7 Ottobre 2024
Storia

Fascismo e Massoneria, storia di rapporti complessi – 6^ parte – Luigi Morrone

La Massoneria e la Guerra Civile

Dopo l’armistizio, i partiti antifascisti si mobilitano. Già il 9 settembre, all’indomani dell’annuncio, a Roma, in una casa di via Adda, si riunisce il “Comitato Centrale” del concentramento antifascista, presieduto da Bonomi. Sono presenti: Scoccimarro, e Amendola, per i comunisti; Nenni e Romita per i socialisti; La Malfa e Fenoalteaper il Partito d’Azione (1); Ruini per i democratici del lavoro (2): De Gasperi per i democristiani (3); Casati per i liberali. Nella riunione, si discutono le mosse da compiere dopo l’armistizio. Si decide di costituire un Comitato di Liberazione Nazionale, di cui viene steso anche il proclama (4). Il Re ed il governo fuggono da

Roma; l’11 settembre a Roma fanno ingresso le truppe tedesche, mentre le FFAA italiane sono allo sbando; il governo non ha diramato alcuna istruzione. Non si sa dove sia il Re, non si sa dove sia Badoglio. La confusione regna sovrana (5). Anche prima della dichiarazione di guerra alla Germania, i tedeschi da alleati diventano nemici, e l’occupazione, sul piano giuridico, dovrebbe essere considerata un’occupazione straniera. Il CLN, nella seduta del 30 settembre 1943, dibatte su due punti:
1. Quale atteggiamento avere nei confronti del governo Badoglio;
2. Quale posizione assumere riguardo alla questione istituzionale.

Sul primo punto, si raggiunge immediatamente l’accordo: nessuna collaborazione con Badoglio. Sul secondo, viene incaricato Bonomi di stendere un ordine del giorno, in quanto le posizioni divergono. Bonomi media, e raggiunge l’accordo: finita la guerra, sarà il popolo a scegliere la forma istituzionale, mentre medio tempore la monarchia resterà “commissariata” dai partito del CLN (6). Dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, il Regio esercito combatte a fianco dei vecchi nemici contro i vecchi alleati, i fascisti repubblicani riprendono a combattere contro i nemici di prima, restando a fianco degli alleati di prima. Il CLN ne prende atto, ribadisce sia il rifiuto di collaborare con Badoglio, sia la sospensione della questione istituzionale. Nella seduta del 16 ottobre 1943, il CLN approva un ordine del giorno predisposto dal democristiano Gronchi, che auspica la formazione di un governo politico superando il momento Badoglio, e chiama il popolo italiano alla “guerra di liberazione a fianco delle nazioni unite” (7). È chiaro, dalle riunioni del CLN, che per il Comitato, la “lotta di liberazione” contro «l’estremo tentativo mussoliniano di suscitare, dietro la maschera di un sedicente Stato repubblicano, gli orrori della guerra civile» dovrà essere condotta a fianco delle nazioni unite «soltanto come cobelligerante e non come alleata».

Indipendentemente dalle posizioni del CLN, però, formazioni irregolari prendono le armi e combattono con la tattica della guerriglia contro fascisti e tedeschi. Sostiene De Felice: «Il fascismo repubblicano e il movimento partigiano nacquero autonomamente l’uno dall’altro ad opera di piccoli gruppi» (8) Come ricorda Carlo Pavoni (9), le motivazioni individuali che spingono i partigiani ad imbracciare le armi sono molteplici e non riconducibili ad unità. La guerra continua, dunque, anche nella forma di guerra civile tra italiani (10). I resistenti, infatti, rifiutano di combattere a fianco del Regio Esercito, nutrendo un profondo disprezzo verso di esso «inteso sia come istituzione e classe dirigente militare, sia come stile di vita» (11). Tale autonomia si esplica subito dopo l’occupazione tedesca di Roma. Il CLN comincia la lotta clandestina nella Capitale senza alcun contatto con i comandi militari. Nel frattempo, all’indomani dell’8 settembre, si costituisce a Milano un altro CLN, nello studio dell’avvocato liberale Giustino Arpesani (12). L’inizio della guerriglia nel Nord Italia sfocia nella costituzione di un “governo provvisorio”, guidato dal CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia), costituito il 31 gennaio 1944 su diretta “delega” del CLN romano (13). Del Comitato fanno parte Azionisti, liberali, democristiani, comunisti e socialisti. Il CLNAI non ha una struttura burocratica ben definita, e la lotta partigiana si espleta per lo più in assenza di direttive precise dal centro (14).

