11 Ottobre 2024
Fumetto d'Autore

FUMETTO & FASCISMO – LA REALISTICA IRREALTÀ (Le avventure di Romano, 1a parte – Il Legionario)

Per avere la ristampa completa di un celeberrimo fumetto seriale nazionale pubblicato a cavallo fra gli anni ’30 e ’40 su un ben noto settimanale gli appassionati furono costretti a pazientare fino al… XXI secolo! Fantastoria?

La prima tavola del Legionario sul “Vittorioso” (1938)

Macché: si tratta del caso editoriale delle “Avventure di Romano”, scritte e disegnate dall’artista italo-tedesco Kurt – o Corrado – Caesar (nato Kurt Kaiser, 1906 – 1974), dieci episodi pubblicati sul periodico cattolico “Il Vittorioso” dal 1938 al 1943 e rimasti praticamente sconosciuti nel loro insieme al grande pubblico fino a quando la NovAntico/Ritter, nel 2004, decise di editarne la sequenza integrale in un indispensabile volume, curato da Ernesto Zucconi e da Gianfranco de Turris; il bravo de Turris redasse una brillante e ficcante introduzione, disponibile anche in Rete (su “fantascienza.net”, “centrostudilaruna.it”, etc.).

L’edizione integrale della Ritter (2004)

Aldilà delle raccolte d’epoca, in anni precedenti all‘edizione Ritter, si erano viste solo la riproposta della prima e dell’ultima avventura della serie (Il Legionario del 1938 e Romano in Tibet del 1943) in un albo brossurato antologico della collana “I quaderni del fumetto” dei Fratelli Spada (il n. 3 del giugno 1973, “Serie Caesar”, intitolato Romano il Legionario, dove le due avventure del Nostro erano state abbinate, senza grandi perché, ad altre due storie del “Vittorioso”, realizzate da Caesar nel dopoguerra, nel 1958 e nel 1965), e l’anastatica delle Edizioni Camillo Conti (uno spillato intitolato Il Legionario, sicuramente più pregevole in quanto a formato, carta e colori rispetto all’edizione Spada), uscita nella raccolta “Albi dell’Avventura” (n. 161, “Serie Caesar”) nel 1978; si trattava in realtà, quella di Conti, della ristampa di “Albi del Vitt” n. 7 (Il Legionario, supplemento al n. 52 del “Vittorioso”), che alla fine del 1938 aveva raccolto in un fascicolo unico di formato quadrato le trenta puntate di una tavola ciascuna apparse settimanalmente sul periodico “Il Vittorioso” (a. II) dal n. 16 del 23 aprile al n. 45 del 12 novembre 1938.

L’edizione Spada del 1973

C’era un certo imbarazzo nel presentare ai lettori degli anni ’70 quel “fascistissimo” capolavoro. Piercostante Righini, a quei tempi caporedattore del “Vittorioso”, nell’introduzione dell’albo Spada del 1973 si affannava di sottolineare fin dalle prime battute che Caesar dopo l’8 settembre svolse opera attiva con i partigiani della zona varesina (erano della “Garibaldi”) e visse momenti difficili anche economicamente (lo storico del fumetto Leonardo Gori ebbe conferma di questa situazione direttamente da Jacovitti, altro asso del “Vittorioso”); più sotto, in un riquadro azzurro, un retorico redazionale si premura di precisare: Le quattro storie pubblicate in questo albo sono state riprodotte integralmente così come apparvero all’epoca in prima edizione su “Il Vittorioso”, rispettando il nostro impegno di presentare su questa collana gli artisti che hanno contribuito alla valorizzazione dei comics. Le due prime storie, pubblicate nel ’39 (sic!) e nel ’42 (di nuovo sic!) sotto il regime fascista, come già nella presentazione precisa il dr. Righini, dovevano essere adeguate alle imposizioni del Ministero della Cultura Popolare.

L’edizione Conti del 1978 e l’Albo Vitt di fine 1938 avevano la stessa copertina

Conseguentemente in Romano Legionario, impegnato nella guerra di Spagna a fianco dei falangisti di Franco, gli eroismi e gli ideali sostenuti sono tutti di parte. Basti rilevare che i nemici vengono sempre chiamati “rossi” mentre la difesa della Spagna Repubblicana era sostenuta da tutti i popoli di ogni credo politico uniti per la difesa della libertà.

