25 Giugno 2024
Libreria Simbolismo

Graal simbolo millenario: insigni studiosi a confronto su un tema affascinante – Giacomo Rossi

Nel gennaio 2018 la Fondazione Evola ha organizzato a Roma un importante convegno di studi, finalizzato a discutere senso e significato del libro Il mistero del Graal e la tradizione ghibellina dell’Impero, in occasione degli ottant’anni dalla sua pubblicazione. All’evento intervennero i più noti studiosi dell’argomento. E’ora nelle librerie, per i tipi di Arkeios, la raccolta degli Atti di quella giornata, con il titolo, Graal simbolo millenario. Leggenda, storia, arte, esoterismo, a cura di Giovanni Sessa e con un Prologo di Gianfranco de Turris (per ordini: 06/3235433, ordinipv@edizionimediterranee.net, pp. 172, euro 17,50). Il volume è impreziosito da una serie di illustrazioni e da una bibliografia tematica, curata da uno dei massimi esperti dell’argomento, Francesco Zambon.

   Gianfranco de Turris, Presidente della Fondazione Evola, nel Prologo spiega le ragioni che indussero Evola a dare alle stampe, nel 1937, Il mistero del Graal. Chiarisce, inoltre, come le tesi del libro, apparentemente avulse dal contesto storico, quello dell’Italia fascista protesa alla costruzione dell’Impero, avrebbero potuto influenzare gli eventi politici. In quel contesto, va ricordato, pochi  furono sensibili alle indicazioni del tradizionalista. L’incipit del libro presenta sia la premessa, quanto l’epilogo, scritti da Evola per la prima edizione della sua opera, che chiariscono la situazione ora ricordata. Franco Cardini, insigne medievista, attraverso un’accurata indagine storico-filologica, ricostruisce le fonti sulle quali è stato pensato il mito della Sacra Coppa. Introduce, così, il lettore, nella corte dei sovrani angioino-plantagenti, che avevano necessità di rintracciare nella storia, e/o di creare ex novo, un precedente autorevole, atto ad avvicinare le stirpi delle due sponde della Manica. Punto di partenza della leggenda graalica, sostiene lo studioso, sono i romanzi di Chrétien de Troyes, scritti alla metà del XII secolo, mentre Wolfram von Eschenbach concluse la storia di Chrétien aggiungendovi due libri sull’infanzia di Parzival e quattro conclusivi. In Wolfram, il Graal è presentato come pietra e la leggenda che lo riguarda subisce un’evidente trasformazione con l’aggiunta di elemento esotici: «di un Oriente islamico, più propriamente arabo-persiano, largamente fiabesco» (p. 15).

   Nuccio d’Anna, nel suo saggio, ricorda come Evola citi Chrétien solo nove volte e come la sua sensibilità culturale fosse più vicina a Wolfram, le cui tesi erano sintoniche all’azione politica ghibellina di Federico I e Federico II. Nelle pagine del tedesco è centrale il tema del ritorno a «Monte Selvaggio», rinviante alla sede della Tradizione originaria. In tal senso, non è casuale, che il nome Parzival, indichi il penetrare nel Centro, proprio del Sovrano Universale che, in quanto axis mundi, perpetua nell’Età ultima, la pienezza spirituale della Tradizione. Non dissimile la posizione sostenuta da Mariano Bizzarri. Il Graal sarebbe simbolo della restaurazione che, per questo, rinvierebbe all’oscuramento dell’Età ultima. La crucialità del contributo di Wolfram è da rilevarsi, a dire di Bizzarri, nell’aver colto l’origine orientale-islamica del mito, giunto in Europa per il tramite dei Templari. La spinta anagogica verso la restaurazione della Tradizione, sarebbe indotta nell’eroe della «cerca», dalla nostalgia per gli stati superiori dell’essere. Non è secondario, che l’inizio della storia prenda avvio all’equinozio di primavera, al primo manifestarsi della resurrezione cosmica. L’esegesi di Bizzarri conferma pienamente la lettura evoliana del mito, ritenuto consustanziale al Medioevo ghibellino.

   Francesco Zambon, come ha notato Sessa, ritiene il Graal di Evola: «teso al recupero della spiritualità regale, in una prospettiva aliena da concessioni al cristianesimo primitivo e scettica nei confronti delle possibilità restaurative del cattolicesimo» (p. 18). Per Evola, gli elementi cristiani della saga, sono puramente accessori, essenziali, invece, quelli celtici e nordici. Il Regno graalico indicherebbe, pertanto, il «ricordo» del Centro, unità di spiritualità regale e sacerdotale. In tale suggestione i pochi in grado di comprendere, a dire di Evola, avrebbero potuto trovare la

«roccaforte solare» atta a renderli portatori della Tradizione in un’ epoca di rovine, nell’attesa di un Nuovo Inizio. A dire di Zambon, comunque, Evola avrebbe trascurato l’allegorismo cristiano e il tema eucaristico che, per lo studioso, hanno svolto un ruolo centrale nella definizione del mito. Per l’arabista Alberto Ventura solo il «metodo tradizionale» è atto a disvelare i significati reconditi del simbolo graalico. I testi cavallereschi hanno il loro antecedente nei libri ermetici greco-arabi e la saggezza trasmessa a Wolfram da Kyot potrebbe provenire da tali fonti. Per Ventura, nella saga del Graal, va letto il: «tentativo di salvare rapidamente un filone esoterico che minacciava di estinguersi» (p. 21).

