Nell’anno di Dio 2015, dopo oltre un secolo, la popolazione di cittadinanza italiana è diminuita. Oltre centoquarantamila italiani in meno in un solo anno, probabilmente di più se calcolassimo le naturalizzazioni di cittadini stranieri. Ci avviamo con allegria di naufraghi verso l’estinzione, che avrà nei prossimi anni inevitabili accelerazioni. Contemporaneamente, portiamo a riva un numero spropositato di cosiddetti rifugiati, che i media neppure più citano, perché non fanno notizia e la popolazione potrebbe impensierirsi. Si parla di salvataggi in mare, come se fosse in corso una gara tra bagnini di varie zone del Bel Paese.
I salvati, poi, si lamentano per il cibo ed il trattamento, e qualcuno li conduce persino alle terme: esattamente come accade ai nostri pensionati o disoccupati. Intanto, nella periferia industriale di Firenze e Prato va in scena un’altra puntata della telenovela infinita di una nazione agonizzante: centinaia, forse migliaia di cinesi si ribellano a controlli di polizia, ingaggiano scontri con la polizia e poi scendono in piazza per protestare contro brutalità degli aguzzini in divisa e controlli di legge.
La zona che va da Prato a Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio, oltre ad alcune zone nella parte settentrionale dello stesso territorio di Firenze costituiscono la più grande Chinatown d’Italia, ma, innanzitutto, si sono trasformate nel tempo in un’ampia enclave extraterritoriale. Centinaia e centinaia di imprese nel settore tessile, e poi un ramificato indotto che spazia dall’alimentare alla pelletteria, ai prodotti sanitari ed a tutto il resto. Quanti siano i cinesi in quella parte di Italia sottratta a noi non è dato sapere. Le anagrafi dei comuni registrano nascite, matrimoni, nuove residenze, ma rari decessi. Non è che il dragone sia immortale, ma i documenti vengono spesso passati da persona a persona, e non è certo da escludere la compiacenza delle autorità consolari. In ogni città italiana, sempre più cinesi svolgono attività commerciali o artigiane in concorrenza al ribasso – da ogni punto di vista – con i colleghi italiani. Nel mio quartiere, almeno una ventina di parrucchieri, sarti, empori di generi misti sono cinesi, senza contare i banchi sul mercato bisettimanale. Le leggi italiane favoriscono fiscalmente e normativamente le imprese gestite da stranieri, ed anche questa è una delle tante follie che mi convincono di vivere in un paese di pazzi e di suicidi.
Chi scrive, per professione tratta quotidianamente merci di origine cinese destinate ad imprese cinesi in Italia. Ha denunciato decine e decine di irregolarità penali, ed ha potuto verificare l’indifferenza degli interessati, generalmente cinesi molto anziani o donne, dunque prestanome, e la inesauribile disponibilità di contanti di cui paiono disporre. Conoscenti che operano nell’immobiliare confermano l’ampia possesso di denaro “cash” di chi acquista appartamenti, locali commerciali, capannoni ed ha gli occhi a mandorla.
Il colosso orientale ha una grande capacità di penetrazione nel cuore dell’industria e della finanza italiana. Gli investimenti superano già i 17 miliardi di euro, e riguardano, ad esempio, Ansaldo Energia e Pirelli, già a maggioranza cinese. Ma sono importanti anche le partecipazioni in Enel, Cassa Dep. E Prestiti Reti, Mediobanca, il vecchio “salotto buono” della finanza nazionale ai tempi di Enrico Cuccia e Giovanni Agnelli. Attraverso Monte Paschi e soprattutto Intesa San Paolo, i finanzieri “gialli” hanno messo piede in Bankitalia e quindi nella stessa Banca Centrale Europea. E’ la globalizzazione, bellezza, mi dirette, è il mercato padrone di questo “mundus furiosus” descritto da osservatori come Giulio Tremonti.
