Il pezzo che vi apprestate a leggere inaugura una serie – assolutamente aperiodica – di interventi nei quali affronteremo su EreticaMente i rapporti tra Fascismo ed editoria fumettistica, tra Fascismo e cinematografia d’animazione, davanti ai prodotti autoctoni e nei confronti del materiale “straniero” tradotto e distribuito in Italia nel periodo. L’argomento – pur trattandosi di “microstoria” – è però estremamente vasto, troppo vasto per essere esaurito in alcuni articoli immersi nella “liquidità” di Internet; tanti temi restano e resteranno infatti aperti, pur essendo stati oggetto di svariati poderosi volumi e minuziosi saggi partoriti nei decenni da appassionati, giornalisti, studiosi, storici e accademici di altissima caratura. Approfondiremo via via casi particolari, cercando almeno di toccare i punti salienti e i casi eclatanti, sui quali circolano ancora dubbi e fole. E questo verrà fatto attingendo alle fonti – cartacee ed elettroniche – che ci sono sembrate più interessanti e valide – essenzialmente basandoci, però, per le conclusioni, sulle nostre opinioni, sul nostro pensiero e su letture, interpretazioni ed esperienze personali.
Romano e i fumetti
Nel rappresentare il mondo turbolento del fumetto e del cinema d’animazione d’Oltreoceano nello Stivale durante l’Era Fascista procedono di pari passo leggende e verità – spesso intersecandosi fra loro, rendendo difficile separare il grano dal loglio, a così tanti decenni di distanza. È però proprio questo l’aspetto più “gustoso” della “pietanza”! Senza “misteri” e incognite non ci sarebbe più il piacere della ricerca storica.
Ecco gli interrogativi principali sui quali fonderemo questo nostro primo discorso. Nel 1935 Walt Disney fece un viaggio turistico/commerciale in Europa, incontrandosi nei vari Paesi che toccava con gli editori locali delle sue creazioni. Disney venne anche in Italia, per definire il passaggio dei diritti di stampa dei suoi personaggi – Topolino, Paperino e gli altri – dal fiorentino Nerbini al milanese Mondadori. Ben noti (anche perché immortalati su pellicola fotografica e nei cinegiornali LUCE) i suo contatti con Edda e Galeazzo Ciano… Walt si incontrò anche con il Duce? E perché, in caso di risposta affermativa, avrebbe dovuto farlo? Che interesse poteva infatti avere Benito Mussolini per la produzione disneyana? Inoltre, quando nel 1938 – su impulso di Filippo Tommaso Marinetti – si trattò di favorire il fumetto italiano contro la preponderanza americana, è vero che il Duce si raccomandò personalmente con i vertici del Ministero della Cultura Popolare di non toccare il celebre topo disneyano?
Il punto di partenza per addentrarci in questi “segreti” microstorici è un’intervista che Romano Mussolini rilasciò alla rivista “If” pubblicata dalla Epierre – sul n. 4 uscito nell’ottobre del 1995. “If”, storica tribuna cartacea d’informazione fumettistica, era stata rinnovata nel novembre del 1994 grazie alla sinergia fra due gruppi di appassionati di “letteratura disegnata” che si muovevano nell’ambiente fiorentino fin dagli anni ’70 e ’80 – il GAF, editore di “Exploit Comics”, e il Club del Collezionista, che pubblicava la fanzine “Collezionare”; le due redazioni si “fusero” per dar vita a “If” (e il sottoscritto, proveniente dai ranghi di “Collezionare”, fu orgoglioso di partecipare attivamente, come redattore, al progetto). Il giornalista ed esperto del settore Francesco De Giacomo si incontrò dunque con il figlio del Duce, registrando una videocassetta dell’importantissimo colloquio e facendo controfirmare al prestigioso intervistato, come approvazione e nulla-osta, la trascrizione cartacea della conversazione (tragicamente questa VHS e queste carte furono oggetto di un singolare e inquietante furto avvenuto in casa di De Giacomo nel maggio del 2012 – come si può leggere un po’ dovunque in Rete – ma questo non ha a che vedere con il nostro racconto).
