10 Ottobre 2024
Attualità

Dopo gli ultimi attentati: quanti sono gli uomini dell’Isis in Europa?

Le opinioni eretiche di Michele Rallo

Ricordate la sussiegosa adunata di Capi di Stato e di Governo all’indomani della strage di “Charlie Hebdo”? Ricordate le stupidaggini profuse a piene mani da giornali e televisioni di tutto il mondo? non ci faremo intimidire, la democrazia è più forte del terrorismo, la solidarietà, l’accoglienza, l’integrazione ed altre consimili amenità?

La risposta è arrivata venerdì, in quella stessa terra di Francia che aveva visto la mattanza del gennaio scorso. E con un particolare raccapricciante che sembra tratto di peso dai macabri rituali della guerra in Medio Oriente: la decapitazione di un “infedele” e l’esposizione del capo mozzato.

Eppure – ne sono certo – neanche questo episodio servirà a porre un argine alla sciagurata politica immigrazionista dell’Unione Europea; né, tanto meno, alla politica militare americana che, dopo aver destabilizzato l’intero Medio Oriente, rifiuta di intervenire in maniera risolutiva contro l’Isis. Ma lasciamo stare gli USA (i cui interessi sono diametralmente opposti ai nostri), e limitiamo il discorso a ciò che i governi europei potrebbero e dovrebbero fare per difendere i loro popoli.

Innanzitutto, un po’ di numeri: i musulmani nell’Unione Europea sono – ufficialmente – 26 milioni, cui sono da aggiungere quelli che vivono nei Paesi extra-UE a forte presenza islamica (Albania, Kosovo, Bosnia, Macedonia, eccetera). Dei nostri 26 milioni – secondo stime dell’Europol, la polizia dell’UE – “solo” 5.000 sarebbero “jihadisti pronti a colpire”.

Dunque, nell’Unione ci sarebbe una nazione islamica più popolosa della Romania (21 milioni di abitanti) o dell’Olanda (17 milioni) o della Grecia (11 milioni). Inoltre – come dicevo – si sa che fra i musulmani acquartierati in Europa vi sono 5.000 “soldati” del Califfato, e scusate se è poco. Quello che non si sa, però, è quanti fra quei 26 milioni, pur senza arruolarsi sotto le luttuose bandiere dell’ISIS, siano di idee fondamentaliste, e perciò siano ipoteticamente disponibili a fiancheggiare il terrorismo, se non anche – in uno scenario futuribile – a prendere le armi contro i Paesi che li ospitano. Quello delle idee politiche degli islamici europeizzati sembra un segreto impenetrabile, un tabù accuratamente evitato dai sondaggisti.

Ogni tanto, però, le cronache riportano qualche episodio rivelatore: come quello – non più tardi di qualche mese fa – dell’uccisione di 12 profughi cristiani, gettati in mare da 15 musulmani di varie nazionalità africane. I 15 assassini – da quel che è dato sapere – non erano “guerrieri” jihadisti, ma soltanto dei “buoni musulmani” provenienti da Senegal, Mali e Costa d’Avorio. Si è così appreso che, sui circa 100 occupanti di quel barcone, una ottantina era di fede musulmana e, fra questi, una quindicina di idee fondamentaliste talmente estreme da giungere alla eliminazione fisica dei cristiani. Se una percentuale del genere dovesse rispecchiare gli orientamenti della generalità dei musulmani europeizzati, avremmo un numero da capogiro; non 5.000 jihadisti pronti a colpire, ma un numero superiore di mille volte: più o meno, 5 milioni di individui. Dico sùbito che questi numeri sono frutto di un ragionamento astratto, basato soltanto su un singolo fatto di cronaca, e che molto probabilmente non rispecchiano la realtà. Questa, verosimilmente, è a metà strada fra i 5.000 e i 5 milioni: diciamo, un paio di milioni di individui che, sotto l’aspetto politico, non sono propriamente affidabili.

Ebbene, se la situazione reale è questa, è necessario che l’Unione Europea ed i governi dipendenti intervengano con decisione per fermare una deriva estremamente pericolosa. In primo luogo, occorrebbe chiudere le frontiere (terrestri e marittime) ad ogni forma – anche mascherata – di migrazione economica. E questo –  mi permetto di aggiungere – fino a quando un solo cittadino dell’UE sarà senza un posto di lavoro, fino a quando un solo cittadino dell’UE sarà senza un alloggio, fino a quando un solo cittadino dell’UE sarà senza una decente copertura sanitaria o senza una dignitosa posizione previdenziale.

In secondo luogo, i rifugiati veri andrebbero accolti in termini di provvisorietà, offrendo loro asilo solo fino a quando la situazione nei Paesi d’origine non dovesse consentire il loro rientro in patria. E, in ogni caso, evitando qualsiasi automatismo nella concessione (anche ai loro figli) della cittadinanza dei vari Paesi europei. A causa dell’andamento demografico, lo ius soli (che è stato sia pur parzialmente introdotto nella nostra legislazione) è lo strumento che potrebbe – nel giro di un paio di generazioni – trasformare l’Europa in una appendice dell’Africa. La cittadinanza andrebbe riconosciuta soltanto a chi abbia un rapporto di parentela (anche acquisita) con elementi autoctoni.

In terzo luogo, occorrebbe – previa sospensione dell’accordo di Schengen – procedere ad un rigoroso censimento degli stranieri presenti a vario titolo nei Paesi europei, provvedendo alla espulsione inappellabile di tutti gli elementi pericolosi per la nostra sicurezza individuale o collettiva: incominciando dai 5.000 jihadisti conosciuti dall’Europol, e continuando con le legioni di delinquenti comuni che affollano le nostre contrade (e le nostre carceri).

Per far questo, non è necessario che “l’Europa faccia la sua parte”. Basterebbe un solido blocco navale alle soglie delle nostre acque territoriali e qualche direttiva meno buonista alle nostre forze di polizia. Dimenticavo: occorrerebbero anche uomini di governo capaci di scelte coraggiose. Ma il coraggio – diceva Manzoni parlando di Don Abbondio – se uno non ce l’ha, non se lo può dare.

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