Carattere e personalità.
Siccome il termine-concetto di carattere non è così di moda attualmente può sostituirsi in parte quello di personalità. Il carattere non è come la personalità nel senso che il carattere insiste su dei fattori che devono ritenersi costanti ed immodificabili mentre la personalità lascia spazio alle modifiche ed alle acquisizioni per mezzo dell’educazione. Tutto ciò è come dicessimo che con un determinato carattere si nasce e si muore, mentre la personalità si esterna in un comportamento variabile e modificabile fino all’acquisizione di un riflesso condizionato per cui sembrerà naturale quel che è stato invece acquisito con l’esercizio. Non si nasce certo esperti lottatori ma lo si diventa, ma se si è un lottatore peso massimo sarà ben difficile per costui diventare un peso piuma! L’evidenza del carattere la si ha nella psicosomatica che, in degli orribili soldini di esempio di cui ci si scusa, si evidenzia nel confronto paradigmatico tra l’esile longilinea figura di Don Chisciotte della Mancia, donde il carattere di nobile sognatore esaltato cui fa contrasto il buon Sancho Panza obeso brevilineo panciuto ma concreto materialista. Si può essere pessimisti di carattere se si è panciuti e mangiatori e si può essere benevoli e gaudenti da magri longilinei?
Ricordo peraltro che una volta che volli assentarmi per dei giorni per andare a votare, creando alla compagnia in cui recitavo qualche problema, il regista mio amico e sodale mi pregò di soprassedere dicendomi che anche lui aveva come me spesso cambiato il voto ma che alla fine era sempre uscito Fanfani!
Oggi è tutto fluido come qualcuno ha sentenziato e la rigidità si fa sclerosi cioè malattia.
Per distinguere che cosa debba intendersi nel gioco stesso della politica e delle interazioni umani si pensi ad un confronto tra il gioco degli scacchi e quello della dama.
Nel gioco della dama le pedine sono tutte eguali da una parte e dall’altra distinte soltanto dal colore, mentre negli scacchi oltre al colore che distingue l’amico dal nemico, noi dall’avversario vi sono nei pezzi in gioco differenze sostanziali nella forma e nell’azione. I cavalli non si muovono sulla scacchiera come i pedoni e le torri e di re ce n’è uno solo e anche la regina è una sola. Ebbene queste differenze si assimilano a dei caratteri nel senso che tali si mantengono nel corso della partita sia che rimangano in gioco o ne fuori escano.
Il carattere è una forma agita che si mantiene tale per cui se è vero che è l’occasione a fare l’uomo ladro colui che avrà ceduto all’occasione somiglierà piuttosto a una pedina della dama che non ad una degli scacchi.
Il carattere è tale da mantenersi tale nella variazione delle circostanze in cui sarà coinvolto e messo alla prova, eppure potrà essere carattere anche la flessibilità stessa come tratto costante di un comportamento per rispetto alle situazioni diverse in cui si trovasse coinvolto. In tal senso esistono personalità doppie compatibili fino ad un famoso caso clinico in cui se ne annoverarono sei di distinte.
Per la medicina ippocratica il carattere era quella dose di elementi con la sovrabbondanza relativa di uno di questi che determinava una particolare specifica complessione per cui chi avesse sovrabbondanza di bile nera sarebbe stato un melanconico e se invece avesse avuto in eccesso bile gialla sarebbe stato un bilioso irascibile. Quest’impronta caratteriale fattasi azione avrebbe determinato uno stesso destino.
L’insistenza per queste tematiche desuete si necessita in un periodo come il nostro dove è moda e valore la variabilità per sé stessa che diventa a sua volta valore costante per cui quanto più di cambia meglio è. La cifra del presente è l’irrequietezza e l’agitazione.E’ valore una sorta di mobilità assoluta e vorticosa cui non è freno nemmeno la superficialità.
Quanti di coloro che hanno intrapreso il tour du monde sarebbero in grado di riferirci dei luoghi frequentati in cui sono stati oltre i propri selfi e i resort ? Facce idiote e insulse si succedono nei musei dove un tempo gli artisti delle accademie trascorrevano giorni interi ed intensi ad assumere nella copia di un quadro l’arte e lo stile dell’originale!
Il Test di Eysenck
Al posto esattamente di Ante Christum Natum, cioè prima della nascita di Cristo e della locuzione latina Post Christum Natum cioè prima-dopo della nascita di Cristo potrebbe egualmente siglarsi la storia della filosofia con le abbreviazioni di prima della nascita di Cartesio e dopo la nascita di Cartesio. Ante Cartesium Natum e Post Cartesium Natum tale è stata la sua importanza per il seguito della filosofia occidentale. Qui non s’intende però tanto il Cartesio della Metafisica quanto il Cartesio Geometra Matematico che introdusse con le sue coordinate cartesiane, le quali altro non sono che la rosa dei venti, la geometrizzazione dell’algebra traducendo punti, linee e volumi in mere sequenze allineate numeriche.
