“Ad Alostrael, Vergine Custode del Sacro Graal, nell’Abbazia di Thelema a Telepylus; e ad Astarte Lulu Panthea, il suo più giovane membro, io dedico questa storia di fatiche erculee per liberare l’umanità da ogni forma di schiavitù” (1)
Il primo semestre del 2019 ha segnato un rinnovato interesse per la figura controversa di Aleister Crowley: tante le iniziative, tante le ristampe, tante le ricerche accademiche e scientifiche che, in vista del centenario del prossimo anno dell’arrivo in Italia del mago inglese, hanno inteso ridare alla sua figura tutta la dovuta e seria oggettività, al di là di adulazioni di parte o di scomuniche interessate. Tra le tante iniziative, che hanno coinvolto anche largamente la nostra Redazione, come avranno potuto notare i nostri lettori, segnaliamo la presentazione domani, sabato 1 giugno 2019, presso la sede dell’Associazione Culturale Fosforo e Mercurio di Genova, del testo “Le Nozze Biochimiche di Peter Pendragon. The diary of a drug fiend”, per Diana Edizioni di Frattamaggiore (NA).
Il romanzo edito per la prima volta nel 1922 e qui tradotto per la prima volta in italiano, è stato il primo romanzo di Aleister Crowley, che si inserisce nel peculiare approccio che l’autore aveva nell’ambito della sperimentazione e della trasfigurazione magica. Lungi dall’essere, come può apparire ai più, un diario legato ad una storia di triste tossicodipendenza, quanto viene narrato nel testo rientra a buon e doveroso diritto nell’ambito di quelle sfide coscienziali, dei cosiddetti aceti filosofali, che comunemente in Magia vengono definiti Acque Corrosive, cioè l’utilizzo di particolari metodi legati all’assunzione di sostanze galvanizzanti, al sesso, alla danza ieratica, tali da permettere una rottura subitanea della coscienza ordinaria e psicologica, che permettano l’abbandono dei gangli del mondo fenomenico per una librazione assoluta verso le sfere dello Spirito, come espresse successivamente un Evola (Iagla) nelle monografie di Ur:
“Quali sostanze, poi, abbiano tali poteri, e quale ne sia la scienza di dosamento e di pratica immediata, molto difficile è che riusciate a saperlo: tanto segreta fu già nei tempi arcaici e sacerdotali questa sapienza, tanto avaro il dono della ‘bevanda d’immortalità’ anche quando la chiedeva una sete ardente invece che quell’imponderatezza curiosa e quella insofferenza per la paziente disciplina, onde voi oggi potreste desiderare simili avventure “ (2).
Tali pratiche palingenetiche hanno un lungo e consolidato fondamento nell’ambito della tradizione esoterica occidentale. Possiamo rammentare alcuni esempi importanti: dall’uso del celebre Ciceone, la bevanda inebriante nelle iniziazioni eleusine, all’uso del “vetriolo dolce” da parte di Raimondo Lullo, fino all’utilizzo dell’Etere assunto da Paracelso e da Gabriele Rossetti. Dall’Evo Antico fino a ben oltre il Rinascimento, infatti, l’estrazione spagirica di sostanze allucinogene rappresentava una metodologia precisa nell’ambito della magia cerimoniale e dell’alchimia, al di là di una voluta e pretestuosa presentazione satanica:
“Le droghe usate dalle streghe nelle loro funzioni sataniche sono conosciute, se non tutte, almeno in gran parte. Sappiamo così che esse agiscono in virtù di alcaloidi contenuti nelle piante prescelte, alcaloidi che hanno potere di provocare stati allucinatori a carattere, quasi sempre, terroristico. Tali, per esempio, l’oppio, il giusquiamo, il solanum nigrum, la mandragora, la belladonna” (3).
