Nel corso di questi anni ho considerato la serie di articoli dedicata alla nostra eredità ancestrale, Una Ahnenerbe casalinga e poi L’eredità degli antenati non solo una sorta di rubrica fissa ma anche la mia “finestra di dialogo” con voi, l’occasione di puntualizzare alcuni aspetti della mia attività su “Ereticamente” al di là di alcune tematiche specifiche. Per una volta, questo ruolo lo spostiamo su Ex Oriente lux, ma sarà poi vero?, per motivi che vi saranno presto chiari.
Il trapasso fra un anno e l’altro è sempre tempo di bilanci. Nell’undicesima parte de L’eredità degli antenati vi ho presentato un bilancio consuntivo, un po’ un riepilogo dell’annata appena trascorsa, adesso cercheremo di tracciare un bilancio preventivo, un po’ un programma (suscettibile di tutte le variazioni che richiederà l’evolversi della situazione culturale e politica) di questo incipiente 2020. La ragione per cui decido di farlo qui non è soltanto data dal fatto che, come avete visto, il 2019 ha conosciuto un accavallarsi di eventi tale che da sola L’eredità degli antenati risulta stretta e siamo cronicamente in ritardo, ma anche il fatto che per il nuovo anno ho in previsione una ripresa importante di Ex Oriente Lux a cui penso sia utile premettere questa parte introduttiva, poi c’è il discorso delle conferenze.
Nel 2019, suddiviso in tre articoli a causa della lunghezza, vi ho presentato il testo della conferenza Il fenomeno megalitico nell’Europa continentale da me tenuta l’anno precedente al Triskell, il festival celtico triestino. Sono rimaste in sospeso nell’attesa di trovare un varco fra le molte questioni che si accavallano, la conferenza da me tenuta lo scorso giugno sempre al Triskell sull’Italia megalitica e quella che precedentemente, nel mese di marzo avevo tenuto ai ragazzi dell’Erasmus, L’Europa alle origini della civiltà. Vedrò di presentarvele entrambe sulle pagine di “Ereticamente” non appena mi sarà possibile.
Per entrambe vale lo stesso discorso: dato il tipo di pubblico cui erano rivolte l’una e l’altra, non potevano avere un contenuto esplicitamente politico, ma il fatto di mettere in luce l’importanza e la grandezza della civiltà europea di fronte a una “scienza” accademica ufficiale che tende a minimizzarla, a farci vedere come tributari del Medio Oriente, e a un sempre più massiccio movimento mondialista teso alla cancellazione di popoli, culture e identità, è un fatto politico, eccome! sicuramente voi capite che studiare e rendere noto le grandi manifestazioni, perlopiù ignorate, della remota cultura europea e anche italiana, un fatto politico in ultima analisi lo è, soprattutto se abbiamo la ventura di vivere in un’epoca in cui si è deciso di fare tabula rasa del passato, come del senso di appartenenza a una comunità, per esporci nudi e sradicati ai capricci del potere mondialista.
C’è poi da dire che sono stato a lungo indeciso se presentarvi o meno il testo della conferenza da me tenuta ai ragazzi dell’Erasmus, anche se vi ho già raccontato di quell’incontro (Un insolito Erasmus) dove mi sono trovato ad affiancare l’ingegner Felice Vinci, l’autore dell’interessantissimo Omero nel Baltico, in ragione del fatto che in quella conferenza non ho detto nulla che non vi sia già noto, era in sostanza una sintesi dei punti più rilevanti di ciò che vi ho presentato in Una Ahnenerbe casalinga, il lavoro difficile, vi confesso, semmai era stato sintetizzare un centinaio di articoli in un testo di una lunghezza ragionevole. Mi sono risolto infine a presentarvelo, cosa che accadrà nell’anno imminente, non solo perché repetita iuvant, ma perché il lavoro che ho fatto di sintesi e sottolineatura degli aspetti più rilevanti di un così lungo percorso, consente di vedere le cose in una prospettiva diversa.
Ma adesso torniamo a concentrarci sulla tematica di Ex Oriente lux, e vedere nello specifico cosa bolle in pentola.
Questa serie di articoli è senz’altro la più longeva dopo Una Ahnenerbe casalinga fra tutte quelle che ho postato su “Ereticamente”, tuttavia ha una sorte particolare, e ha variato le sue tematiche più di una volta. Come ricorderete, io avevo iniziato la mia collaborazione con “Ereticamente” ormai un discreto numero di anni or sono dedicando vari articoli ad argomenti archeologici ed archeo-storici alternandoli ad altri più propriamente politici, infatti, ritengo si tratti di questioni fondamentali per la nostra visione del mondo, e fra questi una confutazione della leggenda della “luce da Oriente” che ci fa vedere (ci spinge a credere) la civiltà europea tributaria del Medio Oriente, che la nostra civiltà sarebbe nata tra Egitto e Mesopotamia, era ovviamente un punto essenziale.