Leggendo l’intervista (e la lunga introduzione) vengono fuori numerose curiosità inedite e clamorose notizie, a partire dal nome stesso di Guido Mussolini (figlio di Vittorio e primo nipote del Duce, nato nel 1937 e deceduto nel 2012): non deriverebbe, come tramandava fino ad allora l’ufficialità, da un omaggio alla memoria del generale Alessandro Guidoni, ma sarebbe stato suggerito al fratello maggiore dal giovanissimo Romano, che all’epoca aveva 10 anni, pensando a Guido Ventura – ovvero al nome italiano di Brick Bradford, le cui avventure venivano pubblicate con immenso successo di pubblico in tutte le fasce d’età sul periodico per ragazzi “L’Avventuroso” lanciato da Nerbini nel 1934.
Si trattava, Guido Ventura (o Brick Bradford che dir si voglia), di un pregevole fumetto americano di fantascienza, creato nel 1933 dallo sceneggiatore William Ritt e dal disegnatore Clarence Gray; negli Stati Uniti veniva distribuito sui vari giornali dal King Features Syndicate (con strisce giornaliere in bianco-e-nero e tavole domenicali a colori); il fumetto andò avanti fino al 1987 grazie al successore artistico dei creatori, Phil Norris.
L’amore per il fumetto internazionale, nutrito dalla famiglia Mussolini (che in ciò non si differenziava da una “normale” famiglia italiana con prole), si sarebbe indirizzato soprattutto verso l‘avventura classica e i prodotti disneyani. Come afferma infatti lo stesso Romano Mussolini nell’intervista a “If”, fra i suoi fumetti preferiti c’erano al primo posto Mickey Mouse e poi i grandi eroi dell’azione e dell’umorismo – come Mandrake, Cino & Franco, l’Uomo Mascherato, Flash Gordon e Braccio di Ferro – con una predilezione editoriale per i settimanali “L’Avventuroso” e “Topolino”. Il giovane Romano richiese e ricevette nel 1936 la tessera di “Amico di Topolino” e nel 1938 la sorella Anna Maria (nata nel 1929 e morta nel 1968) inviò un disegno (Casa di campagna) al periodico, che lo pubblicò sul n. 331 del 1939, con grande risalto e parole d’elogio, nella pagina riservata agli “Artisti di Topolino”.
Mickey Mouse era nato nel 1928 come personaggio dei cartoni animati, un parto della fantasia che fu immediatamente acclamato da spettatori di tutte le età in tutto il globo: Walt Disney (co-creatore del topo insieme al disegnatore Ub Iwerks, suo sodale nelle precedenti esperienze d’animazione, come Oswald e Alice) aveva avuto l’intuizione di sfruttare appieno per il suo nuovo cartone le potenzialità del sonoro in sincrono, che per l’epoca era una novità assoluta in cinematografia, essendo stato inventato solo un paio di anni prima. Il pupazzo disneyano (un uomo con la maschera del topo, più che un animale antropomorfo, e dunque solo in parte derivato dalla tradizione favolistica di Fedro, Esopo e La Fontaine), dai tratti tutto sommato neutri, poteva infine permettere a ogni spettatore di identificarsi in esso. La fortuna di Topolino fece sì che i Disney Studios decidessero di varare anche una produzione parallela a fumetti, nel 1930, ingranando subito al massimo, grazie alle eccezionali doti del disegnatore Floyd Gottfredson e al sapiente mix di avventura, giallo e umorismo presenti nelle strisce. Nerbini ottenne i diritti per l’Italia di Mickey Mouse e pubblicò il materiale americano sul suo settimanale “Topolino” dal 1932 al 1935, quando la Disney (dopo circa un anno di trattative) optò per il passaggio di concessione alla Mondadori; la casa milanese avrebbe mantenuto i diritti per oltre mezzo secolo, fino al 1988; solo nel 2013, dopo 25 anni di gestione diretta Disney, il celeberrimo albo tornò in mani italiane, per i tipi della Panini, marchio universalmente noto per le raccolte di figurine (del resto era logico, in quanto la Panini pubblica in Italia la Marvel, ditta che è stata acquistata dalla Disney). A partire dagli anni Trenta sarà l’Italia il maggior produttore mondiale di fumetto disneyano, impiegando fin dall’inizio uno stuolo di sceneggiatori e disegnatori autoctoni; con gli anni Sessanta, la scuola dei Disney Italiani (con i nomi di Carpi, Scarpa, Bottaro, Chendi, Cavazzano, etc.) si sarebbe imposta nel Mondo, con modi di narrare del tutto originali.
