8 Ottobre 2024
Intervista

Ereticamente intervista Generazione Identitaria

Intervista a cura di Luca Valentini

Risponde per Generazione Identitaria Marco Malaguti.

1) Generazione Identitaria è assurta alla ribalta della cronaca per le manifestazioni in Europa contro ciò che viene definita “la grande sostituzione”, cioè l’onda migratoria incontrollata che coinvolge gli stati dell’UE. Come presenterebbe il suo movimento in una battuta?

Il nostro movimento si qualifica come un movimento di resistenza etnica. Rappresentiamo l’interesse e l’integrità degli italiani e degli europei in quanto popoli ovunque essi siano messi in pericolo da un’invasione straniera o da una minaccia interna. Non abbiamo alcun pregiudizio ideologico, chi viene con noi deve avere ben chiaro che per noi è precipuo, entro i nostri confini, difendere gli Italiani, aumentarne libertà, sicurezza e prestigio. L’Europa di oggi si sta trasformando, fortunatamente in maniera reversibile, in un contesto multietnico, è facile dunque prevedere che le diatribe politiche del futuro non saranno più tra ideologie o classi, ma tra etnie, ecco il perché di una forza etnica riservata agli italiani.

2) Anche se alcune battaglie possono sembrare similari, ci sembra che non possiate essere in alcun modo omologati con la galassia dell’estrema destra. La nostra sensazione è esatta?

Si tratta fondamentalmente di battaglie di logica, e non di ideologia. Riprendendo Gilbert Keith Chesterton, un autore che aveva capito cosa stesse bollendo in pentola, “spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in Estate”; è per questo sostanziale motivo che le nostre battaglie appaiono così simili a quelle delle estrema destra. Mano a mano che decade la cultura politica, mano a mano che essa viene ridotta a pura scelta puerile tra “bene” e “male”, le battaglie si semplificano sempre più e gli schieramenti si delineano da soli, opponendo le persone di buon senso a quelle possedute dallo spirito dei tempi. Non mi stupisce che nell’estrema destra, che rappresenta comunque un ambiente, almeno in origine, molto colto, la maggior parte delle persone scelga di stare dalla parte della logica e della ragione. Marc Rameaux ha rimarcato come oggi viviamo in un’epoca in cui scompaiono “le fini contraddizioni che genererebbero dibattiti tra due o tre posizioni ugualmente stimabili”. Il livello del dibattito politico, sia come competenza sia come qualità, è oggi talmente deteriorato da rendere spesso inutile rimarcare alcune differenze dottrinarie tra un ambiente e l’altro, essendoci poste in gioco estremamente elevate che richiedono prontezza d’azione immediata. Se ci trovassimo, un giorno, in un dibattito politico non più avvizzito in un triste manicheismo quale è oggi, sicuramente verrebbero a galla in modo maggiore le nostre differenze con l’estrema destra, che comunque sono profonde, anche se non antitetiche. L’estrema destra si qualifica, solitamente come nazionalista. Gli Identitari non sono nazionalisti, sono, appunto, identitari. Se per il nazionalista l’imperativo è “La mia nazione prima di tutti”, per l’identitario è “La mia nazione assieme a tutti”. Questo non significa né ecumenismo né globalizzazione, poiché l’identitario sta assieme solo al suo simile (gli europei, nel nostro caso) ma semplicemente la collaborazione tra entità libere e armate per l’ottenimento del bene comune. Abbiamo anche una visione diversa dello Stato, più leggera, confederale, basata su quella democrazia diretta delle comunità reali, piuttosto che non su di un totalitarismo dirigista tipico delle tradizioni della destra radicale novecentesca. Più che ad esperienze totalitarie novecentesche, come l’Italia fascista, la Germania nazionalsocialista o la Russia staliniana, preferiamo paragonarci alla Svizzera di qualche decennio fa, paese neutrale, armato, dove diverse comunità europee convivono e collaborano pacificamente, ma sono tenacemente disposte a morire per salvaguardare la loro realtà locale, a cominciare dalla propria valle, passando poi per il Cantone, tanto quanto lo sarebbero per la loro integrità confederale. Respingiamo il totalitarismo industrializzato delle dittature novecentesche, quanto il Panopticon liberale incipriato da democrazia che ci viene proposto nei tempi odierni. Il nostro modello è piuttosto la democrazia diretta, reale, tipicamente europea, quella del Civis e del Polites ellenico, l’assemblea degli uomini liberi, responsabili direttamente del destino della propria comunità, ma facenti riferimento ad un’autorità superiore.