Dopo l’occupazione della parte peninsulare dell’Italia da parte delle Nazioni Unite, viene costituito un governo “civile”, presieduto da Bonomi che, il 26 dicembre 1944, a conclusione della missione a Sud dei comandanti partigiani Parri, Sogno e Pajetta, firma un protocollo con il CLNAI conferendo ad esso la delega di tutti i poteri per il governo del Nord Italia (15). Nel frattempo, la Massoneria, dopo la prima riunione del 26 luglio 1943, comincia a riorganizzarsi. Palermi riappare e “giustifica” con i fratelli la sua collaborazione con il Fascismo sostenendo di essersi infiltrato d’accordo con le logge statunitensi, e cerca di ricostruire la Gran Loggia d’Italia (16). Il 4 dicembre 1943 viene ricostituita un’altra Gran Commenda del Rito Scozzese Antico e Accettato, eleggendo quale Sovrano Gran Commendatore Carlo De Cantellis, il quale esordisce attaccando violentemente Palermi per le sue intese con il Fascismo (17). Dal canto suo, Maiocco ottiene dalle logge statunitensi un riconoscimento della Massoneria Unificata, da lui fondata, ma viene “scomunicato” sia dal GOI, sia dalla rinata Gran Commenda della Gran Loggia d’Italia (18). La Massoneria, quindi, si riorganizza a fatica e ritrovando le antiche divisioni, l’antica rissosità: a guerra finita, ci saranno il GOI, quella della Reggenza, nonché numerose Massonerie di rito scozzese che reclamavano in l’eredità della Gran Loggia d’Italia: quella di “via della Mercede”, facente capo a Palermi, quella “Unificata” di Maiocco, quella di “via Avezzana”, quella di De Cantellis, quella di Bencivegna-Battaglia, quella di Gustavo Scervini, il Gruppo San Giovanni di Scozia ed il Gruppo Nalbone (19).

Quale il suo ruolo nella guerra civile?

Come abbiamo visto, all’atto di fondazione del CLN è presente Meuccio Ruini, massone di lungo corso. Alla guerra civile partecipano, indubbiamente, dei massoni. Ma Ruini partecipa alla fondazione del CLN quale esponente della Democrazia del lavoro, non in quanto massone, ed i partigiani massoni vi partecipano a titolo personale o quali esponenti dei partiti aderenti al CLNAI. Va considerato, infatti, che alla guerra civile partecipano anche formazioni non inquadrate nei partiti del CLNAI. È il caso – ad esempio – delle formazioni monarchiche: ricordiamo la Brigata “Amendola” del Col. Gancia, la Brigata “Piave”, che opera nel trevigiano, la Brigata “Scordia” di Cavarzerani in Cansiglio, le formazioni dei comandanti Longhi, Genovesi, De Prada e Lombardini, operanti in Val d’Ossola e in Val di Toce, il Reggimento “Italia libera”, che agisce in Carnia (20). Non vi è traccia di formazioni partigiane di estrazione massonica, come – invece – avviene in Francia. Non solo non vi è traccia della partecipazione della massoneria in quanto istituzione a qualunque evento organizzativo nella preparazione e nella gestione della guerra civile, per quanto, non vi è traccia di sostegno massonico alla guerra partigiana sul piano logistico o finanziario, e manca, nei documenti massonici tra il 1943 ed il 1945, qualunque riferimento alla guerra civile in atto. Tali rarissimi documenti si occupano esclusivamente di problematiche interne, essendo obiettivo primario la “ricostruzione del Tempio”. Si veda, come esempio, il “manifesto del 10 giugno 1944 diffuso a Roma, firmato da Umberto Cipollone, Giuseppe Guastalla ed Ermanno Solimene, che annuncia la rinascita del Grande Oriente d’Italia, l’adesione al Rito Simbolico, la composizione della Giunta, facente cenno alla situazione politica solo per innalzare peana alla “rinascita” dell’Italia, ma senza alcun “richiamo alle armi” (21).