Un Topolino a Villa Torlonia
E veniamo ora a un passo cruciale, che ha suscitato negli anni dibattiti e prese di posizione. Nel colloquio con De Giacomo il figlio del Duce dice testualmente, riferendosi a momenti di vita vissuta in ambito famigliare:
Walt Disney ha rappresentato un perfetto anello di congiunzione tra mondo cinematografico e mondo dei fumetti. Durante una sua visita in Italia venne ricevuto da mio padre e in quell’occasione regalò a me e ad Anna Maria un enorme Topolino di legno. Si trattava di un Topolino alto come me. Lo abbiamo tenuto sempre in casa. Poi, come altre cose, ci è stato portato via. Eravamo molto affezionati a questo oggetto, che tuttora rimpiango. Avevamo una sala adibita a studio per me e per Anna Maria, nella quale tenevamo anche i giocattoli. Questo Topolino troneggiava in mezzo a tante altre cose. Nel pomeriggio, dopo essere stato ricevuto a Palazzo Venezia, Disney venne anche a Villa Torlonia. Era l’estate del 1935. Si parlò naturalmente di Topolino, di Minnie e di Paperino, che cominciava ad affacciarsi e che sarebbe divenuto uno dei miei beniamini. Ci si informò dei film e delle prossime avventure. Fu un incontro simpaticissimo e cordialissimo. Mi sembra che anche mia madre parlò con l’autore di Topolino. Non so però in quale lingua, perché la mamma conosceva solo l’italiano e il romagnolo. Avrà parlato con Disney… in romagnolo!
La visita nel Vecchio Continente, come abbiamo accennato sopra, avvenne veramente ed ebbe una grande risonanza su tutti i mezzi di comunicazione. Nel 2014 è uscito per i tipi della Theme Park Press un prezioso libro intitolato Disney’s Grand Tour – Walt and Roy’s European Vacation – Summer 1935; lo ha scritto il super-esperto Didier Ghez, che abbiamo anche personalmente conosciuto, potendone apprezzare in diretta la professionalità e la correttezza storiografica, ed è da questo volume che abbiamo attinto molte delle notizie che seguono, integrandole con altre fonti (da alcune “classiche” fino al documentario, datato sempre 2014, Walt Disney e l’Italia – Una storia d’amore, scritto e diretto da Marco Spagnoli). Apprendiamo così che Walt Disney viaggiava insieme alla moglie Lillian e al fratello Roy, a sua volta accompagnato dalla consorte Edna. Il gruppo partì nel giugno del 1935 da New York, imbarcandosi sulla lussuosa nave passeggeri francese Normandie; i Disney toccarono il Regno Unito, la Francia, la Germania, l’Austria, la Svizzera e l’Italia, e, salpando da Genova, tornarono in America il 1° agosto, dopo aver attraversato l’Atlantico a bordo del nostro transatlantico Rex!
Ci fu a Roma, presso il Cinema Barberini, una serata di gala in onore del prestigioso ospite americano, che era stato ricevuto alla Stazione da Luigi Freddi, all’epoca a capo della Direzione Generale della Cinematografia e futuro fondatore di Cinecittà (nel 1937). La sala del Barberini era tutta addobbata con i celebri personaggi della Casa delle Idee (insieme a scritte come Roma saluta il poeta del cinematografo) e sullo schermo passarono alcune opere targate Disney. Gli Archivi Storici dell’Istituto LUCE (fondato da Mussolini nel 1924) conservano un breve filmato dell’evento in cui vediamo Walt e Lillian Disney accompagnati da Galeazzo Ciano (Ministro per la Stampa e la propaganda) e dalla Contessa Edda Ciano Mussolini; il filmato (codice B0718) è oggi facilmente rintracciabile in Rete, nel sito dell’Istituto LUCE oppure su YouTube. Il quotidiano “La Stampa” parlò così – in termini oltremodo entusiastici, parlando di Disney come di un “benefattore dell’umanità” – dell’evento mondano del 19 luglio 1935: Al cinema romano Barberini si è tenuta una serata di gala in onore di Walt. Dopo la proiezione dell’anteprima italiana del film USA ‘We Live Again’ (ovvero Resurrezione, del 1934 – ndr), con Anna Sten, diretto da Robert Mamoulian, gli onorevoli ospiti hanno riso di gusto assistendo a tre cortometraggi animati disneyani: ‘Mickey Plays Papa’, ‘Mickey’s Man Friday’ e ‘The Goddess of Spring’ (quest’ultima è una Silly Symphony – ndr), arrivati in volo da Londra proprio per l’occasione. Il pubblico cinematografico italiano ha dimostrato un grande sentimento di amicizia verso questo benefattore dell’umanità, come spesso viene definito.
