11 Ottobre 2024
Julius Evola Magia

Evola – ‘Metafisica del Sesso’ in sguardi di Magia Sexualis (Randolp) – Vitaldo Conte

La contemplazione della donna nella sua nudità assoluta, anatomica e spirituale, è uno dei passaggi più importanti della cerimonia misterica ed erotica. La donna “aperta” non è quella che ha subito una deflorazione, ma è quella che ha avuto l’apertura più difficoltosa della vulva e vagina mentale. Nei riti antichi del Mistero Afroditico il centro del rito è costituito da una donna nuda, distesa sull’altare o facente essa stessa da altare. La posizione talvolta indicata è quella con le gambe divaricate in modo da mostrare il sesso: l’os sacrum, la “bocca sacra”. La donna dei misteri è sempre nuda: se davanti alla sua nudità non si sente sorgere, nelle profondità dell’essere, la stessa sensazione terrifica che si prova dinanzi alla rivelazione del mistero cosmico, non può esserci rito. Nella sua radice ultima la fascinazione esercitata dalla nudità femminile sta nel fatto che questa esprime, nella percezione oscura dei sensi, anche l’altra nudità.

La donna assoluta è totalmente femmina. La differenza fra uomo e donna è nella grande tradizione classica: l’uomo è elemento unitario, spirito e cielo; la donna è elemento diadico, terra e materia. Lo yang è luce, sole, fuoco, vette, spirito. Lo yin è ombra, luna, acque, anima, l’abissale. Il predominio yin è la donna, lo yang è l’uomo. In questa dinamica i due principi puri s’incontrano, attribuendo allo yin la qualità fredda, umida e oscura, allo yang quella secca, chiara e luminosa. Secondo il sapere di antiche tradizioni estremo-orientali si desta reciprocamente, nell’essere più profondo di un uomo e di una donna che si frequentano anche senza contatti, una speciale energia immateriale detta tsing. In questa attrazione fluidifica si stabilisce la loro corrispondenza e complementarietà di yin e yang: polarità e principi puri del femminile e maschile. Maggiore sarà l’energia di questa polarità nella magia sessuale, crescente in proporzione al grado di sessuazione dei rispettivi sessi, tanto più selvaggia sarà la forza del magnetismo e la quantità di energia liberatesi attraverso l’unione sessuale.

Il fondo dell’eros è costituito da un fattore magnetico. Questo è determinato da una polarità essenziale, generatrice di uno speciale stato di ebbrezza e di esaltazione con corrispondente spostamento del livello ordinario della coscienza.  L’amplesso fluidico e l’amore magico entrano nell’eros, non solo come strumento di desiderio o brama sessuale, ma come Amore con qualcosa di più sottile e vasto. I fluidi energetici entrano nella “figurazione” della magia sexualis: nel suo atto di “sprofondare” e nel “sentirsi portare in alto”. L’atto magico “avviene” nello stesso momento in cui tutte le forze e le energie, unite, riescono a toccare la radice del sesso opposto. La donna accoglie il processo: la dissoluzione e l’amalgamazione estatica “entrano” nella fusione ascetica con l’uomo. Quando lo stato di magnetismo cessa, si allontana irrimediabilmente anche la sua attrazione.

L’incontro dell’alchimia magnetica fra due esseri di sesso opposto provoca una completa ubriacatura di luce astrale, la cui ebbrezza costituisce la base della fascinazione amorosa, in quanto gli amanti vivono in una dimensione fra sogno e morte. Questa speciale forza magneticamente indotta ha lo stato di vibrazione diffusa nel desiderio dell’eros umano. Il principio magnetico può attuarsi pure attraverso lo sguardo con il suo fascinum: termine usato, anticamente ma anche oggi, per indicare una specie d’incantamento e di sortilegio che vi transita. Il sudore stesso e l’olfatto sono significativi nella “intossicazione fluidifica“ degli amanti. Nell’antichità e in certi popoli primitivi si pensa che il fluido di un essere compenetri l’amante fino a impregnare, oltre il corpo, anche le vesti. Lo si associa, in alcuni casi, al feticismo degli indumenti. Da qui le pratiche degli amanti di aspirare l’odore e prendere con se le vesti indossate dall’altro: un mezzo per mantenere il rapporto di fedeltà quando i due sono costretti a separarsi. Il caso-limite è quello di una intossicazione erotica suscettibile a prodursi, oltre che per lo sguardo, anche per l’olfatto.

