Riprendiamo il nostro “discorso” sulla poesia politica di H. P. Lovecraft, trattando stavolta il solo anno 1916, caratterizzato ancora dall’andamento della guerra in Europa e dal sentimento “britannico” del Sognatore di Providence.
4^ parte – 1916
23. An American to Mother England (Un Americano alla madre Inghilterra), 1916
Accorata ode a quella che HPL sentiva – per vincolo di sangue ancestrale e di razza – come la propria, vera madrepatria: l’Inghilterra, alla quale rende, in tempo di guerra, questo “tributo” (secondo S.T. Joshi, che considera la poesia davvero terribile nella sua imponente biografia I am Providence). Gli Stati Uniti d’America (Columbia) dovevano tutto all’isola originaria: alla sua forza di dominatrice del mondo, ai suoi figli costruttori, alle sue arti, al suo diritto legislativo. Lovecraft sogna un’era futura in cui l’America e la Gran Bretagna (rappresentata con pennellate di realismo paesaggistico) potranno essere nuovamente unite e si lamenta dell’imbarbarimento razziale del suo paese natio.
Whilst nameless multitudes upon our shore
From the dim corners of creation pour,
Whilst mongrel slaves crawl hither to partake
Of Saxon liberty they could not make,
From such an alien crew in grief I turn,
And for the mother’s voice of Britain burn.
England! Can aught remove the cherish’d chain
That binds my spirit to thy blest domain?
Can Revolution’s bitter precepts sway
The soul that must the ties of race obey?
Create a new Columbia if ye will;
The flesh that forms me is Britannic still!
(Mentre innominate moltitudini sulla nostra sponda
Dai più oscuri angoli della Creazione si riversano,
Mentre gli schiavi meticci strisciano fin qui per godere
Delle libertà di matrice sassone che loro non potevano darsi,
Da una tale aliena marmaglia nel dolore mi allontano,
E ardo di sentire la voce della Madre Gran Bretagna.
Inghilterra! Esiste qualcosa capace di spezzare la preziosa catena
Che lega il mio spirito al tuo benedetto dominio?
Possono gli amari precetti della Rivoluzione ammorbare
L’anima a cui devono obbedire i vincoli di razza?
Crea una nuova Columbia se vuoi;
La carne di cui sono fatto è ancora britannica!)
Lovecraft aveva allegato la poesia in dattiloscritto in una lettera indirizzata nel giugno 1916 a John Thomas Dunn, un suo corrispondente e collega nella stampa amatoriale, abitante nella stessa Providence; nella missiva Lovecraft dichiarava che era il momento di scendere in campo al fianco della Gran Bretagna, di rinunciare ai sentimenti anti-inglesi e alla neutralità; i due avrebbero in seguito litigato perché Dunn, di origini irlandesi, si sarebbe rifiutato di rispondere alla chiamata alle armi; fu per questo condannato e scontò qualche anno in galera. Nella lettera HPL rivelava che An American to Mother England era già stata pubblicata in Inghilterra (a gennaio); secondo lo scrittore la poesia illustra i motivi che mi costringono a stare dalla parte del Re e del Paese dei miei antenati.
24. The bookstall (La bancarella dei libri), 1916
Secondo S.T. Joshi (in I am Providence) la poesia è una delle migliori che HPL dedicò al suo primo grande amore, il libro. Lovecraft, scrive S. T. Joshi, usa questo poema per citare alcuni dei libri più curiosi della sua biblioteca. In essa Lovecraft rinnega i tempi moderni e si rifugia in giorni più nobili:
Say, waking Muse, where ages best unfold
And tales of times forgotten most are told;
Where weary pedants, dryer than the dust,
Like some lov’d incense scent their letter’d must;
Where crumbling tomes upon the groaning shelves
Cast their lost centuries about ourselves.
(Dimmi, o Musa che si risveglia, dove le ere meglio si dispiegano
E i racconti dei tempi andati meglio vengono narrati;
Dove i parti letterari di stanchi eruditi, ormai più asciutti della polvere,
Profumano come un certo amato aroma d’incenso;
Dove vecchi volumi che si sgretolano su scaffali scricchiolanti,
Scaricano sulle nostre spalle i loro secoli perduti.)
25. Lines on Gen. Robert Edward Lee (Versi sul Gen. Robert Edward Lee), 1916
Introdotta non a caso da una classica citazione di Marco Anneo Lucano dal Bellum Civile (Se la fama si ottiene con il merito, e se la virtù è considerata di per sé e al di fuori del successo, allora tutto ciò che lodiamo nei nostri antenati è dovuto alla fortuna) la poesia intende esaltare la figura del generale Lee (1807 – 1870), il maggiore condottiero degli Stati Confederati del Sud durante la Guerra di Secessione americana. I versi iniziano con un riferimento alla Prima Guerra Mondiale – mettendo così in parallelo lo scontro in atto nel 1916 fra nazioni sorelle in Europa e lo scontro fratricida tra Nordisti e Sudisti avvenuto solo cinquanta anni prima in America:
Whilst martial echoes o’er the wave resound,
And Europe’s gore incarnadines the ground;
Today no foreign hero we bemoan,
But count the glowing virtues of our own!