La stretta di mano fra il Duce e Disney: realtà o fantasia?
L’incontro fra Walt e Benito, realmente in agenda da mesi, avvenne davvero oppure no? Ci sono tante prove e tanti indizi a favore… Innanzitutto abbiamo il ricordo di Romano, nitido e inequivocabile. Esiste poi una foto del Duce, catalogata e conservata negli immensi Archivi della WDC, autografata con dedica a Disney. Il ritratto fu eseguito a Roma dalla fotografa ungherese Ghitta Carell e la scritta vergata a mano dal Duce recita, parte in italiano e parte in inglese: A Walt Disney, with cordial regards and compliments. Roma, 21 luglio 1935 – XIII. Mussolini. Anche Disney venne immortalato a Roma dalla Carell. Dopo quella di Romano la testimonianza più forte e autorevole della realtà dell’incontro risale a quando Roy Disney, fratello di Walt e suo compagno di viaggio in quell’occasione europea, ne parlò in un’intervista concessa in più riprese (fra il 1967 e il 1968, cioè a meno di due anni dalla morte di Walt, avvenuta nel 1966) a Richard Hubler – giornalista ed esperto in biografie scomparso nel 1981. Roy si espresse in questi termini: Walt fu ricevuto da Mussolini durante quel viaggio. Mussolini conosceva Walt e fu molto, molto cordiale e conversammo a lungo sui nostri cartoni. Parlava un inglese corretto. Aveva un ufficio grande… davvero enorme. Lui era seduto in un angolo e noi dovemmo attraversare tutta la sala. Il signore che ci accompagnava calzava un paio di quelle scarpe italiane scricchiolanti che tutti conosciamo. E così – a forza di gniic, gniic, gniic gniic – ci condusse da Mussolini. Lui era seduto là, rimanendo un po’ in ombra, mentre noi eravamo illuminati da una lampada. Fu molto piacevole e cordiale. Ci parlò con vanto anche dei treni. ‘Ora potete viaggiare sicuri sui treni. Fino a un anno fa capitava che venissero fermati e assaliti dai rapinatori. Ora non lo fanno più’.
Molte biografie parlano di Disney a Roma nel ’35, anche se solo alcuni si riferiscono direttamente all’incontro con il Duce, dandolo per certo; lo fa, per esempio, Bob Thomas (autorità indiscussa in ambito saggistico disneyano), nel suo Walt Disney – An American Original, persino nell’ultima edizione, quella edita nel 1994 da Hyperion. Anche Maria Scicolone (attrice, moglie di Romano e sorella di Sophia Loren) parlò della riunione tra i Disney e Benito Mussolini nel suo libro A tavola con il Duce (Gremese, 2004). Il fondamentale volume Eccetto Topolino di Fabio Gadducci, Leonardo Gori e Sergio Lama (Nicola Pesce Editore, 2011) ripercorre la storia editoriale del fumetto (italiano e internazionale) durante l’Era Fascista; qui l’intervista a Romano Mussolini originariamente apparsa su “If” nel 1995 viene integralmente riportata, dunque dando nuova autorevolezza alla veridicità della notizia del colloquio.
Didier Ghez, nel suo volume sulle vacanze europee di Walt e Roy, afferma invece chiaramente che quell’incontro non ci fu. Ecco gli indizi e le prove che hanno portato Ghez alla sua risoluta conclusione: non esistono foto dell’evento, Walt Disney non ha mai parlato del colloquio (anzi, sul Rex, sollecitato da un giornalista americano, negò di aver avuto un faccia-a-faccia con il Duce), e non ne hanno mai parlato – del gruppo di viaggiatori – né Edna, né Lillian; inoltre, secondo i documenti ufficiali conservati presso l’Archivio di Stato a Roma, il nome di Disney non compare nella lista di persone ricevute da Mussolini in quei giorni di luglio.
