8 Ottobre 2024
Società

Elon Musk e Twitter al tempo della censura – Roberto Pecchioli

Elon Musk ce l’ha fatta: il consiglio di amministrazione di Twitter ha accettato l’offerta d’acquisto del supermiliardario di origine sudafricana. La rete sociale dei “cinguettii” passa di mano per oltre quarantatré miliardi di dollari. La lunga lotta del proprietario di Tesla è finita con una vittoria. Mastica amaro il suo avversario Parag Agrawal, CEO di Twitter, dipinto dal nuovo proprietario come uno Stalin redivivo in un “meme” molto commentato in rete. Certamente non è felice Bill Gates, nemico di Musk in una guerra senza esclusione di colpi tra miliardari tecnologici.

Difficile pronosticare il futuro di Twitter, ma di certo l’operazione non è importante soltanto dal punto di vista delle risorse impiegate. Secondo recentissime stime della rivista specializzata Forbes, Musk avrebbe superato Jeff Bezos come uomo più ricco del mondo. Il patrimonio del cinquantenne di Pretoria, cittadino canadese e statunitense, alla vigilia dell’acquisizione di Twitter ammontava a 219 miliardi di dollari. Nel giro dei padroni universali, Elon Musk è una sorta di mosca bianca: non sembra condividere il progressismo libertario né la cultura della cancellazione. Si è espresso contro la denatalità e i progetti neo malthusiani dell’iperclasse a cui appartiene; egli stesso è padre di sette figli. Ha espresso convincimenti diversi da quelli dell’oligarchia sull’origine e la gestione della pandemia, si è mostrato critico con Joe Biden, di cui pure è stato finanziatore.

Il piano elevato dell’oligarchia tecno mondialista forse non è un monolite liberal. Il primo commento di Musk, dopo l’acquisizione della rete sociale, è stato il seguente: “spero che anche i miei peggiori nemici rimangano in Twitter poiché questo è ciò che significa libertà di espressione”. Se sono rose, fioriranno; lo attendiamo alla prova dei fatti, non dimenticando anni di censure, sino alla più clamorosa, quella di Donald Trump, all’epoca presidente in carica degli Stati Uniti. Musk ha soggiunto che “la libertà di espressione è la base di una democrazia funzionale e Twitter è il luogo del popolo digitale dove si dibattono le questioni importanti per il futuro dell’umanità”. Ha preso l’impegno di rendere pubblici i codici degli algoritmi.

Troppo presto per capire se il vento politico nelle grandi piattaforme cambierà, ma certamente l’evento è di quelli che possono imprimere cambiamenti importanti. Intanto, il nuovo proprietario annuncia di ritirare il titolo Twitter dai mercati azionari, sottraendolo alle manovre dei grandi attori finanziari globali e annuncia di volerla far finita con la politica censoria verso tutte le idee e le personalità non allineate con il verbo progressista del gigantesco apparato di potere tecno-finanziario delle piattaforme e delle reti sociali. Musk ha già trasferito dalla California “illuminata” al conservatore Texas le sedi delle sue compagnie più importanti, Space X e Tesla. Motivi fiscali, certo, ma anche questo è un segnale. Nel luglio 2020, postò su Twitter un messaggio contro l’uso di pronomi per definire l’identità personale di genere, guadagnandosi l’attacco degli attivisti LGBT.

Il marchio più conosciuto della galassia di Elon Musk è Tesla – dal nome del grande scienziato visionario Nikola Tesla – l’azienda automobilistica specializzata in auto elettriche. L’obiettivo di Tesla è accelerare la transizione energetica verso fonti diverse dai combustibili fossili. In materia, Musk opera attraverso Solar City, specializzata in servizi legati al settore energetico fotovoltaico. Il magnate fu anche tra i fondatori di Paypal, il sistema di pagamento digitale. Un’ altra grande scommessa tecnologica è Space X, incaricata di sviluppare il trasporto interplanetario di massa. SpaceX è impegnata nel rifornimento del programma CRS, la stazione spaziale sperimentale della Nasa, e si occupa del lancio di satelliti nello spazio per conto di grandi gruppi privati. Hyperloop è un sistema futuristico di trasporto ad alta velocità bastato su capsule posizionate su cuscini d’aria forzata che rappresenterà una modalità di trasporto alternativa a navi, aerei, automobili e treni.