3) Ritornando al tema del fenomeno migratorio, come giustificata la vostra opposizione all’accoglienza, così tanto coralmente sostenuta dal Vaticano e da gran parte dell’arco costituzionale italiano ed europeo?

Per un bambino appena nato il processo di socializzazione con gli altri uomini è fondamentale, in quanto l’uomo è un essere sociale, e tale processo comincia solamente quando il bambino realizza di essere un’entità autonoma ed a sé stante rispetto alla collettività, a sua volta formata da altre entità a sé stanti. Per le nazioni è la stessa cosa, più si assottigliano i confini tra le nazioni più esse (ed i loro cittadini) saranno sempre meno in grado di dialogare con le culture differenti. Se il bambino non saprà di esistere, non sarà in alcun modo portato a ricercare un proficuo rapporto con le altre persone, per questo un processo quale l’immigrazione, dilavatore non soltanto delle differenze etniche, ma anche delle sovranità politiche tout court, favorirà soltanto un generale autismo etnico-politico, generando contesti di guerra ad intensità variabile dove si scontreranno soltanto bisogni ed esigenze indotte, da realizzarsi immediatamente, in un clima di generale incomunicabilità. L’integrazione tra popolazioni simili è già di per sé molto difficile, si guardi ad esempio cosa è successo in tempi recentissimi in Irlanda del Nord, nei Balcani o nel Donbass, e non vi sono al mondo elementi che ci possano far comprendere come un’integrazione tra popolazioni distantissime tra loro possa avvenire. La patria del multietnicismo, gli Stati Uniti, a quasi cinquecento anni dall’inizio della deportazione di schiavi africani in quelle terre vedono ancora una sostanziale apartheid, con rivolte etniche diffuse in ogni angolo del paese. Respingere l’invasione fa dunque parte di quanto espresso alla prima domanda: difendere l’Italia e l’Europa. Tentare di evitare all’Europa un millennio di guerre è per noi fondamentale.

4) Lei è concorde con alcuni analisti, circa la natura indotta dell’immigrazione, dietro la quale ci sarebbe gli interessi di grandi lobbies mondialiste?

L’immigrazione allogena in Europa è un fenomeno vasto e complesso, e l’interesse di determinate lobbies non è certo l’unica spiegazione, anche se pure è parte della realtà. Su questa tematica convergono interessi d’ogni genere, dai più potenti, le grandi lobbies appunto, a quelli più di bottega. Dal ristoratore interessato ad assumere un aiuto-cuoco a due euro all’ora, al sacerdote in cerca di nuovi parrocchiani (e relative donazioni), all’interesse elettorale socialdemocratico, ai disegni machiavellici dei grandi finanzieri, convergono sull’immigrazione i sogni di ricchezza di una parte cospicua della società odierna, non soltanto di pochi ricchi. Esistono insegnanti che per un piatto di lenticchie o poco più vendono il multiculturalismo nelle nostre scuole elementari, anche quello è interesse, anche quello è lobbismo, seppur casereccio e paesano, ma non è meno pericoloso. Dobbiamo uscire dall’ottica secondo la quale la colpa di tutti i nostri mali sia attribuibile solamente a èlite ristrette. Tali èlite non sussisterebbero se non avessero efficienti vassalli e scudieri a prendere, come tutti, una fetta della torta. Una cosa è certa, non parliamo di complottismo. In merito all’invasione in corso a seguito della guerra civile siriana il presidente della Repubblica Ceca Miloš Zeman ha rimarcato come sia chiaro che l’offensiva migratoria in corso sia orchestrata dall’esterno con lo scopo preciso di destabilizzare l’Europa, similmente si è espressa anche Marine Le Pen. Direttrici di invasione come quelle della “rotta balcanica” sono impossibili da realizzare senza un’ampia regia, a cominciare da un’èlite di finanziatori, a quadri intermedi che coordinino i flussi, fino a giungere ad una rete efficiente di basisti sul territorio. Un noto centro sociale bolognese si è recato tempo fa in Serbia per “assistere” i profughi in marcia per la Germania, chi paga queste trasferte? Alcune case editrici hanno addirittura creato apposite app per smartphone che suggerissero ai migranti le rotte migliori da seguire; possibile che sia tutto gratuito, dall’acquisto del gommone, alle trasferte e stipendi dei “cooperanti”, all’istituzione di fondazioni ad hoc, fino agli spot televisivi che sponsorizzano l’invasione? Mi è difficile crederlo.