Oltre il topo: Walt Disney tra verità e leggende
Non abbiamo gli strumenti per appoggiare con sicurezza nessuna delle due tesi. Possiamo fare fare solo un ragionamento “a pelle”. Secondo noi l’incontro tra Mussolini e i Disney potrebbe esserci stato per davvero; il fatto che non esistano foto o riscontri “ufficiali” (e che Disney abbia anche negato che avvenne) potrebbe spiegarsi con il fatto che quell’incontro fu privato e famigliare (a Villa Torlonia) e allo stesso tempo “delicato” (a Palazzo Venezia). Delicato perché si parlò sicuramente del passaggio dei diritti da Nerbini a Mondadori, questione economica non minima, che avrebbe avuto riflessi sull’editoria italiani per i ragazzi nei decenni a venire. A noi sembra naturale, lapalissiano, immaginare Benito Mussolini, negli incontri con grandi personaggi dell’industria e del commercio, mentre discute anche di questioni economiche, e di interessi italiani – come farebbe ogni serio Capo di Stato con a cuore la situazione del suo Paese. Ma forse sbagliamo noi a pensare in tali termini…
Infine un’altra considerazione: in quegli anni e almeno fino all’inizio del conflitto Walt Disney, politicamente, aveva una posizione non avversa, diciamo “neutrale”, rispetto ai socialismi nazionali europei, e dunque un incontro con il Duce, anche sotto questo aspetto, poteva essere più che plausibile. Il suo sentimento antibolscevico è ben noto, anche se molto spesso gli viene affibbiata più l’etichetta di “conservatore reazionario” che di “rivoluzionario”. Ma forse la verità sta nel mezzo. Frequentandolo artisticamente da decenni (attraverso le creazioni sue e dei suoi collaboratori) ci siamo fatti l’idea che Disney fosse sì un Americano, un capitalista, ma “a modo suo”, interessato più ai personaggi che aveva inventato che ai soldi che ne potevano derivare; negli anni rischiò infatti più volte la bancarotta per inseguire i suoi sogni, prima e dopo il topo; il film Fantasia, uscito negli USAnel 1940, davvero visionario per l’epoca, non fu apprezzato dal pubblico e fu un gigantesco flop commerciale che avrebbe gettato la WDC in crisi per tutti gli anni Quaranta; solo con gli anni Cinquanta (con il parco tematico di Disneyland, con i diritti dell’oggettistica collegata ai suoi personaggi e con i nuovi successi cinematografici) Disney riuscì a liberarsi dal patibolo che gli avevano apparecchiato le banche. Ne riparliamo comunque più avanti. Poi, nel luglio del 1935, le sanzioni economiche contro l’Italia erano ancora relativamente lontane, e i rapporti fra Roma e Washington non avevano ancora cominciato a guastarsi, nemmeno per quanto riguarda lo spettacolo (nel 1937 il produttore cinematografico Vittorio Mussolini, secondogenito del Duce, si recò addirittura a Hollywood, dove assistette alle riprese di una delle comiche di Hal Roach, cineasta con del quale nel dopoguerra fu brevemente socio nella casa di produzione RAM).
In quella fatidica estate del 1935 Disney era andato anche in Germania, stazionando soprattutto a Monaco e dintorni, per turismo termale e per discutere della distribuzione UFA (Universum-Film AG, la casa di produzione che aveva realizzato capolavori immortali, come Metropolis) dei suoi cortometraggi con Micky Maus; qui, asseriscono le biografie, incontrò di personalità politiche solo le autorità locali bavaresi, ma nel saggio Im Reiche der Micky Maus: Walt Disney in Deutschland 1927-1945 scritto da Storm e Dressler (Henschel Verlag, 1991) si afferma che Disney sarebbe volato con un aereo di Stato fino a Berlino, invitato ufficialmente per colloqui ufficiali con le più alte cariche governative. Anche in tal caso, se si cerca di scoprire di più, si traballa pericolosamente sull’orlo della fola montata ad arte…
A proposito.
Se leggiamo il curioso e irriverente saggio di Marc Eliot, Walt Disney – il Principe Nero di Hollywood (Bompiani, 1994, per l’edizione italiana), il creatore di Topolino viene praticamente arruolato nel NSDAP – niente meno! Più che una “bomba” si tratta di un rumoroso e innofensivo petardo. Il libro si basa molto sulle affermazioni di Art Babbitt, il principale responsabile della creazione e dello sviluppo del personaggio di Pippo, e uno dei maggiori animatori della Disney fino al 1940. Babbitt, sindacalista e socialista, appoggiò nel 1941 uno sciopero dei dipendenti di più “basso livello” dei Disney Studios (quelli che contribuivano alla realizzazione dei cartoni animati, ma la cui firma poi non appariva nei titoli), passando poi serie grane, e da quel momento non perse mai l’occasione di attaccare l’ex-amico Walt. Dal suo punto di vista il “fascismo” attribuito a Disney era una connotazione reale ed estremamente negativa.