Procederemo ora noi stessi e quei lettori che vorranno seguire il percorso in una definizione caratteriale di sé. Si dovrà operare con sincerità relativa dal momento che non sveleremo il risultato a nessuno e che ce lo terremo per noi e quand’anche fosse esposto il risultato come nel mio caso si potrà sempre pensare che la menzogna copriva la verità come suo doppio opposto!
Lo schema di Eysenck si fonda sull’intersezione orizzontale verticale di due dimensioni lineari per porre il carattere personalità all’incrocio degli assi.
Una dimensione è un ordinamento di punti nel nostro caso. Ciò è come se un lui e una lei o due lei e due lui tendessero una fune tra di loro come per l’ appunto nel gioco del tiro alla fune. La corda tesa è una dimensione lineare, una distanza tra i due che è una quantità nel senso che possono essere più o meno distanti tra di loro e che un punto della corda potrà essere più o meno vicino ad uno dei due. L’asse orizzontale è quello che oppone il radicalismo al conservatorismo. Ci si deve chiedere a noi stessi se tendenzialmente siamo più conservatori od il contrario cioè non conservatori od innovatori favorevoli insomma al cambiamento o non favorevoli o mediamente posti cioè favorevoli al cambiamento ma anche alla conservazione. Ciò si traduce in politica con l’essere di destra o di sinistra o di centro. Si metterà poi nel conto la tendenza cioè ad essere di centro destra o di centro sinistra. Le posizioni che s’individuano in tal caso e che si graduano sono cinque. Ciò accade per la dimensione orizzontale cioè per l’asse radicalismo conservatorismo, che è la direttrice Est Ovest. Il sottoscritto si porrebbe dalla parte piuttosto della conservazione nel senso che pur non essendo un conservatore spinto tendo piuttosto a conservare i valori ereditati se riconosciuti tali piuttosto che tendere al nuovo. Oggi una tale posizione è del tutto sconveniente. La moda del presente impone la novità a tutti i costi fino alla promessa dell’eternità al singolo. Oggi non si può che essere fraterni ed universali ed ottimisti piuttosto che pessimisti ovviamente sia a parole che nei fatti! Il modus essendi et operandi che va per la maggiore è questo.
Proviamo ora a porci lungo l’asse verticale che segna la distanza tra un sopra sotto – sotto sopra, l’asse verticale Nord Sud. Anche in questo caso ci si posiziona lungo una direttrice che è come l’orizzontalità della precedente. Trattasi di stabilire se ci si sente più pratici che teorici o viceversa.
Il sottoscritto per mestiere e vocazione, cioè per natura e per sorte, si collocherà dalla parte della prassi piuttosto che dalla parte della teoria. Insegnavo in una facoltà nella quale le due tendenze convivevano non sempre pacificamente, in una Università di Architettura o per essere più precisi in un Istituto Universitario di Architettura a Venezia, sorto nella seconda metà del secolo scorso dall’incontro di Ingegneri Patavini con Artisti dell’Accademia delle Belle Arti di Venezia, s’incontravano sia veri architetti costruttori che architetti di parole come storici e politici. Erano anche differenti all’aspetto e vestivano differentemente. Ci fu una volta in cui un pratico progettista veneziano assai noto tuonò contro la parte avversa facendo rimbombare nel consesso di un Consiglio di Facoltà il detto che Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare ed era quel mare che a suo avviso separava coloro che parlano di architettura e la fanno da coloro che la parlano ma non la fanno. E’ la stessa differenza che si pone nel mio caso tra un critico teatrale ed uno come me che fece il regista, l’attore e lo scenografo. Sono due vicissitudini oserei dire diverse. Condivido addirittura però anche l’opinione di coloro che preferiscono leggere una tragedia di Shakespeare piuttosto che vederla direi io Male rappresentata!
Fare piuttosto che dire e parlare è tutt’altra cosa. Parlare di accoglienza non è come accogliere, salvare qualcuno non è come mantenerlo successivamente in via. L’alba delle intenzioni non è come il compimento e il tramonto delle azioni. Credo sia che così debba intendersi l’asse della verticalità oppositiva dello schema Pratico Relazionale versus Teorico Sentimentale nello schema che traggo dal testo di Pichot che uso. Sono persino d’accordo con l’accostamento lungo l’asse Nord Sud del Pratico Razionale di contro al Teorico Sentimentale. Come regista non ho mai operato sentimentalmente, emotivamente ma razionalmente e così come attore ho espresso sentimenti e prodotto sensazioni provandole su di me quel tanto che bastava per farle credere autentiche pur nel controllo delle stesse.
