La Redazione presenta ai propri lettori l’intervista realizzata con l’avv. Andrea Benzi, segretario generale dell’Associazione Nazionale Volontari di Guerra, ma anche noto ricercatore storico.
1. Avv. Benzi, Lei è conosciuto dai nostri lettori come uno dei più importanti collaboratori di una famosa rivista edita fino ad un decennio fa, Orion, e come autore di celebri studi, come quello su Corridoni: oggi in cosa consiste il suo impegno culturale?
Sono stato un buon collaboratore di “Orion”, anche nella sua diffusione militante. Ma se accettassi la definizione di “uno dei più importanti” collaboratori della rivista, detrarrei e sminuirei il merito di chi l’ha fondata e creata nei primi tempi e sempre l’ha portata avanti. In non pochi sono passati di lì. Quando iniziai a collaborare con Orion, mi sembrava di toccare il cielo con un dito…peccato che poi il giornale abbia cessato la pubblicazione. Restano i suoi contributi pluridecennali, soprattutto quelli prodottisi sul finire degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90. Tornando all’oggi, il mio impegno culturale è tutto dedicato all’Associazione Nazionale Volontari di Guerra ed alla Federazione provinciale di Milano: organizzo ormai da quattro anni eventi perlopiù incentrati sulla storia militare e politica, sui nostri eroi caduti nelle guerre nazionali, su altre figure di spicco e non di rado, su altre tematiche letterarie e filosofiche, ma sempre con un nesso alla storia patria e nazionale. Parliamo anche di fatti attuali. Recentemente siamo stati i primi e gli unici a riunirci all’indomani del referendum sull’indipendenza catalana, appoggiando l’unità della Spagna.
2. Lei presiede anche l’Associazione Nazionale Volontari di Guerra: ci spiega sinteticamente le attività dell’associazione?
Tecnicamente, mi perdonerai l’ulteriore rettifica, non sono il Presidente dell’Associazione Nazionale Volontari di Guerra, ma ne sono il Segretario Generale eletto dalla Giunta Direttiva Nazionale. Il Presidente Nazionale è il tenente colonnello, in servizio, Roberto Pintus che presiede anche la Federazione provinciale di Torino. Sono inoltre il Presidente della Federazione provinciale di Milano. Milano è una città importantissima per la nostra storia patria, almeno la più recente. Dal Risorgimento all’Interventismo, dal Fascismo alla Seconda guerra mondiale ha saputo dare grandi e generosi contributi al combattentismo ed alle virtù militari del popolo italiano, ed ha animato con grande forza e generosità il Volontarismo di guerra. Le attività dell’Associazione sono innanzitutto la sua riorganizzazione e l’azione diretta a ricostituire le federazioni provinciali che stavano morendo o che avevano chiuso. Siamo riusciti a salvare alcune sedi, con patrimoni di cimeli, di simboli, di labari ed insegne, libri, documenti, archivi. Poi, per quanto riguarda le Federazioni ricostruite o salvate, l’attività va dalle iniziative culturali come sopra descritte, alle commemorazioni pubbliche dei nostri eroi accanto ai monumenti che li ricordano, alla narrazione ed alla diffusione delle nostre tradizioni risalenti fino alla storia romana. Vi sono anche Federazioni specializzate nella partecipazione alle gare di tiro, di pattuglia, ed all’acquisizione di brevetti militari o specializzazioni. Molti che non hanno fatto il servizio di leva hanno potuto vivere corsi di addestramento e imparare l’uso delle armi, in strutture organizzate ed autorizzate, sovente all’estero. Siamo all’inizio, è durissima, ma cerchiamo di fare. Non abbiamo altra strada che il fare.
3. Quale è il vostro rapporto con le Forze Armate, con le Istituzioni ed il mondo combattentistico?
Il Volontarismo di guerra appare fenomeno antico, fuori moda. Oggi le Forze Armate, terminata la lunga e bella stagione della leva, del cittadino alle armi, sono contraddistinte da professionismo e mestiere. Dicono che la sofisticazione dei sistemi d’arma, delle armi in generale, la specializzazione, l’ottimizzazione dei costi e delle scarse risorse disponibili, abbiano causato l’abolizione del servizio di leva che, al posto di essere soppresso, andava invece riformato nel caso creando reparti di milizia territoriale, di fanteria leggera, sul modello svizzero. I rapporti con le Forze Armate sono normali, i loro “capi” non sanno probabilmente neppure che esistiamo. Essi paiono tecnici pronti militarmente ad eseguire le direttive politiche. Sono guerrieri, non sono combattenti. Uomini di sicure capacità e disciplina, non discuto, temo però lontani dalla tempra del Milite Ignoto e dal significato che egli rappresenta, qualità che solo il cittadino in armi può naturalmente avere e dispiegare.Il Volontarismo di guerra ha interagito con le Forze Armate, ma sempre è stato visto dagli altri vertici militari con sospetto e diffidenza per la sua connotazione politica rivoluzionaria e talvolta indisciplinata. Il mondo dell’associazionismo militare, o combattentistico-patriottico è invecchiato progressivamente: a volte ho pensato che vi sia stato un progetto per ridurre tale mondo ad una sorta di dopolavorismo pensionistico privandolo di ogni forza propulsiva culturale e combattente e finanche civile. Si è voluta la sezione dove non si faccia cultura, non si faccia critica politica, non si pensi alla storia, ma si organizzino cene e si giochi a carte o si beva il “bianco”… Anche i nostri rapporti con le associazioni sono normali: siamo parte di Assoarma e cerchiamo di partecipare alle sue riunioni.