Importantissimi i progetti relativi all’intelligenza artificiale (A.I), in particolare OpenAI che, nelle intenzioni di Musk, dovrebbe rimanere no profit per “contrastare le grandi aziende che possono ottenere troppo potere attraverso il possesso di sistemi super-intelligenti dedicati agli utili, così come i governi che possono utilizzare le AI per conseguire il potere, ma anche per opprimere i cittadini. “Neuralink è un progetto di neurotecnologia orientato alla creazione di interfacce neurali da impiantare nel cervello umano; ha già presentato Tesla Bot, un robot androide. Vengono i brividi elencando innovazioni che modificheranno per sempre l’uomo e il suo ruolo nel mondo. Il potere di Elon Musk è enorme, costruito in meno di vent’anni, e l’acquisizione di uno strumento di comunicazione dell’ampiezza di Twitter lo proietta nella ristretta cerchia di chi determina il futuro politico del pianeta. La rete sociale dei cinguettii – messaggi che non eccedono le centoquaranta battute – è il più grande foro politico del pianeta. Sapere che potrebbe smettere di vietare le idee sgradite al Dominio rasserena. La libertà di espressione è già talmente minacciata che è positivo il solo annuncio delle intenzioni. Alle parole dovranno seguire i fatti. Un esempio recente è la sospensione dell’account di un giornalista esperto di conflitti nei Balcani, dove ha lavorato per anni, con la motivazione che “non sa che cosa è una guerra”. E’ noto che organizzazioni progre utilizzano la messaggistica per denunciare gli utenti e i contenuti sgraditi. In questo momento, sono spiazzati, nel timore che l’arbitro torni imparziale. Si riorganizzeranno, non molleranno l’osso, specie se Musk avrà difficoltà a modificare la cultura aziendale di Twitter. Il compito è difficile ovunque, ma nel caso di Twitter appare titanico. Alcuni dei suoi obiettivi, come la riduzione della percentuale delle entrate pubblicitarie per privilegiare gli investimenti, non incontreranno grandi resistenze. Sarà tuttavia difficile che un personale prevalentemente californiano, imbevuto di radicalismo di sinistra, non cerchi di sabotare le intenzioni di trasparenza nelle decisioni, o rendere pubblici gli algoritmi che decidono ciò che vediamo e coloro a cui viene sospeso il profilo. Occorrerà determinazione, volontà e un gruppo di dirigenti in totale sintonia con Musk, capaci di reindirizzare l’azienda. Davvero complicato, specie in un periodo storico nel quale l’Occidente – ex campione della libertà – ha scelto di rinchiudere la società aperta. I segnali sono sconfortanti ai due lati dell’Atlantico, dove si lavora a normative sui servizi digitali destinate a incrementare la censura sulle reti sociali. Nell’ Unione Europea la legge, assai spinta oltre oceano da personalità come Hillary Clinton e Barack Obama, obbligherà le grandi aziende tecnologiche, Facebook, Instagram, Twitter, Youtube e Google, a rispettare i nuovi requisiti per censurare i contenuti indesiderati, in particolare quella che chiamano “disinformazione”. Le normative sono state concordate il 23 aprile scorso da funzionari del Parlamento europeo, della presidenza francese del Consiglio dell’UE e della Commissione UE. La norma si presenta mascherata dalle solite buone intenzioni, la tutela della privacy, la prevenzione di atti illegali come il terrorismo, lo sfruttamento sessuale dei bambini, eccetera, tutti comportamenti vietati da sempre. Tuttavia, l’obiettivo politico della legislazione, sostenuta fortemente dalle grandi ONG dei cosiddetti filantropi privati, è controllare e censurare ciò che i Fact Checkers considereranno disinformazione e l’ampia categoria dell’incitamento all’odio. Fact checking, nel lessico invertito, è il lavoro di accertamento degli avvenimenti citati e dei dati usati in un