7 Ottobre 2024
Società

Eumenidi ed eufemedica – Livio Cadè

 “La medicina crea persone malate”

(Lutero)

Premessa 

Oreste, per vendicare la morte del re Agamennone, suo padre, uccide la madre Clitemnestra, nonostante questa, per dissuaderlo, denudi davanti a lui il seno che lo ha allattato. Colpevole di matricidio, Oreste fugge, perseguitato e tormentato dalle Erinni, divinità feroci, decise a punire quel delitto contro natura. Il mito prefigura qui la condizione dell’uomo moderno, il quale devasta la terra che lo ha generato e nutrito per affermare la supremazia di un ordine sociale e politico.

Anche noi, dopo aver ucciso la Madre, dobbiamo come Oreste fuggire dalle Furie che ci inseguono e ci colpiscono con sofferenze d’ogni sorta, vendicatrici di una natura violata e vilipesa. Dobbiamo placare la loro ira, trovare avvocati che ci difendano dal rigore della loro giustizia. E come Oreste è difeso da Apollo, dio delle arti mediche, l’uomo moderno ha nel medico il suo difensore per eccellenza.

 Evoluzione della medicina

Ma la medicina non è una Dea, è una scienza in fieri, legata al mutare delle circostanze e dei bisogni. Agli albori della civiltà non esistevano medici e farmaci. Gli uomini non si ammalavano mai e, giunti a tardissima età, si addormentavano serenamente. Tutti erano gentili, appagati dal poco, nel mondo regnava la pace, il cibo – ovvero i frutti maturi che la terra offriva – era semplice e sano, l’ambiente incontaminato. Gli Dei camminavano sulla Terra e conversavano amabilmente con noi.

Nell’età successiva, tentati dall’insana idea di migliorare una condizione già perfetta, gli uomini cominciarono ad alimentare appetiti innaturali, divennero avidi e ansiosi, perdendo la primitiva armonia. Da questo squilibrio nacquero le malattie. I primi ‘uomini di medicina’ furono sciamani, spirito visionari, mediatori tra la terra e il cielo. Sapevano che il corpo è immagine dell’anima e che solo forze spirituali possono sanarlo. Perciò richiamavano gli Dei, che se n’erano andati, perché attraverso sogni ed oracoli indicassero agli uomini una via di guarigione.

Venne poi una terza era in cui gli uomini si fecero sempre più egoisti e crudeli. Facevano sacrifici e stragi di animali innocenti, si massacravano tra loro in rovinose guerre, ebbri di violenza, furto e menzogna. Avendo perturbato radicalmente ogni ordine divino, l’anima trasmise al corpo la sua corruzione e i suoi sconvolgimenti, caricandolo di sempre più gravi e numerose malattie.

La terra, lorda di sangue, divenne dimora infelice di un’umanità che, se scampava alle armi, alle carestie e alle pestilenze, invecchiava tra le più varie afflizioni della carne. Una medicina sospesa tra empirismo e magia provò a difendere l’uomo dalla brutalità della natura. Cercò rimedi nelle erbe, in misteriosi intrugli. E se questi fallivano, tagliava, cauterizzava, aggiungendo ai tormenti naturali quelli della terapia. Immersa ormai in una fosca ignoranza, non chiese lumi all’anima alle viscere oscure dei cadaveri.

Finché, venendo all’oggi, troviamo una medicina ormai emancipata da vincoli empirici e dalla necessità di guarire qualcuno, ridotta ad astrazione, burocrazia, dogmatismo scientifico; che, incurante dell’evidenza, antepone ai fatti i suoi schemi teorici, pretendendo che la realtà vi si conformi; alla quale, perso ogni interesse per il malato, preme solo l’applicazione di rigorosi protocolli; mezzana di un mercato che dalle malattie trae colossali profitti; medicina che non guarisce, ma allunga la fatica e la pena della vita.

Medicina ormai totalmente profana e artificiale, che disgrega l’idea di ‘uomo’ in organi e funzioni impersonali, affidando la sua salute a sofisticati macchinari diagnostici, a dati percentuali e algoritmi; che si limita a disporre una serie interminabile di analisi, esami, ricoveri, indipendentemente dalla loro utilità; che ha creato una società patologica, formata da individui ansiosi, ipocondriaci, convinti che la loro vita dipenda da farmaci e check-up.

