Di Fabrizio Belloni
Se avete lo stomaco forte, e se non avete cose serie da fare, leggetevi i giornali di questi giorni, ascoltate le televisioni nei loro notiziari. Ci sono due reazioni nelle persone normali. La prima è una forma di stanca abulia, di scoraggiamento diffuso, di nausea fisica che pervade e fa abbandonare la lettura o la visione. Non cambia nulla, è sempre la solita storia, non c’è speranza… Sono i pensieri dell’incauto cittadino che cerca di seguire le faccende politico-economico-sociali di questo squinternato Stivale.
In effetti, si accendono, di tanto in tanto, dei fuochi di speranza, vi sono dei balenii di interesse, sprazzi di sorrisi nell’illusione della novità che si affaccia finalmente alla ribalta.
Ma poi tutto si colora di polvere, si ingrigisce, ripone le insegne della carica tumultuosa, e si allinea al solito rapporto stoicamente sopportato: sfruttatori politici acidi, avidi, indifferenti ed incapaci da una parte, popolo bue, pecore da tosare vigliaccamente consenzienti dall’altra.
Di meteore ne sono passate tante: hanno avuto il loro momento di gloria pseudo rivoluzionaria e sono finiti nel sottoscala della Storia italica. L’elenco è lungo: Giannini, l’Uomo qualunque; Michelini ed Almirante, i neo fascisti; Pannella e Bonino, con i loro referendum; Segni (qualcuno lo ricorda?); di Pietro e la fasulla stagione di mani pulite, che fu una lotta a coltello gestita dai “poteri forti”; lo stesso Craxi, che ad un certo punto, dopo Sigonella, capì che non la avrebbe fatta franca e che gliela avrebbero fatta pagare; Bossi e la sua secessione svenduta per un piatto di lenticchie; Grillo e la accozzaglia di improvvisati piccoli Masaniello che credono di poter raddrizzare le gambe dei cani; …ora abbiamo il democristiano Renzi, che ha sbagliato palcoscenico: starebbe meglio a Zelig.
Tremila anni di civiltà hanno impresso nel DNA degli Italiani scetticismo e cinismo: si sono abituati a tutto, al contrario di tutto e tutto hanno metabolizzato. Non si scandalizzano più, e questo è grave, gravissimo. Non si incazzano più, e questo è anche peggio. Parlano male della Casta, ma al bar, con le patatine dell’aperitivo. E quelli che cercano di organizzarsi e protestare cominciano bene, durano poco e finiscono male, nel dimenticatoio.
Il sistema si è consolidato ed è “perfetto”: nessuno è responsabile, se la Magistratura arresta uno dei tanti (tutti?) parassiti che derubano, la reazione è “eccone un altro”, rassegnato commento; il diritto civile del cittadino cozza contro un muro di gomma che non dà risposte e soprattutto nega il diritto al singolo…
Tutto questo ha portato ad una voluta e pianificata assuefazione al servilismo, all’accettazione della conduzione di suddito messo a tributo. Esattamente quello che i “poteri forti” avevano progettato per l’Italia. In sintesi: che la classe politica parassita faccia quello che vuole, derubi e grassaggi nel modo che crede, purché obbedisca al piano mondialista e globalizzante. Popolo cinesizzato a stipendi di affamata sopravvivenza, senza prospettive né futuro. Tubi digerenti nei limiti voluti. Amen.
E sembra che questa strada si snodi sicura e rapida, secondo i voleri altrui.
Infatti la riprova è la rassegnazione del cittadino che si era messo, chissà perché, a seguire i media, abilmente costruiti per lo scopo che abbiamo visto, con reggimenti di cosiddetti giornalisti, il cui più rivoluzionario funge da valvola di sfogo, come su una pentola a pressione.
E questa, abbiamo visto, è la prima posizione di una persona normale. Posizione che alla lunga porta alla depressione. Depressione etica, morale, civile, sociale, politica. Ameba ti vogliamo ed ameba ti abbiamo ridotto.
Depressione.
Poi ci sono quelli che non ci stanno. Sono i pochi (ma sempre di più) che hanno il coraggio di chiedersi “perché?”. Sono quelli che fanno un’analisi più profonda e cercano le cause, i rapporti fra motivazioni ed effetti. Ed anche questo gruppo si divide in due: quelli che negano l’evidenza, timorosi nell’animo di dover ribaltare settanta anni di insegnamenti, di propaganda, di martellamento, di imbonizione mediale, e quelli che si alzano in piedi e combattono col coraggio di esistere, di essere uomini, di non voler crepare servi.
Contro e cura della depressione si alza il coraggio.
Il coraggio di ammettere che il sistema impostoci con le armi è fallito. E non solo da noi, conquistati dalla forza, ma è fallito anche in casa di chi questo sistema ci ha imposto. E non parlo del comunismo, fallito e sepolto per contraddizione interna, per fallimento umano, per idiozia ideologica, per bancarotta ripugnante e viscida, per ripugnante rapporto umano, per bavosa invidia sterile e senza uscita… Parlo anche del capitalismo, che credette di aver vinto contro il fratello gemello con la caduta del muro di Berlino. Idioti e spocchiosi. Furono stappate milioni di bottiglie con le bollicine, a festa. Non si erano accorti, superficiali e progrediti, ma non ancora civili, che i comunisti avevano lasciato il veleno nel mondo cosiddetto occidentale: la credenza che il “valore economico” fosse il primo se non l’unico valore dell’essere umano. Ci cascarono, gli alleati vincitori. E lo imposero dove credevano di aver vinto.
Anche il capitalismo è morto, esattamente come il comunismo.
E allora?
Ricordo quello che mi disse un Ufficiale della LSSAH, la Prima Divisione Corazzata SS, Guardia del Corpo di Adolf Hitler: “In Germania al primo posto c’era il LAVORO, cioè l’UOMO. Tutto il resto veniva dopo”. Non servono commenti. Il miracolo economico che in sei anni stupì il mondo e che fu considerato così pericoloso da provocare una Guerra Mondiale, sta a dimostrare quale è la strada: abbandonare con coraggio i vecchi schemi, i sistemi cadavere verminoso e volgersi a modelli e sistemi diversi. Tempi e modi attuali, ovviamente, ma da una parte c’è la depressione, dall’altra il coraggio.
Poi ognuno la pensi come crede. Basta che non si limiti a protestare al bar con le patatine dell’aperitivo.
Fabrizio Belloni
Cell. 348 31 61 598
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