Il punto, dunque, è il solito: siamo di fronte a fatti positivi, o non, al contrario, di un’altra delle mille vie attraverso le quali l’Italia viene svenduta? E la penetrazione capillare, città per città, quartiere per quartiere, del commercio e dell’insediamento cinese sono un evento paragonabile alle altre forme di immigrazione che stanno sfigurando il volto della nostra Patria, o non è un meccanismo attraverso cui viene costituita una formidabile testa di ponte straniera? Ciò che sorprende non è tanto la rivolta pratese e fiorentina, ma l’evidente condizione di extraterritorialità di pezzi interi dell’Italia e delle città. Pensiamo allo storico insediamento milanese di Via Sarpi, ad analoghe realtà romane e di ogni altra città.
La precisa sensazione è che le regole per loro non valgano: quelle tributarie e fiscali, quelle igieniche, quelle del Codice del Consumo e tanto altro ancora. L’occhiuta burocrazia italiana, e naturalmente anche gli organi di polizia e la Guardia di Finanza, sempre pronte a colpire qualsiasi minima irregolarità documentale a carico dei connazionali, diventa stranamente mite e comprensiva nei confronti del gigante orientale e dei suoi cittadini, come degli altri stranieri delle duecento (duecento!!) cittadinanze presenti in Italia.
L’esperienza personale mi ha convinto che l’ampia disponibilità economica provenga da centrali molto potenti, probabilmente di malavita, con agganci di altissimo livello. Quanto ai controlli di polizia che hanno innescato la rivolta toscana, al di là di momenti in cui la situazione può essere effettivamente sfuggita al controllo dei responsabili, ho diretta cognizione di ciò che accade. Indirizzi in cui si trovano nove, dieci magazzini diversi, capannoni e costruzioni abusive, cinesi di tutte le età che spuntano da ogni parte, schiamazzi, ostilità, macchinari in funzione ad ogni ora del giorno in ambienti malsani e privi di sicurezza, ragazzini ed anziani al lavoro, merci accatastate ovunque, difficoltà ad identificare chiunque dei presenti o ad individuare i titolari, in giro torvi caporalacci dall’aria inquietante. Poco dopo, primari studi legali in azione.
Questo è responsabilità nostra, dell’incuria, della sottovalutazione dei problemi, della diffusa corruzione, dell’incapacità di espellere e financo di individuare e dare un nome ai clandestini. Italia…
I cinesi, pare, gridavano arroganti “qui comandiamo noi”. E’ la verità, giacché, a differenza di quanto dimostrato nella fisica da Evangelista Torricelli, il vuoto non esiste, e qualcuno si incarica di riempirlo. La Cina della via Pistoiese è la più pericolosa delle nostre mille banlieue, poiché all’illegalità corrente e diffusa, anzi alla legalità imposta da altri, si sovrappone l’economia sotterranea, la concorrenza sleale, il disprezzo per il lavoro altrui, lo schiavismo. Lentamente, ma decisamente, in ogni angolo di un pezzo di mondo chiamato ancora per una generazione Italia, gli stessi cinesi stanno affiancando o soppiantando altre etnie nella gestione della prostituzione, con i tanti finti centri massaggi. Ne siamo al corrente tutti, fuorché lo Stato ed i suoi organi. Siamo anzi felici, se tifosi del Milan e dell’Inter, che gruppi industriali e finanziari dell’antico Catai abbiano comprato le due prestigiose società calcistiche milanesi.
La Cina è vicina fu il titolo di un fortunato film di Marco Bellocchio all’epoca dell’ubriacatura maoista di tanta parte degli intellettuali europei, che Mario Scelba chiamava il culturame. Adesso è qui, e godiamocela tutta. In TV, intanto, i cinesi mandano i loro “colletti bianchi”, che si lamentano invocando legalità (!!!!) esprimendosi in perfetto vernacolo toscano, tanto che si possono distinguere le varianti locali delle parlate. Qualunque addetto ai lavori può confermare la sporcizia di molti locali e ristoranti, l’enorme massa di denaro sottratto al fisco attraverso la sottofatturazione (le transazioni sono regolate in larga parte nella madre patria), fenomeno che l’Unione Europa non può arginare in quanto le leggi comunitarie proteggono in ogni modo il commercio e legano le mani agli Stati, i pericoli per la salute che vengono da prodotti che solo in parte entrano direttamente in Italia, dove i controlli, tutto sommato, si fanno, ma attraverso altri Stati più compiacenti o attraverso porti, come il Pireo o quelli romeni, di diretta proprietà cinese.
