18 Luglio 2024
Attualità

Covid 19: un’inchiesta boomerang – Umberto Bianchi

Quando lo dicevamo noi, eravamo cattivi, complottisti, fomentatori di brutti pensieri. Ora, invece, passata la fase più acuta della crisi pandemica, certi pensieri cattivi e complottIsti non son più, anzi. La cosiddetta “comunità internazionale”, ovverosia quel disordinato e caciaronesco assembramento di nazioni dell’orbe intero, che stanno sotto l’egida di Onu, Oms, etc., hanno, guarda un po’, perorato a gran voce, un’inchiesta sulla reale origine del Coronavirus. La prima nazione a cui si vorrebbe chieder conto del disastro pandemico è, logicamente, la Cina, in quanto nazione ospitante il famigerato laboratorio di Wuhan dal quale, a detta dei sempre più insistenti “rumors”, sarebbe partito il percorso del virus.

La risposta dell’immarcescente Xi Xin Ping non si è fatta attendere. In ossequio alle regole del bon ton internazionale, la Cina ha dato la massima disponibilità a collaborare all’inchiesta, ospitando, se il caso, osservatori internazionali e quant’altro sul proprio stesso territorio, ponendo quale “conditio sine qua non”, la fine della pandemia e del perdurante stato di emergenza ad essa correlato. Al di là di ogni ragionevole dubbio, va detto che la Cina ha, in questo caso, tenuto un comportamento quanto meno dubbio.

A partire dall’iniziale messa in silenzio dei vari avvertimenti in tal senso, pervenuti alle proprie autorità da parte dei vari medici e ricercatori locali, sino alla lentezza nel comunicare alla comunità internazionale quanto stava accadendo; il tutto accompagnato da un omissivo atteggiamento riguardo alla reale portata della pandemia, il che sta lì ad indicarci un atteggiamento quanto meno irresponsabile e superficiale da parte del gigante asiatico che, però, non è solo in questa vicenda. E qui viene il bello. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il famigerato laboratorio di Wuhan, non è un’istituzione a gestione esclusivamente cinese, bensì, un centro di ricerca compartecipato da varie entità ed istituzioni.

In primis da quell’Oms, il cui approccio all’intera questione è stato, a dir poco, caciaronesco. Non solamente la iniziale sottostima della pandemia, ma anche una serie di indicazioni sbagliate riguardo all’approccio sanitario da condurre nella vicenda. Si è passati dal dire che bisognava fare i tamponi unicamente ai casi sospetti, al raccomandare invece una più generale monitorizzazione sanitaria. L’attività all’aria aperta, inizialmente guardata con suspicione, veniva poi rivalutata quale salutare pratica immunizzante dal virus. E così, via discorrendo, accumulando gaffes su gaffes, riguardo a vaccini, cure, e quant’altro, sino alle ultime feroci critiche di Donald Trump.

In tutta questa situazione, il Presidente Usa, sembra fregarsi le mani dalla gioia. Con un piccione, avrebbe preso due fave. La prima è quella Cina con la quale, troppi conti sono aperti. Il gigante asiatico è ad ora, il principale “competitor” commerciale degli Usa sia a livello globale, che a livello geo economico locale, con stretto riguardo a quella area del Pacifico, per gli Usa di vitale importanza ed il cui dominio, fu la causa scatenante dell’ultimo, tremendo, conflitto mondiale con il Giappone. La Cina esporta prodotti ad un costo troppo basso, generando una concorrenza difficilmente fronteggiabile ad armi pari ed oltretutto, detiene la maggior percentuale di debito pubblico dei medesimi Usa.

Con i recenti incontri tra il Presidente cinese Xi Xin Ping e l’americano Trump, i contrasti sui dazi sembravano momentaneamente accantonati, in favore di un rimaneggiamento della bilancia commerciale vantaggioso per entrambi i “competitors”. Ma così, evidentemente, non è stato, tant’ è che il Presidente Usa ha colto al balzo la palla della pandemia, nel tentativo di mettere in difficoltà ed azzoppare definitivamente lo scomodo gigante asiatico. Se è vero che, la gestione Trump dell’affaire Covid a livello locale, è stata condotta a dir poco, con disastrosa leggerezza, portando ai tragici risultati sotto gli occhi di tutti, non si può dire che, per quanto attenga alle accuse alla Cina, non si stia agendo con la medesima leggerezza e superficialità.