Ma perché Disney sarebbe stato un “fascista”? L’etichetta gli venne attaccata in virtù dalle sue ben note e mai celate idee antibolsceviche e anticomuniste (tanto che si hanno tracce di una sua effettiva collaborazione con l’FBI in funzione antisovversiva), e da certe sue frequentazioni – in particolar modo dall’amicizia e ammirazione nei confronti dell’asso dell’aviazione Charles Lindbergh. Il trasvolatore oceanico era infatti – lui sì – un aperto simpatizzante dei socialismi nazionali (nel 2004 lo scrittore statunitense Philip Roth ci imbastì sopra la trama del suo avvincente romanzo di fantapolitica Il complotto contro l’America, catalogabile nel filone delle ucronie). Lindbergh fu più volte in Germania in visita ufficiale negli anni Trenta (per studiare i progressi dell’aviazione tedesca) e universalmente conosciuta fu l’onorificenza che ricevette da Goering in persona (l’evento fu persino oggetto di svariate foto, facilmente visibili in Rete), una medaglia che non volle mai sconfessare, nemmeno dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, neanche su insistenti pressioni dalle alte sfere; l’aviatore vedeva nella Germania di Hitler un baluardo dell’Occidente contro lo stalinismo; appoggiò tutte le iniziative dell’America First Comittee, organizzazione fondata nel 1940 per sostenere la non belligeranza degli USA e contraria alla politica roosveltiana; la moglie di Lindbergh fu accusata più volte dal governo di Washington di fare propaganda “nazista” con i suoi romanzi. Disney era entusiasta di Lindbergh e secondo Babbitt (ed Eliot, di rimando) sosteneva anche lui i progetti di America First.
Il primo cartone animato della serie “Mickey Mouse” a essere prodotto, nel 1928, fu Plane Crazy, anche se poi venne distribuito solo come quarto, nel 1929, dopo l’aggiunta della colonna sonora. In Plane Crazy il nostro Topolino sogna di volare in aereo rivivendo le imprese di Lindbergh (che compare ritratto da Ub Iwerks); questo cartone animato, che ribadiamo essere stato il primo della serie, ebbe successivamente una riduzione a fumetti; questa fuoggetto della prima sequenza di strisce della prima avventura in assoluto del topo, pubblicata negli USA dal gennaio al marzo 1930 con il meccanismo distributivo delle strisce giornaliere “sindacate” (cioè distribuite ai vari giornali da un’agenzia, il King Features Syndicate di New York – i fumettisti disneyani non lavoravano direttamente per la Disney, ma per le agenzie o per le case editrici che avevano acquistato i diritti dei personaggi nati per il cinema). Lindbergh, che appariva anche nella trasposizione fumettistica, è dunque il “nume ispiratore” sia del primo cartone animato, sia della primissima storia di Topolino! In Italia tale episodio cominciò a essere pubblicato, in ordine non cronologico delle strisce, dal settimanale “Illustrazione del Popolo”, supplemento del giornale torinese “La Gazzetta del Popolo”, a partire dal n. 13 del 30 marzo 1930. La sequenza con l’aviatore americano verrà intitolata Topolino emulo di Lindbergh e apparirà sull’ebdomadario qualche mese dopo; solo nel 1934, con Nerbini, questa prima avventura verrà ricomposta fedelmente, con la dicitura Le audaci imprese di Topolino nell’Isola Misteriosa.
Non solo Lindbergh. Sempre nel caustico volume di Eliot, spicca il caso di Gunther Lessing, il famoso avvocato nato nel 1886 in Germania e morto nel 1965 in California. Negli anni fu rappresentante legale anche di Pancho Villa – il rivoluzionario messicano – e, dal 1929 al 1964, di Walt Disney, che lo nominò vice-presidente della Compagnia; fu con lui che Babbitt dovette scontrarsi a causa dello sciopero del 1941. Di Lessing (coinvolgendo di riflesso e con ampie forzature lo stesso Disney) si sottolineano da più parti i presunti legami con la German American Bund, fondata da Fritz Gissibl nel 1936, e con la Silver Shirt Legion of America, nata nel 1933 per iniziativa di William Dudley Pelley – entrambe organizzazioni filo-tedesche, agenti in aperto sostegno all’idea politico-sociale del Terzo Reich.