Non è infrequente scoprire ospedali abusivi (la parola ospedale ovviamente non descrive la realtà di quelle strutture), per cui esiste un notevole contrabbando di farmaci, che è un reato grave. Inoltre, la rete di imprese cinesi si comporta come un kombinat, od uno Stato nella Stato, importando dalla madrepatria persino la carta igienica e le scope, oltre alla mole impressionante di bevande e di prodotti alimentari etnici, che provvedono alla comunità ed ai ristoranti diffusi capillarmente. Non vi è città, inoltre, dove non abbiano iniziato a rastrellare bar anche in zone prestigiose, distribuendo soprattutto loro prodotti.
Evidentemente, agli italiani sta bene così. Del resto, nelle città dove più forte è la pressione dei clandestini africani tratti a riva dalla marina da guerra più buona del mondo, la nostra, si sta diffondendo un tipico fenomeno occidentale: nessuno vuole i nuovi arrivati, anche se tutti negano scandalizzati razzismo o xenofobia, ma la protesta si acquieta d’incanto quando i malcapitati vengono trasferiti più in là, salvo il riaccendersi della bega presso i nuovi vicini. In America la chiamano nimby, acronimo di “non nel mio cortile”. Il punto è che ormai sono in tutti i cortili ed anche dentro casa, come dimostrano occupazioni abusive, requisizioni di alberghi ed altro.
I cinesi no, si arrangiano benissimo tra loro, pagano sull’unghia e ci scacciano “dolcemente”. Sarà che la mia famiglia è originaria di Campi Bisenzio, e che considero quel torrente come il mio fiume dell’anima, un po’ come Ungaretti con il Serchio. “Questo è il Serchio al quale hanno attinto duemil’anni forse di gente mia campagnola e mio padre e mia madre”. Forse, ma vedere come è ridotto quel pezzo sempre più grande della Toscana, culla della cultura, della lingua e dell’anima italiana mi strazia l’anima. Evidentemente, faccio parte di una minoranza. Gli italiani sono indifferenti di fronte all’invasione, alla sostituzione di popolazione, all’illegalità, alla prospettiva di lasciare un patrimonio immenso di vita, cultura, sapienza, in mano a gente che non saprà che farsene e lo distruggerà senza problemi.
Anche questo è un fatto, di fronte al quale si resta sbigottiti. A Prato comandano i cinesi, in mille periferie arabi o sudamericani, gli africani ci stanno invadendo con l’aiuto dell’esercito che paghiamo per difendere una vecchia idea del passato chiamata confine.
O ci svegliamo, ma presto, molto presto, o non potremo fare altro che chiuderci in qualche riserva, se ce la concederanno; come gli indiani d’America, diventeremo dei cittadini di serie B che si adattano, molto italianamente, alla nuova realtà, o potremo offrire ai nostri figli la poco onorevole professione di attrazione turistica per i neoitaliani del 2030. Ci faremo fotografare vestiti da Pulcinella, da antichi operai della Fiat, da gondolieri, da mafiosi, magari a Firenze ci travestiranno da Dante Alighieri o da Leonardo, con sullo sfondo la cupola del Brunelleschi, divenuta grande moschea o tempio buddista.
E’ quel che ci aspetta, anche se non ci crediamo, mentre preti, intellettuali, sinistrorsi di ogni sfumatura ci vogliono convincere che sarà bellissimo. Sarà uno schifo invece, una morte indegna per un popolo che avrà dato ragione a chi lo considerava una semplice espressione geografica. Ce la stiamo meritando, questa “finis Italiae” che si avvicina per mille segni, di cui l’urlo del dragone è solo un sintomo, l’ultimo in ordine di tempo. Non ci ribelleremo, se non quando sarà troppo tardi, non ci lamenteremo a voce troppo alta,per non sembrare cattivi, razzisti, xenofobi, populisti.
Temo, qualche volta, di essere l’ultimo a pensare, come Ungaretti, che “è il mio cuore il paese più straziato”.
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