9 Ottobre 2024
Etruschi

Etruschi a Tavolara – Massimo Pittau

A proposito della recente notizia del ritrovamento di un centro abitato degli Etruschi nell’isola sarda di Tavolara, mi permetto di intervenire per fare una importante precisazione, riportando un capitolo della mia opera “Storia dei Sardi Nuragici 8 Selargius, CA, 2007).

64. L'”Orientalizzante” nella civiltà etrusca e nella civiltà nuragica

Che l’etnia etrusca non sia affatto autoctona nella penisola italiana, ma sia al contrario venuta dal di fuori è chiaramente dimostrato da due elementi che caratterizzano la sua civiltà al suo primo apparire: la repentinità e la maturità. In termini archeologici la civiltà etrusca si presenta innanzi tutto in maniera repentina od improvvisa nelle coste tirreniche dell’Italia centrale, senza alcun precedente adeguato nei luoghi e nelle città in cui essa si è affermata storicamente; in secondo luogo essa si presenta fornita di tutti i caratteri di una civiltà già matura, cioè già molto avanzata in termini di sviluppo civile e per di più enormemente ricca.

Per il vero questi due fattori della repentinità e della maturità sono stati messi in discussione e respinti dagli studiosi moderni appartenenti alla corrente autoctonista (§ 11). Questi infatti hanno tentato di dimostrare che fra la precedente «cultura villanoviana» dell’età del bronzo e degli inizi di quella del ferro affermatasi in Italia da un lato e quella etrusca dall’altro non sarebbe esistita alcuna soluzione di continuità, non sarebbe mai esistito alcun “salto” né quantitativo né qualitativo e che quindi la «civiltà etrusca» non sarebbe altro che il progressivo e lento sviluppo della precedente «cultura villanoviana», la sua naturale e progressiva “maturazione”. Senonché questo tentativo degli autoctonisti è fallito, come doveva fallire, completamente, posto che nessuno studioso che non abbia idee fisse e preconcette da difendere, potrà sostenere con serietà e soprattutto con prove oggettive che esiste una esatta continuità di sviluppo e di maturazione, ad esempio, fra le modestissime tombe villanoviane costituite da due scodelle coperchiate l’una sull’altra e le tombe monumentali a pseudocupola dei primordi della civiltà etrusca. La circostanza poi – sottolineata ed enfatizzata dagli studiosi autoctonisti – della presenza di reperti villanoviani nei medesimi siti in cui si è poi sviluppata la civiltà etrusca non costituisce affatto una prova contraria alla tesi dell’origine anatolica o microasiatica degli Etruschi, ma anzi si staglia perfettamente nelle notizie storiche che ci sono state tramandate, quale quella di Plinio il Vecchio, che parla di 300 città strappate dai Tirreni od Etruschi agli Umbri, e quali quelle che conservano il ricordo della conquista da parte dei Tirreni/Etruschi di parecchie città dell’Italia centrale, come Cere, Pisa, Saturnia, Alsium ed anche Roma\1\.

Dunque i Tirreni/Etruschi invasori che venivano da terre d’oltre mare, cioè sia i Tirreni/Nuragici della Sardegna sia i Tirreni/Lidi dell’Asia Minore, non hanno in linea generale “fondato” propriamente le loro città, bensì si sono limitati a conquistare i precedenti centri di «cultura villanoviana» abitati dagli Umbri. E proprio così si può spiegare la circostanza che di alcune di quelle città si conoscevano due nomi, evidentemente quello originario dato dagli Umbri o dalle popolazioni italiche e quello successivo imposto dagli Etruschi: Agylla/Caere, Anxur/Tarracina, (A)Urina/Saturnia, Camaris/Clusium, Teuta/Pisa, Volturnum/Capua, ecc.\2\.

«La civiltà etrusca dell’età storica – ha scritto l’autorevole storico francese Jean Bérard, nella sua geniale opera La colonisation grecque de l’Italie méridionale et de la Sicilie dans l’antiquité – si afferma in opposizione a quella villanoviana nel cui seno si sviluppa; e nulla è più diverso e contrastante dalle povere tombe a incinerazione del periodo villanoviano delle ricche camere funerarie del periodo etrusco vero e proprio»\3\.

Lo ripeto e ribadisco: di fronte e di contro alle modestissime manifestazioni della precedente «cultura villanoviana», la «civiltà etrusca» si presenta in maniera repentina od improvvisa come una civiltà del tutto matura in termini civili ed inoltre caratterizzata da una ricchezza straordinaria.

Non solo, ma questa civiltà etrusca presenta una precisa e inconfondibile connotazione: quella di essere permeata e sostanziata da innumerevoli e chiarissimi elementi che rimandano all’Oriente mediterraneo: usanze, credenze religiose, vasi, armi, vestiario, moduli architettonici, plastici e figurativi, ecc. ecc. L’insieme di tutti questi elementi appartiene già alla più sicura e ormai indubitabile storiografia etrusca ed è entrato nel vocabolario degli studiosi col termine di «Orientalizzante».

Anche per l’«Orientalizzante» i moderni studiosi della corrente autoctonista hanno tentato una operazione disperata: i numerosissimi e vistosi elementi orientali che si trovano ai primordi della civiltà etrusca non sarebbero affatto il risultato dell’arrivo di folti gruppi di uomini dall’Oriente mediterraneo in Italia, ma sarebbero semplicemente il risultato di intensi scambi intercorsi – anche per il tramite dei soliti Fenici! – fra gli eredi della «cultura villanoviana» e le varie popolazioni del Mediterraneo orientale. Senonché ha giustamente fatto notare Jacques Heurgon, uno dei più acuti studiosi della civiltà etrusca, che gli elementi dell’Orientalizzante sono tanti e tali, che è difficile che siano il frutto di semplici scambi commerciali, mentre è assai più ovvio ritenere che siano il frutto di un massiccio arrivo di uomini orientali in terra d’Etruria (§ 11 e note).

Però è molto importante aggiungere e precisare che un fonemeno di «Orientalizzante» esiste sicuramente anche nella «civiltà nuragica»: come abbiamo visto ampiamente nelle pagine precedenti, pure usanze, credenze religiose, vasi, armi, vestiario, moduli architettonici, plastici e figurativi, ecc. dei Nuragici rimandano sicuramente e chiaramente all’Oriente mediterraneo.

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