5) Tornando alla natura di Generazione Identitaria, ci può esporre altri campi di interesse del vostro agire militante?

Generazione Identitaria, non solo a livello italiano, ma europeo, cerca di fornire un più ampio spettro possibile nei confronti della militanza, che noi intendiamo a 360°. Organizziamo periodicamente corsi gratuiti di autodifesa in varie città del nord, e negli eventi comunitari è nostra cura evitare che non manchi mai un evento che si occupi di sport ed arti marziali. La forma fisica è per noi importante. Si può essere più o meno portati per lo sport, ma richiediamo comunque la buona volontà di mettersi in gioco anche in questo campo. Abbiamo anche messo a disposizione, da poco tempo, una piccola palestra per militanti, progetto che abbiamo chiamato Generatio Martis, curato dal caposezione di Bergamo Stefano Bacchiega. Inoltre Lorenzo Fiato, il nostro Presidente coordina le azioni dimostrative del nostro gruppo, azioni di impatto che generino interesse verso le tematiche che più ci stanno a cuore. Abbiamo inoltre varato, da circa un anno, il progetto Accademia Politica Identitaria, che ho l’onore di condurre personalmente e che vuole essere, compatibilmente alle mie modeste competenze, una scuola politica che fornisca ai militanti, attraverso conferenze e letture, un quadro esaustivo sulla cultura politica e sociologica europea dall’Epoca della Rivoluzione Francese fino ad oggi. Ma formazione significa non solo cultura, ma anche competenza tecnica ed informatica. A questo scopo abbiamo cominciato con Roberto Cortis, caposezione della Sardegna, un corso di grafica per i militanti, e presto ne cominceremo uno, di informatica più generale, con Umberto Actis Perino.

6) Quanto nella vostra organizzazione è importante la dimensione culturale, che possa andare oltre una stereotipata rivendicazione identitaria, limitata alla biologica e naturalistica appartenenza alla propria terra natia?

Certamente: la cultura è espressione del sangue, ed al contempo una decadenza culturale va rifrangersi sul piano del sangue. Un popolo che involve nella barbarie culturale finisce per andarsi a perdere nel marasma del godimento fine a sé stesso. Questo fa di lui un selvaggio, un selvaggio che infatti non cessa di essere incensato dal mainstream di regime, che ripropone costantemente il Bon Sauvage come un esempio di felicità e libertà. Secondo il sistema attuale, il selvaggio dei primordi (peraltro mai esistito) godeva di tutto ciò che il mondo classico prima e cristiano poi avrebbero negato agli uomini: abbondanza, libertà sessuale, democrazia ecc. Posto che queste sono fandonie anche sul piano storico, cos’è che non viene mai citato in questo fantomatico “buon selvaggio”? La cultura ovviamente. Che bisogno c’era della cultura in un Eden tanto perfetto? Anche perché sarebbe difficile trovare, nella cultura degli ultimi tremila anni, non solo Europea, ma mondiale, una qualunque traccia dell’utopia liberal-primitivistica. Tale mistica del potere, tale utopia, è in sostanza un’illusione, e come tutte le illusioni detesta la logica. La cultura europea, che è madre della logica, a partire dalla nascita della filosofia in Grecia, fino a passare per Agostino, Tommaso d’Aquino, fino ad arrivare ad Hegel e Nietzsche, è dunque un obbiettivo primario per l’anticultura dei neo-primitivi liberali sostenitori dell’ovattato mondo del “love is love” concepito come una grande Woodstock senza limiti. Difendere la cultura dunque è un obbiettivo primario del nostro movimento, ma tale difesa deve accordarsi anche ad una pratica della cultura. Essere italiani, essere europei, significa praticare, vivere la cultura italiana ed europea, non soltanto tifare per essa. Abbiamo creato il nostro blog culturale Atrium, che, grazie alla valente opera di Livia Milani, garantisce a tutti la possibilità di scrivere e di riapprocciarsi alla cultura attraverso il prisma identitario. La cultura, per venire praticata deve essere fruibile, ed è ciò che cerchiamo di offrire, non solo con lezioni o testi da leggere, ma anche riscoprendo le nostre città, i nostri boschi, le nostre montagne, tutto questo è cultura, compresa la socializzazione politica.