Ma veniamo ora all’incontro degli assi che sono finora delle pure dimensioni nel senso del destra sinistra lungo la distanza e dell’alto basso secondo la verticalità e l’altezza. Dall’incontro loro si genera la bidimensionalità di un piano siccome vi fosse un lui e una lei che tendono un lenzuolo per piegarlo, il quale suppongo spesso possa accadere come a me e a coloro che mi leggono se l’ hanno fatto con la propria moglie o compagna. La bidimensionalità nella quale definiamo il carattere è per ‘l appunto quel piano cartesiano nel quale si definisce il punto come una coppia di distanze dall’asse considerato. Dal momento che mi sono posto nel quadrante pratico conservatore dovrei secondo Eysenck risultare un fascista autoritario antisemita se bilanciato negli opposti di pratico non sentimentale conservatore. Qui ci si deve intendere per la conclusione. Non mi ritengo affatto anti/semita, ma proprio il contrario. Ho la massima stima dei semiti o per meglio intenderci degli israeliani ebrei perché caratteristica essenziale egli ebrei da sempre è la loro più totale non propensione al proselitismo. Non ho mai incontrato un ebreo che facesse di tutto per convincermi a diventare ebreo. Quel che personalmente m’infastidisce è quando qualcuno fa di tutto per farmi pensare come lui la pensa o addirittura esserlo. Fintantoché qualcuno si tiene le sue idee ed opera insieme a coloro che le condividono senza pretendere che gli altri la pensino come lui si va d’accordo, altrimenti non si va d’accordo. E’ così evidente però che trovandomi situato nel quadrante nord est non sono antireligioso né per la libertà sessuale e su questo consento. Posso riconoscermi come fascista, in parte sì perché il Fascismo ritengo sulla base dell’esperienza e della conoscenza che fu un sogno che si trasformò in un incubo e pertanto mi chiedo se si possa rinunciare a sognare col timore che il sogno si trasformi in incubo. Presentemente viviamo il sogno di una comunità terrestre che possa godere estesamente di quel tenore di vita che si ha in Europa. E’ questo un sogno legittimo od è un incubo in cui potrebbe tradursi il futuro dei nostri figli e nipoti per chi ne ha ovviamente ma non per il sottoscritto che decise di non averne? Se fascista può voler dire condividere il pessimismo nero e funereo di un sogno mancato potrei benissimo ritenermi ora come un fascista.
Passiamo ora a considerare in rassegna gli altri quadrati quadranti alla ricerca della definizione per me accettabile di un certo carattere. Mi chiedo insieme a coloro che partecipano di questo gioco se siano favorevoli o sfavorevoli nei confronti della religione. Se per religione s’intende l’adesione incondizionata ad un credo e la sua divulgazione ecco che per essere uno che si ritiene pratico razionale direi proprio di no!
Sono dell’avviso che ciascuno debba tenere per sé il proprio credo senza imporlo ad altri se non nel lungo periodo e con una meccanismo di autentica fratellanza compartecipata. Siccome ciò è difficile ad ottenersi nel breve periodo per evitare l’intolleranza direi che ciascuno stia proprio dalle sue parti. Continuo a perlustrare la parte sud-ovest del teorico sentimentale. Non sono un umanitarista e con ciò nemmeno un pacifista e non sono nemmeno prosemita proprio perché il mio pensare, il mio carattere non s’impronta al radicalismo e dunque proprio per essere di natura conservatore ritengo che le differenze non vadano contrariate ma comprese nel lungo periodo , sostenute pertanto da una pratica concreta di convivenza se possibile o di distacco e lontananza reciproca qualora ciò non sia possibile. In tal senso il divorzio è sacrosanto anche per l’ideologia. Non sono mai andato così d’accordo con la mia prima moglie come da quando mi sono separato. Non serve amare il proprio nemico, ciò è difficile e complicato, meglio separarsene.
CONCLUSIONE
Vediamo ora di riassumere l’esperimento condotto con una qualche conclusione, la quale come deve essere ogni buona conclusione, sarà provvisoria.
Tutto è cominciato dal mio ritenermi uomo di destra e dall’aver ripreso in considerazione il testo di Pierre Pichot che avrò letto come minimo 60 anni fa: I TESTS MENTALI. E’ la traduzione italiana per Garzanti della Serie Saper Tutto di un volumetto della pregiata ditta francese dei QUE SAIS-JE. Prima dell’avvento della rete e di Wiki era questa una prodigiosa fonte di abbeveramene enciclopedico. Nella mia raccolta ne avrò senz’altro qualche centinaio perché ogni volta che avessi voluto approfondire un argomento ricorrevo al mio francese liceale con cui incrementare una qualche conoscenza specifica. Certo che ne è passato del tempo anche per Pichot se ne è passato per Eisenck. Quello che mi ha colpito ora nello schema riportato è come nel quadrante Nord Est all’incontro del Nord Pratico (razionale) con Conservatorismo siavi Fascismo per cui mi sono chiesto dal momento che mi ritengo pratico razionale e non già l’opposto verticale di teorico sentimentale e conservatore piuttosto che radicale non sarò mica per caso anche fascista? Non parliamo poi dell’essere in questo diagramma apparentato all’autoritarismo e all’antisemitismo? Ciò mi ha fatto riflettere.
