11 Ottobre 2024
Alchimia

Disciplina iniziatica ed Arte Metallica – Giovanni Ranella

I motivi iniziatici, variamente contenuti nelle grandi narrazioni sacre dell’umanità, come la Bhagavad-Gita, le Argonautiche, l’Odissea o l’Iliade, l’Eneide, l’Asino d’oro di Apuleio, così come negli stessi Romanzi del Graal o la Divina Commedia, sono articolati attraverso una narrazione puramente allegorica (sublime arte del racconto tradizionale) che allude, nella sistemazione simbolica d

ei diversi quadri narrativi, alle diverse fasi da realizzare per l’edificazione dell’Opera interiore. Ogni viaggio o vicissitudine narrati in queste storie, riferiscono dell’ineludibile attraversamento dell’animo di luoghi e contrade ignote dense di pericoli mortali, che vanno superati per conseguire l’effettiva liberazione: la liberazione in cosa coincide? alla definitiva liberazione da sé.

L’idea di disciplina, è onnipresente in tutti questi poemi significando la subordinazione dell’animo alla inesausta ricerca della sua purificazione, per la quale è sviante anche il desiderio stesso di realizzazione spirituale, essendo tale aspirazione la piu’ raffinata proiezione illusoria concepita dall’ego menzognero e malato. L’esercizio estremo e continuo, dovra’ riguardare unicamente l’ottenimento del miglior ordine emotivo congiunto al difficile risveglio della compassione, niente altro. Il progressivo aggiogamento dei sensi fisici ordinari, (attraverso i quali è necessario poter accedere al senso dello straordinario) è indispensabile per la comprensione del nostro significato ultimo, diretto verso un’idea suprema e, di fatto, inesprimibile, che prevede il superamento definitivo della caduca materia. L’archetipo della morte-rigenerazione sacramentale, che trasforma l’identità degli iniziati in indicibili estensioni sensibili della preesistente equivalenza luminosa dell’essere, costituiscono il motivo superiore giustificante la nostra transitoria apparizione terrena.
A tal proposito notò giustamente Yukio Mishima:

La bellezza della carne, la bellezza spirituale, tutto ciò che concerne la bellezza nasce solo dall’ignoranza e dalle tenebre” (La decomposizione dell’angelo).

 

Gnosi ferrigna e qualità eroica

“…Governa dunque dolcemente con eguaglianza e proporzione, il tuo orgoglio e le altezzose nature, affinché tu non favorisca l’uno più che l’altro, poiché, in questo caso, loro che sono naturalmente nemici, cresceranno furiosi contro di te, animati dalla gelosia, e disseccheranno irascibili, e ti faranno sospirare per molto tempo dopo.

Oltre a ciò, tu dovrai mantenerli perpetuamente a questo calore temperato, il che significa, notte e giorno, fino al tempo in cui l’Inverno, il tempo della mistura degli elementi, sarà passato; poiché loro faranno la loro pace, e uniranno le mani per essere riscaldati insieme, ma se dovessero queste nature trovarsi anche una sola mezz’ora senza fuoco, diverrebbero per sempre irreconciliabili. Vedi perciò la ragione per cui è stato detto nel Libro dei settanta precetti: Guarda che il loro calore continui infaticabilmente senza mai diminuire, e che nessuno dei loro giorni sia dimenticato” (Nicolas Flamel)

L’idea iniziatica, nel suo esplicitarsi lungo il corso delle differenti manifestazioni storiche, che hanno conferito sviluppi talvolta prodigiosi (seppur discordanti) alla sua applicazione pratica, (sublimata mediante l’architettura, l’arte e la poesia) anche oggi potrebbe essere ricondotta ai principi della sua essenzialità trasmutativa, questo, nonostante l’epoca attuale dimostri con ogni evidenza di contrastare qualsiasi principio puramente iniziatico, congiunto al senso della trasformazione spirituale della persona che, attirata da una eccezionale forza persuasiva subliminale, rimane sottomessa al più fenomenale sviamento del senso di sé come mai prima d’ora ha avuto modo di sperimentare.

L’allegoria ermetica che salda i metalli a determinate proprietà sottili dell’individuo, vede l’Antimonio come emblema dell’Anima Celeste: entità sottile giunta all’apice della trasformazione, della purezza e della forza attiva, che sono proprie alla potenza increata dello Spirito. Si tratta, in buona sostanza, del principio che innalza l’Iniziato ad un dominio d’irriferibile soavità, la cui essenza è completamente sciolta da ogni legame terreno. Gli ermetisti dichiaravano di usare il loro Antimonio per lavare l’Oro filosofico e purificarlo da tutte le scorie. A livello grafico nell’ideogramma dell’Antimonio riconosciamo il cerchio – simbolo dell’Unità – e la croce, che posta al di sopra di esso, indica un lavoro compiuto e una perfezione definitivamente acquisita – peraltro, a parere di una determinata esegetica, presumibilmente influenzata dai capovolgimenti valoriali operati dalle forze della contraffazione iniziatica, lo stesso simbolo costituirebbe anche la sintesi di una grave distorsione, di cui ora qui non interessa approfondirne la disamina.

