di Michele Rallo
Chi ha detto che il governo Letta impone sacrifici a tutti? Non è vero. C’è chi da questo governo è beneficiato. A spese, naturalmente, di tutti noi, che dovremo coprire i costi di queste regalìe. Chi sono i fortunati? Non si ha la lista completa, ma due, almeno, sono stati identificati, stando a quanto rivelato da “Il Giornale” e dai blog di Beppe Grillo e di Roberto D’Agostino. Il primo dei beneficiati è Carlo De Benedetti, l’industriale ebreo-svizzero con interessi in Italia e tessera numero 1 del PD in tasca. Il secondo è un soggetto plurimo; e non soltanto perché abbraccia le diverse banche private che sono proprietarie della Banca d’Italia, ma anche perché il giulivo Enrico e il draghesco (da Draghi) Saccomanni, nella loro immensa bontà, hanno pensato anche alle banche estere che — secondo la loro lungimirante visione — potranno in futuro papparsi qualche porzione della nostra “banca centrale”.
Incominciamo da De Benedetti. Un articolo di Marcello Zacchè pubblicato 1’11 dicembre da “Il Giornale” — e ripreso dal sito “Dagospia” — rivela che una bozza della legge di stabilità prevedrebbe sovvenzioni pubbliche alle centrali elettriche per assicurarne la funzionalità. Da calcoli effettuati, tale misura porterebbe nelle casse della Sorgenia (società del ramo facente capo al gruppo De Benedetti) un contributo pubblico di circa 100 milioni di euro. I rappresentanti grillini in Commissione Bilancio, inoltre, avrebbero scoperto un ulteriore “aiutino” di 22 milioni di euro: lo prevede un emendamento, presentato da Scelta Civica e già approvato in Commissione, volto ad esentare la centrale turbogas di Turano-Bertonico (di proprietà Sorgenia) dall’obbligo di sborsare la cifra — appunto — di 22 milioni per gli oneri di urbanizzazione. Complessivamente, quindi, la sommetta di denaro pubblico che dovrebbe affluire nelle casse della CIR (la holding debenedettiana) dovrebbe aggirarsi attorno ai 120 milioni di euro, pari a circa 240 miliardi del vecchio conio (come direbbe Bonolis).
Ma queste sono noccioline, in confronto alla pioggia di soldi (nostri) che un decreto-legge del Saccomanno ha già assicurato alle banche. Salto a piè pari tutte le premesse di ordine tecnico e vengo direttamente alle conclusioni pratiche, che ho desunto dalla denuncia dell’esperto finanziario Lucio Di Gaetano: il capitale sociale della Banca d’Italia passa dagli attuali simbolici 156.000 euro a 7,5 miliardi di euro (non chiedetemi come). La qualcosa — per le banche private proprietarie di Bankitalia — comporta: 1) una regalìa di “valore patrimoniale aggiuntivo” di 7 miliardi e mezzo; 2) l’attribuzione di dividendi annui per 450 milioni di euro, a fronte dei 50-70 milioni percepiti oggi. In ogni caso, quindi, anche a non voler considerare il valore patrimoniale aggiuntivo, il decreto in questione regala letteralmente 400 milioni di euro l’anno alle banche. Ma l’aspetto più preoccupante è un altro: il definitivo accantonamento della vecchia (e inattuata) legge del 2° governo Berlusconi che si muoveva in direzione di una parziale pubblicizzazione della banca centrale, e l’avvio di una completa e totale privatizzazione della stessa. E non solo. Perché il decreto espressamente prevede che le quote che secondo il decreto berlusconiano avrebbero dovuto tornare allo Stato, potranno essere vendute a soggetti bancari e parabancari “italiani ed europei”.
Chiaro, no? Non soltanto la Banca d’Italia deve essere proprietà delle banche private, ma proprietà anche delle banche straniere. È un altro passo sulla via della completa colonizzazione dell’Italia.
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