di Mario M. Merlino
Insieme ai giornalisti Pierangelo Maurizio e una giovane e graziosa de Il Settimanale (non ne ricordo il nome, ma non la figura longilinea) siamo invitati a Viterbo, facoltà del Restauro dei Beni Culturali. Il tema è legato agli esili libretti, pubblicati di sua iniziativa, che Maurizio ha scritto, frutto delle inchieste scaturite durante le udienze del processo al capitano Erich Priebke, appena consegnatosi alle autorità italiane. Ad un suo commilitone, che l’esortava a sottrarsi a tale impegno, aveva risposto che nulla aveva da temere essendo notorio come l’Italia fosse la patria del diritto. Infatti, da quei giorni, risulta essere l’ultimo prigioniero di guerra del secondo conflitto mondiale, quasi centenario, solitario ospite in un appartamento nella zona Cornelia, Roma. E che, appunto, siamo gli eredi delle grandi tradizioni giuridiche, irradiatesi in tutto il globo terrestre e poi oltre ogni distesa marina quale simbolo e faro di civiltà, ce ne siamo ricordati quando l’aula del Tribunale Militare, con annessi giudici e carabinieri, è stata sequestrata in attesa dell’arrivo, sotto forma di un ometto sudato trafelato alticcio, del Ministro della Giustizia in persona. Con atto d’imperio (lupo con le pecore, pecora con i lupi) ha avocato a sé gli atti appena conclusi ha reso nulla, dunque, la sentenza e ‘l’ordine regna a Varsavia’(quello almeno poteva darsi parvenza di legittimazione con il rombo del cannone, che s’è dimostrato sempre buon argomento…).
Pierangelo Maurizio, inviato a fare la cronaca delle udienze, convinto di trovarsi di fronte ad un percorso giudiziario storico ed etico scontato, s’è dovuto ricredere ed ha avuto il ‘pessimo gusto’ di non tenersi per sé inquietudini dubbi nuovi scenari diverse conclusioni. Nell’Italia democratica ed antifascista qualcuno di recente ci ha ricordato che vi è una sola possibile (sic transit gloria mundi!) interpretazione della storia.
Così siamo a Viterbo su invito dei ragazzi del Fronte della Gioventù. L’edificio, tra il verde e con ampia e ripida scalinata, è presidiato da robusta e bonaria presenza di poliziotti, molti in borghese pochi in divisa. Vi è, però, un altro presidio, poco numeroso rumoroso folkloristico, che impedisce di fatto l’entrata. O tempora, o mores!, si lagnava Cicerone ed io con lui. Salire le scale a passo lesto tirar fuori gli attributi, insieme a spranghe e catene ed altro simile e convincente argomento, e aprirsi la strada lasciando lungo il percorso e a terra i segni di un pacato e garbato dissenso… Un lenzuolo pende dal primo piano con la scritta in rigorosa vernice rossa ‘la resistenza è rossa (credo nell’identità del sangue dei vinti versato e di bandiere al vento), la resistenza non si processa (e chi, diffidando degli esiti della giustizia, intende seguire la via delle carte bollate? Solo la più modesta dell’approfondimento storico, magari con un po’ di necessario coinvolgimento della mente e del cuore)’. Chi ci ha invitato vuole evitare la rissa, i giornalisti si adeguano, io salgo da solo le scale (nessun gesto d’eroismo, va da sé, solo una ricorrente crisi di stupido giovanilismo), qualche insulto reciproco e, poi, nuovamente in macchina e di nuovo a Roma.