Come abbiamo già avuto modo di affermare, il laboratorio di Wuhan non è a gestione unicamente cinese, né Oms. O quantomeno, a partecipare alla gestione Oms, vi sarebbero la “Bill and Melissa Gates Foundation” ed altre multinazionali del farmaco legate alla Francia.Passiamo ad un’ulteriore strana, coincidenza. Il 18 ottobre del 2019, a New York si è tenuta una simulazione di pandemia globale: guarda caso da Coronavirus. Ad organizzare “l’Evento 201”, tre nomi blasonati dell’american system: la ‘Fondazione Bill & Melissa Gates’, il ‘Johns Hopkins for Health Security’ e il ‘World Economic Forum’.

Il tutto, mentre le più importanti case farmaceutiche hanno iniziato a raccogliere le prime, colossali cifre. E, guarda un po’, tra queste, una casa farmaceutica di medie dimensioni, si distingue per la sua eccezionale capacità di attrarre e raccogliere milioni e milioni di dollari: si tratta di quella Moderna Inc., nata dieci anni fa a Cambridge e che collabora anche, quale strana coincidenza, con la Fondazione di Bill Melinda Gates. Con la stessa rapidità con la quale, i cinesi hanno realizzato a Wuhan un ospedale da mille posti in quindici giorni, gli americani hanno creato una vera e propria Coalizione in grado di dichiarare guerra all’invasione virale.

Si tratta della “Coalition for Innovations in Preparation for Epidemics”, della quale portabandiera è il solito Bill Gates…Con un tempismo altrettanto fantascientifico, la grande Coalition stanzia ben 11 miliardi di dollari a favore di due grossi nomi della farmaceutica globale, quelle Inovio e Moderna, talmente quotate da lasciare dietro a loro tutti quei gruppi come Merck & Co, Sanofi, GlaxoSmitheKline e Pfizer, che stanno raccogliendo una marea di dollari.  Inovio e Moderna, assieme alla Novavax, si stanno dando un bel po’ da fare, per riuscire a brevettare un vaccino, il più rapidamente possibile.

Tutto questo sta spianando la strada ad un consistente aumento di valore di tutti quei listini di borsa legati alle case farmaceutiche, alla bella faccia di quelli legati invece al comparto industriale e commerciale, travolti dalla crisi recessiva ingenerata dalla pandemia.

E tanto per mettere la classica “ciliegina” sulla torta, la succitata Moderna Inc. costituita solo nel 2010, è cresciuta molto in fretta, grazie alla sua stretta collaborazione con la solita Fondazione Gates, oltrechè con lagià citata Merck e con un’altra azienda del settore, la Astrazeneca. Ma la Moderna ci riserva una ulteriore sorpresa: essa collabora attivamente con la DARPA/ Defense Advanced Research Projects Agency, ovverosia l’Agenzia del Dipartimento americano della Difesa, che si occupa di ricerche scientifiche a scopo militare.

Ora, proviamoci ad immaginare cosa potrebbe accadere se tutto questo venisse fuori, se la Cina stanca delle continue “pizzicate” di Trump, ne ricambiasse le cortesie, facendo uscire allo scoperto tutte queste belle notiziole. Sicuramente Donald Trump, nell’estremo e goffo tentativo di dare più smalto alla sua aspirazione di capo popolo, direbbe che la sua amministrazione con certi strani inghippi nulla ha a che vedere. I più che evidenti intrecci degli interessi delle Big Pharma con i vari centri di ricerca pubblici Usa, dietro ai quali vi sono Cia, Forze Armate e compagnia bella, però, smentirebbero sul nascere questi tentativi.

In tutto questo bailamme di ipotesi, notizie ed informazioni, una cosa è certa: nel chiedere (in ritardo…) una inchiesta internazionale sulla pandemia da Covid, le nazioni occidentali, Usa in testa, non hanno fatto e continuano a non voler fare i conti con la realtà di una marea di fango che, gonfiatasi a dismisura e fattasi ingestibile, potrebbe travolgere gli attuali equilibri del mondo globalizzato. Un auspicio questo, più che una certezza, viste le ancor troppo timide e sparute reazioni dei popoli d’ Europa e del resto del mondo…

UMBERTO BIANCHI

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