testo o in un discorso. Questa pratica si applica in particolare alle informazioni fornite da esponenti politici e alle notizie diffuse dai mezzi di comunicazione. Conta il significato attribuito alle parole: qual è il significato di terrorismo, disinformazione, discorso di odio? I padroni delle denominazioni sono i titolari della censura, mascherata da moralismo e spirito dei tempi, Il portale europeo Politico.eu la spiega così: “in futuro, i regolatori controlleranno gli sforzi dei colossi tecnologici per fermare la diffusione delle falsità, dal momento che le battaglie informative sono venute alla luce durante la pandemia di coronavirus e il conflitto dall’Ucraina. Garantiranno che le grandi aziende digitali abbiano un controllo migliore sugli algoritmi che possono promuovere contenuti estremi e insicuri”. Che cosa è estremo, insicuro, e quale disinformazione grava sull’epidemia e la guerra? Forse tutte le informazioni, le opinioni e i fatti non filtrati dal potere politico, finanziario, economico e mediatico occidentale? Le aziende dovranno pubblicare rapporti semestrali dettagliati sui loro sforzi di “moderazione”, incluso il numero di personale, l’esperienza, le lingue parlate e l’uso dell’intelligenza artificiale per rimuovere i contenuti indesiderati. Verrà chiesto loro di rivelare il numero di account sospesi e i contenuti rimossi. Sanzioni per non conformità fino al 6 per cento delle entrate globali potrebbero colpire Facebook e Instagram, motori di ricerca come Google, piattaforme come Spotify e mercati online come Amazon. Fumo negli occhi: se la cantano e se la suonano. “La legge sui servizi digitali è una pietra miliare importante”, ha affermato il commissario europeo Thierry Breton. “Questa è la prima volta che l’Europa affronta la regolamentazione dello spazio digitale e dell’informazione”. La minaccia è enorme: ciò che viviamo già non è niente in confronto a ciò che verrà. Le reti sociali, sostenute dai governi, potranno – anzi dovranno – intervenire per rimuovere informazioni che sono (ancora) legali, al riparo di una norma sovranazionale che giudica ciò che è “inadeguato “o “pregiudizievole”. Per chi? E’ l’arma letale contro la libertà, al di là delle eventuali buone intenzioni dei gestori. In Europa la censura si è apertamente manifestata con la guerra in Ucraina, che ha comportato l’oscuramento e il divieto di siti, contenuti e trasmissioni provenienti dalla Russia. Tutti siamo testimoni dell’attacco alla libertà di espressione e al diritto, ma l’enorme baccano mediatico nel segno dell’Unico –unica verità, unica narrazione, unica stampa e televisione – chiude gli occhi, assorda e cancella il giudizio. La legge europea potrebbe entrare in vigore prima della fine dell’anno corrente ed è stata richiesta a gran voce dai padroni atlantici. Barack Obama ha sollecitato regole sulle reti sociali per “fermare la crescente polarizzazione politica”, ovvero bloccare il dissenso, mentre Hillary Clinton ha esortato, ossia ha ordinato, di “rafforzare la democrazia globale prima che sia troppo tardi” poiché, a suo giudizio “per troppo tempo le piattaforme tecnologiche hanno amplificato in modo inspiegabile la disinformazione e l’estremismo”. Come sempre, vale il significato delle parole e queste note – non allineate al mainstream – possono essere qualificate come disinformazione rispetto al criterio vigente ed estremismo, estremismo della libertà. Non è difficile dedurre quali settori politici e quali idee saranno colpite e quali trarranno vantaggio dalle nuove normative dei pifferai di Hamelin. Capiremo presto se Twitter vorrà o potrà essere un bastione di libertà o se le intenzioni del nuovo padrone si infrangeranno sugli scogli dell’oligarchia globale.

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