Articolo a cura di Nicole Ledda dell’Associazione culturale Zenit
Roma, Roma caput mundi venne stuprata per ben cinquantuno volte a partire dal quel diciannove luglio, in cui tremila civili furono massacrati nell’arco di una sola notte. Era il quarantatré, si combatteva ancora quando l’aviazione anglo-americana sputò il proprio piombo sulla Città eterna, senza rispetto alcuno forse per rimarcare il senso di inferiorità di chi non può pareggiare con la cultura italiana, soprattutto a Roma, crocevia della storia che unisce passato e presente. Roma, orma, amor. Due anni dopo febbraio quarantacinque, il tredici di febbraio, la guerra è ormai finita e Dresda è un gioiello dallo stile barocco. L’olocausto che gli americani inflissero ai tedeschi, la notte di quel martedì grasso mentre ci si preparava a festeggiare, fu tanto brutale quanto immotivato. Oltre trentacinquemila vittime, la città che era stata risparmiata dal conflitto veniva rasa al suolo. Il “vizietto” degli yankee è rimasto invariato negli anni, lo constatiamo quotidianamente. Parliamo della ben nota pratica del terrorismo aereo, che consiste materialmente nei bombardamenti a tappeto e a livello psicologico nel creare un trauma in grado di condizionare l’essere umano. Gli americani non si limitarono a colpire al cuore di Italia e Germania. Eh no, non risparmiarono nemmeno il terzo Paese dell’Asse. Il sei agosto del quarantacinque le conseguenze furono devastanti ed inaspettate. Ore otto e un quarto di mattina, Hiroshima non si sveglia. Sono arrivati i portatori di democrazia che sganciano l’ordigno “little boy”, utilizzando per la prima volta un’arma di distruzione di massa, che anche in questo caso, non possiamo sbagliarci, colpisce i civili.
Addirittura si dice che anche l’unione sovietica avesse progettato di attaccare l’arcipelago nipponico in quegli stessi giorni, dunque l’eterno scontro tra sangue ed oro sarebbe stato in ogni caso inevitabile. Un Giappone conteso tra capitalismo e comunismo, pronto a difendere la propria cultura millenaria dall’avido invasore. L’allora presidente degli Stati Uniti, Truman non subì alcuna damnatio memoriae, nessuna condanna per crimini contro l’umanità, nessuna Norimberga in difesa delle forse centosessantasei mila vittime sterminate in una frazione di secondo. Probabilmente un pigiamino a righe è più cinematografico, oppure il Giappone è troppo lontano e le nostre menti così offuscate per chiamare le cose con il proprio nome. Morte, distruzione, deformazioni fisiche e aborti spontanei per anni dopo la strage, sono solo alcune delle conseguenze del disastro nucleare che ha portato l’Impero giapponese alla resa, ma gli americani han dovuto cancellare subito il ghigno beffardo dalle loro facce strafottenti: non tutto può essere piegato. Compostezza, dignità, senso del dovere e amor di Patria, scegliere di morire per ciò che conta veramente, donare se stessi per ciò che si ama, for those we love. Così consapevoli e per questo eroici. Il Giappone prima di tutto! Rispetto, rettitudine e lealtà, valori alla base di un codice morale non scritto, che ogni giapponese custodisce fin dalla nascita.
I “mangiahamburger” non sono riusciti a piegare ne con le bombe ne con il denaro quel principio indissolubile che lega l’uomo del Sol Levante a questi valori e dunque alla propria terra. Una sorta di codice d’onore dei guerrieri a cui noi occidentali non possiamo che guardare con ammirazione, che forse può ricordarci il codice dei cavalieri europei o ancor più il Mos Maiorum romano. I Giapponesi non hanno mai accettato, a livello etico, il concetto di resa e hanno perseguito da sempre, la volontà di giungere ad una morte onorevole, accettando il sacrificio. Si potrebbe pensare che quelle descritte siano storie ormai superate, ancorate al passato, allora non possiamo che richiamare l’attenzione sul comportamento magistrale e sobrio fino all’inverosimile degli abitanti di Fukushima a seguito dell’esplosione, ricordando soprattutto gli anziani che si offrirono volontari per i lavori di recupero, sapendo di andare incontro a morte certa, ma preservando in questo modo i giovani, la forza che avrebbe dovuto far ripartire la città.
È notizia di queste ore, dunque alla vigilia dello sterminio nipponico che il premio nobel per la pace Obama abbia dato il consenso per i raid aerei sulla Siria. A quattro anni dall’inizio del conflitto, finalmente (si fa per dire) Barack corona il suo sogno di bombardare la Siria. Malfidati! si tratta dell’ennesima missione pace, questa volta per distruggere l’isis… si, l’isis, quei ribelli che addestrati dagli stessi americani come candidamente ammisero J.Kerry e miss Clinton, avrebbero dovuto rovesciare il governo di Bashar al Assad, ma dati gli scarsi risultati da un giorno all’altro sono stati riciclati in temibili terroristi da distruggere ad ogni costo, sempre dagli americani, un immagine che ricorda il misticismo dell’uroboro, il serpente che si morde la coda e si rigenera ab aeterno (e poi perché con quello che sono costati, qua non si butta via niente). Da oltre settant’anni cediamo a questa menzogna democratica d’importazione, le grandi masse scelgono il potere, noi no. “Cogliere la vita in ogni respiro, la perfezione dell’istante”, ebbene cari occidentali abbiamo molto da imparare per salvare ciò che amiamo dal baratro della decadenza.
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