Le “imposizioni” ministeriali di cui si parla, quasi con orrore, sui “Quaderni del fumetto” – come abbiamo già visto in altri nostri interventi qui su EreticaMente, ai quali vi rimandiamo – sono quelle del 1938, fatte di circolari, volte a difendere il fumetto italiano nei confronti della preponderanza della produzione americana non disneyana e tese a raccomandare agli autori una certa positività dei soggetti e delle sceneggiature (valori universali, solidi ideali, italianità, patriottismo e via dicendo). Romano di Caesar apparve dunque in questo gran ribollire culturale, quasi anticipando la figura-tipo del nuovo eroe a fumetti italiano: ben note sono certe campagne di stampa apparse sul finire degli anni Trenta, stucchevolmente ruffiane e non richieste dall’alto, contro una presunta portata diseducativa del fumetto… campagne alle quali risposero sui periodici per ragazzi grandi firme come Antonio Rubino (uno dei pionieri del fumetto italiano, cavallo di razza del “Corriere dei Piccoli” e del giornale di trincea “La Tradotta”). La difesa della produzione tricolore, che non fu una lotta contro il fumetto come mezzo di comunicazione (apprezzato, come abbiamo già visto su queste colonne, fin dentro le mura di Villa Torlonia), avrebbe stimolato la nascita della grande scuola del fumetto avventuroso nostrano, ancora oggi vitale (vediamo per esempio la produzione bonelliana, con Tex, Zagor, etc.).

Kurt Caesar, in una rara foto

Quanto poco avessero di “fascista” e molto invece di codino e di bigotto quelle delle numerose campagne giornalistiche contro la letteratura disegnata lo dimostra che sarebbero continuate, ancor più virulente, nel dopoguerra, “sotto il regime democratico” (e democristiano): quelle promosse negli anni ’50 dalla stampa cattolica, con la scusa della morale, ma in realtà attuate per attirare i giovani lettori solo sulle sue “più sane” produzioni; quelle degli anni ’60 e ’70 contro il fumetto popolare “nero” (nelle camere da letto di assassini e stupratori venivano sempre, regolarmente, scovate copie di “Diabolik” et similia); e infine quelle promosse, stavolta dalla stampa di sinistra degli anni ’80 e ’90, contro il nuovo fumetto horror (Dylan Dog e i suoi epigoni)…

Tornando alle ristampe degli anni Settanta, più diplomatico fu Camillo Conti, editore e collezionista di gran caratura, quando nel 1978 ripropose “Gli albi del Vitt” n. 7 del dicembre 1938, scrivendo in seconda di copertina della sua anastatica: Romano il Legionario, personaggio emblematico del suo tempo, nacque sulle pagine del “Vittorioso” nel 1939 (ancora una volta sic!), sotto il regime fascista. Sono ormai passati quaranta anni, tempo più che sufficiente per lenire astio e faziosità e superare ogni preconcetto politico. Michelangelo mi perdoni il paragone, ma un ateo non resta forse ammirato e stupefatto dinanzi alla maestosità del “Giudizio Universale” nella Cappella Sistina, pur non credendo in quel Dio che ispirò il sommo Artista? Sfogliamo quindi insieme le pagine colorate di Romano il Legionario, ammiriamo la minuziosa precisione nei dettagli tecnici dei mezzi meccanici e bellici, e ringraziamo il suo creatore, Kurt Caesar, per averci offerto uno dei suoi capolavori.

Gli aerei di Caesar sul “Giornale delle Meraviglie”
Aerei di Caesar: non solo sul “Vittorioso”!

Per sottolineare la differenza di linguaggio, ma pure le contiguità, vediamo invece come all’epoca, sul “Vittorioso”, il fascicolo venne pubblicizzato: Vi sono disegnate le eroiche vicende dell’ala legionaria italiana in Ispagna. Vi sono descritti con assoluta fedeltà tecnica i principali tipi d’apparecchi da guerra. Vi si presenta l’aspetto nuovo della guerra moderna, combattuta per la Fede e l’ideale. È il cine-romanzo che ha riscosso unanimi consensi fra grandi e piccini: è un albo che dovete acquistare subito e tenere fra le cose più care e più belle!

Cieli di Spagna in fiamme, tra fantasia e realtà

Per la sua qualità artistico/letteraria (riconosciuta anche dai detrattori del “messaggio politico”), insieme a “Saturno contro la Terra”, che i lettori di EreticaMente già conoscono, quella di Romano è forse la saga fumettistica dell’Era Fascista più nota e citata, almeno per quanto riguarda la prima avventura, Il Legionario (23 aprile – 12 novembre 1938), oggetto di questo primo nostro articolo dedicato all’eroe di Caesar.