Ci sono poi vere e proprie favole metropolitane, come le “svastiche” che farebbero capolino in una striscia di Topolino (in realtà due note musicali incrociate) oppure il fatto che nella prima versione del cortometraggio I Tre Porcellini il Lupo Cattivo a un certo punto si mascherasse da mercante ebreo… Ma qui si entra nel folklore contemporaneo, se non addirittura nell’umorismo e nella farsa – secondo la nostra modesta opinione.
Eccetto Topolino: il fumetto e il cartone animato disneyano dal 1938
A Villa Torlonia, la residenza privata romana del Duce in Via Nomentana 70, c’era anche una saletta destinata alla proiezione cinematografica. Fu qui che Mussolini, con i suoi figli più giovani, visionava i cartoni animati licenziati dalla Disney, appassionato soprattutto dalle colonne sonore. Romano Mussolini, nell’intervista a “If”, rivela: il motivo musicale dei ‘Tre Porcellini’ era diventato così popolare che alcune volte l’ho sentito canticchiare persino da mio padre. E nel colloquio con De Giacomo si fa luce anche su altri particolari. Innanzitutto, sempre secondo Romano, al Duce piacque enormemente il primo lungometraggio della Disney, Biancaneve e i Sette Nani del 1937, presentato in Italia nel 1938 al Festival di Venezia, tanto che volle anche rivederlo, almeno due volte. La pellicola ebbe un successo enorme in Italia, non solo a casa dei Mussolini, successo preparato già da un anno e mezzo con campagne pubblicitarie e vendite dei diritti commerciali di sfruttamento delle immagini a ditte di ogni genere (celebri le caramelle Elah e la raccolta di figurine abbinata con i personaggi di Biancaneve). A dieci anni dal primo cortometraggio sonoro di Topolino, la Disney aveva affinato enormemente le sue tecniche di animazione; con Biancaneve venne introdotto l’uso della multiplane camera, una macchina fotografica gigantesca, con più piani sovrapposti a colonna, che permetteva di fotografare contemporaneamente più sfondi disegnati, muovendo su di essi le celluloidi con i personaggi, e donando così al cartone animato un notevole e inedito effetto di profondità. Dal novembre del 1935 (ovvero dall’inizio delle sanzioni economiche) fino al luglio delle 1938 (quando si passò alle proibizioni ministeriali vere e proprie) si tentò di favorire, per quanto riguardava la lettura disegnata destinata a un pubblico giovanile, i nostri prodotti rispetto a quelli stranieri. Come vedremo in un futuro pezzo, questa situazione oggettiva contribuì alla nascita della grande scuola del fumetto avventuroso italiano – ancora oggi molto attiva; diciamo del “fumetto avventuroso”, perché sul versante umoristico e “pupazzettistico” l’Italia aveva già calato parecchi carichi di briscola, già dai tempi del Corriere dei Piccoli e dei “giornali da trincea”, come “La Tradotta”. Pian piano i fumetti americani scomparvero dalle testate per ragazzi (oopure mutarono drasticamente nelle tarduzioni), soprattutto grazie anche alla “prefazione-manifesto” del futurista Marinetti, presidente al Convegno Nazionale per la Letteratura infantile e Giovanile, organizzato a Roma nel novembre del 1938 dall’Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari e Scolastiche e dal Sindacato Nazionale Fascista Autori e Scrittori. Ma le creazioni della Walt Disney poterono continuare a essere tranquillamente pubblicate fino al 3 febbraio 1942, con l’ultima puntata sul settimanale mondadoriano della storia Topolino e l’illusionista. Occhio alla data: l’Italia aveva dichiarato guerra agli Stati Uniti già da quasi due mesi! Da questo momento è il conflitto a risolvere ogni questione, e anche il topo tornerà in America. Ma da dove derivò questo “trattamento di favore” nei confronti di Burbank dal 1938 al 1942? Nelle circolari e nelle lettere di risposta del Ministero della Cultura Popolare ai vari editori che avrebbero voluto continuare a pubblicare materiali fumettistici americani si ricordava (come ben evidenziato con estrema dovizia documentativa nel già citato volume Eccetto Topolino della NPE) che solo la produzione disneyana era esclusa dai provvedimenti. Romano Mussolini nella sua intervista, ricorda di essersi personalmente raccomandato più volte con Ferdinando Mezzasoma, Direttore Generale del Ministero della Cultura Popolare, riguardo alla musica jazz e alla produzione Disney. Benito Mussolini, di cui era noto il gradimento nei riguardi dell’arte disneyana, deve aver recepito questi sentimenti famigliari, e quando ne
l 1938 gli venne sottoposto un elenco di pubblicazioni non più adatte al pubblico giovanile, lo approvò… ma aggiunse una leggendaria postilla: Eccetto Topolino!