(Mentre eco marziali risuonano attraverso l’Oceano
E il sangue di Europa tinge di rosso il suolo;
Oggi non commemoriamo nessun eroe straniero
Ma vogliamo esaltare le splendide virtù dei nostri!)
Il generale Lee di Lovecraft non è un semplice soldato della Confederazione, ma assurge a guida militare di tutta la razza sassone e di tutti gli americani bianchi, i quali, pur essendo di comuni origini di sangue, si affrontarono e si massacrarono nella Guerra Civile. Lee non è un traditore – dice HPL – ma un esempio anche per il Nord. Le sue azioni valorose non devono appartenere solo al Sud, non devono essere cantate solo nelle ballate del Sud, ma…
To all our Saxon strain as well belong.
(Appartengono a tutto il ceppo sassone.)
26. The Beauties of Peace (Le meraviglie della pace), 1916
I versi pacifisti A Prayer for Peace and Justice, scritti dal religiosissimo poeta dilettante Henry Thomas e pubblicati sul “Providence Evening News” del 23 giugno 1916 scatenarono le ire di HPL, notoriamente interventista. Thomas considerava una vergogna che gli USA si preparassero a intervenire in guerra (senza citare “quale” guerra) e Lovecraft affila le armi della polemica e della satira considerando che Thomas si riferisse sia alla guerra in Europa, sia a Pancho Villa che a marzo e a maggio del 1916 aveva invaso il New Mexico e il Texas in risposta al riconoscimento degli USA del suo nemico Venustiano Carranza come Presidente del Messico. Wilson inviò contro Villa 10.000 uomini guidati dal generale Pershing e dal suo braccio destro Patton e furono utilizzati persino aerei da combattimento; Villa riuscì a sfuggire. Abbiamo visto che HPL mal sopportava il rivoluzionario Villa, avendogli dedicato versi molto pungenti già nel 1914; in questo poema del 1916 lo definisce senza mezzi termini un mongrel (ovvero un incrocio, un bastardo).
Let blood-mad Villa drench the Texan plain;
Let sly Carranza ev’ry right profane;
The savage hordes a cordial hand extend,
And great th’ invader as a welcome friend:
What tho’ he slew your brothers yesternight?
We must be pious – and ‘tis wrong to fight!
While friends and kinsmen perish in the strife,
‘Tis ours to arbitrate them back to life!
(Lasciamo che il pazzo sanguinario Villa compia macelli nelle praterie del Texas;
Lasciamo che il vile Carranza profani ogni diritto;
Tendiamo la mano alle orde selvagge,
E salutiamo l’invasore come un amico benvenuto:
Che importa se l’altra notte ha massacrato i tuoi fratelli?
Dobbiamo essere pii – ed è sbagliato combattere!
Mentre gli amici e i parenti periscono in battaglia,
Possiamo riportarli in vita grazie alla mediazione!)
27. Ad Balneum, 1916
Curiosissima satira dedicata al little sea, il “piccolo mare”, ovvero la… vasca da bagno! Lovecraft traccia una sorta di storia epico-mitologica di questo immancabile strumento di civiltà e di igiene quotidiana, tanto che fuori dalla civiltà stessa vengono messe al bando quelle “etnie” che la vasca non amano usare:
Blest be thy waves, by no rude breezes blown,
To Britons sacred, and to Jews unknown!
(Siano benedette le tue onde, mai sferzate da gelidi venti,
Sacre ai Britanni, e sconosciute agli Ebrei!)
Come spiega S.T. Joshi in The Ancient Track e nella boiografia I Am Providence, HPL, con questo poema intendeva sbeffeggiare i poeti moderni e i talora infimi soggetti dei loro versi (p.e. gli arredi in porcellana di un gabinetto).
28. Brumalia, 1916
Ode dedicata da HPL alle antiche feste latine del solstizio invernale. In una nota che Lovecraft scrisse a proposito di questa poesia (pubblicata sulla rivista Tryout) spiegava al pubblico americano le origini pagane e solari della festività cristiana del Natale.
In altre poesie del periodo, non del tutto ascrivibili al “filone politico”, HPL ritorna comunque sulla nostalgia per i “bei tempi andati”, per un passato tradizionale, per il “bell’inglese” in letteratura, per le origini britanniche (etnico-razziali) e per le ancora più lontane origini (letterarie e artistiche) greco-romane: è questo, per esempio, il caso di Content (introdotta da un’epigrafe in latino, da Orazio, e con citazioni dai Canti di Ossian), di The Smile, di The Rose of England, di The Poe-t’s Nightmare, etc.