza. Subito dopo essersi assicurato il controllo della città, aveva organizzato un’entrata trionfale, secondo un protocollo descritto in una profezia del Vecchio Testamento, e cingendo il manto regale, si era fatto riconoscere re dei Giudei tra le acclamazioni della folla. Dal vangelo attribuito a Luca si riesce ad evincere che, una volta assunto il potere, mantenendo le promesse, aveva fatto giustiziare coloro che gli si erano opposti (LC 19.27).
Il governatore della Siria Lucio Vitellio, malgrado si trovasse a dover gestire contemporaneamente anche altri focolai di crisi, riuscì a trasferire rapidamente in Giudea una delle legioni ai suoi ordini, e marciò risolutamente su Gerusalemme.
Il neo re, essendosi resosi conto della disparità delle forze in campo, mostrando senso di responsabilità ed estremo spirito di sacrificio, d’accordo i membri del Sinedrio, decise di non opporre resistenza alle truppe che avevano circondato Gerusalemme e di farsi consegnare ai Romani per il tramite del fratello Giuda, a fine di evitare la distruzione della città e la strage dei suoi abitanti, oltre a salvare i suoi familiari. Fu quindi processato insieme con i collaboratori maggiormente compromessi nelle attività eversive dal prefetto della Giudea Ponzio Pilato, che si era insediato in città al seguito del legato imperiale, e fu condannato alla crocifissione insieme a due suoi luogotenenti, senza che fossero effettuate ritorsioni nei confronti degli altri seguaci non esplicitamente coinvolti nelle attività insurrezionali e nelle uccisioni.
Giancarlo Rosati, medico chirurgo, nel suo saggio La storia non raccontata di Gesù, esaminando i racconti sulla passione e sulla morte per crocifissione sopravvenuta in tempi sorprendentemente rapidi, così come riportato nei vangeli canonici, è pervenuto alla conclusione che il condannato fosse stato salvato narcotizzandolo ed evitandogli la tipica morte per crocifissione provocata da collasso polmonare e cardiaco, con il praticargli una toracentesi, effettuata con un colpo di lancia assestato con estrema precisione, che aveva provocato la trasudazione dalla ferita al torace di siero e sangue, prova evidente di un organismo vivo. Ciò gli avrebbe inoltre risparmiato la rottura delle gambe, che veniva praticata quando si voleva accelerare il decesso di un condannato. L’aspersione del corpo prima della tumulazione con sostanze medicinali dagli effetti ben noti, avrebbe poi contribuito a stabilizzare le condizioni del traumatizzato, nell’attesa di poterlo curare dopo averlo trasportato in salvo.
Della sepoltura di Giovanni di Gamala in una tomba di famiglia si fece carico un sinedrita di Gerusalemme suo parente, che i vangeli sinottici riportano originario di Arimatea, località assolutamente inesistente.
E’ opportuno ricordare che il vangelo di Pietro, non compreso nel Nuovo Testamento, in perfetta sintonia con la diagnosi del dottor Rosati, riporta come due persone avessero poi aperto il sepolcro, vi si fossero introdotte, e poco dopo ne fossero uscite sorreggendo una terza persona che non era in grado di camminare da sola.
Il dottor Hugh Joseph Schonfield, prolifico ricercatore inglese, è stato il primo a dedurre alcune delle probabili reali circostanze che avevano portato alla drammatica conclusione del tentativo insurrezionale, ed ha presentato le sue conclusioni nel libro The passover plot, che ha avuto inizialmente una gran risonanza nei paesi di lingua inglese e dal quale è stato poi tratto anche un film, che naturalmente è stato boicottato da tutte le confessioni cristiane.
Tutti i vangeli canonici riportano successive ricomparse di Giovanni di Gamala, presentate come apparizioni dopo una miracolosa risurrezione, ma in ogni caso non risulta che abbia più svolto alcuna attività significativa.
Il cristo sacerdotale di Aronne
LA FAMIGLIA DI GESU’
Gesù, il cui vero nome era Erode Giosuè, nacque in concomitanza con una rarissima congiunzione planetaria, iniziata il 19 dicembre dell’anno 7 a.C. e terminata il 17 aprile dell’anno 6 a.C., sempre nella costellazione dell’Ariete, interpretata dagli astrologi orientali come annunciante la nascita di un grande re in Giudea.