Lo stato fluidifico della forza tsing s’accende inizialmente attraverso lo sguardo, passando poi nel sangue: si sigilla così l’immagine dell’altro “verso” gli strati superiori, nel grande occhio spirituale e nell’anima. A partire da qual momento l’amante porta, in un certo senso, nel proprio sangue l’altro e viceversa, incurante della distanza che eventualmente può separarli. Nella lingua universale degli amanti c’è: «Ti ho nel sangue». La natura del femminile tende ad asservire e assorbire in funzione demetrica o afroditica: non tanto sul piano materiale e umano, con riferimento alla procreazione e al vincolo del desiderio, quanto su un piano occulto. Nelle tradizioni di numerosi popoli il principio femminile è stato associato all’elemento “demonico”, non solo al principio della seduzione: questo si esplica nel captare e assorbire il principio della verità trascendente o magica. Per questa sua demonìa essenziale l’autore parla di “morte suggente”, che all’uomo può venire dalla donna. Il suggere stesso, nella pratica sessuale della fellatio, è un gesto che esprime l’essenza di questa natura e della sua inesorabilità. Questa tendenza del femminile è presente nelle forme “infere”, quanto in quelle “celesti”: la donna può dare la vita, ma può sbarrare l’accesso a ciò che sta al di là della vita. L’altra possibilità femminile corrisponde al tipo dell’amante che, in un clima eroico e trasfigurante, desidera l’uomo come il proprio “signore e sposo”, venerandolo anche come il proprio dio. Questa, superando ogni esclusivo egoismo personale, fa della propria offerta quasi un atto sacrificale: pur conservando il potenziale disgregatore, vivificante e demonico della donna assoluta afroditica, lo libera dal lato distruttivo e suggente.

Per quel che riguarda la molteplice varietà delle immagini o epifanie, con cui può essere espresso il principio femminile, due risultano i tipi fondamentali: l’afroditico e il demetrico. Questi si presentano in corrispondenza come gli archetipi eterni dell’amante e della madre. Corrispondono alla “potenza del divino”, nei suoi aspetti di forza allo stato puro e di forza che dall’eterno maschile ha ricevuto una forma, diventando vita che alimenta.  Il tipo demetrico, anche nelle più antiche dee, talvolta appare in immagini femminili, nude in piedi o supine: con le gambe fortemente divaricate, a mostrare l’organo del sesso, ma anche a liberare e a far fluire il sacrum sessuale sotto la specie di un’energia magica e di una fecondità primordiale. In certi popoli primitivi lo stesso tema ha un’espressione vicina al disegno, già più volte menzionato: quello stilizzato dalla matrice dell’organo sessuale – il triangolo rovesciato, talvolta con un tratto nel vertice inferiore, che allude all’inizio della fessura vulvare – posto come simbolo o crisma di una forza magica, intesa a fertilizzare e, insieme, a far indietreggiare chi non deve avvicinarsi. Un significato analogo si raccoglie dal gesto femminile di sollevare la veste per mostrare il sesso: gesto che, per esempio, nella saga delle donne licie ha lo scopo di far indietreggiare le onde minacciose.

I molteplici nomi attribuiti alla Grande Dea, la Madre Terra, la magna Mater Genitrix, sono immagini del principio demetrico e della sua forza incontenibile. Nelle epifanie indù della Grande Dea appaiono varie forme di sposa del maschio divino, che ha la migliore nel principio afroditico della femminilità primordiale, quale forza dissolvente, travolgente, estatica e abissale del sesso: opposta a quella della femminilità demetrica. Nel mondo mediterraneo le dee hanno questi tratti, come Ishtar: la dea dell’amore, che è contemporaneamente anche la “Grande Prostituta” e la “Prostituta Celeste”.  Nei misteri greci la visione delle immagini nude corrisponde al grado supremo dell’iniziazione. La donna scioglie, nella propria nudità, la sostanza da ogni forma nel suo stato vergine e abissale. La vista della donna completamente nuda è consentita, nel rito, solo agli iniziati: esclusivamente a questi è consentito vedere l’abissale, vedere nuda la Vergine. È da intendere qui il senso profondo in cui nell’antichità è stato usato il termine “vergine”: non per designare la donna che non ha avuto ancora rapporti sessuali, ma piuttosto per esprimere la sua inafferrabilità.

