Attraversando libri, testimonianze, eventi e il Salento…
“Dioniso è un dio ebbro, è il dio la cui essenza divina è la follia. Ma, per cominciare, la follia stessa è essenza divina. Divina, cioè a dire, qui, che rifiuta la regola della ragione.” Georges Bataille
Nietzsche ne I ditirambi di Dioniso
“Soltanto un pazzo! Soltanto un poeta! …
Sono io il tuo labirinto …” Friedrich Nietzsche
“Si dice” che… il 3 gennaio 1889, a Piazza Carlo Alberto di Torino, un uomo corpulento, con folti baffi, si lanciò urlando verso un ronzino di una carrozza, frustato dal conducente in attesa di clienti. Abbracciò e baciò l’animale, chiamandolo “suo Dio”, per abbandonarsi poi a terra svenuto. Da allora iniziò a scrivere biglietti della follia a suoi amici e parenti, come a personaggi celebri del tempo. Firmava queste lettere come Dioniso o Gesù Crocifisso.
Quell’uomo, un ex professore di filologia, aveva lasciato l’insegnamento universitario per le sue frequenti crisi nervose: si chiamava Friedrich Nietzsche. Era il filosofo, anticipatore dei tempi, che ha influenzato e influenza molto il pensiero e la creazione del Novecento e di oggi con il suo pensiero volutamente “inattuale”. Per lui ogni filosofia poteva essere anche un’autobiografia. Aveva appena terminato la stesura de I ditirambi di Dioniso: poesie che annunciavano la sua follia. Con questa voleva forse comunicare l’essenza e i segni di una verità fuori limite. Non scriverà più fino alla morte, senza possibilità di un “ritorno”.
La mia scrittura letteraria “dialoga”, talvolta, con il pensiero e la lirica follia di Nietzsche. Estrinseco questo colloquio in eventi di poesia-arte: come ne Il filo di Arianna, a Roma, interpretando i versi con cui entrava nel labirinto oscuro della sua poesia:
“così io stesso un giorno precipitai / dalla mia follia di verità,
dalle mie brame di luce, / stanco del giorno, malato della luce,
abbasso precipitai, nella sera, nell’ombra,
(…) ch’io sia bandito da ogni verità!” (F. Nietzsche)
Dionisismo come corpo-poema di arte-vita
1 Dioniso accompagna spesso le mie scritture, ispirandole sin dagli esordi anche nei titoli di alcune pubblicazioni. Un mio giovanile testo di poesia era intitolato infatti Dionisismo sincopato (Carte Segrete). Con questo libro intendevo esprimere una scrittura verbale che desiderava essere un linguaggio del corpo, anche attraverso i suoi sconfinamenti visivi e sonori, come nell’azione performativo-spettacolare. La parola voleva vivere in un corpo-poema di desiderio e liberazione. Questo ricercava, nel contempo, l’erranza esistenziale come lirica maledizione, che aveva in Una stagione all’inferno, il capolavoro di Arthur Rimbaud, la sua ispirazione di arte-vita. Ritenevo, infatti, che la stagione della “poesia pura”, per un autore, doveva essere vissuta intensamente per una sola stagione, in quanto questa poteva richiedere il dionisismo della gioventù.
“AMAR-CI in un cumulo di corpi-catena / contorcenti da pulsioni /
(…) nella tua vulva il fiore bianco / raccolto / nel giardino delle monache /
nel giorno senza santo / da un mercante di donne / ladro di fiori bianchi”
Il poeta Vito Riviello scriveva nella presentazione: «La prima sensazione che si prova nel leggere questi versi è quella di “ritrovarsi”, anche per coincidenza d’età giovanissima del poeta, dinanzi all’immancabile battesimo con Rimbaud prete e padrino, sornione e dispensatore di sale “infernale”. Vitaldo ha l’aspetto d’un giovane romantico e maudit che può essere ritratto solo in un dagherrotipo, ha le palpebre d’un putto viziato nelle campagne del sud della Francia prossima al mare celebre dei pittori, e ha il sorriso della dolce perfidia parnassiana. Ma proprio nei suoi versi sincopati, nelle sue “illuminazioni” si trovano tracce del mai finito ragazzo di Charleville, dove la poesia rimbaudiana attraversata dalla psicanalisi s’è fatta meno analogica perdendo penne dorate dalle metafore. Voglio dire che oltre al battesimo usuale ma sempre auspicabile v’è qualcosa che appartiene solo alla giovinezza e alla poesia di Vitaldo Conte».