   Dalmazio Frau ricostruisce le apparizioni del Graal nell’arte. La sua immagine, ci dice, segue i racconti arturiani e la dottrina ufficiale della chiesa medievale, tenendosi in bilico tra ortodossia ed eresia. In tal senso, Frau analizza, in modo convincente ed accorto, la presenza del Graal, dapprima nel Polittico di Gand dei fratelli van Eyck e, successivamente, nella Damigella di Dante Gabriel Rossetti. La postura della mano della fanciulla allude qui al silenzio iniziatico nell’indicare la Coppa. Il saggio di Adriano Segatori attualizza la tematica graalica.  Egli sostiene che i simboli ed i miti ad essa connessi, indicano una duplice restaurazione: quella dell’egemonikon nella psiche del singolo e dell’ordnung comunitario. Il Graal esige il riconoscimento del Sé, quale interiorizzazione della comunità e dell’ethos della stirpe cui si appartiene. Su questo tema si sofferma anche Sessa nell’Introduzione.

   Il Graal nella sua lettura è simbolo della Tradizione e del Centro. L’ordine politico, platonicamente, stante la lezione di Eric Voegelin, è conseguenza dell’ordine coscienziale. L’Impero cui la saga graalica allude è, innanzitutto, declinato sub specie interioritatis, e in tale contesto deve essere rintracciata anche la sede del Graal. Con tale simbolo la Tradizione cavalleresca ha manifestato la possibilità di realizzare una trasmutazione interiore, attraverso la quale, per dirla con Evola: «sono gli uomini e i regni degli uomini che possono portarsi ora più ora meno vicini» al Regno del Graal. Sessa, inoltre, ribalta di segno i giudizi negativi pronunciati da Calvino e da Eco su tale simbolo: letto dai due intellettuali come vuoto, come mero nulla. Il Principio, non essendo un positum, un dato, un ente tra gli altri, è ni-ente, nulla di ente. A ciò allude il Graal. Tali furono le intuizioni filosofiche di Evola e di Emo, in merito al Soggetto assoluto, pensato quale «negazione» originaria, sulla scorta di Shelling ed Eckhart. Ci sentiamo di affermare che questo libro è uno delle pubblicazioni più esaustive dell’ultimo periodo, su un tema tanto complesso.

Giacomo Rossi

4 Comments

  • Italo Balbo 6 Giugno 2019

    Molto interessante il libro e molti punti sono stati sviscerati. Manca però la storia del Capitano Leale Martelli e delle sue vicende che vorrebbero il Graal, insieme ad altre importanti reliquie, in Toscana.

  • Pavolini 6 Giugno 2019

    Le vicende del Capitano Leale Martelli sono talmente in evoluzione da richiedere &un più elaborato approfondimento.

  • Andrea Franco 7 Giugno 2019

    Interessante..ma,a mio modesto avviso , manca l’essenziale, ossia cio’ che ci farebbe passare dalla “cultura”-e quindi da un aspetto forzatamente exoterico, all’operatività su un tena così alto ed importante: Mi riferisco innanzi tuto a quanto ha potuto comunicare Massimo Scaligero, specialmente in “GRaal SAggio sul Mistero del Sacro Amore”/ma non solo lì). IN direzione di quella operatvità interiore esiste poi un mezzo estorico essenzaila per afferrare e,, per chi ne fosse capace, realizzare certi nessi, incentrtato ocn la particolare struttura e contenuto della “Meditazione della Rosacroce”, che Rudolf Steiner, potò pubblicare sin dal 1910 nella “Scienza Occulta”….Si veda poi il quadro storico-esoterico complessivo della vicenda che sta dietro all’Iniziazione di Parsifal ed alle vicende connesse quale ricordato da Bernard Lievegood nel suo libretto “Le Correnti dei Misteri in Europa ed i Nuovi Misteri”.. e gli studi di Walter Johannes Stein sul IX Secolo..

  • Italo Balbo 16 Giugno 2019

    Pasolini, concordo con le tue affermazioni. La vicenda evolve ed è seguita ed approfondita. Operiamo ed attendiamo fiduciosi.

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