7) In merito sempre alla cultura, quanto il concetto di Tradizione, assunto come rispetto delle identità e delle differenze, ritiene possa esservi proprio come riferimento ideale, ma anche come strumento pedagogico di lotta all’omologazione imposta dalla globalizzazione?

Il concetto di Tradizione ha per noi una fondamentale importanza. Non a caso la Tradizione è una parola molto citata all’interno del Codice Etico di Generazione Identitaria, ed è cardine di uno degli slogan più famosi, coniato in Austria, ovvero Heimat, Freiheit, Tradition (Terra, Libertà, Tradizione). E’ giusto rimarcare il concetto di rispetto delle differenze. Taluni tendono a sostenere che solo alcuni sarebbero i depositari della tradizione, mentre altri ne sarebbero sprovvisti; concetto, questo, che assomiglia molto alla presunta “elezione” vantata da alcuni precisi fondamentalismi. Oppure si tende a dire che esistano Tradizioni più valide e meno valide, come se la Tradizione di per sé potesse essere molteplice e non piuttosto un’unica fonte perenne dalla quale tutti i popoli poi prendono e rimodellano secondo le proprie inclinazioni etniche e spirituali. Per noi Identitari d’Europa la Tradizione è una madre, all’interno della quale, e solo in questa, è possibile la pratica della Libertà. La Tradizione dunque si qualifica come una sintesi, che comprende tutto ciò che ha creato l’armonico mosaico della cultura europea dal momento nel quale nacque fino all’aggressione della modernità.

G 2Chi non si ritrova in questa visione di sintesi, e dunque rinnega una parte (o tutta) la storia della sua comunità, dei suoi avi, non è qualificabile come identitario in nessun caso. L’identità non è una sequenza di blocchi da costruzione nella quale possiamo, a spizzichi e bocconi, selezionare ciò che non ci piace ed eliminarlo. La Tradizione, che è, se vogliamo, l’Idea platonicamente intesa dell’Identità, non si può scorporare a piacimento. E come ben rimarcato nella domanda, Tradizione fa rima con educazione, come ben espresso da Werner Jäger nella sua Paideia. Trasmettere, educare, ma anche educarsi alla disciplina, al rispetto della gerarchia, oltre che all’amore per ciò che si è, senza mai scadere in eccessi, sono aspetti fondamentali per noi.

8) Alcuni dei vostri rappresentati, tra cui anche Lei, hanno partecipato alle iniziative di approfondimento di Ereticamente sulla vita e sull’opera di Julius Evola. Concorda con l’assunto del filosofo tradizionalista, che ogni vero cambiamento della società debba necessariamente coinvolgere una trasformazione interiore del cittadino, altrimenti decadendo l’azione trasformatrice in mera agitazione movimentistica?

Julius Evola è ancor oggi un pensatore lucidissimo, quanto mai esatto nelle sue previsioni politologiche, ed è uno degli autori che gli identitari prediligono in tutta Europa, assieme ad Alain de Benoist. Non è possibile dare torto a Evola quando esprime questo assioma. Il ruolo degli Identitari dovrebbe essere predisporre il terreno ad una crescita interiore, oltre che continentale e comunitaria, di ogni singolo. Vivere nella modernità è molto difficile, faticoso, molto più faticoso, dal punto di vista interiore e spirituale, rispetto alla vita di un uomo del medioevo o dell’età antica. Se il mondo antico era naturaliter predisposto all’introspezione ed alla crescita di sé attraverso l’autocoscienza, oggi lo spirito dei tempi procede in senso esattamente opposto. Ciò rende tutto più problematico, ma non insormontabile. Cercare di costruire un mondo basato sulla quella ragione dei filosofi greci, così diversa dal delirio utopistico dei giacobini, lontano dalle isterie metafisiche (in realtà assai materiali) della modernità, è nostro dovere. Quando parliamo di Libertà, tra le tante Libertà da conquistare, una delle più importanti è quella dalla paura della morte. Noi non vogliamo fornire indirizzi spirituali a chicchessia, ciò che possiamo fare come movimento è cercare di creare un ambiente consono alla ricerca, oltre che della pace materiale, dell’armonia, della salute e della prosperità, anche della pace interiore, che ognuno poi conquisterà come crede nel rispetto della pubblica concordia.