Giosuè è la corretta traslitterazione italiana del nome ebraico Joshua, che significa Salvatore, ma è stato reso in italiano come Gesù passando attraverso la traslitterazione latina Jesus.
Suo padre era il re Erode il Grande, di sangue idumeo, e sua madre, che apparteneva alla nobilissima famiglia sacerdotale degli Oniadi e che si chiamava Cleopatra, è stata ricordata anche con l’appellativo Mariamne II Molti anni prima aveva partorito un altro figlio del re, che era stato chiamato Erode Filippo.
Quando nacque Erode Giosuè il padre era già molto malato, e si affezionò subito a questo figlio natogli in tarda età. A causa della profezia astrologica lo designò come secondo nella linea di successione al trono dopo il fratellastro Erode Antipatro, figlio della sua prima moglie, stabilendo anche che avrebbe dovuto sposare la nipote Erodiade, figlia di un altro fratellastro.
Cleopatra, la quale, dopo la nascita del secondo figlio aveva allacciato una relazione con Giuseppe, ricco giovane di discendenza davidica e ben introdotto negli ambienti aristocratici di Gerusalemme, si accorse di essere rimasta incinta, e sicura che il marito l’avrebbe fatta uccidere non appena il suo stato fosse divenuto evidente, ritenne che l’unica possibilità di salvezza fosse quella di far assassinare il re, ma la congiura fu scoperta, e per sottrarsi alla vendetta di Erode fu costretta a fuggire insieme con Giuseppe e con il piccolo Gesù, che aveva circa due anni.
Il re non riuscì a ritrovare i fuggiaschi, e si limitò a cancellare il figlio dalla linea di successione, ma conservò le altre disposizioni che lo riguardavano, compresa quella relativa al suo futuro matrimonio.
I fuggitivi, che come riporta il vangelo attribuito a Matteo si erano rifugiati in Egitto, vi rimasero anche dopo la morte di Erode, perché erano timorosi che gli eredi che gli erano subentrati avrebbero potuto cercare di farli uccidere insieme con il piccolo Gesù, per scongiurare eventuali rivendicazioni avanzate in suo nome.
Si ritiene ragionevolmente che nel frattempo avesse sposato la vedova Cleopatra, che nel frattempo aveva partorito il loro figlio Giacomo. Questo bambino non fu mai considerato frutto di adulterio essendo nato dopo la morte del re Erode, mentre invece continuarono a circolare voci su una possibile nascita illegittima di Gesù, peraltro mai dimostrata, ed a cui lo stesso re suo padre non aveva mai dato credito.
Negli anni successivi nacquero, oltre ad alcune femmine, altri due maschi: Giuda e Simeone.
Soltanto dopo la costituzione della provincia romana di Giudea Giuseppe ritenne di poter far ritorno in patria insieme con la famiglia e di poter riprendere il proprio ruolo nella società gerolosomitana.
A differenza del fratellastro Giacomo che era diventato il capo del movimento esseno e soprannominato il Giusto, ma ricordato anche come il Minore per distinguerlo dall’omonimo figlio di Giuda il Galileo, non sono facilmente rintracciabili molti dettagli della vita di Gesù, essendo andati persi nel processo di costruzione del cristo divinizzato.
Quando nei vangeli sono riportati dialoghi e dispute giuridiche oppure teologiche, è quasi certo che il protagonista debba essere stato con ogni probabilità proprio Gesù, il quale, essendo un rabbi, vantava una profonda conoscenza della Legge, maturata con la frequentazione della scuola del maestro Hillel, che all’epoca era uno dei due maggiori maestri della cultura farisaica. In effetti, alcuni dei più famosi detti di Gesù riportati nei vangeli sono da attribuire originariamente proprio ad Hillel.
Non si conosce la motivazione in base al quale Gesù fu scelto quale messia sacerdotale, ma si può individuare il momento del riconoscimento nell’incontro con Giovanni il Battista, dal quale si era recato per offrire il suo contributo all’avvento del regno di Yahweh. L’enfasi che il Nuovo Testamento riserva a quella particolare cerimonia battesimale la può ragionevolmente far interpretare come una fase propedeutica ad una unzione messianica.