4. Nell’odierna società ove il buonismo di maniera sembra essere dilagante, quanto può essere importante il richiamarsi a valori con la difesa della Patria o il rispetto dei caduti di tutte le guerre?
E’ importante, anzi importantissimo. La difesa della Patria resta un sacro dovere sancito peraltro dalla Costituzione. Machiavelli diceva che chi non porta le armi proprie è destinato a portare le armi altrui. L’Italia, nei suoi attuali confini, è frutto anche e soprattutto del sacrificio dei combattenti, e non solo delle astuzie diplomatiche e del concorso delle potenze militari straniere. Ogni Nazione che si rispetti deve contemplare la difesa armata della propria sovranità, della propria integrità territoriale, della propria libertà. Per quanto poi concerne i caduti essi costituiscono la memoria più pura, drammatica e dolorosa della nostra storia comune: hanno dato tutto, consapevolmente o anche inconsapevolmente (ancor di più da apprezzare quindi); sono uomini che alla comunità hanno dato quello che oggi viene definito come il bene più prezioso, cioè la vita. Che cosa fa la Patria, o meglio che cosa fa lo Stato? Un nome su una croce o su un monumento non troppo curato per mancanza di fondi…una targhetta o un’indicazione sulle pareti o sulle pietre di un sacrario. A qualcuno una via dedicata, i cittadini non sanno neppure chi è. Una continua presa di distanza dal loro sacrificio giudicato come inutile e violento. Sussiste un incredibile paradosso: vi sono dirigenti dello Stato, spesso politici, che si vantano di percepire pensioni d’oro per aver “lavorato” 20 anni in Parlamento o come direttori ed amministratori di aziende creatrici di debiti. Ammesso che lo abbiano fatto onestamente, mi chiedo io come sia possibile che chi ha dato, magari da giovane ventenne, la propria vita alla Patria giaccia dimenticato. Non possiamo permetterlo, anche se è passato tempo. Dobbiamo sforzarci di mantenere vivo il ricordo di questi uomini semplici e valorosi.
5. L’ANVG ha sede a Milano, a Parma, a Roma ed in altre importanti città d’Italia: quale il vostro rapporto con la gente, ma anche col mondo della cultura e della politica?
Siamo un’Associazione indipendente dalla politica e ovviamente apartitica. Questo non significa che non vi sia presso molti di noi un sentimento politico che nasce dal disagio e dall’osservazione che così com’è la situazione politica nazionale costituisce un oltraggio permanente ai caduti, a chi ha combattuto, ha chi solo ha servito la Patria con la leva. Ma non possiamo e non vogliamo “fare politica” organizzata se per questo si intende metterci a servizio di qualsiasi forza o partito: chi di noi vuole lo può fare nel suo tempo libero, ma non durante le nostre riunioni. Ci tengo particolarmente a questo, a costo di rischiare isolamenti e boicottaggi. Cerchiamo di farci conoscere e diffondere le nostre iniziative e di aggregare gente, raccogliere risorse. Abbiamo in mente progetti politici nell’ambito della difesa e della relativa cultura, vedremo in futuro come proporci. Oggi il popolo è assopito e chiede perlopiù beni e servizi materiali, in particolare dopo gli scossoni della crisi economica che, a mio modesto parere, è ben lungi dall’essere passata e forse non potrà che peggiorare perché si tratta di una dinamica storica di riassestamento delle nostre società e delle nostre economie, checché ne dicano i vari politici governativi o coloro che si propongono per andare al governo. Siamo, questo sì, per un’Italia unita, indipendente, libera e sovrana.
6. Sempre nelle vostre sede abbiamo assistito a manifestazioni culturali (anche in collaborazione con la nostra testata) inerenti tematiche diversificate rispetto alla natura del combattentismo: ritiene sia una convergenza possibile e fruttuosa, anche per il futuro?
Certamente. Non sono pienamente addentro alle vostre iniziative culturali che non posso tuttavia che apprezzare. Lo studio dell’economia politica e della storia, e del diritto, mi ha portato verso tematiche di tipo più materiale e forse, lo ammetto, più superficiali. Ma è indubbio che la virtù combattentistica ed il volontarismo di guerra non hanno “età” e costituiscano non solo una parte della realtà del vivere comune degli uomini, ma anche della “verità” (permettetemi l’uso delle virgolette) al quale tendono le comunità umane e le esistenze di ognuno di noi. La storia antica soprattutto, la storia romana per quanto concerne noi Italiani, è un incredibile patrimonio di valori, suggestioni, emozioni che dobbiamo continuare a fare vivere e che ha un che di eterno. Ogni tanto, mi piace dirlo…senza voler indulgere nella retorica…quando mi capita di passare per Canne della battaglia ed attraversare sull’autostrada il fiume Ofanto, il mio pensiero va ai terribili fatti che si svolsero in quei luoghi, al console Paolo Emilio ed al suo valore, al fior fiore della gioventù romana che vi trovò la morte. Non è solo un fatto storico, è un nesso spirituale che va colto ed approfondito e che deve suscitare buoni sentimenti e virtù, anche civiche, per affrontare il nostro mondo. E’ una questione anche etica, se si vuole.
