di Giacinto Reale
La sera del 12 marzo del 1921 nasce il fascio di Arezzo; l’ ex volontario di guerra che presiede la riunione, chiude il suo intervento con queste parole: “Dovete sapere che i fascisti hanno tre strade aperte: GALERA, OSPEDALE, CIMITERO”
Ecco, provo a partire da qui per approfondire la questione della “violenza squadrista”…le sorprese non mancheranno.
Dopo l’eccidio di Sarzana, nel quale perdono la vita 14 (o forse 15-16, anche qui i numeri sono ballerini ) fascisti, spesso uccisi in maniera barbara, Antonio Gramsci pubblica, su “L’Ordine Nuovo” del 23 luglio 1921, un articolo che vuole essere giustificazionista, nel quale afferma che: “nei 365 giorni dell’anno 1920, 2.500 italiani (uomini, donne, bambini e vecchi) hanno trovato la morte, nelle vie e nelle piazze, sotto il piombo della pubblica sicurezza e dei fascisti” (1)
Non contento, l’indomani ribadisce che: “nel 1920, i “bolscevichi” lasciarono 2.500 morti nelle vie e nelle piazze per opera della forza pubblica che si opponeva alle loro violenze” (2)
Solo il 3 marzo del 1922, in un articolo dedicato al processo agli assassini di Scimula e Sonzini, il pur tanto pignolo politico sardo ammetterà l’errore (?), correggendo i numeri: “nell’anno 1920, che viene rappresentato come l’anno del potere assoluto del bolscevismo in Italia, sono caduti sulle vie e sulle piazze del nostro Paese 616 operai, 1734 sono rimasti feriti” (3)
Nella migliore delle ipotesi, una grossolana svista (sommare morti e feriti), aggravata da un arrotondamento “al rialzo” (2.350 diventa 2.500) di dati che, comunque, andavano verificati, perché desunti da una pubblicazione di parte e non “scientifica”, che era “L’almanacco socialista” del 1921.
Eppure,anche se può sembrare strano, la cifra astronomica di 2.500 morti (solo per l’anno 1920!) continuerà a riaffiorare qua e là, nel tentativo di accreditare l’immagine di una sanguinosa reazione borghese della quale i fascisti sarebbero stati parte fin dall’inizio.
Vale la pena di ricordare, invece, che per tutto il 1920 (a ragione definito anno della “minorità fascista”) l’ “incisività” delle azioni squadriste era stata praticamente nulla; tali azioni si svilupperanno, di contro, fin dalle prime settimane del 1921, con un crescendo che toccherà l’apice a cavallo delle elezioni del 15 maggio.
E Gramsci, infatti, non mancherà di sottolinearlo, sempre nel citato articolo del 23 luglio del 1921, fornendo però, ancora una volta numeri di pura fantasia: “nei trascorsi 200 giorni di questo barbarico 1921, circa 1.500 italiani sono stati uccisi dal piombo, dal pugnale, dalla mazza ferrata del fascista, circa 40.000 liberi cittadini della democratica Italia sono stati bastonati, storpiati, feriti; circa altri 20.000 liberissimi cittadini della democraticissima Italia sono stati esiliati con bandi regolari o costetti a fuggire…” (4)
Credo che con le “favolette di nonno Castoro” possiamo fermarci qui…cerchiamo di ristabilire la realtà.
È un tentativo non facile: lo stesso Franzinelli, nel suo “Squadristi”, a premessa della pur minuziosa cronologia giorno per giorno degli avvenimenti del quadriennio 1919-22, scrive: “Una precisazione sui caduti in scontri di piazza e in imboscate. Si può ritenere nel complesso soddisfacente la parte relativa alle vittime fasciste, mentre è del tutto incompleta quella riguardante le sinistre… ulteriori definizioni e precisazioni del quadro richiederebbero il setaccio metodico dell’imponente materiale conservato negli archivi centrali e periferici” (5)
Insomma, siamo a questo: numeri che – pur nella loro limitatezza, qui non siamo alle decine di migliaia di vittime delle giornate post 25 aprile – restano approssimativi, con ormai scarsissime possibilità di arrivare a “certezze”.
Eppure, la cosa non è secondaria, se solo si considera che da molte parti si è sempre sostenuto che la violenza, la sopraffazione, l’omicidio dell’avversario rappresentano una componente intrinseca, essenziale del fascismo, che questo è il suo peccato originale che rende poco credibili e irrilevanti le successive adesioni e simpatie verso il movimento mussoliniano di tanti italiani, di filosofi, scienziati, musi
cisti, premi Nobel (per non dire dei lusinghieri giudizi di politici e uomini di Stato di tutto il mondo).
cisti, premi Nobel (per non dire dei lusinghieri giudizi di politici e uomini di Stato di tutto il mondo).
Le indiscriminate violenze dei neroteschiati del 1919/22 dovrebbero, inoltre, giustificare le vendette del ’45 e la discriminazione politica successiva, fino al truculento e famigerato “uccidere un fascista non è un reato”.
Provare a “contestualizzare” (come, con una non bella parola, si dice) è sembrato inutile, finché, a poco a poco, le ragioni della ricerca (della verità) hanno prevalso.
