Big G alias Google ha acquisito la società londinese DeepMind Technologies Ltd all’inizio dello scorso anno sborsando tra i 400 e i 500 milioni di dollari con tutta l’intenzione di ricoprire un ruolo primario a livello internazionale in campi come la robotica, le self-driving car, i Google Glass, le lenti a contatto per il monitoraggio biometrico e le tecnologie sviluppate per la cosiddetta Smart Home, la casa intelligente. Un ruolo predominante a livello internazionale o mondiale: non userò mai il termine globale, con cui immagino un agglomerato amorfo di persone senza più identità né individuale né nazionale, la usassero pure negli States.
Nel mese di ottobre 2014, per dare una spinta turbo alla start-up di DeepMind, è stata inaugurata la partnership tra Google (gigante della ricerca, la cui gestione dell’offerta pubblica iniziale è stata affidata nel 2004 a Morgan Stanley e Goldman Sachs) con il team che conduce effettivamente il ‘laboratorio’, l’Università di Oxford (il cui sistema di borse di studio dal 1902 viene finanziato dalla banca d’affari N M Rothschild & Sons).
Con questa partnership è stato sigillato l’accordo di Dark Blue Labs e Vision Factory che insieme – all’interno dell’Università di Oxford – lavorano con DeepMind per accelerare i tempi, sviluppare progetti che partono da idee come il riconoscimento dell’immagine e la comprensione del linguaggio naturale da trasporre al mondo dell’intelligenza artificiale.
Matrix dirige l’orchestra e i migliori cervelli e ingegneri vengono chiamati a raccolta da Google ai margini del suo campus per il progetto X.
Tanto per fare un esempio di riconoscimento dell’immagine da parte delle ‘smart machine’ messe a punto da DeepMind: il sistema Neural Image Caption, NIC, si basa sul tracciamento visivo tramite computer che consente all’intelligenza artificiale di vedere il mondo elaborando il linguaggio naturale. In sostanza, si tenta di rendere la lingua umana comprensibile al computer.
Il laboratorio segreto e lo sviluppo della Macchina Neurale Turing
Da un anno a questa parte, DeepMind ha messo a punto un computer prototipo progettato per simulare alcune proprietà della memoria a breve termine del cervello umano, una sorta di rete neurale (non convenzionale) adeguata per funzionare con una memoria esterna. Questo progetto ha dato come risultato un computer che apprende e raccoglie informazioni e algoritmi come se fossero ricordi dopodiché risulta capace di recuperarli per eseguire compiti per cui non è stato affatto programmato in precedenza.
Si chiama Macchina Neurale Turinge prende il nome dal pioniere informatico Alan Turing il quale affermò che i computer sono macchine dotate di memoria per il deposito e la ricerca di dati. Secondo Turing la memoria è la telescrivente che interagisce con il computer, che raccoglie simboli per poi immagazzinarli.
Ricordiamoci che segni e simboli sono ‘assorbiti’ dalla mente molto più delle parole: il controllo e la manipolazione subliminale attraverso segni e simboli che razionalmente non comprendiamo possono essere sfruttati in rete, specie dai grandi social network o dal magico mondo dei videogame. Guarda caso DeepMind ha sviluppato algoritmi per game, simulazioni e siti e-commerce. E’ totalmente immerso nell’ambiguo settore dell’intelligenza artificiale di macchine addestrate molto avanzate, molto più di quello che si può pensare. Saremmo meno maliziosi se DeepMind non si fosse apertamente dichiarato un ‘laboratorio segreto’.
Fare a pezzi le idee per trovare la soluzione: il motto di Google X
Il primo ad essere riuscito ad entrare nel ‘laboratorio segreto’ di Google X è stato il direttore di Fast Company Jon Gertner, che ha descritto una principale netta divisione: Google Research che è perlopiù bit, Google X che è perlopiù atomi.