Si tenta, da parte massonica, di enfatizzare il ruolo dell’Unione Nazionale Democratica Italiana nella resistenza romana. L’UNDI viene definita associazione a forte connotazione massonica, perché fondata da aderenti alla Loggia Carlo Pisacane, fondata clandestinamente da Torregiani durante il confino a Ponza (22). Ma, a parte i dubbi collegamenti di questa formazione con la Massoneria che si va ricostituendo, non è dato rilevare alcuna incisività al suo ruolo nell’organizzazione delle azioni di guerriglia. Al di là – dunque – della propaganda fascista ossessionata dalle “logge”, al di là della propaganda massonica sul “tributo di sangue dei fratelli alla lotta di liberazione”, possiamo concordare con Carlo Francovich: (23) «non vorrei minimamente negare il coraggio, il sacrificio, talvolta fino alle estreme conseguenze, di singoli “fratelli” militanti in questo o in quel partito, durante gli anni della Resistenza. Ma la massoneria come organizzazione, in Italia, fu assente».

 

Note:

1 – Il partito d’Azione nasce nel 1943, vagheggiando idee mazziniane, quale trasformazione del Movimento di rinnovamento politico e sociale italiano, movimento fondato nella clandestinità durante la guerra, con idee “liberalsocialiste” – Francesco Leoni, op. cit., pp. 481 ss. cfr. Antonio Alosco, Il partito d’azione nel regno del Sud, Guida Editori, 2002; Giovanni De Luna, Storia del Partito d’Azione, UTET, Torino, 2006.
2 – Il movimento “democrazia del Lavoro” è costituito per iniziativa di Bonomi e Meuccio Ruini dopo il “cambio della marea”. Vi confluiscono personaggi della politica prefascista di ispirazione radicale e socialriformista. Nel 1944 assumerà il nome di partito democratico del Lavoro. Cfr. Antonio Alosco, “La Democrazia del Lavoro nel Regno del Sud”, inStoria Meridionale Contemporanea, 1983-1984; Id., “Il Partito democratico del lavoro”, in Aa.Vv., Il Parlamento italiano. 1861-1988, vol. XIII, “1943-1945. Dalla Resistenza alla democrazia. Da Badoglio a De Gasperi”, Nuova Cei, Milano 1989.
3 – La Democrazia Cristiana, partito di ispirazione cattolica, nasce dalle ceneri del vecchio partito popolare nella primavera del 1943.
4 – Bonomi, “Diario di un anno”, cit., pp. 98 ss.
5 – Ibidem; Carlo Pavoni, “Una guerra civile”, Bollati Boringhieri, Torino 1994, pos. Kindle 335; Marco Patricelli, op. cit., pp. 34 ss.; Anna Bravo e Daniele Jalla, Introduzione a “La vita offesa. Storia e memoria dei Lager nazisti nei racconti di duecento sopravvissuti”, Franco Angeli, Milano 2015, p. 23.
6 – Bonomi, ibidem, pp. 108 ss.
7 – ibidem
8 – De Felice, “Mussolini, l’Alleato, II – La Guerra Civile”, cit., p. 102.
9 – op. cit., pos. Kindle 828 ss.
10 – Riteniamo ideologicamente orientata la definizione “Guerra di Liberazione”. Fu una guerra civile, di italiani contro altri italiani. La definizione di “guerra civile” può ritenersi comunque ormai un approdo storiografico consolidato. Il primo ad usare il termine è, nel 1961, Rosario Romeo, in “Il Risorgimento: realtà storica e tradizione morale”, Einaudi, Torino 1961. Ma, fino al 1975, l’espressione è utilizzata solo da storici di estrazione fascista (Pino Rauti, Giorgio Pisanò). Nel 1975, De Felice rilascia a Michael Leeden una “Intervista sul Fascismo”, pubblicata da Laterza, in cui utilizza l’espressione. Da allora, nonostante il rifiuto psicologico di molti ad accettare l’idea, gli studiosi più neutrali non hanno dubbi sul fatto che, quella combattuta tra italiani dal 1943 al 1945 ha le caratteristiche di una “guerra civile”. Come nota Ernesto Galli della Loggia in “La Morte della Patria. La crisi dell’idea di nazione tra Resistenza, antifascismo e Repubblica”, Laterza, Roma-Bari 2015, p. 17: «L’ostracismo comminato per tanti anni dalla storiografia repubblicana alla definizione di «guerra civile», non è stato altro … che l’esito obbligato del rovesciamento meccanico, operato dalle forze della Resistenza, della mitologia fascista del «popolo di camicie nere» nella nuova mitologia di un popolo di antifascisti». L’ultimo volume della biografia del Duce scritta da Renzo De Felice, pubblicato postumo e già citato, ha come sottotitolo “La Guerra Civile”. L’inizio del terzo capitolo, “Il dramma del popolo italiano tra fascisti e partigiani”, è dedicato proprio alle motivazioni che spinsero i combattenti dall’una e dall’altra parte (non solo tra i partigiani, come analizzate da Pavoni). E tali motivazioni furono svariate, alcune delle quali inconfessabili, come in tutte le guerre civili.
11 – Pavone, op. cit., pos. Kindle 2083.
12 – Franco Catalano, “Storia del CLNAI”, Laterza, Bari 1956, p. 57.
13 – Ibidem, p. 116.
14 – Pavone, op. cit., pos. Kindle 2655 ss.
15 – Catalano, op. cit., pp. 341 ss.
16 – Pruneti “La tradizione massonica scozzese in Italia – storia del Supremo Consiglio e della Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M. obbedienza di piazza del Gesù dal 1805 ad oggi” Edimai, Roma 1994
17 – Mola 1992, pp. 659 ss.
18 – Mola 2018, p. 586; id., prefazione a Zarcone, op. cit., p. 27, assume che – però – nella temperie di quegli anni, quella di Maiocco è l’unica Massoneria accreditata a livello internazionale.
19 – AUSSME, fondo SIM, “Massoneria Italiana”, citato in Zarcone, op. cit., pp. 246 ss. – cfr. la cronologia di Mola 2018, pp. 13 ss., in cui parla di “vagiti” della Massoneria tra il 1943 e la fine della guerra – sulla rissosità tra le varie comunioni Massoniche, v. Terzaghi, op. cit., p. 143,
20 – I partigiani di tendenza monarchica vengono sbrigativamente etichettati dai vari CLN come “badogliani” – sulla “resistenza monarchica”, cfr. Antonio Ratti,“L’attività delle formazioni partigiane”, in Domenico De Napoli, Antonio Ratti, Silvio Bolognini, “La resistenza monarchica in Italia (1943-1945)”, Guida 1985, pp. 63 ss.
21 – Una copia del manifesto è conservata nel Museo della Liberazione di via Tasso a Roma – cfr. Isastia, “L’eredità di Nathan. Guido Laj (1880-1948) prosindaco di Roma e Gran Maestro”, Carocci, Roma 2006, p. 157.
22 – cfr. Mauro Valeri, “A testa alta verso l’Oriente eterno. Liberi muratori nella Resistenza romana”, Mimesis, Roma 2017
23 – op. cit., p. 91.