2. Questo mio libro di poesia ha avuto molteplici recensioni e segnalazioni (come all’opera prima del Premio Viareggio).
“miagolo sulla tua sola carne / falso piacere /
per attrazione di te / con nomi di animale /
sono un cristo morituro in silenzio / non sulla croce / per paura dei chiodi /
(…) sono un pagliaccio con il costume da dio / forse strapperò qualche applauso, /
la scena è davanti a carne / trasudata di miagolii / – ti amo –“
«Vitaldo Conte (Dionisismo sincopato): il suo ebbro senso e godimento della fisicità, l’esaltante scoperta del “corpo” – in perfetta linea con la proposta del barthesiano dèsir e della sua traduzione nell’uso pratico della “maschera desiderante”; da qui la poesia come “canto / con corpo di donna” e il linguaggio delirante/liberatorio della libido o addirittura dell’orgasmo (…) ma può diventare il linguaggio di un comunicare rituale sia pure orgiastico, che affonda le radici dentro l’humus di una ben salda tradizione classica, quella che va dall’(anti)sacrale o neosacrale-demoniaco inno all’amore/peccato» Giuseppe Zagarrio, Febbre, furore e fiele (repertorio della poesia italiana contemporanea 1970-1980), Mursia, 1983.
Dionisismo come Antico Futuro
I miei testi “con-vivono” con quelli di Dalmazio Frau ne I Misteri di Dioniso (Ed. Solfanelli), ricercando l’Antico Futuro come Immaginario, Mistica ed Eros.
«Su queste tematiche i due saggisti convergono, pur partendo da posizioni diverse, che rende il tutto più complesso: Conte, interessato all’Estremo Futuro, ricerca i richiami dell’Origine nell’oggi; Frau, interessato all’Antico Classico, ricerca il canto di Dioniso nell’attualità. I due autori sono accomunati anche dalla condivisione dell’esperienza della rivista delle arti ‘Dionysos’ (Ed. Tabula fati), da cui sono scaturite tematiche monografiche presenti nel libro: l’Arte Fantastica, Arte ed Eros, Il Sacro e l’Arte. (…) Ciò esprime il progetto culturale di Antico Futuro, di cui il libro ne diviene la proposta teorica. Un’operazione che vuole incarnare il “coraggio del folle o del santo” per divenire come il Matto dei Tarocchi che danza, colorato, al limite del mondo» (‘la Biblioteca di via Senato’).
Giovanni Sessa scrive a proposito (‘EreticaMente’): «Pochi i fuochi nel buio della notte di una società barbarizzata dal volgare consumismo. (…) Limitatissime, nel numero, le voci di quanti puntano al risveglio delle coscienze. Tra esse vanno annoverate quelle di alcuni artisti, consapevoli che solo la creatività è davvero ravvivante (…). L’arte, inoltre, mette in opera le contraddizioni del presente. Ne sono consapevoli Vitaldo Conte e Dalmazio Frau che, da qualche anno, sono capofila di un progetto ambizioso denominato Antico Futuro che, nel corso del tempo, si è dotato di una rivista fuori dal coro, ‘Dionysos’. Sulle sue pagine si discetta, oltre ogni dogmatismo, di un modo di creare capace di ricongiungere Avanguardia e Tradizione».
Dionisismo come Taranta, attraversando il Salento (eventi d’estate e poesia)
Il flauto di Pan è ancora un possibile richiamo per la nostra rianimazione naturale. Prepara il ritorno di Dioniso che è atteso dai suoi fedeli d’amore. Le Baccanti sono pronte a resuscitare i suoi riti, come quelli che “celebrano” l’estate, attraverso l’estatica frenesia che incarna “la negazione di ogni limite”. L’energia magnetica della terra può richiamarci, in molteplici percorsi della vita, con i suoi richiami ancestrali. Le sue ritualità vivono ancora nella nostra memoria collettiva, anche attraversando i linguaggi della creazione. Come accade nel Salento attraverso la pizzica della Taranta. Se Dioniso è venerato soprattutto dalle donne, le tarantate possono essere considerate le menadi della Puglia. Per secoli le donne salentine sono incorse in svenimenti e smanie per il “pizzico” del ragno del Dio che danza. Il loro stato incarna una esaltazione rituale del femminile, che si avvicina a quella delle antiche baccanti, agli eccessi e invasamenti delle sacerdotesse “attraversate” dai sacri misteri.
Ho voluto ascoltare – anche come teorico e artista performativo (con lo pseudonimo di Vitaldix, mio avatar) – le energie sciamaniche e il dionisismo del Salento in eventi che ho espresso in questa terra, tra cui quelli svoltisi in estate.