Vediamo di fare qualche esempio, i primi che mi vengono in mente:
- Salvemini: “Gli stessi atti di violenza che i fascisti commisero durante i primi mesi della loro controffensiva (si allude al primo quadrimestre del 1921, cioè il periodo di maggiore “vivacità” squadrista ndr) possono essere riguardati con una certa indulgenza…un fascista, in questo primo periodo, doveva essere dotato di un certo grado di coraggio, fisico e morale. Egli doveva affrontare l’impopolarità, era esposto alla violenza fisica delle folle, rischiava di essere ferito o ucciso…” (6)
- Franzinelli: “Il fenomeno squadrista è più complesso e sfaccettato di quanto non lo si sia rappresentato. E porta con sé alcuni miti da sfatare. Non è vero che a sinistra ci fossero solo vittime inermi, come pure non risponde alla realtà che la violenza fosse patrimonio di una parte sola. I “sovversivi” si difesero e agirono con puntate offensive, per quanto tecniche e condizioni lo consentissero. È infondato sostenere che i fascisti aggredissero a freddo e muovessero all’attacco in dieci contro uno: diversi di loro morirono per i colpi dei franchi tiratori”(7)
- De Gasperi: “Noi non condividiamo il parere di coloro i quali intendono condannare ogni azione fascista sotto la generica condanna della violenza. Ci sono azioni in cui la violenza, anche se assume l’apparenza di una aggressione, è in realtà una violenza difensiva, cioè legittima”(8)
- Lyttelton: “Le fotografie che ritraggono le squadre d’azione hanno una sorprendente analogia con quelle di squadre di calcio o gruppi sportivi in genere. La spedizione punitiva, anche se aveva come scopo quello di rompere la testa a qualcuno, per i partecipanti era spesso un’uscita con i compagni, un pretesto per fare del rumore, mangiare e bere senza pagare, e, normalmente, spassarsela. Lo spirito di queste riunioni è stato descritto in modo brillante (e non senza una certa simpatia) da Pratolini, nel suo romanzo “Lo scialo”(9)
- Guerri: “Inoltre, bisognerà pur dire che nel ’21, fare lo squadrista a Ferrara era un mestiere né comodo né facile. Uno studio realistico sulla violenza in Italia durante quegli anni non è stato ancora fatto, ma, generalmente, si tende a ipervalutare la violenza fascista. Già allora i fascisti avevano il massimo interesse a gonfiare a dismisura il numero delle loro azioni, la durezza dei loro attacchi, la quantità dei nemici feriti. Allo stesso modo, i socialisti sconfitti avevano un eguale interesse a far apparire l’avversario più attivo, forte e cattivo di quanto fosse in realtà”(10)
- Vivarelli: “Del resto, sono molti i casi nei quali questa violenza (quella fascista ndr) aveva il carattere di una rappresaglia, la risposta per un’offesa subita… Anche se la disparità delle forze faceva sì che …il numero delle vittime fosse maggiore tra i socialisti che non tra i fascisti, non corrisponde al vero che i socialisti fossero alieni dalla violenza. E si deve ugualmente tener presente che molte delle spedizioni fasiste incontravano una resistenza armata, e numerose furono le occasioni nelle quali gli squadristi subirono la violenza degli avversari. Anche quando si esercitava come rappresaglia, la violenza fascista non era mai fine a se stessa. E, poiché si mirava ad abbattere le strutture del potere socialista più che a colpir le persone… di massima non ci si proponeva di uccidere… le uccisioni volontarie, cioè frutto di azioni mirate sono più l’eccezione che la regola. Contro le persone, la principale arma della reazione fascista è l’intimidazione: sia verbale, sia…intimidazioni fisiche”(11)
Credo che possa bastare…..ora cominciamo a ragionare in termini di numeri
(fine prima parte)
NOTE
(1) “Insurrezione di popolo” ora in: “Socialismo e fascismo, l’Ordine Nuovo 1921-22!, Torino 1978), pag 248
(2) “La Stampa” e i fascisti”, ivi, pag 250
(3) “Semplici riflessioni intorno ad un processo”, ivi pag 462
(4) “Insurrezione di popolo” cit
(5) Mimmo Franzinelli, “Squadristi, protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-22”, Milano 2003, pag 277
(6) Lettera del 1928, più ampiamente in: Giordano Bruno Guerri, “Italo Balbo”, Milano 1984, pag 76
(7) Op cit, pag 6
(8) Su: “Il nuovo Trentino” del 7 aprile del 1921, più ampiamente in Guerri,cit, pag 76
(9) Adrian Lyttelton, “Cause e caratteristiche della violenza fascista, fattori costanti e fattori congiunturali”, in: (a cura di) Luciano Casali, “Bologna 1920, le origini del fascismo”, Bologna 1982, pag 47
(10) Guerri, cit, pag 77
(11) Roberto Vivarelli, “Storia delle origini del fascismo, l’Italia dalla Grande guerra alla marcia su Roma”, Bologna 2012, vol III, pag 176
Nella foto: “Rissa in Galleria” di Umberto Boccioni, 1910
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