Per quanto è dato sapere Gesù abitava stabilmente a Gerusalemme, ed era solito ragionare e disquisire sulla dottrina anche nello svolgere le attività di propaganda politico-religiosa, esprimendo sempre le sue considerazioni con grande padronanza di linguaggio. Non risulta che abbia mai effettuato attività illegali, e per tale ragione non ebbe a subire alcuna conseguenza in conseguenza del breve periodo di regno di Giovanni di Gamala. A questo proposito è opportuno ricordare che le vecchie versioni del vangelo attribuito a Matteo lo ricordavano come quel Gesù Barabba (in lingua aramaica BAR-ABBA significa figlio del padre, nel senso di figlio di Yahweh) che era stato giudicato non imputabile dai Romani perché non era stato riconosciuto coinvolto in attività sovversive.
Nell’anno 62 d.C. Gesù, oramai in età matura, sposò in seconde nozze una sua cugina, della quale non si conosce il nome, ricordata soltanto con l’appellativo di signora della casa, la cui sorella anni prima aveva sposato Giovanni di Gamala.
L’anno successivo fu nominato sommo sacerdote dal re Agrippa II, suo parente, al quale la ricchissima moglie aveva elargito una cospicua donazione.
Gesù risulta essere morto nell’anno 68 dell’era volgare, massacrato insieme a tanti altri cittadini di Gerusalemme ad opera di un contingente di Idumei che avevano raggiunto la città per portare aiuto ad un gruppo di zeloti che intendevano saccheggiarla.
La notte della sua uccisione scoppiò un violentissimo temporale e furono avvertite forti scosse di terremoto, come riportato da tutti i vangeli sinottici, nei quali, però, tali drammatiche manifestazioni, forse per un tentativo di disinformazione, sono state retrodatate alla notte della crocifissione di Giovanni di Gamala, che era avvenuta ventotto anni prima.
L’origine del “Gesù Cristo” e l’inizio dell’era volgare
Prima del Concilio di Nicea, organizzato e presieduto dall’imperatore Costantino, si era reso necessario assegnare un nome al cristo spirituale e spoliticizzato che si era deciso di costruire. Poiché non era possibile effettuare con certezza una scelta tra i due diversi nomi tramandati, per evidenti ragioni si decise di evitare quello che avrebbe potuto ricordare un nemico dell’Impero, e fu quindi deciso di scegliere l’altro, ridotto e latinizzato in Iesus. Dopo tale scelta il nome fu piazzato un po’ dappertutto nei diversi documenti, ed alla fine fu addirittura riportato come Iesus Christus, inteso come un unico nome proprio, tranne nei casi in cui, per analogia al comandamento che non permetteva di pronunciare il nome di Yahweh, il messia deificato veniva indicato soltanto come il Signore. Gli fu poi attribuito come ricorrenza della nascita il 25 dicembre, intorno al solstizio d’inverno, in analogia con quella del semidio Mitra, data che, casualmente, potrebbe coincidere proprio con quella della nascita di Gesù.
All’inizio del sesto secolo dell’era volgare un dotto monaco scita di nome Dionigi, soprannominato il Piccolo, che era stato incaricato di originare un nuovo calendario a partire dalla nascita di Gesù, avendo individuato, in seguito ad approfondite ricerche due distinte date di nascita del cristo, che riteneva essere stato un’unica persona, e non essendo in grado di effettuare una scelta, calcolò la media aritmetica tra le due date e scelse quindi come anno primo della nuova era l’anno 753 dalla fondazione di Roma.
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Troisi – L’origine del Cristianesimo Cattolico Romano – Profondo Rosso, 2021
L’AUTORE
Marcello Troisi è nato a Roma nel 1948, si è laureato presso l’Università di Bari ed ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento.
Durante la sua vita professionale è stato anche assistente volontario presso le Università di Napoli e di Bari.
Da sempre appassionato di storia, ha approfondito, in particolare, le vicende degli antichi popoli del Medio Oriente, dedicando particolare attenzione soprattutto agli aspetti sociali e religiosi che li hanno sempre profondamente condizionati.