L’alchimista Filalete scrisse il nostro acciaio è la chiave vera dell’Opera.

L’allegoria dei metalli, congiunti agli aspetti di determinate qualità interiori in noi latenti, renderanno ogni sincero praticante il metaforico fabbro del suo incandescente nucleo emotivo. Nel Dizionario di Alchimia e Chimica antiquaria l’Acciaio dei Saggi è spiegato come una lega di Antimonio e Ferro, rispettivi emblemi dell’Anima intellettuale e del principio guerriero-virile, la dove per Vir (virilità) va inteso l’eminente principio ispirativo congiunto alla compassione, come sovrani unici dell’agire autenticamente cosciente.

L’Acciaio, andrebbe assimilato alla costanza assidua e tenace di chi persegue il proprio riscatto dall’assoggettamento alla materia mediante una pura Determinazione, che avviluppa, come mantello ardente, l’Iniziato al momento della purificazione: il Fuoco Filosofico ben temperato da una perfetta Volontà Mistica. In questo senso l’Acciaio (secondo l’esegetica di Oswald Wirth) metterebbe in relazione costruttiva l’identità dell’operante alla zona maggiormente limpida dell’atmosfera eterica, che è ricettacolo delle virtù superiori ed inferiori, secondo l’adagio che presenta una significativa reminiscenza gnostica: La Terra è nera e dentro di sé, nelle sue viscere, ha luce = Luce immateriale preesistente alla luminosità astrale fisica, la quale, in buona sostanza, ne costituisce la sviante contraffazione.

Pervenire al senso ineffabile della prima, invisibile luminosità pre-celeste, costituisce il fondamento intuitivo necessario per dare avvio ad un concreto lavoro su di sé. Fulcanelli annoterà:

L’oggetto vile e disprezzato dagli ignoranti, è il primitivo soggetto dei saggi, l’unico dispensatore dell’acqua celeste, nostro primo mercurio e grande Alkaest, il ‘dissolvente universale’ “.

Il simbolismo ermetico riferisce del solfureo drago nero che occulta al suo interno la bianca principessa (quale emblema dell’anima) che dovrà essere liberata dalla sua tetra prigionia. Le antiche favole riferiscono di prodi cavalieri risoluti sconfiggere questo dannato mostro, restituendo allo splendore l’incantevole principessa. Il cavaliere (simboleggiato dallo zolfo) assume compositi aspetti allegorici, per i quali è presentato dalla mitologia come Ares/Marte, Cadmo, Perseo, Ercole, o nelle leggende cristiane nelle vesti di Longino o San Giorgio, a ogni modo, tutti costoro sono coperti da corazza e armati di spada di acciaio per uccidere il drago e liberare la Vergine Bianca (benché la funzione della spada possa anche essere assolta dalla lancia). Vale la pena di notare che l’iconografia maggiormente rigorosa, quando ritrae l’emblema dell’archetipo spirituale nell’atto di sconfiggere il male, rappresenta il vincitore nell’atto di tenere la mano che brandisce l’arma sempre sollevata sopra la testa. Questo perché l’acciaio di cui è formata la spada o la punta della lancia simboleggia la Vir sprituale, la quale è superiore all’identità ordinaria che risiede nella mente: a significare che lo spirito travalica sempre la mente. In questo frangente, il potere evocativo è tutto, ed è estremamente arduo saper mantenere l’equilibrio interiore. Gli ostacoli più difficili sono costituiti dall’avidità del corpo e della mente. Lo slancio vitalistico è fatalmente attratto dall’avidità egoica e, in questo senso, è la vita che ci possiede e non il contrario.

Nell’ottica di una sopravvivenza solo egoistica, dunque massimamente inconsapevole, dire vita significa affermare un principio di distorsione continua cui è impossibile porre rimedio. In ragione di ciò, anche una circostanza apparentemente irrilevante, quale può essere l’esercizio fisico, deve necessariamente disciplinarsi per trasformare l’ego. Si tratta di evocare in sé un continuo appello interiore alla radianza originaria che giace nelle segrete dell’io, incastonato nella prigione terrena del corpo fisico; di fatto, occorre prendere piena consapevolezza che l’esistenza ci coinvolge in una dura lotta interiore costante.

Di questi tempi, sempre più irraggiati da infide persuasioni subliminali, è fondamentale prendere coscienza che quaggiù, finchè abitiamo l’esistenza terrena, fino all’ultimo occorre temprare l’animo mediante una continua disciplina dell’istante, apparentemente insignificante; in quanto nulla potremo travasare al di là del Gran Salto, se non una irriferibile intima determinazione ravvolta in un flebile barlume intuitivo di inesplicabile potenza rivelativa. Questa, dopotutto, sarebbe l’essenza dei Sacri Misteri.

Giovanni Ranella

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