Questo accadimento era stato dato per certo fin dal 1968, quando ne parlò per primo Ezio Ferraro sul mensile “Sgt. Kirk” in una serie di articoli intitolati La storia del giornalinismo italiano. Studi più approfonditi eseguiti in anni più recenti – culminati nel 2011 con l’apparizione del fondamentale saggio Eccetto Topolino – hanno ridimensionato il fatto. A quanto pare non ci sarebbe stato un intervento personale del Duce, con tanto di nota apposta sulla lista, ma una percezione, in ambito ministeriale, oltre che dell’apprezzamento verso Mickey Mouse & Co. dei Mussolini, dellascarsa o inesistente rilevanza “politica” delle avventure di Topolino e Paperino e anzi di un certo “comune sentire” fra Fascismo e “ e filosofia sociale disneyana” che nelle stesse avventure è sottesa… ma anche di questo parleremo in futuro.
I provvedimenti coinvolsero non soltanto il fumetto stampato, ma anche il cinema d’animazione americano. Biancaneve fu proiettata prima, e dunque niente da dire su questo versante; l’oggettistica collegata ai personaggi (come i gadget della Elah) resistettero ancora per anni.Pinocchio, che è del 1940, fu visto in Italia per la prima volta solo nel 1946. Ma i disegni tratti dal film erano conosciutida tutti, per essere stati distribuiti fin dalla fine degli anni ’30; in un cinegiornale LUCE, girato a Firenze nel gennaio del 1942, in occasione dell’inaugurazione del Centro Didattico Nazionale, viene filmata una saletta dov’era allestita un’esposizione dedicata alle Avventure di Pinocchio di Collodi; in uno dei quadretti appesi al muro notiamo inequivocabilmente il Pinocchio in abbigliamento “tirolese” dell’interpretazione disneyana!
Fantasia, pure del 1940, fu il terzo lungometraggio della Disney – quello in cui il cartone animato veniva accostato a brani di musica classica. Alcune sequenze, come quella dei vulcani preistorici, furono ispirate a Disney proprio dal viaggio italiano del 1935, durante il quale si recò anche sul Vesuvio. La pellicola costò cifre enormi; basti pensare che la versione dell’opera sinfonica La Sagra della Primavera di Stravinsky che vi appare (come commento sonoro della parte sull’evoluzione della vita) fu venduta dal compositore russo a Disney! Ma, come abbiamo accennato prima, questo ambizioso progetto (dai forti intenti educativi) precorreva troppo i tempi e fu un disastro assoluto al botteghino: la casa di produzione californiana, dopo un decennio abbondante di grande fortuna garantita dal topo, rischiò di affondare nei debiti, strangolata dalle banche; solo con le successive riedizioni il film cominciò ad essere apprezzato dal pubblico: oggi è, fra tutti i film, al 22° posto assoluto come incassi. Però, negli anni Quaranta,Fantasia fu un successo almeno a… Roma! Come racconta Romano Mussolini nella celeberrima intervista a “If”, quando le truppe italo-germaniche riconquistarono in Libia la città di Tobruk (dopo che gli Inglesi e gli Australiani l’avevano invasa nel gennaio del 1941), fra il materiale abbandonato dagli occupanti furono trovate anche numerose pellicole cinematografiche, e tra queste c’era anche Fantasia, che fu proiettata, in anteprima assoluta per l’Italia (con quattro anni di anticipo sulla “prima ufficiale”), a Villa Torlonia, per interessamento di Mezzasoma. Romano afferma testualmente: ne rimanemmo scioccati.
Sipario.
Per approfondire:
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Francesco De Giacomo – Quando il Duce salvò Topolino – Intervista a Romano Mussolini su “If” n. 4 (Epierre, ottobre 1995)
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Didier Ghez – Disney’s Grand Tour: Walt and Roy’s European Vacation, Summer 1935 (Theme Park Press – 2014)
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Fabio Gadducci, Leonardo Gori & Sergio Lama – Eccetto Topolino (Nicola Pesce Editore – 2011)
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Marc Eliot – Il principe nero di Hollywood: Walt Disney (Bompiani, 1994)
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Bob Thomas – Walt Disney, an American Original (Hyperion, 1994)
In Rete consigliamo il blog Anni Trenta – Fumetti Classici.
Francesco G. Manetti