Le dee tessitrici e l’arte di tessere come atto di creazione della realtà
Le donne che si risvegliano, costruiscono il loro telaio e poi mettono su l’ordito e la trama della loro tela, tutte insieme, armoniosamente. L’Abisso, la “Grande Profondità”, in Egitto era personificato dalla dea Nut, precedente tutti gli dèi e dea tessitrice. Sta scritto: “l’unico Dio senza forma e sesso, che si autogenerò senza fecondazione, ed è adorato sotto forma della Madre”. “Nut è la Grande Madre, il Dio femminile dal quale derivano tutte le cose. Nut è il “Padre–Madre”, il suo nome significa “Io vengo da me stessa”, ossia autoconcepita. Ella si è autogenerata, come “Madre Originale”, una divinità androgina, che ingloba tanto l’aspetto femminile come quello maschile. Creare materia per esistere e vivere è una delle nature primarie di questa Dea nel processo della Creazione.
Tutte le antiche Dee partenogenetiche, create da se stesse senza l’aiuto del seme maschile, sono tessitrici.
Nut è la Signora di Vita, cioè che fissa lo spirito nell’Essere umano attraverso la respirazione, che per analogia si trasforma nell’ordito e nella trama sul telaio.
Tessere in un cerchio di donne e ritrovare l’essenza e la condivisione del femminino sacro: tessere, cantare, chiacchierare. Da sempre l’arte della tessitura è collegata alla Dea e al femminino sacro. Trama e ordito rappresentano yin e yang, inspiro ed espiro della vita. Tessitura è l’arte del Creare, All’incrocio tra ORDITO verticale e TRAMA orizzontale la Dea tesse attraverso gesti di armonia, il ritmo della creazione. Una meditazione attiva e utile anche a livello pratico.
Tessendo in cerchio tra sorelle, si incontra la Dea nei suoi differenti aspetti – Brigid la devozione, Isis la conoscenza, Afrodite la bellezza, Morrigan l’arditezza e, soprattutto, Amaterasu di cui la tessitura è il simbolo. Le leggende britanniche narrano che la spada di Artù, la sacra spada di Britannia che gli conferiva immortalità e invincibilità, non avrebbe funzionato senza il fodero cucito da Morgana, durante 3 giorni di digiuno e meditazione, e decorato con simboli druidici di protezione. Il contenitore è importante quanto il contenuto nella via sciamanica.
L’ago contiene 3 fili colorati e rappresenta la trama della Materia nella tridimensionalità; l’ago sale e scende dal duplice filo dell’ordito che rappresenta lo Spirito. L’ago porta nella dualità le tre dimensioni dell’esistenza (cielo, terra e inferi). I fili che prima sono sciolti poi si intrecciano formando la pezza. Così agisce anche la mente, tesse le stringhe di energia e forma le pezze di materia che chiamiamo realtà. Questo è il telaio della Dea, una eredità.di cui dobbiamo riappropriarci.
Simbolo sole : vita universale, circonferenza con un punto al centro.
Circonferenza: Madre Matrice Vita passività ricettività nel silenzio.
Punto: figlio-maschio manifestazione attiva istante per istante, causata dall’emissione di suono.
Solve et coagula: coagula è il punto, l’istante della manifestazione dell’idea; solve è il ritorno alla matrice quando la manifestazione finisce. La creazione non finisce ma passa solo nel silenzio e nell’inazione in un altro piano di esistenza.
Nel sistole diastole e inspiro espiro è la contrazione coagula e il rilassamento solve della manifestazione in questo piano di esistenza: nel macrocosmo è Saturno Giove nascita ‒ morte sono i due momenti di inizio e fine della manifestazione del punto. Mentre la vita è infinita ed è la circonferenza la matrice passiva.
Giorno: posizione umana verticale ordito – Notte: posizione umana orizzontale trama. i due bracci della croce, i due momenti dell’esistenza umana nella manifestazione duale; ma poiché sia trama che ordito sono andata e ritorno, nella tessitura rappresentano le 4 direzioni e le 4 fasi della creazione:
4 lati del telaio: genesi: acque superiori (aria), raggi (fuoco), terra e acque inferiori: 4 elementi alchemici sono le 4 direzioni (nord-terra, est-aria, sud-fuoco e ovest-acqua) del piano orizzontale.
3 piani di esistenza (i 3 fili): macrocosmo cosmo, Uomo, microcosmo atomo: trinità sul piano verticale; mondi superni, superficie terrestre, mondi inferi.
La somma di 4 + 3 da 7: i 7 archetipi planetari, collegati ai 7 principali centri energetici nel corpo umano.