A un certo punto, per non complicare troppo la vita a voi, costringendovi a seguire un numero troppo alto di rubriche, e anche per non complicarla a me stesso, ho deciso di raccogliere tutti gli articoli riguardanti le tematiche storiche e archeologiche in Una Ahnenerbe casalinga. Ex Oriente lux sarebbe quindi dovuta cessare, ma avevo appena preso una tale decisone, che mi arrivò una mail di Ernesto Roli con un commento entusiastico circa questa serie di articoli tesi a sfatare la leggenda della “luce da Oriente” che ancora adesso la fa da padrona in tutti i testi di storia antica, e quindi si presenta con falsa oggettività come “la Storia” (con la S maiuscola).
Potevo deludere Roli che, ricordo, è uno degli intellettuali più interessanti della nostra “area” ed è stato collaboratore di Adriano Romualdi, troncando di brutto questa serie di articoli? Ovviamente no.
Sempre mantenendo l’impegno di spostare su Una Ahnenerbe casalinga tutte le tematiche archeologiche, ho dedicato alcuni articoli a un confronto della nostra cultura europea con l’Oriente odierno, in particolare esaminando la diceria “scientifica” secondo la quale gli asiatici sarebbero più intelligenti di noi europei, e poi “il messaggio” di alcuni guru che sono venuti in Occidente a “insegnarci” un induismo volgarizzato. Osho è oggi in pratica il solo esponente rimasto di questa fauna, ma negli anni ’70 del secolo scorso letteralmente pullulavano.
A questo punto il discorso sembrava chiuso, o perlomeno è rimasto in sospeso, infatti, come sapete, ho deciso di riprendere con la ventiquattresima parte dopo un “buco” di due anni. Il motivo è che avevo evitato di completare una parte importante della nostra tematica, su ciò che segna, a mio parere una netta superiorità della civiltà europea sulle culture asiatiche, orientali e mediorientali: l’atteggiamento razionale dell’uomo europeo che non chiede tanto di credere, quanto piuttosto di capire, sapere, conoscere. Il motivo per cui il discorso si era fermato su questa soglia è abbastanza facilmente intuibile: il timore che quanto avessi da dire in proposito potesse suonare “troppo illuminista”.
Me la sono sentita di riprendere il discorso dopo che “Ereticamente” mi ha pubblicato le sei parti del saggio Scienza e democrazia, dove ho avuto modo di chiarire che quella che si intende per “scienza” nella nostra epoca democratica e politicamente corretta, non è affatto scienza, se per essa si intende l’applicazione del metodo galileiano basato su osservazione, formulazione di ipotesi, esperimenti per mettere alla prova le ipotesi stesse, all’indagine della natura, ma il più delle volte nient’altro che ciarlataneria ideologica, e che lo stesso razionalismo illuminista non era (è per quanto riguarda i suoi tardivi epigoni) fatto di razionalità, quanto piuttosto di passione anti-religiosa che ha dato luogo ad altre costruzioni ideologiche non meno irrazionali di quelle che le hanno precedute: il cosmopolitismo, il contratto sociale, il buon selvaggio e via dicendo, e ben lo dimostra il fatto che le idee di Marx, che in ultima analisi è stato l’erede più diretto di Rousseau, il grande inventore di farneticazioni illuministe, sono andate incontro a un bruciante fallimento tutte le volte che sono state applicate.
Occorre non dimenticare in ogni caso che la premessa dalla quale si parte non è “l’Occidente” ma l’Europa, “Occidente” e “occidentalismo” oggi hanno finito per identificare soprattutto la dominazione americana a livello planetario, e sull’Europa nello specifico, qualcosa che non è soltanto inaccettabile, ma rappresenta una grave compromissione della stessa cultura europea attraverso le maglie sempre più strette dell’ideologia del sedicente “politicamente corretto”, oltre alla spazzatura mediatica hollywoodiana che impone modi di pensare sempre più infantilizzati.
Parallelamente a Ex Oriente lux, ho dedicato un saggio diviso in tre parti cui recentemente se n’è aggiunta una quarta, a La malattia Occidente. Devo dire però che su questa materia mi è parso di avere molto meno da dire, perché vi è ben poco da aggiungere a quanto detto da Sergio Gozzoli nello splendido saggio L’incolmabile fossato pubblicato su “L’uomo libero”, un testo che consiglio di leggere e rileggere, approfittando del fatto che è tuttora reperibile in internet.
