di Giacinto Reale
Conto di iniziare, subito dopo ferragosto, la mia collaborazione con “Ereticamente”, che seguivo con interesse già da un po’… Lo farò – in un’ottica inevitabilmente “eretica” – con delle notarelle su un argomento che un po’ conosco, che mi appassiona e che credo meriti di essere meglio conosciuto da chiunque di cose di storia, di politica o anche di semplice cronaca/attualità si interessi: la storia del fascismo delle origini, del quadriennio 1919-22, dello squadrismo, per intenderci.
Aldilà del continuo riferimento che – a sproposito – si fa a fatti, personaggi e “clima” dei quali parlerò (il termine “squadrista” continua ad essere forse il più usato nella polemica politica giornaliera), vi è la mia personale convinzione che lì, in quegli anni c’è tutto il fascismo, o, meglio ancora, ciò che il fascismo avrebbe potuto/dovuto essere nelle intenzioni dei suoi iniziatori Lì vi sono poi gli uomini del ventennio successivo (praticamente tutti, e anche qualcuno in più che poi si perderà per strada) e le polemiche che dureranno – magari sottotraccia – per tutto il regime e saranno poi riprese durante la RSI: monarchia/repubblica, ruolo dei sindacati (poi corporazioni), funzione degli intellettuali, valorizzazione della gioventù, destino dell’Italia, e altre ancora.
Ho detto “ottica eretica”, e mi pare basti: evito, pertanto, ogni ulteriore riferimento a “revisione scientifica” (che avrebbe esclusivi fini di conoscenza) e “revisionismo” (che avrebbe, invece, fini politici e di propaganda). Mia convinzione è che il “fascismo” sia stato un fenomeno irripetibile, geograficamente circoscritto all’Italia e cronologicamente compreso nel periodo che va dall’interventismo al 25 aprile del ’45: i riferimenti a movimenti e regimi consimili, spesso accomunati nella tragica fine, non aiutano a capirne la vera natura, e il richiamo a miti e valori preesistenti e tuttora perduranti (le civiltà guerriere, Roma, la Tavola rotonda, i Templari, il Bushido e quant’altro vi pare) può riuscire fuorviante.
Emilio Gentile, che è, se non il migliore, il più prolifico scrittore attuale di “cose” fasciste, ha scritto: “Si può studiare la storia del fascismo dal basso o dall’alto, da destra o da sinistra; si può mettere a fuoco l’aspetto politico, istituzionale, sociale, economico o antropologico; si può dare risalto agli individui, ai gruppi o alle masse; si può scegliere una prospettiva di lungo o breve periodo; si può preferire l’analisi individualizzante o la sintesi comparativa; si può indagare sulle “intenzioni” o sulle “funzioni” degli attori politici. Ciò che conta, alla fine, è la capacità della storiografia di condurci verso una conoscenza sempre più realistica e complessa della natura del fascismo, nei suoi molteplici aspetti, come fenomeno situato nel tempo e nello spazio, e non come la mera denominazione verbale di una entità metastorica che trascende il tempo e lo spazio”.
Sono sostanzialmente d’accordo, e ne traggo spunto per una finale indicazione metodologica: le “notarelle” avranno cadenza settimanale e lunghezza di una cartella (in qualche caso potranno essere sdoppiate e separatamente pubblicate di seguito); la “traccia” sarà dettata dall’ordine cronologico dei “fatti significativi”, che non sono sempre i più “noti” (sarà esclusa, per esempio, l’avventura fiumana).
Inizierò, quindi, dalla contestazione a Bissolati l’11 gennaio del 1919 per arrivare fino alla vigilia della “Marcia”), senza nessuna “astrazione metastorica che trascenda il tempo e lo spazio”, proprio come scrive Gentile