“Ho il sogno di arrivare alla pedonalizzazione totale dei Fori Imperiali nel percorso di questa consiliatura”.
Nel giorno stesso in cui l’International Herald Tribune dedica un articolo in prima pagina al controverso piano, il sindaco Ignazio Marino rilancia, annunciando le sue intenzioni per i prossimi cinque anni. ”Voglio trasformare quella che sino ad ora è stata solo una grande strada trafficata in una passeggiata nella storia”, spiega Marino nell’intervista realizzata nei suoi uffici in Campidoglio. “È parte di un sogno, quello di restituire ai romani, agli italiani e alla persone che arrivano da tutto il mondo, questo posto incredibile dove si è sviluppata la storia del mondo occidentale”, aggiunge il sindaco, ripreso in una foto a tutta pagina mentre si affaccia pensieroso dal balcone del Campidoglio sui Fori.
Per ora c’è stato solo l’allarme del governo americano e di quello inglese, che ha invitato tutti i turisti inglesi a stare attenti a scippi e borseggi. E il sindaco Marino ha risposto semplicemente dicendo che nelle città estere, in Gran Bretagna come negli Stati Uniti, gli episodi di microcriminalità sono più frequenti che da noi. Probabilmente bisognerebbe mandare di nuovo Marino negli Stati Uniti, per controllare meglio la situazione.
Intanto, osserva l’IHT, i romani moderni, soprattutto i residenti della zona, hanno preoccupazioni più pratiche. Anche perché hanno a che fare con il previsto effetto ricaduta dovuto alla chiusura di un’importante arteria per la viabilità cittadina, utilizzata, secondo le statistiche, da ben 1.600 automobilisti l’ora durante le ore di punta del giorno. Dalle parole di Marino, dai suoi atteggiamenti, dagli slogan che declama e dalle persone che popolano le sue iniziative si comprende che fa parte di una sinistra settaria che sta dilagando nel Pd romano, sempre più appiattito sulla faziosità odiosa dei centri sociali che lo spalleggiano e che lui copre politicamente. Marino è estraneo al desiderio di concordia nazionale, la sua cultura è figlia di quel moralismo infecondo e acrimonioso che si alimenta con l’antiberlusconismo tout court.
Ignazio Marino, con le sue reazioni isteriche alla contestazione organizzata da Alemanno in occasione della festa per la pedonalizzazione di via dei Fori imperiali, rappresenta l’incarnazione politica e culturale. di quella demagogia che prolifera nella discordia, che mobilita gli arrabbiati e valorizza gli elementi divisivi e laceranti, che pontifica sui difetti degli avversari ma non accetta critiche né obiezioni alle proprie scelte. “Apprendo che rappresentanti, che provengono da una storia culturale che risale al fascismo, come Gianni Alemanno e il senatore Augello, che hanno avuto percorsi di vita ispirati a quelli della dittatura, oggi, in un momento in cui Roma festeggia si comportano in un modo che dimostra la loro diversità culturale”. Marino, purtroppo per lui, ignora che è proprio da quella “diversità culturale” che nascono personalità come Giacomo Boni, il più grande archeologo italiano di sempre, già fascista convinto, che nel Foro romano scoprì il Lapis niger, la Regia, il Lacus Curtius, i cunicoli cesariani, la cisterna arcaica a thòlos sul Palatino, i ricchi ambienti della “Casa dei Grifi” e della cosiddetta “Aula isiaca” al di sotto del palazzo imperiale di età flavia. Dalla stessa “diversità culturale” nasce quel Corrado Ricci a cui è dedicato il largo che fa da limite alla nuova area pedonale, che fu un altro archeologo di prim’ordine, collaboratore dello stesso Boni nonché firmatario del Manifesto degli intellettuali fascisti del 1925. Entrambi – Ricci e Boni – furono tra i frequentatori di Ezra Pound nel lungo soggiorno italiano del poeta. Evidentemente il neosindaco di Roma ha come prospettiva la Roma prefascista in cui le pecore pascolavano fra le rovine, il Colosseo era circondato da vicoli degradati e fetidi, pullulanti di baracche, il tutto in un’atmosfera decadente e “pittoresca” tale da far sognare ricchi villani smaniosi di Grand Tour.