De Turris, nell’introduzione al libro della Ritter, sviscera gran parte degli aspetti generali dell’epopea di Romano, ponendo l’accento sulle vicissitudini editoriali post-belliche del fumetto e sul realismo estremo di Caesar nel riprodurre i mezzi meccanizzati – arte che talvolta sfora nel fantasioso e nell’ucronico, facendo per esempio l’artista volare il suo eroe su aerei che nella realtà sarebbero rimasti soltanto prototipi oppure su velivoli che non combatterono durante il periodo della Guerra Civile spagnola, ma solo successivamente o altrove. De Turris spiega inoltre quali siano i veri nomi di gran parte degli aerei citati e identifica molti degli apparecchi pilotati da Romano. Caesar era un vero e proprio esperto nel disegno degli aeromobili: collaborava, con soggetti simili, anche ad altre riviste, come “Il Giornale delle Meraviglie”.

Il Grumman di Romano

L’ambientazione storica di questo primo episodio della saga è dunque quella della Guerra Civile spagnola (1936 – 1939) e il pilota Romano combatte valorosamente nelle squadriglie aeree italiane dell’Aviazione Legionaria. Fin dalla prima tavola dell’avventura si nota il gusto futurista di Caesar per la macchina.

Il Grumman F3F nella realtà

La protagonista è indubbiamente lei, la macchina volante armata, e l’uomo passa quasi in secondo piano – come vedremo meglio dopo. Persino il nemico (i Rossi) viene nobilitato dall’uso della macchina volante. Gli scontri sono sempre scontri di gusto antico, quasi cavalleresco. Romano debutta curiosamente alla cloche di un misterioso “biplano 2F-15”, che quasi sicuramente è un Grumman F2F (notare anche la coincidenza della sigla), o ancor meglio la sua evoluzione, lo F3F, caccia statunitense della marina militare, progettato per le portaerei; a quanto ci risulta non fu mai usato sul teatro spagnolo, nemmeno dal famigerato Yankee Squadron, e si tratterebbe dunque di una licenza artistica di Caesar, affascinato molto probabilmente dalla linea avveniristica, seppur massiccia del velivolo, con quel bel carrello dalla complicata meccanica che si ripiegava in volo, rientrando nel profilo della fusoliera; un aereo soprannominato scherzosamente dagli aviatori americani “barile volante” (Flying Barrel) per la sua forma cilindrica e un po’ tozza.

Gli Harts affrontati dal Legionario

Gli antagonisti del Legionario sono bombardieri leggeri inglesi Hawker Hart, da Caesar messi in dotazione ai repubblicani, che, a quanto pare, usarono invece del costruttore britannico due modelli di caccia, gli Hispano Fury (molto simili agli Hart) e gli Spanish Osprey (pensati per l’imbarco navale).

Un vero Hawker Hart

Se il primo duello di Romano contro gli Harts rossi finisce pari e patta, la seconda battaglia è più avvincente. E c’è un altro mistero riguardante gli aerei. Il Legionario comanda una squadriglia di cinque Fiat CR-32 impegnati contro nove presunti Martin Bomber; in effetti Caesar disegna proprio questi aerei statunitensi, con i loro tre ben distinti volumi di cockpit (mitragliatrice anteriore, cabina di pilotaggio, mitragliatrice posteriore); gli americani avevano progettato anche una versione per l’esportazione, il 139, che andò anche in Unione Sovietica: si tratta dunque di Martin 139 Bomber, magari fabbricati in URSS su licenza, quelli contro i quali i piloti legionari si scontrano?

I Fiat CR 32 si scontrano con i presunti Martin Bomber…

Nel racconto sembrerebbe proprio sì, vista la grafica degli aviomobili, e se leggiamo L’Aviazione Legionaria in Spagna di Guido Mattioli (Soldiershop Publishing, 2016) questo viene dato per certo anche nella realtà; ma altre fonti (tra cui il De Turris nell’introduzione Ritter) parlano invece di confusione fra velivoli simili (fra il Martin Bomber B10, modello base della serie, e il sovietico Tupolev ANT-40, detto anche SB, oppure più familiarmente “Katyusha”); o di nomi di aerei più noti (il Martin) affibbiati per antonomasia ad aerei meno noti (il Tupolev), un po’ come noi chiamiamo “scotch” tutti i nastri adesivi anche se non sono di marca Scotch 3M.