Astro Teller, il capitano dei Google X, ha spiegato a Gertner che, per trovare soluzioni, si ricerca il fallimento delle idee anziché i risultati: l’inizio del processo creativo è far cadere a pezzi le idee. Lo stesso Teller ha scritto un romanzo ma ha anche lavorato nella finanza e ottenuto un dottorato di ricerca in Intelligenza Artificiale. Un altro degli scienziati di Google X ha vinto due premi Oscar per gli effetti speciali. Tra finanza, cinema e fantascienza o pre-scienza, l’obiettivo tutto americano resta lo stesso: fare di Hollywood la sua arma migliore trasformando il suo campo di battaglia numero uno in un reale futuro imposto a tutti. Facendo a pezzi tutta la storia insieme alle idee.
I ricercatori di DeepMind Alex Graves, Greg Wayne e Ivo Danihelka definiscono la Macchina Neurale Turing “un’architettura di rete neurale ispirata sia ai modelli di memoria biologica sia ai progetti dei computer digitali”. Questa macchina è capace di apprendere semplici algoritmi attingendo a dati di esempio e usandoli poi per generalizzare ben al di fuori del suo regime di addestramento. In breve, replica la memoria a breve termine del nostro cervello scoperta e studiata negli anni ’50 dallo psicologo cognitivo americano George Miller.
Dal lavoro di Miller si è scoperto il trucco del cervello noto come recoding (la capacità di ricodificare), una delle chiavi per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale da parte della scienza. Il traguardo ambizioso della Macchina Neurale Turing di DeepMind è proprio rendere il computer, o meglio la super intelligenza artificiale, capace di avvicinarsi al trucco di recoding del cervello umano scoperto da Miller.
Nel centro segreto DeepMind si parte da questa sfida per poi essere in grado di ridisegnare il destino dell’uomo attraverso l’evoluzione della super intelligenza artificiale. Uno dei direttori di DeepMind ha affermato che entro il 2020 le macchine di super intelligenza artificiale impareranno la visione, il processo del suono, la gestione del movimento e le capacità del linguaggio di base.
Google, nel frattempo, ha rilevato verso la fine del 2014 la Boston Dynamics, fornitore ufficiale di cyborg militari per il Pentagono.
Tutte le strade portano a Cambridge
Tra i maggiori investitori di DeepMind risultano Horizons Ventures e Founders Fund ma anche l’imprenditore Scott Banister e, tra i primi, Elon Musk e Jaan Tallinn. Nel 2014, DeepMind ha ricevuto un award come Società dell’Anno dal Laboratorio Informatico di Cambridge.
A proposito, proviene da Cambridge l’ultima follia: il robot che può fare figli ovvero in grado di costruire autonomamente robottini, testandone le performance e mantenendone i tratti migliori come nella selezione naturale darwiniana per il miglioramento della specie.
A vantarsi di questo capolavoro di assurdità è un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge che ha partorito un robot madre che partorisce figli. In fondo, come spiega il capo del team Fumiya Lida, la selezione naturale è un concatenamento costante di riproduzione-valutazione, proprio ciò che ha imparato a fare la loro creatura, il robot madre. Complice il comando umano iniziale di avvio per il ‘concepimento’, il robot madre crea figli fabbricati da cubi di plastica (da un mimino di uno ad un massimo di cinque) con l’ausilio di un motorino interno.
In cinque differenti fasi sperimentali, il robot madre ha progettato, costruito e testato dieci generazioni di figli sulla base di dati raccolti in una generazione per mettere a punto il progetto per la successiva generazione. Da una generazione all’altra di robottini (tutti costituiti da un genoma composto da 1 a 5 diversi geni contenenti informazioni) sono stati ‘ereditati’ i tratti migliori e quelli dell’ultima generazione erano in grado di svolgere le loro funzioni due volte più rapidamente dei primogeniti. Signore e signori, la mutazione è servita dall’uomo che si fa dio, non si sa bene ancora dio di cosa.