È da queste premesse che nasce l’eufemedica, come unica risposta possibile a una vita ormai impossibile, che possiamo tollerare solo se addolcita con appropriati eufemismi. La sua grande intuizione è appunto questa: mitigare la durezza della realtà ammorbidendo le parole che la descrivono, usando il linguaggio come ammortizzatore psicologico. Tecnica del resto già ampiamente usata per camuffare questioni sociali, politiche ed economiche.

Ammansire le Erinni

Per comprendere il valore di questa nuova filosofia della salute dobbiamo pensare che la parola è vibrazione, eco di realtà invisibili che attraverso le parole ci plasmano. Una parola può farci ammalare, un’altra guarirci, una eccitarci, terrorizzarci, o conciliarci il sonno. Perché dire ‘morto’ quando possiamo dire ‘passato a miglior vita’? Così, una fiscalità insaziabile diventa “solidarietà sociale”, la guerra più infame “difesa di valori democratici”, gli storpi sono “diversamente abili” ecc.

Già gli antichi Greci, per rabbonire le terribili Erinni le chiamavano Eumenidi, le “benevole”, benché fossero «tre furïe infernal di sangue tinte», dal capo cinto di serpenti velenosi. In modo analogo, l’eufemedica ci insegna a chiamare le cose più terribili con termini aggraziati, risparmiandoci inutili sofferenze. Infatti noi siamo turbati più dai nostri pensieri che non dalle cose.

Scopo dell’eufemedica è proteggere il malato dalla rudezza della malattia con tatto e competenza, mediante le giuste parole. È l’arte di placare le Erinni che ci tormentano – cioè le patologie che ci affliggono – mediante l’uso di un linguaggio rassicurante. Come diceva Petronio: «il medico non è che un conforto dell’animo». Purtroppo il nostro sistema universitario non contempla corsi di eufemedica, col risultato che alcuni medici ancora feriscono il paziente con linguaggi obiettivi, realistici.

Va aggiunto però che l’eufemedica, come ha il potere di cambiare le Erinni – “le vergini ripugnanti” e odiose – in sorridenti Eumenidi, esorcizzando le angosce del paziente, all’occorrenza può fare il contrario. Può, con opportuni disfemismi, evocare i fantasmi della morte e del dolore. Pedagogia severa ma talora necessaria, che sa tirar fuori il pugno di ferro dal guanto di velluto ogni volta si tratti di eccitare lo zelo e la diligenza del paziente nel rispettare le prescrizioni sanitarie. Ovvero nel sottoporsi a scrupolosi esami, assumere gli indispensabili farmaci e vaccini, convincersi ad accettare la sua condizione di ‘soggetto malato’, bisognoso di incessanti cure.

L’eufemedico sa infatti che – cito un documento dell’AMEN (Associazione Medici Eufemistici Neologisti) – «compito della medicina non è eradicare la malattia ma cronicizzarla». Eradicare. Quanta bellezza in questa parola! Io avrei detto volgarmente ‘guarire’. Basta questo per scavare un abisso tra sacro e profano, per persuadere il malato d’essere alla presenza non d’un ordinario funzionario della sanità ma d’un sacerdote, ministro di misteri.

 Cronos e medicina

La non-eradicazione del male implica la sua cronicità, concetto basilare, cui è sottesa l’idea di un continuo rinvio della guarigione. Il paziente non deve più preoccuparsi di guarire. Deve vedere davanti a sé una lunga strada da percorrere pacificamente adattato alla sua malattia. La guarigione non è un fatto scientifico, è qualcosa che a volte, inspiegabilmente, accade. Ma se il malato si aggrappa a questa parola – guarire – ne farà la sua ossessione, la sua Erinni implacabile.

Perciò il farmaco deve cronicizzare il male e indurre il paziente a integrare la malattia nel proprio stile di vita, a sentirsi diversamente sano. La medicina non deve guarire ma creare un’umanità razionalmente cronicizzata e medicalizzata, assimilare la vita, dalla nascita alla morte, a una condizione patologica, celebrare indissolubili matrimoni tra il paziente e la sua malattia.

Un tempo si poteva ancora vedere nella vis medicatrix naturae l’imprescindibile alleato della medicina. Perciò il medico aveva come regola “primum non nocere”. Cercava cioè di non far danni e, per quel che poteva, d’aiutare la natura a guarirsi da sola. Ma per la moderna farmacologia cronicizzante questa virtù auto-risanante dell’organismo, la viriditas di Santa Ildegarda, è solo il residuo di arcaiche superstizioni e di fatto un intralcio al progresso della medicina.