I Fiat CR 32 nei cieli di Spagna

E forse hanno più ragione le fonti che parlano di confusione; lo stesso Mattioli, quando racconta nel suo libro dell’impresa eroica del tenente comandante Adriano “Asso Arrighi” Mantelli, scrive che aveva abbattuto un Martin Bomber, mentre è accertato che Mantelli intercettò con il suo CR-32 una formazione di Tupolev.

Un Martin Bomber B-10B, usato da Caesar nel fumetto ma mai entrato nello spazio aereo spagnolo!

Una spiegazione del “pasticcio” la offre indirettamente lo storico Philip MacDougall, nel suo Air Wars 1920 – 1939 (Fonthill Media, 2017), quando afferma che il Tupolev SB era comunemente, seppur erroneamente visto in Occidente come una copia del Martin Bomber B10 e che Andrei Tupolev, il suo progettista, spesso si dimostrò infastidito da questo atteggiamento, spiegando che, pur essendo a conoscenza del Martin Bomber, questo non aveva minimamente influenzato il suo aeroplano. Comunque sia numerosi duelli in aria sono storicamente documentati in Spagna fra i bombardieri sovietici Tupolev SB (chiamati o no impropriamente Martin Bomber) e i caccia Fiat CR-32: gli italiani riuscirono ad abbattere una cinquantina di tali apparecchi russi, impresa record!

Il Tupolev ANT-40 o SB. Prese parte ai combattimenti spagnoli ed era spesso confuso con il Martin Bomber

Il terzo duello arriva dopo qualche giorno di stasi, dovuta al tempo inclemente, pausa nei combattimenti che i legionari di Romano hanno potuto sfruttare per scrivere lettere ai familiari in Italia. La pace è interrotta dall’arrivo di tre Rata-Curtiss… così almeno scrive Caesar.

Fiat CR 32 contro i presunti Rata-Curtiss

Rata (“topo”) era il nomignolo che i nazionalisti avevano dato a un caccia sovietico monoplano di modernissima concezione, il Polikarpov I-16, chiamato Mosca (l’insetto, non la città sovietica!) dai repubblicani, che lo avevano in dotazione, e che spesso scortava i Tupolev; ma non è quello disegnato da Caesar, che nelle sue vignette illustra un caccia biplano: si tratta infatti del sovietico Polikarpov I-15, chiamato impropriamente “Curtiss” dai Nazionalisti perché simile nella foggia al caccia americano Curtiss Hawk; nel libro Fiat CR.32 Aces of the Spanish Civil War (Bloomsbury Publishing, 2013) l’autore Alfredo Logoluso parla indifferentemente di Curtiss e di I-15.

Il vero Rata, cioè il Polikarpov I-16 (monoplano)

Romano viene abbattuto dalla contraerea rossa, si lancia con il paracadute e, ferito gravemente, deve sopportare un periodo di convalescenza prima di tornare in aria. Arrivati alla 14esima puntata lo vediamo pilotare un Savoia Marchetti S.79 Sparviero, con l’incarico di far saltare un ponte sull’Ebro, e subito dopo un idroplano Cant Z-506B Airone (dove Cant sta per Cantiere Navale Triestino), con il quale bombarda un treno blindato.

CANT Z506B
L’idrovolante CANT Z506B di Romano
Savoia Marchetti SM79 in volo sulla Spagna
Il Savoia Marchetti SM79 di Romano
Il vero Curtiss: il Polikarpov I-15 (biplano)

Il protagonista dell’azione successiva è il Caproni 135 che partecipa a un’azione sul porto di Tarragona. In realtà qui Caesar scrive, suo malgrado e inconsapevole, una bella pagina di fantastoria!

I Caproni di Romano

Sette esemplari di Caproni Ca.135 Tipo Spagna furono effettivamente inviati nella penisola iberica alla fine del 1938 per partecipare al conflitto, con mesi di ritardo sulla tabella di consegna e dopo una sfortunata catena di guasti e incidenti; dei sette, causa congelamento durante il volo da Roma alla Spagna, cinque dovettero tornare indietro (ma solo due ce la fecero perché tre finirono in mare); i due Caproni superstiti atterrarono a Palma di Maiorca, ma restarono fermi fino alla fine del conflitto; Kurt Caesar, che era al corrente di questa spedizione, allorquando disegnò le puntate con il Caproni protagonista dava per certo che l’aereo sarebbe stato pienamente operativo nell’Aviazione Legionaria al momento della pubblicazione.