E’ l’italietta liberale, con una destra e una sinistra senza troppi grilli per la testa, senza velleità di protagonismo internazionale. Un sindaco deve poter vantare una profonda conoscenza sociale della città, invece, il neo sindaco si limita a biascicare acriticamente le acrimoniose rivalse urbanistiche di Insolera e Cederna che hanno sempre svilito, per motivazioni ideologiche, la bellezza estetica e la stessa la funzione della via dell’Impero, una delle poche arterie a Roma all’altezza delle ampie e monumentali strade che caratterizzano tutte le capitali europee.
Anche lo storico Andrea Giardina afferma che Via dei Fori Imperiali non deve essere toccata. Analogamente dovremmo disfare i grandi boulevard di Parigi che furono fatti costruire da Napoleone III. L’intervento di Mussolini equivale alla stessa operazione urbanistica compiuta a Parigi, fa parte della storia urbanistica di Roma. Dire che si debba sbancare la strada è solo uno spot elettorale e un segno di infantilismo ideologico. Il progetto di Mussolini era già tutto nel discorso pronunciato in Campidoglio il 31 dice
mbre 1925 per insediare il primo governatore di Roma fascista. “Tra cinquant’ anni”, dichiarava il capo del fascismo, “Roma dovrà apparire meravigliosa a tutte le genti del mondo. Vasta, ordinata, potente come fu ai tempi del primo impero d’Augusto. Voi continuerete a liberare il tronco della grande quercia da tutto ciò che ancora la intralcia. Farete dei varchi intorno al teatro di Marcello, al Campidoglio, al Pantheon; tutto ciò che vi crebbe intorno nei secoli della decadenza deve scomparire. Entro cinque anni, da Piazza Colonna per un grande varco deve essere visibile la mole del Pantheon. I monumenti millenari della nostra civiltà devono giganteggiare nella necessaria solitudine”.
mbre 1925 per insediare il primo governatore di Roma fascista. “Tra cinquant’ anni”, dichiarava il capo del fascismo, “Roma dovrà apparire meravigliosa a tutte le genti del mondo. Vasta, ordinata, potente come fu ai tempi del primo impero d’Augusto. Voi continuerete a liberare il tronco della grande quercia da tutto ciò che ancora la intralcia. Farete dei varchi intorno al teatro di Marcello, al Campidoglio, al Pantheon; tutto ciò che vi crebbe intorno nei secoli della decadenza deve scomparire. Entro cinque anni, da Piazza Colonna per un grande varco deve essere visibile la mole del Pantheon. I monumenti millenari della nostra civiltà devono giganteggiare nella necessaria solitudine”.
Fin qui l’apologia del “piccone demolitore”. Ma l’occhio del Duce scrutava il futuro meno immediato e profetizzava: “La Terza Roma si dilaterà sopra altri colli, lungo le rive del fiume sacro, fino alle spiagge del Tirreno. Un rettilineo che dovrà essere il più lungo e il più largo del mondo porterà l’ansito del mare nostrum da Ostia risorta fino nel cuore della città”. Ecco già l’ intuizione dell’Eur e della via del Mare, della crescita lineare verso Occidente. Infine un accenno misterioso, forse l’idea di una rete di borgate-satellite collegate via metropolitana al centro monumentale: “Voi toglierete la stolta contaminazione tramviaria, che ingombra le strade di Roma, ma darete nuovi mezzi di comunicazione alle nuove città che sorgeranno ad anello attorno all’antica”.
Il fascismo aveva visione e progetto. Poi la storia ha preso questa forma, ma non si può infierire sulla storia. Roma è una metropoli, non un giocattolo. Quando si fece la commemorazione dei primi 50 anni dell’Unità d’Italia, nel 1911, fu costruito il Vittoriano. Sarebbe come dire, abbattiamo l’Altare della patria e portiamo il Campidoglio alla forma che aveva prima. Demenziale.
Sarebbe più opportuno che Marino si occupasse delle periferie di Roma piuttosto che di pedonalizzazioni del centro. E soprattutto un sindaco di sinistra, dovrebbe avere la sensibilità di dare la priorità agli interventi socialmente più urgenti. Senza parlare dei problemi del traffico, che non si risolvono con iniziative estetizzanti, così come non si risolvono con iniziative estemporanee che rischiano di fare impazzire la circolazione stradale. Bisogna occuparsi dei tempi di percorrenza di chi va al lavoro usando un mezzo proprio, anziché creare difficoltà supplementari rispetto alle moltissime esistenti già in una città come Roma.
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