In che modo viene valutata la loro performance e la relativa qualità raggiunta? E’ stato calcolato il tempo che ogni robottino impiegava per raggiungere una certa location partendo dal luogo di nascita. I robottini meno abili erano destinati a incroci e mutazioni, quelli migliori risultavano immutati nella generazione seguente.
Tutte le strade, specie quando si parla di programmazione d’ogni sorta, portano a Cambridge.
Chi è Demis Hassabis
Demis Hassabis ha fondato insieme a Shane Legg e Mustafa Suleyman la società DeepMind Technologies Ltd nel 2010. Aveva 37 anni, all’epoca.
Oggi DeepMind è sostenuta e finanziata da vere e proprie icone della tecnologia, dell’imprenditoria e dell’investimento, i più rilevanti dell’ultimo decennio.
Torniamo al mondo subliminale dei videogame per un po’. Hassabis si rivelò presto un ragazzo prodigio nel gioco degli scacchi e ha iniziato a sviluppare video game all’età di 16 anni. Successivamente, ha studiato scienza informatica a Cambridge (avevate dubbi?) ottenendo un Dottorato in Neuroscienza Cognitiva all’Università di Londra.
Quando l’azienda DeepMind di Hassabis ha iniziato a dare i primi buoni frutti, al suo interno sono stati chiamati in causa direttori supplementari tanto per il settore tecnico che per quello finanziario. Tra questi: l’imprenditore IT Luke Nosek, Mustafa Suleyman, il banchiere David Gammon, il co-sviluppatore di Skype Jaan Tallinn e l’esperto di super intelligenza artificiale Shane Legg. Legg, in particolare, ha anticipato con una certa fierezza che, prima del 2030, verranno realizzate super intelligenze artificiali molto simili a quella umana; intelligenze che, già entro il 2020, avranno una funzionalità proto-AGI impressionante.
Una cosa è certa: la storia di Big G c’insegna che l’ecosistema del colosso di Mountain View è destinato a diventare sempre più integrato, interconnesso. Ogni nuovo progetto va a beneficio dell’interno ecosistema di Google di cui Internet resta il centro strategico. La mole di dati raccolta da Google e la potenza di calcolo raggiunta dall’uomo sono i due punti forti per cui DeepMind si può considerare un progetto pronto per fare quello per cui è nato: lavorare sul deep learning, la capacità di apprendimento delle macchine.
Il cruccio di Elon Musk
Tra tante intelligenze umane e super intelligenze artificiali, l’intelligenza umana più intelligente lancia l’allarme.
Elon Musk, il miliardario fondatore di Tesla e SpaceX, ha voluto provare in passato ad investire in una società che sviluppa intelligenza artificiale denominata Vicarious, che punta su un progetto simile a quello di DeepMind. Ha addirittura investito in DeepMind prima che Google rilevasse l’azienda londinese. Lo scopo vero del suo investimento è stato più un tentativo di comprendere un certo tipo di tecnologia anziché voler trarre profitto da tutto questo.
Ha voluto addentrarsi in questo settore: tanto gli è bastato per uscirne. Anzi, già all’inizio di questo suo investimento, Musk ha ammesso la sua preoccupazione riguardo alla minaccia della super intelligenza artificiale. A suo parere – attraverso un commento tramite tweet inviato ad agosto del 2014 – l’intelligenza artificiale potrebbe rivelarsi potenzialmente più pericolosa del nucleare. Ha suggerito la lettura di “Superintelligence”, un romanzo profetico incentrato sulla rivolta di robot e ha chiuso il discorso esprimendo la sua personale speranza: “mi auguro che noi esseri umani non siamo un semplice boot loader biologico destinato a una super intelligenza digitale anche se, sfortunatamente, ciò potrebbe rivelarsi col tempo probabile”.
Rosanna Nisticò
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