Un accordo tra il ministero della Pubblica Istruzione e l’Associazione nazionale dei partigiani italiani prevede di offrire alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado un sostegno, dalla documentazione alla ricerca, alla formazione storica “per lo sviluppo di un modello di cittadinanza attiva”.
Un progetto davvero ambizioso quello di far diventare “maestri” gli eroi della resistenza per continuare a offrire alle scolaresche la giusta dose di menzogne, per essere antifascisti in assenza completa di fascismo, per prepararsi con la giusta settaria partecipazione alle celebrazioni che il governo metterà in scena per i settant’anni della resistenza. Un’attenzione del tutto speciale verrà posta per preparare una scadenza così importante, tant’è che nel decreto interministeriale promosso dai ministri della difesa e dell’economia sono stati stanziati all’uopo, a favore delle associazioni partigiane, ulteriori 300 mila euro rispetto ai 674mila già previsti come tutti gli anni, per raggiungere, diciamo così, il milioncino.
Sarà davvero un grande evento che vedrà la solita dietrologia della “pacificazione” fra vincitori e vinti. I “maestri” partigiani per essere davvero tali dovrebbero avere almeno una novantina d’anni, ma saranno pregevolmente sostituiti da figli, nipoti e collaboratori, da coloro cioè che tengono in piedi associazioni che non hanno più ragione di esistere.
È risaputo che i vincitori si impadroniscono degli eventi e impongono ai posteri la loro versione dei fatti. Basti pensare al libro di Alain Jaubert “Commissariato degli archivi” ovvero le fotografie che falsificano la storia. Lo scrittore, giornalista, produttore e regista televisivo, nel testo presenta una raccolta di documenti di vari Paesi e di vari regimi. Le riproduzioni contraffatte fanno sorridere ma anche riflettere sulle “storiche” e “documentate” verità che ci sono state trasmesse e che generazioni di figli hanno studiato. Orrori, non errori, di storia, anticipati da un intero paragrafo del libro “1984” di Orwell, quello in cui lo scrittore descrive una piccola cellula dell’immenso archivio dove si falsificano fotografie, si correggono carteggi, si distruggono documenti originali.
Dopo questa premessa sarà chiaro che chiunque abbia provato a raccontare storie sulla RSI si è, da sempre trovato, a dover sfondare un muro di omertà, di opposte versioni, di documenti negati.
E’ per questo motivo, per cercare, nel mio piccolo, di raccontare storie vere, magari poco conosciute, che proverò a parlare in una nuova rubrica settimanale, dal titolo “ERAN FATTI COSÌ…”, di quei seicento giorni in cui gli Italiani si trovarono con due eserciti, due stati e in cui tanti giovani si videro “un contro l’altro armati”.
Proverò a dar voce a quei quasi ottocentomila uomini che tornarono al combattimento dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, per riscattare l’onore dei militari italiani infangato dal tradimento che si era appena consumato e ricorderò in questo modo i centomila che sono morti combattendo. Mi scuso fin d’ora per eventuali imprecisioni, poiché non ho ambizioni di fare storiografia, bensì di raccontare, col cuore, un po’ della Repubblica Sociale, ignorata volutamente dalla storia ufficiale del nostro povero paese. Un periodo doloroso su cui ancora oggi è difficile fare luce senza venire tacciati di apologia del fascismo e magari nel corso dei prossimi appuntamenti, presenterò proprio alcune fotografie che dimostrano quanta falsità ci sia stata propinata per asseverare le bugie che hanno intossicato i nostri cervelli, omologato le coscienze mostrando non ciò che effettivamente era avvenuto, ma quanto sarebbe piaciuto che accadesse.
Tutto iniziò con il 25 luglio 1943, quando Mussolini, “dittatore”, accettò la votazione del gran consiglio del fascismo che lo aveva messo in minoranza e rassegnò le sue dimissioni. Con l’inganno venne arrestato dal re e, mentre il popolo, stremato dalla guerra attendeva la pace, Badoglio tramava per tradire gli alleati tedeschi e saltare sul carro degli invasori anglo-americani. Con l’armistizio dell’8 settembre si gettarono i semi della guerra civile, di quella che fu lotta ideologica, dove tutti dovevano difendere tutto, la casa, il raccolto, l’incolumità di mogli e figli, i ricordi, i propri pensieri e ideali.
Una guerra che annullava in nome di una libertà mai raggiunta, le fratellanze, i rapporti di amicizia, nulla fu risparmiato, nemmeno la cultura. Basti pensare al filosofo Giovanni Gentile, lo spirito forse più elevato che l’Italia abbia avuto nel secolo scorso, ucciso a tradimento proprio nel falso nome della libertà, per la somma di tremila lire, mentre, incolpevole, rientrava in famiglia. E al poeta, cieco di guerra, Carlo Borsani, anche lui quando tutto crollava aveva offerto se stesso alla Patria e fu per questo ucciso in mezzo alla strada senza pietà e senza nessuna ragione. E ancora al bolognese professore universitario, noto etruscologo degli anni’30, Pericle Ducati, uno studioso onesto, un uomo buono che non aveva avuto dal Fascismo né onori, né cariche, firmatario del Manifesto degli Intellettuali del Fascismo redatto proprio da Giovanni Gentile nel 1925. Dopo l’armistizio aveva anch’egli aderito alla Repubblica Sociale per scelta di onore e coscienza, non aveva mai fatto male a nessuno, ricordato al contrario piuttosto come benefattore, fu ucciso vigliaccamente a revolverate mentre tranquillo varcava, con un libro sotto un braccio, l’androne della sua abitazione a Bologna.