(continua…)

Luigi Morrone per la Redazione di Ereticamente

1 Comment

  • investigator113 12 Gennaio 2019

    complessi e velenosi soprattutto, I massoni inglesi in primis sono responsabili della fine del fascismo. Hitler e Mussolini governavano per far grande a modo loro; il proprio Paese senza ostacolarsi ognuno con i loro problemi da risolvere per il popolo. Mussolini mise in atto la conquista delle colonie africane, ma agli inglesi non andò proprio giù che l’Italia si espandesse verso il Mediterraneo, incominciò allora una guerra sotterranea tra i massoni inglesi e Mussolini, coinvolgendo le massonerie europee. Sempre i massoni inglesi fecero in modo di compattarsi Germania e Italia tramando nello stesso tempo sia contro Hitler che contro Mussolini. ebrei e colonie. Il famigerato incontro tra Mussolini e Hitler sicuramente è stato pianificato dagli inglesi, Hitler conquistata la fiducia di Mussolini non trovò di meglio che allargare il suo piano contro gli ebrei. A questo punto è bene capire come Mussolini benché preso alla sprovvista non abbia senza reagire acconsentire agli ordini di Hitler per la questione delle leggi razziali. pensando forse che l’Italia si sarebbe salvata dalla guerra che Hitler aveva messo in atto in tutta l’Europa? Questo punto della storia del fascismo ancora non è chiaro, le deportazione degli ebrei in Italia è tutta opera dei tedeschi che occuparono l’Italia no si capisce come ma nello stesso tempo noi entriamo in guerra con la Germania. Insomma sembra proprio un complotto sia contro Mussolini che contro Hitler. In fondo pure la fine di Gheddafi sembra lo stesso modus operandi degli inglesi francesi e americani, gli stessi attori della fine del fascismo come pure la capitolazione della grande Germania.

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