Il vero, sfortunato Caproni CA 135

Mentre Romano è ancora a bordo del Caproni, un anonimo “idroplano nazionale” avvista due navi del nemico che cercano di portare rifornimenti bellici a Valencia: si tratta di un idrovolante Cant Z-501 Gabbiano, adibito a missioni di ricognizione, ricerca e soccorso.

Un “idroplano nazionale”, ovvero il CANT Z501
Un CANT Z501

In un batter d’occhio, grazie a uno scambio di marconigrammi, Romano porta a terra il Caproni e salta a bordo di un “nuovissimo Breda” per intercettare e distruggere il cacciatorpediniere russo di scorta al piroscafo che imbarca le armi; questo nuovo modello di aereo potrebbe essere (come sostiene De Turris) il prototipo del 1937 con coda monoderiva del velocissimo e potente bimotore Breda Ba.88a che avrebbe dovuto sostituire in Spagna il Breda Ba.65, ma che si rivelò instabile una volta dotato di armamenti e che dovette essere perfezionato per un sicuro impiego operativo bellico, ritardandone la produzione in serie (con coda bideriva) al 1939: anche in questo caso, come per il Caproni, il disegnatore Caesar aveva giocato troppo d’anticipo e troppo d’entusiasmo! Anche il Breda di fantasia si rivela però affetto da cattiva sorte: una bomba rimane incagliata nella carlinga e Romano deve liberarla con la sola forza delle braccia, in una mirabile sequenza avventurosa che anticipa quella celeberrima cinematografica finale del Dottor Stranamore di Stanley Kubrick, quando il maggiore “King” Kong, dopo aver liberato a calci la bomba nucleare incastrata nel suo bombardiere, la cavalca sbandierando il cappellone da cow-boy, mentre precipita verso il suolo russo.

Il “nuovissimo Breda” di Romano

Le ultime puntate della prima avventura di Romano sono ambientate in gran parte sul mare, a bordo di un sommergibile: dopo l’affondamento di un Destroyer russo il Legionario, a bordo di un trimotore Savoia Marchetti può finalmente tornare a Roma.

Il Breda BA 88 bideriva

Kurt & Romano

Due fattori primari saltano subito all’occhio a chi legge Il Legionario. Il tripudio della macchina e il conseguente, quasi totale, annullamento della dimensione umana, fisica e spaziotemporale. Fu non un limite, ma una ben precisa scelta artistica e di linguaggio del grande Kurt Caesar; Il Legionario è quasi un manifesto a fumetti del Futurismo, o almeno di certi aspetti del movimento marinettiano, quelli che celebravano il motore, il meccanismo, l’acciaio, la velocità… Velocità nei trasporti e pure nelle telecomunicazioni (la radio), un elemento del moderno che – parlando di ferrovie e di telegrafi – aveva già individuato come essenziale per il nascente XX secolo il genero di Wagner, l’inglese naturalizzato tedesco H. S. Chamberlain, nei suoi preziosi Fondamenti.

La sequenza della bomba “incastrata” nella pancia del Breda

Ecco dunque, nella prima avventura vissuta da Romano, un rincorrersi continuo di mezzi aerei; l’eroe scende da uno dopo averne spremuto l’ultima stilla di benzina e subito salta a bordo di un altro, più potente e rapido.

Il maggiore “King” Kong disincaglia la bomba atomica nel film “Dr. Stranamore” di Kubrick

Sembra quasi di assistere a una giostra medievale, dove i cavalieri – buoni e cattivi, amici e nemici che siano – si scontrano ad armi pari su un pari terreno cambiando spesso destriero. Il volto di Romano lo vediamo in poche vignette, mai in primo piano, e spesso in parte occultato dai paramenti di aviatore. Non è importante, infatti, per Caesar, caratterizzare fisicamente il suo personaggio. Prende un bell’uomo, un marcantonio qualunque, e lo abbina – quasi in una premonizione della fantascienza cyberpunk di mezzo secolo dopo – alla macchina, creando una sorta di indistruttibile centauro di metallo alato. In opere più tarde vediamo Caesar ispirarsi ai volti del cinema americano per i suoi fumetti (addirittura a Ronald Reagan!); anche qui può darsi che l’artista abbia ricalcato un noto attore dell’epoca, o forse no. Non importa: perché Romano incarna l’Italiano stesso, un super-italiano invincibile, un eroe collettivo che sintetizza nel suo corpo singolo individuale la potenza di un’intera Nazione. E la Nazione, oggi ormai cosa dimenticata, parla poco e agisce molto. Rare e lapidarie le battute di Romano, esenti da insicurezze, nelle rare sequenze dove le didascalie lasciano lo spazio al fumetto vero e proprio (al balloon, per intenderci): Farò il mio dovere, oppure Il Legionario ubbidisce sempre