7. Nel mondo “civilizzato” d’Occidente ormai sentiamo spesso di attacchi indiscriminati all’identità ed alla memoria storica dei popoli, come nel caso degli eroi confederati e di Colombo negli Usa: voi siete in netta controtendenza, vero?
Come potremmo non esserlo? Occorre però una precisazione. Per controvertire tutto ciò, bisogna riscoprire concetti positivi, ovvero affermare ciò in cui si crede secondo principi di generosità, bellezza ed anche, se mi permettete, autentica tolleranza, cogliendo i responsabili veri delle mistificazioni. La nostra non sarà mai una battaglia e tantomeno una guerra per l’oppressione, proprio perché gli oppressi siamo diventati noi. Bisogna sforzarsi di capire anche i percorsi altrui. Solo la malafede, l’incoerenza e l’ignoranza vanno bandite. Hai citato gli “eroi confederati”, giusto: mi piace riferire di un cartello che ho visto innalzato dai manifestanti che difendevano i monumenti al generale Lee dalla furia iconoclasta fomentata da qualche speculatore. Questo cartello diceva: “White no hate” (“Bianco non odio” letteralmente), ma se si pronuncia in inglese suona con una specie di rima. Che cosa significa? Si può essere fieri della nostra stirpe, del nostro, tanto per intenderci, essere bianchi, senza per forza odiare altri, sempre che gli stessi non intendano sopprimerci. In altri anni più duramente, ed ancora oggi in molti ambiti, soprattutto quello culturale, noi combattemo e tuttora combattiamo una grande battaglia di libertà che non deve intridersi di odio scriteriato e volgare. La figura simbolo di Filippo Corridoni resta una stella polare. L’obiettivo devono sempre essere le classi dirigenti, le oligarchie, i loro privilegi, la loro concezione utopica, totalitaria e liberticida della democrazia, quella dei mezzi di comunicazione e dei giornali in mano a pochi proprietari, dei banchieri amici degli amici, della criminalità organizzata collusa con la politica…l’ipocrisia che finge apertura ma esclude con spietatezza e con il sorrisino.
8. Infine, nel ringraziarla per la disponibilità concessa alla nostra Redazione, potrebbe accennarci a progetti ed iniziative future o prossime dell’Associazione Nazionale Volontari di Guerra?
Presto convocheremo un nuovo Congresso Nazionale. A Milano, le prossime iniziative saranno invece il ricordo del 150° anniversario del sacrificio dei fratelli Cairoli, a Villa Glori (23 ottobre) e della battaglia di Mentana (3 novembre). Nel frattempo discuteremo su Caporetto, nel centenario di quella grave sconfitta (29 ottobre). Ancora vorremmo organizzare una serata sui calciatori caduti nella prima guerra mondiale, verso dicembre: era quello un calcio ancora alle origini, gli scudetti li vinceva la Pro Vercelli, ma vi erano già le grandi squadre nazionali e non pochi dei loro calciatori caddero al fronte. Poi ci troveremo anche per altro, per tematiche culturali ed artistiche. Spero anche con voi, ne sono sicuro. Abbiamo ereditato uno spazio in locazione qui a Milano, con una sala pubblica disponibile e ci siamo pure ingranditi con una sala tutta nostra destinabile anche a mostre, esibizioni, corsi. E’ uno spazio importante e decoroso che non vogliamo perdere e che dobbiamo maggiormente valorizzare con il concorso e la collaborazione di tutti. Se lo perderemo, nessuno si lamenti che non ci sono spazi davvero…Se mi è possibile fare un appello, mi rivolgo a tutti coloro che hanno a cuore i nostri fini e le nostre iniziative: dovete partecipare con più curiosità e concretezza. Occorre vincere pigrizia e rassegnazione e riscoprire il bene prezioso della riunione umana dove misurarsi ed imparare che esiste un interesse collettivo. Anni fa, nel 2012, quando a Genova convincemmo i superstiti anziani Volontari di Guerra ad affidarci questo glorioso sodalizio che rischiava di spegnersi o di finire nelle mani di politicanti trombati quando non di associazioni governative ed antinazionali, ci sembrò di dover curare un malato che sembrava in coma. In pochi, mai disperando, ci siamo messi con energia e determinazione. Oggi il malato è ancora vivo, ma dobbiamo cercare di condurlo alla guarigione completa. Egli non è vecchio e spento, vuole vivere. Senza di noi e di voi non può e un FULCRO di italianità e di identità patria scomparirà. Vogliamo aiutarlo?
A cura della Redazione di EreticaMente.