9 Ottobre 2024
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Drieu e la rivoluzione del corpo – Appunti per comprendere il secolo – Giovanni Sessa

La parabola esistenziale e politica dello scrittore francese Drieu La Rochelle è metafora del tentativo di rinascita spirituale che, tra le due guerre, i fascismi tentarono di realizzare. Egli scrisse in Racconto segreto che la scelta di fondo della sua vita era stata la determinazione ferma di rimanere fedele alla giovinezza. Il futuro dandy, durante l’infanzia, aveva trascorso molto tempo con gli amati nonni. Ne aveva, quindi, precocemente constatato il decadimento fisico, il lento scivolare dalla malattia alla morte. Da allora decise di battersi, sul piano personale e comunitario, contro la decadenza in nome dell’estate invincibile della vita, in nome dell’eterna giovinezza. Riconobbe nel fascismo la stessa volontà e gli stessi obiettivi polemici. Tale constatazione è introduttiva alle pagine di un libro dell’intellettuale, da poco tradotto in nuova edizione italiana. Si tratta di Appunti per comprendere il secolo, nelle librerie per i tipi delle Edizioni all’Insegna del Veltro, in  veste editoriale elegante e preziosa. Il testo è arricchito dalla puntuale introduzione di Attilio Cucchi e da un apparato fotografico dovuto a Cristina Gregolin, che presenta le statue degli atleti dello Stadio dei Marmi del Foro Mussolini (per ordini: 0521 290880, edizioni@insegnadelveltro.it, euro 18,00).

   Coglie nel segno Cucchi nel sostenere che il libro sviluppa “una diagnosi precisa della patologia nichilista del Novecento” (p. 10), formulata in un momento in cui si guardava con speranza alla rivoluzione europea. L’esaltazione della bellezza, della forma fisica e della corporeità, in Drieu non ha valenza meramente estetica, in quanto risulta momento intrinseco alla rivoluzione politica. Il discorso di La Rochelle rintraccia in D’Annunzio un antecedente d’eccezione mentre, nel dopoguerra, troverà nell’opera di Mishima una riproposta significativa. Il libro venne scritto nel 1941, in un periodo storico c

oncitato, durante il quale lo scrittore era assai attivo. Aveva assunto la direzione della Nouvelle Revue Française, dalle cui pagine si spese per la costituzione di un partito unico delle “destre”, progetto naufragato per l’intransigenza tedesca. Aveva, inoltre, preso parte al Congresso degli scrittori europei a Berlino, durante il quale aveva potuto incontrare Goebbels. Drieu era già noto, ma avvertiva attorno a sé i primi segnali del progressivo isolamento che, di lì a poco, sarebbe divenuto totale. Le pagine di Appunti possono essere lette, per questo, quale testamento spirituale. In esse egli descrive, attraverso un organico excursus storico, il tentativo dell’uomo europeo di recuperare l’equilibrio, ormai compromesso, di corpo ed anima.

    Gli europei hanno da tempo immemorabile smarrito tale armonia, la cui ultima manifestazione si è mostrata, dopo l’Antichità, nel periodo medioevale. Infatti “Il Medioevo trattava il corpo come la prima Antichità, essendo esso stesso una prima Antichità giovane e primitiva…non c’è rottura con l’antichità classica in quanto il vero paganesimo delle religioni misteriche ha preparato il cristianesimo”, di contro alla prospettiva “dualista” emersa con Platone (p. 15). Con Evola, Drieu asserisce che “la vera Rinascenza è il Medioevo”. Il cristianesimo dell’età di mezzo è eroico, mostra il suo valore nei corpi. La Chanson de Roland, in questi termini presenta Carlo Magno“Il suo corpo è nobile e il suo contegno fiero, chi lo cerca non ha bisogno che gli venga indicato…” (p. 42). Il corpo è suggello della nobiltà del guerriero e del santo. I castelli e le cattedrali testimoniano, pertanto, non solo la fede nel sovrannaturale, ma estrema fiducia nella vita, gioia di vivere, “affermazione esuberante dell’immediato” (p. 40). In una parola, la conciliazione di azione e contemplazione. Drieu è, in queste pagine, critico senza pari dell’idea di progresso e mostra una prossimità, mai esplicitata in termini definitivi, per la visione involutiva della temporalità. Sostanzialmente, invita il lettore a tornare, dopo essersi liberato dell’idea di progresso, alla filosofia delle stagioni.

   Nel Rinascimento, con l’enfatizzarsi dell’urbanesimo, latore di tendenze centrifughe che spingono all’individualismo, e dell’idea di peccato, si inizia a rapportarsi alla natura come se essa fosse distante e persa in una regione lontana dall’umano. Si afferma il dis-astro della modernità, l’allontanamento dalla dimensione cosmica e dai suoi ritmi. Tale processo si radicalizza con il razionalismo e con l’affermarsi dell’alienazione urbana. Essa depotenzia i corpi “si cammina, corre o salta, sempre meno…per mezzo della macchina ci si allontana sempre più dal corpo e dalla natura” (pp. 17-18). L’antico paradigma antropologico del contadino-guerriero non esce, però, immediatamente di scena. La pittura testimonia la sua sopravvivenza nell’età illuminista. Drieu sviluppa l’analisi del ritratto di Gilles, noto come Pierrot, dipinto da Jean-Antoine Watteau (1684-1721). Dal volto di Gilles si evince la gioia di vivere, l’intatta energia. Il suo viso è testimonianza di una razza dello spirito atta, comunque, a trasmettere le proprie qualità, a prescindere dall’ “ostilità” dell’epoca in cui gli è dato in sorte di vivere. Il lettore avrà, pertanto, compreso che, sia pure in modo mediato, La Rochelle, buon conoscitore di Guénon, colloquia qui con il pensiero di Tradizione. La ritrattistica di inizio XIX secolo evidenzia, al contrario, la decadenza nelle fattezze dei corpi. La pittura è specchio della crisi e regista la perdita di stile dell’epoca contemporanea.

   Rileva, al riguardo, il raffinato scrittore che lo stile è il risultato, in arte, della memoria del corpo.  Attualmente, si chiede “a cosa servono le mani?Mani povere, mani che pendono morte ai nostri fianchi” (p. 21). La scienza moderna nell’oggettivizzare il corpo, come rilevato da Ceronetti in suo libro assai noto, lo cadaverizza, dal corpo-tempio del visione antica, si giunge, lungo tale via, al corpo deprivato di vita e potenza creativa. Saranno gli autori della Rivoluzione Conservatrice a chiedere di restituire la “parola” ai corpi. Essi constatarono che gli uomini, non adusi al confronto agonale, rinunciano alla stessa paternità che, di per sé, rappresenta un “morire a metà” (p. 22). La reazione alla decadenza si è incarnata in Europa nella filosofia della forza dei fascismi. L’autore attribuisce un ruolo privilegiato, in tale congerie spirituale e politica, a Dostoevskij e alla Russia, e ciò, dal punto di vista dell’attualità, rappresenta una sorta di profezia, visto il ruolo catecontico oggi sostenuto della Russia di Putin.

   Se gli Appunti rappresentano il testamento dello scrittore, dobbiamo interpretare, come sottolinea Cucchi, il suo suicidio come un atto di libertà nei confronti degli avversari della giovinezza del mondo che, allora, risultarono vincitori. Ma la partita non è ancora chiusa: dobbiamo far nostro l’appello lanciato da Drieu nel libro, e pensare che la sua sia stata una morte in nome della vita. Un sacrificio per il Nuovo Inizio.

 

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