23 marzo ’44, via Rasella, un reparto di soldati tedeschi del btg. Bozen, dell’Alto Adige, risalgono la strada fucile in spalla, senza proiettili, il comando diffida di loro perché cattolici, cantando. In un carretto dell’immondizia la bomba la deflagrazione gli uomini a terra, morti e feriti, cornicioni e finestre in frantumi Piero Zuccheretti un ragazzino, passando lì per caso, viene ridotto ad un mucchietto di stracci con la testa rotolata sul sampietrino i manifesti con la richiesta della consegna dei responsabili il silenzio, va da sé, degli attentatori che, loro compito, è l’odio da scatenare e non si deve placare senza ulteriore feroce barbaro spargimento di sangue la rappresaglia le Fosse Ardeatine. Tutto appare tragicamente semplice, sì, però…
La presenza, ad esempio, sul luogo di militanti di Bandiera Rossa, antagonisti ai comunisti in servizio permanente effettivo agli ordini di Mosca, che insieme a quelli detenuti nel carcere di Regina Coeli saranno, con gli ufficiali monarchici, guidati dal più giovane colonnello dell’esercito regio, Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, catturati in precedenza per una spiata il 25 gennaio (!), fra i giustiziati più numerosi nelle cave di tufo dell’Ardeatina. Fra costoro l’ufficiale dei granatieri Aladino Govoni, figlio del poeta ferrarese Corrado (‘Il vile che gettò la bomba nera/ di via Rasella, e fuggì come un lepre,/ sapeva troppo bene quale strage/ tra i detenuti da Regina Coeli a via Tasso, il tedesco ordinerebbe../ Chi fu l’anima nera della bomba?/ Fu Bonomi, o Togliatti? O fu Badoglio? Tacciono i vili. In gola han l’osso orrendo/ della fossa carnaia ardeatina/ per traverso: non va né in su né in giù…’). Le modalità di come venne stilata la lista dei reclusi nel carcere romano dove i comunisti riuscirono in gran parte a sottrarsi alla conta (Trombadori ricorda che si era fatto ricoverare in infermeria perché influenzato!), dove un ruolo prioritario nel sostituire alcuni nominativi all’ultimo momento l’ebbe il commissario Raffaele Antonio Alianello. Mentre il questore Pietro Caruso, in fondo la sua accusa di ‘collaborazionismo’ con i tedeschi era stata di aver subito gli ordini di Kappler e di averli eseguiti passivamente, sarà fucilato legato ad una sedia la mattina del 22 settembre, il commissario Alianello farà tutta la carriera possibile, divenendo questore e poi prefetto…A pensar male ed altro…
Vi sarebbero da aggiungere ulteriori perplessità dubbi contraddizioni ma non vorrei che, ancora una volta, in prossimità della Pasqua, qualche uovo pecorella o coniglio si levasse a chiedere il rogo solo perché non mi sono mai garbati i giudizi eccessivamente blindati. Se dopo diciassette anni di processi, quelli che mi hanno riguardato, e quanti ancora e successivamente hanno lasciato che intorno alla strage di piazza Fontana vi fosse il buio sui responsabili, al di là delle ricostruzioni e dietrologie
varie, mi sarà consentito essere ‘diffidente’ o sarà poi grande colpa? Ho scritto anni fa, proprio quando viva era la polemica intorno a queste vicende, che non posso condividere il mio modo di essere, quell’ ormai arcinoto ‘faccia al sole e in culo al mondo’, con chiunque abbia scelto il colpo alla nuca nelle foreste di Katin nelle foibe d’Istria ed anche alle Fosse Ardeatine…E non posso condividere la menzogna l’ottenebramento il silenzio solo perché c’è sempre, per chi comanda, una ‘parte sbagliata’…
varie, mi sarà consentito essere ‘diffidente’ o sarà poi grande colpa? Ho scritto anni fa, proprio quando viva era la polemica intorno a queste vicende, che non posso condividere il mio modo di essere, quell’ ormai arcinoto ‘faccia al sole e in culo al mondo’, con chiunque abbia scelto il colpo alla nuca nelle foreste di Katin nelle foibe d’Istria ed anche alle Fosse Ardeatine…E non posso condividere la menzogna l’ottenebramento il silenzio solo perché c’è sempre, per chi comanda, una ‘parte sbagliata’…