L’elenco sarebbe lungo, ma per fortuna in un clima di umiliazione e totale abbattimento morale, grazie all’ardire di giovani che non si piegarono all’inganno e alla viltà, che ebbero il coraggio di alzare la testa, nacque la Repubblica Sociale. Coraggiosa decisione, drammatica scelta di continuare a combattere, a lottare per ciò in cui si era creduto. I ragazzi di Salò, non si erano arresi e furono demonizzati, uccisi senza pietà quando ne capitò l’occasione, spesso con inutile crudeltà in azioni vigliacche.
La sentenza del 26 aprile 1954 del Tribunale Supremo Militare Italiano affermò che :
“i combattenti delle Forze armate della RSI avevano qualità di belligeranti perché erano comandati da persone responsabili e conosciute, indossavano uniformi e segni distintivi riconoscibili a distanza e portavano apertamente le armi. Gli appartenenti alle formazioni partigiane, viceversa, non avevano la qualità di belligeranti perché non portavano segni distintivi riconoscibili e non portavano apertamente le armi, né erano assoggettati alla legge penale militare”
Mussolini durante il Governo alla RSI, fu sempre padrone di agire in autonomia. Al nord si batteva moneta, si emettevano francobolli, l’esercito aveva scuole di preparazione per Ufficiali e Sottufficiali. Leggi e regolamenti venivano promulgati senza sottostare all’approvazione dei tedeschi lo stesso avveniva per la stampa di giornali e riviste, funzionavano fabbriche, scuole e uffici. Nel Regno del Sud, al contrario, in conseguenza alla firma di una resa senza condizioni, tutte le leggi e tutti i decreti ricevevano piena forza ed effetto solo a seguito di ratifica e ordine del Governo Militare Alleato, tutta la stampa passava al vaglio della censura angloamericana, e quel che è peggio i soldati italiani, allo sbando, venivano adibiti ai lavori più umili, e quando vestivano uniformi erano quelle degli alleati.
Ci viene chiesto spesso di chiudere questo sanguinoso capitolo che ha lacerato l’Italia, di farlo però dimenticando i giovani che aderirono alla RSI, esaltando i partigiani che li combatterono senza appartenere a nessun esercito; ci viene chiesto di valutare gli eventi con il giusto distacco, ma non può esserci giusto distacco se gli eventi non vengono ricordati nella loro integrità, con giustizia, se anche le esperienze vissute dai giovani di Salò non rientrano nei programmi proposti per gli studenti del nuovo millennio. Non c’è storia senza verità e non potrà esserci pacificazione nemmeno al settantesimo anniversario della fine della guerra, senza memoria piena, senza che sia resa giustizia.
Quelli che vi proporrò saranno brevi racconti, riflessioni scaturite da lettere, documenti storici, immagini, alcune cartoline di Boccasile reperite dal web, perché c’è ancora bisogno di verità e spero soltanto che questi brevi racconti, vengano letti anche dai giovani che ascolteranno le voci dei “maestri “ partigiani e che dopo tanti anni di “antifascismo obbligatorio” durante i quali sono state educate intere generazioni di studenti, qualcuno possa ascoltare anche la voce di chi non ha avuto né onori, né gloria, non ha mai potuto difendersi e raccontare la sua versione. E mi auguro che qualcuno, in un moto di orgoglio, si possa sentire tradito dalle verità assolute finora acquisite e possa provare rispetto per coloro che erano con Mussolini, con Gentile, con Ducati e con tutti quelli che, se paragonati serenamente, scoprirà essere qualcosa di meglio dei Parri, dei Cadorna o dei Moranino.
Che si voglia o no, il Fascismo fu per ventidue anni espressione della volontà popolare, tranne pochissime eccezioni. Ciò che ci hanno propinato dopo, per nascondere le ambizioni di potere di chi ci ha governato e soprattutto di chi avrebbe voluto prendere il potere con una rivoluzione di stampo sovietico, sono bugie. Non vi fu “volontà popolare” il popolo, quello vero, non partecipò alla cosiddetta liberazione: il popolo subì le conseguenze del tradimento e migliaia di civili, morirono sepolti dalle macerie causate dalle bombe che avevano sganciato proprio quelli che si definivano i liberatori.
Ricorderemo alcuni bombardamenti eclatanti : quello di Cassino ad esempio e uno su tutti quello che fu un vero atto di terrorismo, compiuto in pieno giorno: il bombardamento della scuola di Gorla presso Milano. Vittime dimenticate che sono state ipocritamente addebitate a Mussolini e alla sua volontà di entrare in guerra.
Concludendo, cercherò nei prossimi appuntamenti di dare voce ai giovani di Salò, a questi veramente illustri sconosciuti, che hanno combattuto con onore fino all’ultimo respiro, a coloro che sono stati condannati al disprezzo dall’opportunismo politico e all’oblio dalla viltà di chi sapeva. Senza soffermarmi sul carnaio che gli Italiani videro a piazzale Loreto, cercherò di far capire che non vi sarà pacificazione fino a quando in Italia, in ogni città, in ogni paese ove ci sia una via intestata ai fratelli Cervi non ce ne sarà anche una intestata ai fratelli Govoni.
Franca Poli
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