9 Ottobre 2024
Storia delle Religioni

Critica dell’orientalismo contemporaneo (4^ parte) – Stefano Manza

Altro celebre mito greco solitamente ricondotto a fonti medio-orientali è quello del Diluvio. La tradizione esiodea circa questo mito, però, non ha riscontri narrativi (e nemmanco allusivi) nelle opere summae del corpus esiodeo, ma si ritrova piuttosto, anche se, daccapo, in forma estremamente stilizzata, nel Catalogo delle Donne (o Eoie), opera comunemente considerata spuria (sebbene di argomento e trattazioni coerentemente tradizionali), in cui si evoca il diluvio come punizione per la tracotanza della “stirpe di bronzo”. Aldilà di questo passo di un’opera considerata pseudoepigrafica, Esiodo tace su questo famosissimo mito. Come se non bastasse, il Catalogo non fa menzione dello svolgimento del cataclisma, ma si profonde piuttosto nell’elencazione dei ghene (stirpi) discesi dall’unico uomo sfuggito al diluvio, Deucalione. Nemmeno la fonte più antica circa Deucalione dopo Esiodo (o lo pseudo-Esiodo, per meglio dire), cioè il geografo milesio Ecateo, in uno stralcio riportato da Ateneo (fr. 341), fa menzione alcuna del diluvio; cita anzi Deucalione per il solo fatto che egli è considerato il padre di Oresteo, primus inventor della vite, che giunse per la prima volta in Grecia approdando sulle coste dell’Etolia epi basileia (“occupandi regni causa”, nella traduzione latina del DFHG project).

Procedendo nella scrematura delle fonti, si è costretti ad arrivare a testimonianze tarde, addirittura ellenistiche e romane, come la Biblioteca di Apollodoro e le Metamorfosi di Ovidio, per trovare le prime menzioni soddisfacenti del mito del diluvio. Un’importante testimonianza ci è data da uno scolio ad Argonautiche IV 266, che ci ha consegnato il frammento 334 del corpus lacunoso di Ecateo, e che testimonia una possibile convergenza su una fonte originaria e perduta da parte e di Esiodo e di Ecateo: “oi apò Deucalionos to ghenos echontes ebasileuon Thessalias, hos phesin Ekataios kai Esiodos”,cioè “(vengono) da Deucalione coloro che, fra i suoi discendenti, regnarono sulla Tessaglia, come dicono Ecateo ed Esiodo.” Questa fonte potrebbe indurci a pensare con una certa sicurezza che Ecateo abbia dedicato un’opera, o comunque una buona parte di un’opera, alle genealogie antiche, rifacendosi o al Catalogo o a una fonte più antica comune anche a Esiodo.

 

I nomi di Deucalione e di alcuni dei suoi figli, quali il primogenito Oresteo (scopritore della vite) ed Eneo (letteralmente “quello del vino”), orbitano attorno alla bevanda rosseggiante. Secondo un’etimologia popolare, “Deucalione” significa letteralmente “marinaio portatore del mosto ”. Tutto questo ricollegherebbe a bella posta la figura di Deucalione a un prototipo orientale, di cui è evidente espressione Noè , che piantò la prima vite sulle pendici del monte Ararat per celebrare le riottenuta pace con Elohim dopo il drenaggio delle acque del diluvio. Tuttavia, l’etimologia in questione è inaccettabile. L’ipotesi più accreditata era quella che lo vuole derivato da Leucalion, e cioè in ultimo da λευκός, “bianco”; il che potrebbe istituire un parallelismo cromatico interessante con l’etimo della moglie Pirra, “la rossa”[1]. Di recente, tuttavia, si è inteso accantonare quest’ipotesi, e si è preferito indagare su una radice indoeuropea ricollegabile al latino duco, riconoscibile, per esempio, nel teonimo greco Poli-deuce , cioè “colui che molto pondera, uomo accorto” (Dizionario Etimologico della Mitologia Greca, 2007). Sta di fatto che il nome Deucalione è già attestato in miceneo (“de u ka ri jo”), in un’età ampiamente al di fuori dell’influenza di qualsivoglia modello orientale.

 

NOTE:

[1] “Pirra”: le supposizioni di Graves ne “I miti greci”, che vogliono Pirra come il “rosso color del vino”, sono altrettanto ingenue.  Pirra è semplicemente “donna bionda, o dai capelli rossi”. Il biondismo e il rutilismo, diffusissimi nella grecia arcaica (vd. Adriano Romualdi, Gli Indoeuropei. Origini e migrazioni, Padova 1978), sono spesso utilizzati negli onomastici greci (e.g. Pirro et al.).

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