I tre fili portano nella dualità dell’ordito i 3 piani di esistenza: osservare la legge di azione e reazione: dentro fuori sopra e sotto sempre opposti. Subito dopo essere entrata devo uscire e sono opposta rispetto al giro inferiore. Così si crea la realtà percepibile ai sensi: azione e reazione yin yang.
Quando i fili si incrociano significa un passaggio in un altro piano di esistenza.
Ogni volta che vado verso sinistra vado verso ovest, la morte e rinascita; quando vado verso destra è la nascita est1.
1 Le piramidi di Giza, Cheope, Chefren e Micerino correlate a tre stelle
Le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, nell’insieme, in base a una teoria della piramidologia, sono state viste come riflesso del cielo stellato, (illustr. 2) della “cintura di Orione”, Alnitak, Alnilam e Mintaka, che fanno parte della omonima costellazione. È uno scrittore britannico, Robert Bauval, che sostiene questa tesi, ma è in contesa con un altro scrittore britannico, Andrew Collins , che invece sostiene che le tre piramidi sono correlate alle tre stelle della costellazione del Cigno, ε, γ e δ Cygni. Comunque resta il fatto che le tre piramidi, Cheope, Chefren e Micerino sono viste appunto come tre stelle, giusto in relazione al titolo di questo scritto, Ma vedremo che è coerente questa relazione, intravedendo nella topografia della mappa delle piramidi in questione, una disposizione geometrica che suggerisce l’idea di un certo “varco”, da associarsi appunto al Telaio del Fato del titolo di questo scritto.
L’immagine dell’illustr. 3 mostra il complesso monumentale della Necropoli di Giza situata nella piana omonima, alla periferia de Il Cairo dell’Egitto. Si tratta di uno dei siti archeologici più importanti del mondo, tanto da essere inclusa nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco nel 1979.
Sono in bella mostra, iniziando da sinistra, la Piramide di Micerino (o Mykerinus), la più piccola, poi quella di Chefren (o Khepren) e l’altra, che appena si vede, è la più grande, Cheope (o Khufu) posta su una base sottoposta.
La piramide Cheope
Cheope (o Khnum-Khufu) (2566 a.C.) significa “che Dio mi protegga”, è stato un sovrano egizio della IV dinastia. Di lui ci è pervenuta solo un’immagine in pietra, anche se il suo culto durò ben 25 secoli. Egli difese le miniere del Sinai dalle incursioni dei beduini, curò la manutenzione di alcuni templi. Era, come tutti i Faraoni, un erudito, appassionato di storiografia sacra dell’Egitto, un re sapiente, dotato di uno spirito curioso e profondo.
La piramide di Cheope ha una base di 230 metri per 230 metri e all’origine era alta 146 metri e 35 cm, mentre oggi raggiunge i 137 metri d’altezza a causa della totale rimozione del rivestimento in pietra calcarea che in passato la rivestiva, colpita da erosione naturale.
Questa piramide doveva essere sormontata da un pyramidion d’oro che risplendeva sotto i raggi del sole al pari di una gemma enorme, visibile a chilometri di distanza.
Ufficialmente la sua edificazione è fissata tra il 2700 e il 2200 a.C. ma si tratta di dati incerti.
La piramide è stata realizzata in 3 progetti successivi:
– Nel primo, la camera sepolcrale è sotterranea, a circa 31 metri di profondità nella roccia, raggiunta da un corridoio secondo un angolo di 26,5 °, ma si dovette trattare di un progetto abbandonato, come dimostra l’incompiutezza della stanza del sarcofago.
– Il secondo progetto comprende la costruzione della camera sepolcrale per il re, poi la cosiddetta “Stanza della Regina”, anch’essa incompiuta, collegata con un corridoio di circa 80 metri al punto d’ingresso.
– Il terzo progetto comprende la “Grande Galleria”, quella sepolcrale e quelle di scarico.
Per l’esoterismo di base della piramide di Cheope, correlata a una formulazione matematica, rimando al saggio: La Stele d’Inventario di Giza la “sindone” della Grande Piramide.
La piramide Chefren
Chefren (Chephrèn, originariamente Khafre e Hor Userib) era il figlio di Cheope, il cui nome, in egiziano, significa “Ra quando sorge”. È stato un faraone della IV dinastia egizia. Di questo Faraone ci resta una statua in diorite proveniente dal tempio dell’accoglienza della sua piramide di Giza, che è da stimarsi la più perfetta scultura di tutta l’arte egizia. Sulla nuca di Chefren è posato il Falco Horo che, con le sue ali spiegate, protegge l’istituzione faraonica.
