11 Ottobre 2024
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Graal e Alchimia: uno studio di Paul Georges Sansonetti – Giovanni Sessa

Nella società della comunicazione di massa in cui siamo calati, assistiamo da tempo al diffondersi di un profluvio di pubblicazioni sul Graal, così come ad un numero rilevante di opere cinematografiche dedicate alla Cerca. Molte di esse, in realtà, sono vere e proprie mistificazioni della storia e delle problematiche graaliche. In epoca di crisi, esistenziale, spirituale e politica, come quella che attraversiamo, il riduzionismo di matrice occultistica e New Age, può fornire apparenti soluzioni, vie di fuga a basso costo dalla realtà, capaci di soddisfare esclusivamente palati non adeguatamente educati.

Il tema graalico attrae, è di grande attualità. Come potrebbe, del resto, non esserlo, in un mondo nel quale la ricerca del Centro è divenuta qualcosa di essenziale e di vitale? Il senso e il significato del Graal e della sua Cerca sono esemplarmente presentati e discussi in una pubblicazione dello studioso francese Paul-Georges Sansonetti, Graal e alchimia. Una via di realizzazione spirituale, nelle librerie in una nuova edizione italiana per Iduna editrice (per ordini: associazione.iduna@gmail.com, pp. 223, euro 18,00). Il libro è curato da Mario La Floresta, autore di una prefazione utile a contestualizzare il lavoro dell’autore. L’opera fu originariamente pubblicata in Francia con il contributo del Centre National des Lettres, dell’Università di Parigi. Si tratta di un testo nel quale le specifiche competenze tematiche dell’autore trovano felice sintesi con la più accreditata ricerca accademica in tema. Sansonetti attraversa criticamente l’esegesi della materia arturiana messa in atto da Jean Marx, facendo riferimento anche alle indagini semiologiche di Gilbert Durand, autore di un lavoro impareggiabile in tema, Le strutture antropologiche dell’immaginario. Strumenti essenziali per l’interpretazione del Graal, Sansonetti li desume anche dall’opera di studiosi tradizionalisti, quali Titus Burckhardt e, soprattutto Julius Evola, non casualmente noti studiosi di alchimia. Altro riferimento di rilievo, assai presente nelle pagine in questione, è rappresentato dal mundus imaginalis di Henry Corbin, inteso quale «luogo» della vigenza degli archetipi celesti.

   L’assunto di fondo da cui lo scrittore muove è la corrispondenza biunivoca che legherebbe i momenti salienti della Cerca graalica alle fasi dell’iter ermetico-iniziatico. Egli illustra in modalità: «chiara al lettore […] quell’insieme di “risonanze” alchemiche proprie del clima simbolico» (p. 11), in cui videro la luce i racconti del Graal. Il tema venne riproposto da Chrétien de Troyes intorno al 1190, sulla scorta della riemersione di narrazioni che affondavano nella tradizione del mondo antico. L’eroe di tale racconto è un giovane gallese, perso in una landa desertica che incontra il Re Pescatore. Questi lo conduce e lo ospita nel proprio maniero, nel quale assistono al passaggio del corteo del Graal. Un cavaliere porta nella processione una lancia dalla punta sanguinate ed un vaso da cui emana un chiarore sovrannaturale. Si tratta di un racconto incompiuto: non avrebbe potuto essere diversamente, poiché l’autore, come i suoi continuatori: «hanno dovuto decidere di tacere davanti all’inesprimibile» (p. 17), in quanto la Cerca del Centro non può avere fine, resta sospesa nell’invisibile. Il Re Pescatore, proprio come il simbolo a lui equivalente dal punto di vista dei significati, vale a dire la spada spezzata, che compare più volte nelle narrazioni gaaliche, ha le gambe paralizzate, è uomo dimidiato. Egli rappresenta la condizione umana, sospesa tra la terra e il cielo, al quale l’homo viator, esemplarmente simbolizzato da Il cavaliere, la morte e il diavolo di Dürer, deve tendere sopportando rischi e pericoli, lungo un percorso che potrebbe non trovar soluzione.

I continuatori di Chrétien, rileva Sansonetti, hanno messo in scena Ser Galvano, nipote di Re Artù. Il racconto di Gautier di Deniam, minuziosamente analizzato nel volume, presenta Perceval dopo la visita a suo zio, un saggio eremita: «L’eroe cavalca smarrito in una foresta […] fino al momento in cui il mondo magico del Graal […] gli indica una Via», che egli si accinge a seguire tra mille difficoltà e meraviglie. Al suo passaggio, i castelli gli dischiudono segreti in essi custoditi da troppo tempo: il suo percorso è un percorso iniziatico. Le varie tappe presentate testimoniano i momenti della Cerca e della trasmutazione, nel cavaliere che se ne faccia carico, del piombo in oro, della «pietra grezza» in «pietra levigata». La corrispondenza Graal-Alchimia è stata chiarita, nel medesimo senso indicato da Sansonetti, dagli studi di Paulette Duval, la quale ha posto in relazione la Cerca, con momenti rituali dello sciamanesimo. Per comprendere appieno il mito graalico è necessario, sostiene lo studioso: «accostare certi temi arturiani alle tradizioni nordeuropee […] anteriori al cristianesimo», come chiarito da Evola ne, Il mistero del Graal. Rileva, inoltre, che: «Scoprire l’epoca di Chrétien de Troyes e dei suoi Continuatori è scorgere l’onnipotenza del simbolo» (p. 20), in quanto per il sapere tradizionale il mondo sensibile rinvia al mondo archetipale. Alla luce di tale posizione, la prima parte del libro si intitola «Forze e Forme», ad indicare che gli enti naturali, in quanto forme, sono la manifestazione esteriore di una Forza, un Principio animante.

Compito dell’uomo che vuol conoscere, dell’ homo viator, è quello di rintracciare oltre le forme, la Forza, il Principio, al fine di ricongiungersi ad esso in una unità indivisa. A tale risultato si perviene, tanto nella tradizione ermetica, quanto nella Cerca del Graal, attraverso il solve et coagula, mediante la dissoluzione della dimensione esteriore e cosale nostra e del mondo ed il ricostituirsi (riconoscersi) nel Principio, in un processo senza fine. Allora sorgerà il Sole interiore che: «nell’arte delle icone la tradizione cristiana bizantina traduce con la misteriosa presenza trasfigurante della luce taborica» (p. 12): essa annuncia la tensione che invia alla: «Aurore del Sé» (p. 12). Sansonetti si riferisce, in questo contesto, all’esperienza interiore del centro radioso individuato, da molte civiltà tradizionali, nel Cuore: «che il Graal simboleggia appropriatamente nel contesto dell’avventura di Perceval, in quanto sede di una Presenza che trasforma l’integralità della persona affinché si trasformi il mondo» (p. 12). Ed è evidente a tutti, quanto oggi il mondo abbia necessità di essere ri-animato, di vivere una nuova primavera…

Giovanni Sessa

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