Va da sé che l’Europa a cui facciamo riferimento è il nostro continente, i suoi popoli, la sua cultura, la sua storia, le sue tradizioni, non certo la UE, che è soltanto la sponda europea del dominio mondialista, del NWO, e da cui i popoli europei possono aspettarsi soltanto un pesante sfruttamento economico finanziario, inteso a far regredire secoli di conquiste sociali, nonché l’impedimento a opporre resistenza all’invasione extracomunitaria e al meticciato. Ho detto più volte che a mio parere la UE è l’Europa tanto quanto un tumore è l’uomo che ne è affetto, ed esattamente come un tumore, sarebbe necessario estirparla al più presto.
L’Oriente, l’abbiamo visto, non è un blocco omogeneo: la cultura indiana, quella cinese, l’ammirevole shinto, la tradizione nipponica, pur riconoscendo che si tratta di realtà altre, diverse dal nostro modo di essere, sono parecchio al di sopra di quel mondo mediorientale che ha generato il giudaismo e l’islam e da cui è venuto anche il cristianesimo a infettare l’Europa e a corrodere e cancellare le sue tradizioni native e, diciamolo pure, i tentativi dei tradizionalisti cattolici di negare le origini ebraiche del cristianesimo, è difficile dire se siano più ridicoli o penosi. Al riguardo, poi, è particolarmente grottesco che solo le tre religioni abramitiche di origine mediorientale siano considerate “le grandi” religioni, e l’induismo con un miliardo di seguaci e il buddismo con quasi mezzo miliardo invece no, ma anche lo scintoismo, la religione tradizionale giapponese: a questo mondo ci sono almeno cinque scintoisti per ogni seguace di Mosè.
A questo punto, il discorso sembrava definitivamente concluso, e di nuovo è accaduto qualcosa che mi ha obbligato a ripensarci: un altro importante intellettuale “nostro”, Silvano Lorenzoni che è anche un caro amico, mi ha fatto omaggio di un suo libro, Mondo aurorale, che tra le altre cose, contiene anche le osservazioni dell’autore sulla questione della “luce da Oriente”. Per Lorenzoni, questa favola che ha avuto effetti disastrosi sulla nostra cultura e sulla percezione di noi stessi, coincide essenzialmente con il cristianesimo. Sebbene io abbia non meno di Lorenzoni, una pessima opinione della religione del Discorso della Montagna, ho dovuto in parte dissentire dal discorso di Lorenzoni, perché la mania per l’orientalismo, la passione per l’esotico era già diffusa nel mondo romano prima dell’avvento del cristianesimo, basta pensare che i Romani s’inventarono una falsa genealogia pretendendo di venire da oriente, di discendere dai superstiti di Troia, da Enea che, sia ben chiaro, non è mai esistito.
Prima del cristianesimo, si diffusero a Roma culti orientali che certamente gli spianarono la strada, i culti di Iside, di Mitra e diversi altri. La grande forza dell’uomo europeo è quella di non essere prigioniero di pensieri precostituiti, di abitudini inveterate, statico come la maggior parte delle culture extraeuropee, ma quella che è la sua forza è anche la sua debolezza, potendolo spingere verso esotismi che si rivelano distruttivi. L’unico rimedio possibile è’ l’adesione consapevole alla tradizione dei padri.
Il discorso però non è ancora concluso, e il prossimo articolo sarà certamente una cosa un po’ particolare.
Voi ricorderete che concludendo con un centesimo numero la lunga serie di articoli di Una Ahnenerbe casalinga vi avevo presentato un riepilogo delle tematiche trattate nel corso degli anni. In realtà, questo riepilogo non era completo, perché gli argomenti affrontati in all’incirca quattro anni di lavoro sono stati veramente tanti, le pagine che seguono e il pezzo che costituirà la ventinovesima parte di Ex Oriente lux sono in sostanza la seconda parte di questo riepilogo. Solo che mi si è presentato un problema: una centunesima Ahnenerbe non mi è sembrato che fosse il caso. Il motivo per cui ho deciso di cambiare titolo a questa serie di articoli dedicati all’eredità ancestrale ve l’ho spiegato: a parte il fatto che questo termine può riuscire poco comprensibile a chi non conosce la lingua tedesca, soprattutto è ispirato alle ricerche al riguardo compiute dall’omonima società del Terzo Reich, e ha rappresentato dunque richiamarsi a un precedente storico alquanto pericoloso in un momento in cui la “nostra” “libera” democrazia moltiplica le persecuzioni verso i dissidenti. Noi non ci facciamo intimorire, e non rinunciamo a dire la nostra, ma perché prestare inutilmente il fianco?