Ho aspettato il solstizio d’estate, a Minervino di Lecce, attraverso un brindisi alla luna e una danza rituale, a cui hanno partecipato persone di qualunque età. Ciò avveniva davanti a un antico dolmen (Li Scusi), la costruzione votiva e funeraria edificata con lastre di pietra. La trance della danza off limits può divenire una celebrazione, che rigenera l’essere attraverso lo svuotamento mentale. Questa è presente nelle tradizioni sciamaniche, nelle danze dei sufi o in quelle estatiche dei mistici visionari.
https://www.youtube.com/watch?v=MNU4lVUlUxw
Ho ideato un rituale appuntamento “aperto”, nel boschetto di Trepuzzi, svoltosi in una sera d’estate. In questo evento, inserito nel II Festival delle ‘Bande a Sud’, i Fedeli d’Amore accorsi (salentini ed esterni) costituivano con me una pulsionale banda in trans-mutazione che voleva celebrare, attraverso il rumore dionisiaco, un Brindisi all’Invisibile. Il suono e il movimento “si animavano” naturalmente nel buio. Mi era sembrato talvolta di scorgere, negli occhi di alcune donne che ballavano, il sorriso dell’invisibile dio.
https://www.youtube.com/watch?v=DwQtBF5Ek_U
Ho ascoltato i richiami dell’Origine come possibile Futuro in eventi di “dispersione ultima”, come davanti al mare, per esprimere il suono del Ritual Rumore. La voce delle mie parole poetiche si perdeva nei rumori dell’ambiente e nei colloqui con i suoni-rumori degli strumenti atipici suonati dalle T Rose – T Pertoso, L Baldieri, ecc. –, mie suonatrici dionisiache. Abbiamo partecipato, vestiti di bianco, al III Festival ‘Bande a Sud’ presso la Lega Navale di Casalabate, dove, alla fine dell’evento, ho lanciato nel mare una bottiglia contenente una poesia bianca.
https://www.youtube.com/watch?v=WtPMYvhH1AU
Ho ricercato una Festa Bianca e un incontro sull’Eros Rosso nello spazio aperto di una casina, sulla strada tra Magliano e Monteroni: «Nell’incanto della luna piena del misterioso parco notturno della Serrezzùla, luci, colori, ombre e bagliori s’intonano al verso cadenzato di un assiolo il cui ritmo si accorda al tam-tam dei tamburi e del suono sincopato di elementari strumenti. Eros balla e ondeggia mentre bisbiglia desideri d’amore in una calda notte d’agosto in cui esalano umori speziati di corpi danzanti e fresche fragranze di gelsomini notturni scarlatti. In questa inebriante atmosfera rossa si muovono Vitaldix T Rose» Salvatore Luperto.
https://www.youtube.com/watch?v=jnoM7GdYZFw&t=3s
Una citazione può divenire una metafora per parlare di un autore o di una sua espressione. Ho stralciato infatti una frase di Nietzsche per “indicare” il percorso testuale del mio e-book Dioniso Legami (Tiemme Edizioni Digitali): «L’arte dionisiaca vuole convincerci dell’eterna gioia dell’esistenza: senonché dobbiamo cercare questa gioia non nelle apparenze, ma dietro le apparenze». Questa considerazione è stata ricordata in un mio scritto per il libro di poesie del salentino Paolo Vincenti, Al mercato dell’usato (Agave Ed.). La poesia può incarnare infatti la nostalgia di una stagione passata, divenendo nel contempo “narrazione” di archetipi e di mondi lontani. Questi ci richiamano ancora nelle essenze dei luoghi, incarnate dalla presenza e danza di un Dioniso malinconico che vorrebbe ritornare… Il poeta rilegge miti e riti mediterranei di una antica religiosità dionisiaca.
Il dionisismo attraversa il mondo della Taranta che pulsa nel Salento, amata terra di confine. Nei versi di Paolo Vincenti la danza e la notte s’incontrano in una atmosfera/dimensione che si muove tra sacro, follia ed estremo profano. La Pizzica, come danza di Dioniso, pulsa attraverso il ritmo ossessivo dei tamburi, animando i partecipanti per mezzo di una celebrazione. Che diviene festa, rituale mitico, sciamanesimo ed esorcismo terapeutico: “… vecchi demoni e allegre diavolesse … ballano insieme (…) … in una musica che sfida il tempo e viene da lontano … (…) … cadono in un incantamento, come un leggero richiamo … che si fa sempre più forte, nell’osmosi della notte … (…) … nella musica ancestrale … che perturba e affascina, in questa notte promettente …”. Questa pizzica richiama l’antica danza dionisiaca: “… e le menadi ora per Bacco cantano … ed esplode, dopo la mezzanotte, la pizzica pizzica … (…) … al suono del flauto, in quel cerchio dell’amore … (…)… l’orchestra terapeutica esorcizza il male … (…) … la pizzica stana la taranta, fin nei più nascosti recessi … che nel magico Salento, sempre ci insegna il mito”.
La danza tarantata, espressa con le pulsioni e le suggestioni della scrittura, come quella di Vincenti, vuole “agitare” anche lo sguardo del lettore, forse per contagiarlo con il proprio movimento di parole. La scrittura poetica di oggi ricerca nuovi ditirambi di Dioniso, forse per auspicarne il ritorno…
Vitaldo Conte