La piramide di Chefren, se pur la seconda piramide più grande di tutto l’Egitto, ma appena di tre metri circa, dopo quella di Cheope suo padre, tuttavia appare più alta di quella di Cheope, poiché fu costruita sopra uno zoccolo di roccia più alto, circa 10 metri. La sua punta è ancora intatta, conservando la struttura in calcare bianco levigato che in origine copriva tutte le piramidi. Il suo interno è semplice con due discese convergenti che conducono a un’unica tomba. A differenza della stanza della tomba di Cheope è situata invece nella parte centrale della struttura, ed è scavata nella roccia, sotto la base della relativa piramide. Di interessante nella piramide c’è solo da vedere il sarcofano in granito del Re. L’accesso è tramite un unico corridoio discendente, facile da varcare a differenza di quella della piramide di Cheope.
Per l’esoterismo di base della piramide di Chefren, correlata a una formulazione matematica, rimando al saggio: La piramide di Chefren e il sigillo della triade superna del giudizio finale.
La piramide di Micerino
Micerino (o Menkaura) (2512/2508 a.C) è il faraone successore di Chefren, salito al trono regnandovi per una ventina di anni. A differenza di lui e il nonno Cheope, che erano stimati dei tiranni (ma sono dei dati incerti, però), Micerino fu giudicato buono (secondo Erodoto). Il suo nome significa “Divina è la piramide di Micerino”.
Come già detto la piramide di questo faraone era molto più piccola delle altre due, un fatto che stigmatizza forse una certa decadenza faraonica. Inoltre non venne completata nella struttura, ma a questo supplisce frettolosamente poi Shepsekaf, il figlio che gli successe, terminandola. Questi Per sé non fece erigere piramidi per sé, ma solo una gigantesca mastaba nei pressi della Piramide di Snefru e Saqqara. La piramide di Micerino ha una base quadrata di lati di circa 103 metri, con quasi 66 metri di altezza in origine, mentre oggi raggiunge i 62. Gli archeologi hanno appurato che il rivestimento della piramide di Micerino fosse di bianco calcare di Tura, anche se pare che il progetto iniziale prevedesse il bellissimo granito rosso di Assuan. Il suo interno è complesso con un ingresso a nord a 4 metri di altezza e una discesa di 32 metri, rivestita in granito rosa. Il cunicolo conduce al vestibolo decorato con bassorilievi. Un ulteriore corridoio di circa 13 metri di lunghezza giunge nella camera funeraria posta 6 metri sotto il livello del suolo. La sala doveva contenere il sarcofago, andato purtroppo disperso.
Per l’esoterismo di base della piramide di Micerino, correlata a una formulazione matematica, rimando al saggio: La piramide di Chefren e il sigillo della triade superna del giudizio finale.
La Sfinge
Il quarto monumento della piana di Giza, che non appare nella foto dell’illustr. 3, è la Grande Sfinge una scultura di pietra calcarea raffigurante una sfinge sdraiata, ovvero una figura mitologica con la testa di un uomo e il corpo di un leone (nello specifico è detta anche androsfinge o sfinge andricefala).
Ottenuta da un substrato roccioso, è la più grande statua monolitica tra le sfingi egizie: è lunga 73 metri (dalla coda alle zampe anteriori), alta 20 metri (dalla base alla punta della testa) e larga 19 metri; la sola testa ha un’altezza di 4 metri.
La Sfinge è stata chiamata in diversi modi: per gli Arabi musulmani e per i Copti è ancor oggi Abū l-Hōl, ossia “padre del terrore”.
Il nome Sfinge che le attribuiamo deriva dal greco Sphynx, che significa strangolatrice, e deriva a sua volta dall’egizio traslitterato che significa “statua vivente”, nome attribuito alle statue di leoni con testa di uomo.
Questo monumento pare che sia stato eretto (ma incertamente) attorno al 2500 a.C, al tempo del faraone Chefren (2520-2494 a.C) come simbolo protettivo.
2 Geometrie della mappa delle tre piramidi e sfinge di Giza
Ed ora entriamo nel tema di questo scritto che è quello di esaminare la mappa delle tre piramidi e la sfinge della piana di Giza, peraltro un indagine eseguita da non pochi studiosi di archeoastronomia. Infatti nel capitolo precedente ho mostrato due casi in cui due ricercatori, Robert Bauval e Andrew Collins, entrambi britannici, hanno correlato le tre piramidi: il primo con la “cintura di Orione”, tramite le stelle Alnitak, Alnilam e Mintaka della omonima costellazione; e il secondo con le stelle ε, γ e δ Cygni, ovviamente della costellazione omonima.
Noi ora, tralasciando questo scopo e cercheremo di occuparci della geometria cui sono informate le posizioni delle tre piramidi e la sfinge per verificare delle singolarità geometriche. Per far questo ho estrapolato dal web, tramite Google Map, la vista in elevazione ingrandita delle tre piramidi più la sfinge e ho eseguito una certa geometria dal risultato sorprendente che mostro con l’illustr. 4.