L’abissalità della femmina divina costituisce l’aspetto Durga. L’inaccessibile ha relazione anche con la qualità fredda, che può coesistere con quella ardente e fascinosa della natura afroditica: come la figura delle Sirene, che furono considerate sia vergini che incantatrici, con la loro parte inferiore umida e fredda. Si può anche considerare il significato della nudità della donna divina nel suo aspetto Durga, in opposto a quello della nudità dell’archetipo-materno, principio della fecondità. È il nudo abissale afroditico, legato anche alla danza sacra, come quella dei sette veli: il suo fine è raggiungere lo stato di completa nudità dell’essere assoluto e semplice. È il denudarsi della potenza femminile nella sua sostanza vergine, anteriore e superiore a ogni forma. L’immagine della nudità femminile abissale può anche agire in modo letale: la visione di alcune dee nude uccide o acceca.

I presupposti della magia sexualis operativa possono essere rintracciabili in pratiche protrattesi fino ai tempi moderni, anche all’interno della nostra civiltà. Evola “guarda” come documento di questa indicazione, nel paragrafo finale della Metafisica del sesso, il libro Magia sexualis di Pascal Bewerly Randolph. Questa figura enigmatica di scrittore e occultista dell’800 risulta complessa e ancora segreta. Il suo libro, che uscì in prima edizione a Parigi nel 1931 a cura di Maria de Naglowska, sarebbe stato composto dopo la sua morte in base a note di un’opera manoscritta a uso personale per gli appartenenti a Eulis Brotherhood, centro di indirizzo magico-iniziatico. Questo testo, che risulta «in vari punti pregiudicato da interpolazione e da un parziale arrangiamento» (Evola) da parte della curatrice, porta alla luce antichi procedimenti magici tenuti in genere segreti, specie per quel che riguarda l’alchimia erotica. Randolph, riconoscendo il sesso come la più grande e principale forza magica della natura, ritiene che la sua unione, opportunamente canalizzata, possa divenire uno strumento magico operativo per giungere a risultati di espansione paranormale. L’autore afferma, infatti, che l’universo, nel suo insieme e in ogni sua parte, è sottomesso a influenze fluidiche, che stanno alla base di ogni fenomeno fisico o psichico. L’amore è la sola legge universale che eserciti un’azione irresistibile ovunque si affermi la vita. Si legge anche che l’amplesso sia da considerare come una “preghiera magica” con l’oggetto di questa formulato e immaginato nettissimamente.

In questo processo, in cui «tutte le forze e le potenzialità promanano dal femminile di Dio», si ritrova la teoria metafisica della Çakti, il cui particolare insegnamento riguarda la polarità invertita dei due sessi, con le loro polarizzazioni: di segno positivo nell’uomo e negativo nella donna sul piano materiale e corporeo. La medesima polarizzazione è presente nel rispettivo organo sessuale. Mentre sul piano mentale questa polarizzazione s’inverte: come avviene nell’organo delle sue manifestazioni. Nella congiunzione si concretizza una energia scaturita dall’unione delle polarizzazioni opposte: non solo sul piano fisico, ma anche su quello sottile. L’iniziato capace di dominare tale energia potrà servirsene. Randolph espone quindi gli esercizi di preparazione, le tecniche e le operazioni da usare, fino al coito magico, alle sue posizioni e variazioni. Tra gli argomenti del libro troviamo: catene e anelli magici, astrologia, profumi, colori, suoni, quadri e statue viventi, fluidi magnetici. Una parte considerevole del testo è riservata agli specchi magici e alla loro fabbricazione: una tradizione che risulta antica e attestata in maniera molteplice.

Per Evola questi prolungamenti di antiche tradizioni segrete, giunti fino ai giorni nostri, «sembrerebbero corroborare l’ipotesi già affacciata, che in origine, o in alcuni casi, varie posizioni dell’amplesso considerate da trattati di erotica profana o libertina potettero anche avere un significato rituale e perfino magico». Lo stato speciale dell’operatore dovrebbe essere quello dell’autotrascendimento attivo, come scrive lo stesso nella prefazione alla Magia sexuals di Randolph:

«Si tratta di superare, con l’una o l’altra tecnica, i limiti della coscienza puramente individuale legata all’organismo fisico e al suo mentale. È una specie di esaltazione, controparte attiva di ciò che nei mistici è l’estasi. Ebbene, già da Platone fu riconosciuta la possibilità che l’Eros metta l’uomo in tale stato, al segno che egli assimilò chi è trasportato dall’Eros al veggente, all’iniziato dionisiaco, al profeta, al vate».

Superando le semplici sensazioni e la concupiscenza carnale, l’apice dell’orgasmo può determinare uno stato di “apertura” e “contatto” con il sovrasensibile, la cui stessa natura può rendere possibili azioni a carattere magico e sovranormale. Così la Magia Sexualis diviene Metafisica del Sesso.

Vitaldo Conte

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