L’innominabile

Oggi sappiamo che occorre negoziare e mercanteggiare con le nostre Erinni, strappare loro piccole tregue, ottenere parziali riduzioni dei sintomi, dilazioni del conflitto. E l’eufemedica ha ormai ampiamente dimostrato che usando gli strumenti del linguaggio possiamo trasformare le inclementi Furie in comprensive Eumenidi.

Non è più tempo di dichiarar guerra al male. Possiamo assorbirlo, renderlo parte di noi. Prendiamo, ad esempio, quella ben nota malattia che affligge persino lo Zodiaco. L’abbiamo combattuta con ogni arma: bombardamenti chimici, radiazioni letali. Ma la medicina ne è uscita sconfitta e, nonostante i millantati progressi, sempre più gente muore per colpa di un male innominabile.

Perciò, afferma l’AMEN, «è tempo di rinunciare alle metafore belliche. Si sono mostrate perdenti. È necessario elaborare nuove strategie, ripensare la nostra relazione con il … mediante mutamenti semantici». Perché basta pronunciare il nome di quella comune patologia per produrre associazioni disfattiste, sentirsi già sconfitti. Dovremo quindi elaborare una terminologia diversa, che esorcizzi il male con gesto magico, apotropaico.

Il problema è che, cambiando le parole, la ‘cosa reale’ non cambia, e quando il paziente lo capisce l’eufemismo perde la sua efficacia. Anche lemmi aulici o gergali – neoplasia, oncogenesi, metastasi, neoformazioni, secondarismi, localizzazioni ecc. – a causa dell’uso ripetuto perdono il loro fascino. Diventano anch’essi evocazione di realtà disperanti e mortifere, mostrano il rabido volto delle Erinni. Per questo la medicina eufemistica è anche neologistica, disciplina in costante aggiornamento. Trovando sempre nuove locuzioni rimuove l’inquietudine tanatologica, cronicizzando i mali dell’uomo evacua il suo sensus finis.

Il dono della vacca

Infine, vorrei citare un caso paradigmatico del potere eufemistico e fonosimbolico della parola. Mi riferisco al recente uso del termine vaccino. Questo termine, pur indicando un farmaco notoriamente inefficace e pericoloso, è diventato nell’immaginario collettivo sinonimo di salvezza, sicurezza, libertà. La gente ha imparato ad amare questa parola. Ripetetela, sentite come suona dolce e rassicurante, quasi un’ipnotica ninna-nanna.

Va detto però che la scienza è stata qui aiutata da circostanze propizie. ‘Vaccino’ deriva infatti da vacca. Se Jenner, venerabile maestro massone, avesse ricavato il suo siero non dalle pustole vaiolose di una vacca ma da quelle di una scrofa, l’avrebbe chiamato ‘scrofino’, parola irritante, che evoca impudicizia, sordidi e puzzolenti porcili. ‘Vaccino’ ha invece tono carezzevole, offre assonanze con parole graziose come faccino o bacino (piccolo bacio), è parola fluente e musicale. Ricorda il latte, i bambini, la placida, simpatica mucca, verdi pascoli montani. Contiene già, nel suo etimo, la promessa di una cura buona, materna.

Un siero ottenuto da una scrofa avrebbe suggerito parole che contraddicono un’idea di salute e di moralità. Immaginiamo persone che, invece di vaccinarsi, devono maialarsi, un’OMS che pretende una suinazione di massa, un governo che obbliga a fare il richiamo dello scrofino. La gente si sarebbe ribellata, avrebbe rifiutato mascherine, lasciapassare sanitari, restrizioni, divieti, obblighi, sanzioni, avrebbe sospettato cospirazioni maligne, simpatizzato coi No-porx. Fortuna volle che tutto cominciasse da una vacca.

Così, grazie a quella parola – ‘vaccino’ – abbiamo oggi un ‘trattato pandemico’ che è un capolavoro traboccante di eufemismi e perifrasi rassicuranti: protezione, sicurezza, salute, impegno, sostegno, equità, solidarietà, integrazione, prevenzione, resilienza, salute globale, sorveglianza, potenziamento, coordinamento, risposte efficaci, trasparenza, affidabilità, responsabilità, azione unitaria, architettura sanitaria, obiettivi comuni, informazione, lotta alla misinformazione ecc.

Ognuna di queste parole è di fatto un’Erinni opportunamente camuffata da Eumenide. Così, fingendo di prevenire e curare, si potranno diffondere nuove patologie e dare un potente impulso al commercio di farmaci cronicizzanti. Questo grande risultato sarà però realizzabile solo se la gente crederà nei medici. L’eufemedica avrà perciò, in futuro, un ruolo sempre più determinante nella salute pubblica. Il vaccino ci ha infatti insegnato come una semplice parola può ribaltare la realtà, trasformando il funereo urlo delle Furie in un tranquillizzante muggito.