Avevo pensato di tenere questo articolo di scorta, e pubblicarlo in L’eredità degli antenati appena fosse capitato un momento “di stanca” in cui non emergessero novità di rilievo circa il nostro remoto passato, ma quel momento sembra non dover venire mai, e ho pensato non fosse il caso di rimandare la pubblicazione sine die. La soluzione mi è apparsa ovvia: come spiego più sotto, il problema delle origini può essere considerato una torta a più strati o, se preferite, una serie di cerchi concentrici, nella centesima Ahnenerbe mi ero concentrato su quelli più ampi e remoti: le origini della nostra specie e quelle dei popoli caucasici. Qui invece mi occupo di tematiche più ristrette e storicamente più vicine a noi, le origini della civiltà europea e quelle dei popoli italici. Quindi, perché non un nuovo capitolo di Ex Oriente Lux?
Noi abbiamo visto che la questione delle origini può essere considerata una “torta” a più strati, e abbiamo visto i primi due-tre strati, due o tre dipende dal fatto di voler considerare o meno l’origine della nostra specie e quella delle popolazioni caucasiche due questioni distinte: infatti, neri e mongolici compaiono più tardi nella documentazione fossile, e nessuno di noi, vedendo la ricostruzione dei lineamenti di un uomo di Cro Magnon avrebbe dubbi nel considerarlo un caucasico, e occorre ricordare che “tardivo”, come nel caso di neri e mongolici, non significa necessariamente “più evoluto” quanto piuttosto “adattato a un ambiente particolare”, e comunque allontanamento da un modello archetipo. In ogni caso, una cosa è certa: NOI NON VENIAMO DAI NERI, e chi lo afferma in realtà non sa di cosa sta parlando.
Un punto che nella centesima Ahnenerbe non ho esaurito, ma basterà al riguardo una breve menzione, è quale ritratto possiamo tracciare dei nostri antenati indoeuropei: erano allevatori, cavalieri e conquistatori nomadi o agricoltori sedentari? Probabilmente entrambe le cose in diversi momenti, se ricorderete, ho trattato questo punto con ampiezza nell’ottantaseiesima parte a cui vi rimando.
In genere, si tende a ridurre lo sviluppo della civiltà umana a una progressione alquanto semplicistica: prima cacciatori-raccoglitori, poi allevatori, quindi ancora agricoltori sedentari e cittadini. Nella realtà, le cose possono essere un po’ più complesse di così. Popolazioni sedentarie possono tornare a uno stile di vita nomadico per svariate circostanze, il nomadismo degli allevatori non si salda direttamente su quello dei cacciatori-raccoglitori, ma può essere fatto proprio da popolazioni già sedentarie. I pionieri che nel XIX secolo hanno colonizzato il West americano ne sono un esempio.
Prendo questa importante riflessione da Les races humaines di N. C. Doyto, testo fuori commercio disponibile in edizione privata, cui ho potuto accedere solo grazie alla cortesia di Gianfranco Drioli, l’autore di due testi molto interessanti dal nostro punto di vista, quali Ahnenerbe (libro dedicato a quella vera, quella del Terzo Reich) e Iperborea, la ricerca senza fine della patria perduta.
Il resto lo vedremo nella ventinovesima parte. E dopo? Come si svilupperà questa rubrica nel prosieguo? Vi dico subito che in sostanza ci occuperemo di aggiornare i testi delle conferenze sui megaliti nelle Isole Britanniche, nell’Europa continentale, nell’Italia, più ricca da questo punto di vista di quel che di solito non si pensi.
E’ un andare fuori tema? Direi proprio di no, perché i grandi complessi megalitici che costellano l’Europa e che “la scienza” archeologica ufficiale fa di tutto per ignorare, sono la prova più lampante dell’antichità e dell’originalità della civiltà europea, precedendo di centinaia di anni o di millenni le piramidi egizie e le ziggurat mesopotamiche.
NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra, Omero nel Baltico di Felice Vinci, al centro l’edizione inglese dello stesso libro, a destra Iliad and Odyssey in the North Europe di Giovanni Tripodi, testo che affronta le stesse tematiche. Ricordo che ho avuto il piacere di trovarmi affiancato con l’ingegner Vinci nelle conferenze del corso Erasmus del marzo 2018 di cui vi ho già parlato.
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