Nell’eseguire il grafico si comincia considerando il centro di osservazione della piramide di Cheope e si tracciano due cerchi, il primo passante per il centro della testa della Sfinge e successivamente per il centro della piramide di Micerino.
Poi si congiunge l’asse della piramide di Cheope con quella di Micerino e il risultato è ciò che si può costatare osservando il nuovo elaborato attraverso l’illustr. 5.
Capita che l’asse verticale della piramide di Cheope è in mezzeria tra Chefren e la Sfinge, tanto da poter tracciare un triangolo equilatero (in giallo). Questo triangolo ha a tutti gli effetti, la sagoma della piramide di Cheope: ecco il fatto straordinario che dimostra la singolare condizione di questa piramide con le altre e la Sfinge, come a costituire una occulta sudditanza.
Ma un’altra singolarità ora emerge allestendo una seconda geometria sui quattro monumenti sacrali con l’illustr. 5.
Le 40 corrispondenti corde, che si susseguono l’un l’altra partendo dalle punte, sono tangenti al cerchio passante per la piramide di Chefren. Successivamente si riscontra che anche per il cerchio passante per la Sfinge sussiste la condizione della suddivisione in 40 parti, cosa che è evidenziata con i cerchietti gialli, più quello nero relativo alla Sfinge. Se ne deduce che c’è concordanza d’intenti fra i tre monumenti di Giza, che nel prossimo capitolo verranno spiegati, come a riscontrare una singolare armonia che li informa.
Il lettore attento, sempre disposto a vedersi illuminato da qualche spiraglio di luce insolita, sarà colpito dal fine telaio dell’illustr. 5 e non potrà evitare di ammirare la fine tessitura disposta, appunto, dal fato per le tre piramidi egizie.
3 Il numero 40 dell’ascesa della barca solare di Cheope
Il mistero delle 40 suddivisioni rilevate nel precedente capitolo è legato al viaggio iniziatico del defunto faraone Cheope nella piramide omonima, cioè il viaggio con la barca solare nella Grande Galleria (illustr. 6). Si tratta di concezioni di ordine alchemico che fanno capo alle ragioni della struttura architettonica della Grande Galleria appunto, dove si compie il viaggio di ascesa iniziatica. Naturalmente con un modello di barca solare non diversa, ma in proporzione ridotta, da quella di 47 metri di lunghezza di Cheope trovata accanto alla sua piramide a Giza.
L’illustr. 6 non ha bisogno di commenti eccetto far capire che il viaggio iniziatico è concepito per simulare l’altro “viaggio”, il vero che vi corrisponde e che si attua sul piano delle energie eteriche.
Il mistero di Osiride, che vi attiene e che il Defunto faraone, in fase di ascesa verso il suo tabernacolo (la camera del Re della Piramide) si dispone ad attuare, inizia dalla base iniziale della Galleria invasa dall’acqua che è mercuriale, con la sua barca solare. Salendo conta sulla rampa di sinistra a ridosso della parete, 28 fori, il numero degli anni del regno di Osiride, il ciclo lunare della gestazione.
Guarda in alto il Defunto, iniziando la salita della Grande Galleria, e vede un soffitto formato da lastroni non allineati e ne conta 40, il numero della traversata (illustr. 7).
Il soffitto infatti è composto da 40 lastroni di calcare, chiaramente definiti e sistemati in modo da formare una dentellatura, a voler rimarcare la loro presenza o il loro significato. Il numero 40 = 10×4 è uno dei numeri fortemente usati negli insegnamenti misterici del popolo di Israele. Il passaggio attraverso l’oscurità dell’utero fino alla luce all’esistenza cosciente avviene in 40 settimane di 7 giorni per un totale di 280 giorni, visualizzati nei 280 cubiti dell’altezza della piramide (di Cheope). Il numero 40 indica il periodo della costruzione del tempio interiore che deve essere trascorso fra prove e solitudini prima che si possa varcare la porta che conduce alla camera del Re2 3.
NOTE
1 Fonte: https://devanavision.it/articoli/le-dee-tessitrici-e-larte-di-tessere-come-atto-di-creazione-della-realta/
2 Per 40 anni Mosè rimase o attraversò il deserto, per 40 giorni dura la quaresima cristiana, ecc. Quaranta è il numero della traversata prima di giungere alla Terra Promessa, che non è di natura terrena ma celeste. In cima alla Grande Galleria vi era il grande gradino, di 0,909 metri, un cubito per la radice quadrata do tre, una salita verticale incommensurabile, per raggiungere un pianerottolo che faceva da atrio al cunicolo che portava alla Camera del Re.
3 Esonet.ORG – I segreti delle piramidi – http://www.esonet.org
2 Comments