9) Quanto una battaglia per la tutela dell’identità di un popolo passa anche per la difesa dei più deboli, dei diritti negati ad anziani, bambini, disabili, ma anche per la difesa del patrimonio artistico e museale del nostro paese?

Abbiamo attivato, fin dai nostri esordi il progetto Generazione Solidaria, un aiuto agli italiani, specialmente anziani e indigenti non in grado di mantenersi, che Umberto Actis Perino ed i ragazzi della sezione torinese portano avanti con profitto già da tempo. Anche a Bergamo con “Bergamo Solidale- Aiuta la to zènt” stiamo partendo con buoni risultati nella raccolta di derrate alimentari destinati a coloro che hanno la sfortuna di venire esclusi da questa società dove l’unica regola è “mors tua vita mea”. Allo stesso tempo, quando possiamo, cerchiamo di salvaguardare il patrimonio ambientale del nostro paese andando a ripulire alcune zone naturali dal degrado che le infesta. Anche questo, come andare ad un museo e leggere un libro, è cultura, e non esiste Comunità che non faccia rima con Solidarietà. Siamo un movimento piccolo e totalmente auto-finanziato, ma ci auguriamo che nel futuro potremo fare sempre di più per aiutare i nostri concittadini in difficoltà.

10) Siamo rimasti divertiti nel notare il sorgere di cloni, più o meno seri del vostro movimento, che, a differenza vostra, spesso non varcano la soglia del mondo virtuale o la soglia del giardino di casa. Anche questo è un Segno dei Tempi, come direbbe un Guènon? La ringraziamo del tempo concessoci a nome dell’intera Redazione di EreticaMente.

Guénon è uno degli autori che, nel suo “Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi” ha intravisto con più lucidità l’avvento della Quantità come fine puro e semplice nella società moderna. La moltiplicazione dei marchi, dei cosiddetti brands è un sintomo squisitamente moderno, e la politica non ne è immune, lo abbiamo visto negli anni passati con il moltiplicarsi a più non posso di fiamme e fiammelle a destra e di miriadi di falci e martelli a sinistra. L’identitarismo non fa eccezione, e situazioni analoghe le abbiamo viste anche in altri paesi dove il movimento identitario è ben radicato. Ricordo che, sopra la testata de “La Settimana Enigmistica” spesso è scritto “la rivista che vanta innumerevoli tentativi di imitazione”. Penso che per noi possa valere la stessa cosa; il fatto che ci sia chi aspira a vivere di rendita mutuando il nostro nome ed i nostri simboli non ci preoccupa, anzi, è un attestato di merito per il mio movimento, anche perché, in politica come altrove, si tende a preferire il prodotto originale al suo contraltare da discount.

 

 

6 Comments

  • Alessandro Cavallini 13 Febbraio 2016

    Complimenti a Generazione Identitaria e al loro impegno a tutela dell’identità europea.
    Come profeticamente annunciava Franco Freda negli anni Novanta, “è finita l’epoca delle guerre civili europee, al colore dell’ideologia si è sostituito quello dell’epidermide”.

  • Alessandro Cavallini 13 Febbraio 2016

    Complimenti a Generazione Identitaria e al loro impegno a tutela dell’identità europea.
    Come profeticamente annunciava Franco Freda negli anni Novanta, “è finita l’epoca delle guerre civili europee, al colore dell’ideologia si è sostituito quello dell’epidermide”.

  • Giancarlo 9 Settembre 2016

    Confesso che non ero a conoscenza di questo movimento pan europeo, Generazione Identitaria, sono felice di averne scoperto l’esistenza, la situazione è sempre più oscura ma mi consola il sapere che non tutti si sono arresi a quello che pare l’inevitabile. Bene.

  • Giancarlo 9 Settembre 2016

    Confesso che non ero a conoscenza di questo movimento pan europeo, Generazione Identitaria, sono felice di averne scoperto l’esistenza, la situazione è sempre più oscura ma mi consola il sapere che non tutti si sono arresi a quello che pare l’inevitabile. Bene.

  • Gianni 14 Settembre 2018

    Sono felice che ci sia un movimento attivo e con le idee chiare come Generazione Identitaria, adesso almeno posso sperare e non mi sentirò più solo e straniero in patria.

  • Gianni 14 Settembre 2018

    Sono felice che ci sia un movimento attivo e con le idee chiare come Generazione Identitaria, adesso almeno posso sperare e non mi sentirò più solo e straniero in patria.

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