Dal punto di vista ermetico – alchimico, l’azione di particolari sostanze può essere ricompresa tra le tecniche realizzative della cosiddetta Via Umida, in cui l’Acqua non venga evaporata come in Via Secca, ma possa essere utilizzata tramite le proprie forze vitali rimesse in libertà, che fungano funzionalmente da vettori energizzanti dell’anima che, non cede, non abdica, ma teurgicamente trionfa con l’accensione di un fuoco potentissimo ed allo stesso tempo pericolosissimo, che solo ad una grande maestria è concesso di manipolare.
Nell’opera in riferimento, infatti, un’atmosfera di voluta catabasi sembra quasi essere percepita dai protagonisti e, per induzione dal lettore stesso. Le volute intraprese al di là del limite, della morale conformista e borghese sono vissute non come ineluttabili, ma come pacificamente ricercate. Si avverte la ricerca dell’abisso per una pacificazione interiore e solo apparentemente tutto ciò si esplicita come un ossimoro, perché l’anima deve necessariamente destrutturarsi, annientarsi completamente, conoscere i bassifondi di Napoli, come narra l’autore del romanzo, per, di seguito, risorgere come una fenice:
“Era ormai in caduta libera da molti anni, aveva raggiunto il fondo molto tempo prima, e aveva pensato che fosse il posto migliore in cui vivere” (4).
Nell’ultimo capito “L’Amore sotto la Volontà” del Terzo Libro (Purgatorio) vi è, secondo il nostro giudizio, il senso di tutta l’intrapresa, quale metafora dell’Opera che il mago inglese ha voluto rischiosamente compiere. L’intreccio arcano tra Amore e Volontà è svelato dall’adorazione di una donna, la moglie del protagonista, che sperimentata la vita con il suo consorte, con egli stesso conquista e gode della ierogamia sacrale, l’unica che spiritualmente, neanche la morte, può separare. Il tormento, l’abisso citato di tutta la narrazione, infine si placano, con una consapevolezza: senza la catabasi non vi può essere anabasi e chi fugge da Saturno e dalla sua falce non potrà mai accarezzare il pomo aureo nascosto sotto la sua nera veste:
“...non era esaltazione transitoria della passione e degli stimolanti, ma dipendeva dal nostro vero matrimonio spirituale, in cui eravamo essenzialmente uniti l’un l’altra non per il piacere di entrambi, ma per formare una sposa il cui sposo era l’Opera che non avrebbe mai potuto essere saziata finchè vivevamo, e quindi non avrebbe mai potuto portare a stanchezza e noia” (5).
Non casuale, in conclusione, sono le denominazione dei Tre Libri del romanzo e soprattutto l’alternanza, Paradiso, Inferno, Purgatorio, in cui la solarità apparente viene macerata, per essere ricondotta alla propria essenzialità, per la comprensione delle fondamenta del cosmo e dell’animo umano, per poi accedere nella camera delle trasmutazioni, ove l’Oro si ritrova nell’equilibrio ritrovato tra l’Alto ed il Basso, tra ciò che è Luce e Tenebra allo stesso istante, indi Luce Nera. Un’opera crowleyana per i caratteri forti, per le nature non avvezze al perbenismo, per gli amanti della vita, sicuramente un libro per Maghi e Streghe (e non per preti o perpetue): tale è la meritoria traduzione degli amici di Diana Edizioni.
Note:
1 – Aleister Crowley, Le nozze biochimiche di Peter Pendragon, Diana Edizioni, Frattamaggiore (Na) 2019, p. 9;
2 – Iaglia, Sulle <<Acque Corrosive>>, Introduzione alla Magia. a cura del Gruppo di Ur, vol. II, Roma, Edizioni Mediterranee, 1971, p. 142;
3 – Marszalkowicz S., L’elemento tossicologico nella stregoneria e nel demonismo medioevale,
in: AA.VV., Lavori di storia della medicina compilati nell’Anno Accademico 1936-37-XV,
Arti Grafiche Bodonia, Roma, 1938. Online: http://www.samorini.net/doc/alt_aut/lr/marszal.htm ;
4 – Aleister Crowley, op. cit., p. 175;
5 – Aleister Crowley, op. cit., p. 498
Luca Valentini
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