Romano combatte anche a terra, in un luogo senza nome…

Questa italianità è talmente importante che la Spagna e la Guerra di Spagna passano in secondo ordine. L’ambientazione è iberica, senza dubbio, ma i riferimenti non sono poi tanti. Fronte di Spagna, Fiume Ebro, Base di Malaga, Terragonae poi, alla fine, col ritorno in Italia, ecco i simboli della Fede e della Patria, ovvero il Vittoriano e il Vaticano a Roma. Comunque, pochissimi toponimi, dati col contagocce. La cosa essenziale è mettere in mostra lo spirito guerriero italico, invincibile anche in groppa ai mezzi più moderni. Uno spirito eterno. E questo perché anche la scansione temporale è incerta: siamo quasi sicuramente nel 1938, ma non si citano date e avvenimenti precisi. Lo stesso discorso che facevamo prima, sugli aerei che appaiono nella storia, alcuni dei quali rimasero allo stato di prototipi e altri non intervennero mai nella Guerra Civile, contribuisce a generare questa incertezza temporale. O meglio: questa atemporalità della narrazione. A sottolineare ancor più questa situazione fuori dal tempo ci sono altri elementi, certo storici, ma che sembrano pescati a bella posta da Caesar per dar ancor più forza al suo fantastico progetto di “storia fuori dalla storia”.

Il fantasmatico veliero nemico, natante “fuori dal tempo”

Nei cieli di Spagna si assiste in pochi anni, dal 1936 al 1939, al veloce evolversi dell’aereo, dai modelli tipici della I a quelli della II Guerra Mondiale, un’evoluzione evidente soprattutto dalle forme esteriori: il biplano viene sostituito dal più agile e aerodinamico monoplano. Ma in quei cieli di quegli anni entrambe le forme recitarono e combatterono! E in mare, accanto a moderne cacciatorpediniere e sottomarini, ecco apparire come un fantasma nella nebbia… un veliero! Sicuramente moderno, come il nostro “Amerigo Vespucci” del 1931, ma altrettanto sicuramente natante di foggia antica, con tutte le sue vele spiegate al vento. La Guerra Civile spagnola è un momento cardine nella Storia e Caesar lo rimarca, cassando il più possibile ogni preciso riferimento storico, assolutizzando l’evento.

Un celebre veliero di quell’epoca, l’Amerigo Vespucci (1931)

Caesar estrae l’uomo, con il suo corpo e la sua mania per i calendari, da questo teatro bellico, e rende protagoniste degli scontri le macchine in un non-luogo senza tempo, in un luogo non ben definito incastonato in una scansione cronologica assolutamente non definita. Chi sono esattamente questi Rossi, come vengono chiamati, quasi asetticamente, per tutta l’avventura i nemici di Romano il Legionario? Dove sono questi aerodromi nazionali? E quelle prime linee dei Franchisti? Quando Romano viene ferito, dov‘è il convento di suore dove viene curato?

Quanto tempo dura la sua convalescenza?

Romano torna a Roma!

Non si sa… Vero è che dobbiamo calarci nel lettore dell’epoca che leggeva una tavola alla settimana di Romano, mentre noi, uomini del futuro, abbiamo l’opportunità di leggere tutte le pagine insieme grazie alle ristampe in volume unico. Dunque, per il ragazzo o il signore appassionato di fumetti del 1938 il tempo, fra una pagina e l’altra, scorreva naturalmente più lento…

Il tratto di Caesar, in tutta questa irrealtà (che ha portato taluno, e giustamente, ad accostare Romano all’americano Flash Gordon, capolavoro di fantascienza), è estremamente realistico, quasi foto-realistico, e contribuisce, per contrasto, a rendere ancor più evidente la “realistica evasione dalla realtà” del Legionario.

Francesco G. Manetti

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