La riflessione ha portato ad una esame di coscienza e ad una più approfondita riflessione. In un certo senso mi sono sentito fascista e mi sono chiesto semmai fosse vissuto a quell’epoca quale sarebbe stata la mia scelta. Le scelte con il senno di poi non sono di nessun valore. E’ facile ora dichiararsi antifascisti che non si rischia nulla se non una gazzarra con qualche improvvido giovanotto in una cornice ideologica protettiva e banale. Essere reduci da una guerra insulsa e catastrofica quale fu la prima guerra mondiale per soddisfare gli appetiti imperiali di due potenze egemoni come la Francia e l’Inghilterra ed aver lottato pro e contro il trionfo dell’Industrialesimo che in una guerra di trincea corruppe e sacrificò la gioventù dei migliori, dacché se non si fosse fatto così con quei soldati fatti operai di morte gettandoli in trincee con alle spalle coloro che avrebbero sparato sui codardi in terreno di morte se ne sarebbero ritornati tutti nei luoghi coltivati dove convivevano in pace. Se torto vi fu nel Fascismo degli arditi e dei sognatori imperiali ciò non fu che la conseguenza che tutt’oggi soffriamo di un Mito progressista, scientista e libertario che sta sconvolgendo il Pianeta. Che cos’è oggi la guerra se non la celebrazione dei Totem Tecnologici dell’Industria che li genera?
Lo schema di Eysenck non sono che le coordinate cartesiane e queste a loro volta non sono che la rosa dei venti. Lo spazio concettuale così diviso e partito si offre a collocare dei comportamenti all’incrocio di due dimensioni unitarie per pianificare un luogo in cui disporre comportamenti che sono propensioni caratteriali. Deve essere chiaro comunque che nemmeno in questo caso si affrontano il male e il bene con la loro reciproca banalità.
Non c’è una destra che non presupponga come suo contrario la sinistra e viceversa così come non vi è ragione esente dal sentimento, la pratica dalla teoria. La migliore ricetta per conservare la completezza degli estremi non è che quella dell’alternanza rispettosa. Chi crede di essere in possesso una volta per tutte del vero e del bene é come pensasse a una sinistra senza la destra od una destra senza la sinistra o si pone al centro e s’infigge nell’incrocio, muore crocefisso per risorgere o vive sopportandola la tensione che continua a generarsi negli opposti. Anche il bene in quest’universo non può fare a meno del male. Sia il Nord che il Sud necessitano l’uno dell’altro per distinguersi e così l’Est e l’Ovest, il maschile del femminile, yin e yang. L’unione è il cammino delle due gambe insieme. Il cammino del bipede squilibrato che procede percorrendo una Via segnata il TAO.
Mi riconosco come un uomo del Nord Est per nascita e vocazione e penso come pensò Massimo d’Azeglio che fosse stata fatta prima l’Italia degli Italiani. Gli Italiani sono ancora da farsi. La strada che si intraprese fu non tanto per liberare un popolo che nella maggioranza conviveva pacificamente nella diversità della storia e delle culture al Nord come al Sud ma per favorire mire straniere ed ora ecco il mitema Europeo che esclude la Russia dal consesso europeo. L’Italia è la varietà delle sue genti ed ancor più di quelle che lo saranno e fu questa la sua grandezza. Come per la lingua che nacque in Sicilia e Toscana e diventò testo per la capacità tipografica della Repubblica Veneta che parlava nelle classi umili ed aristocratiche il proprio dialetto l’Italia non è una ma varia ed è questo il tesoro nascosto su cui investire.
Amo il mio Veneto, le mie montagne e il mare, non quello atlantico ma mediterraneo domestico che mi separa da quell’est slavo che per lavoro ho conosciuto ed ammirato come la Turchia del resto e la lontana Cina da uomo colto. Ho conosciuta per esserci stato con successo personale l’America e ne ammiro le potenzialità e la cultura ma ne disprezzo l’urgenza del potere e il fanatismo specie se ammantato dall’intransigenza di chi si ritiene in possesso del migliore dei mondi possibili presenti, passati e futuri. Il futuro è incerto e richiede pazienza e sopportazione ed insicurezza e perché no il dubbio.