14 Comments

  • Paola 24 Marzo 2024

    Fuggire da Eufemenidi e accoliti finché si può, ritenendosi ostinatamente sani. Magari sani immaginari, ma con pervicace convinzione.

    • Paola 24 Marzo 2024

      * Eufemedici (non so perché mi sia uscito l’altro termine…forse non credo in toto neppure alla benevolenza delle Eumenidi).

    • Livio Cadè 24 Marzo 2024

      “Eufemenidi”, bella ibridazione. Potrebbero essere le pustole che ci ricoprono il cervello come effetto collaterale dell’eufemedica.
      Comunque, le Eumenidi restano Erinni, anche quando, adulate, rese oggetto di culto, destinatarie di offerte e sacrifici, prendono un’apparenza benevola, promettendo salute, prosperità, benessere, sicurezza, progresso…
      La grande differenza tra le Erinni del mito e quelle dei nostri tempi è che quelle erano “vergini ripugnanti”, le nostre sono ripugnanti pu…..

      • Paola 24 Marzo 2024

        Sì, ma alla fine della tragedia, per volontà di Atena sembrerebbero mutare, sembrerebbero…appunto.

        • Paola 24 Marzo 2024

          * virgola dopo Atena 🙂

        • Livio Cadè 24 Marzo 2024

          Pallade Atena trova le parole giuste per abbindolarle… Se io mi fossi trovato nella giuria avrei espresso voto contrario a Oreste e avrei lasciato che le Erinni lo punissero…

  • Feli 24 Marzo 2024

    Aspetto la domenica mattina per leggere i suoi articoli che sempre, inevitabilmente, riportano in me quiete e maggior chiarezza. Indipendentemente dal tema trattato, trovo nella sua scrittura appagamento e conforto. È come se, in un certo qual modo, riuscisse a mettere ordine ai miei pensieri e a farmi capire, per poi accogliere qualcosa a cui facevo resistenza.
    Grazie

    • Livio Cadè 24 Marzo 2024

      Ne sono lusingato.

  • Paola 25 Marzo 2024

    Condivido il commento di Feli. In più, grazie per i continui spunti di riflessione e per il grande (tanto) arricchimento culturale. In tutti i campi.

    • Livio Cadè 26 Marzo 2024

      c.s. (come sopra)

  • Ivano Macalli 26 Marzo 2024

    Pacatamente: senza il vaccino contro la poliomielite il mondo sarebbe pieno di storpi. Incollo i dati statistici, naturalmente suscettibili di smentita : ” in Italia, prima che venisse adottata la vaccinazione (legge del 1966), si verificarono più di 6.000 casi di poliomielite nel 1958 e circa 3.000 casi all’anno negli anni sessanta; l’ultimo caso è stato registrato nel 1983; nel 1984 e 1988 vi sono stati due casi in bambini provenienti dall’estero, non vaccinati”.

    • Livio Cadè 26 Marzo 2024

      Sull’antipolio, come sugli altri vaccini, ci sono opinioni discordanti e polemiche. Ciò accade fin da quando Jenner introdusse il suo vaccino antivaioloso. Persino Beppe Grillo, nel lontano 1998, quando non era ancora stato illuminato sulla via di Damasco, cercò di creare qualche dubbio sui grafici e i dati relativi ai risultati vaccinali: https://www.youtube.com/watch?v=xemA2zX7y7w
      Comunque, io qui mi riferivo a un altro ‘vaccino’…

  • io 28 Marzo 2024

    no porx ;)))… ah ora viene fuori in Germania che il lockdown era dannoso… come tutto resto, boicottare gli antivirali, tachipirina e vigile attesa, e tutte le altre perle di genio… e le pecore matte che ci hanno creduto, ancora (non lo faranno mai) non sono venute molto semplicemente da noi a dirci: – Avevate ragione, spiegateci come facevate a saperlo, vogliamo progredire… no stanno lì mute a far finta di niente… io ho parenti e amici sempre ammalati e neanche posso consigliarli, dirgli a chi rivolgersi, perchè non vogliono vedere la realtà… va beh questo il nostro castigo

    https://www.telegraph.co.uk/world-news/2024/03/25/german-health-agency-covid-lockdown-masks-legal-battle/

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