di Mario M. Merlino
Secondo il grande Totò la morte ‘livella’ poveri e ricchi… e ciò vale anche – suppongo – per i belli e i brutti quelli grassi e quelli magri gli alti e i bassi come i bianchi i gialli i rossi e i neri e, infine (in quanto è ciò che mi conta qui), coloro che furono definiti con archi di trionfo monumenti e are votive vincitori e nell’obbrobrio e nella dimenticanza i vinti. Livella i corpi che andranno disfacendosi e finiranno per essere un mucchietto di ossa da star dentro una busta di cellophane ( e il riferimento si fa preciso: quando Raffaella Duelli, ausiliaria della Decima MAS, mi chiese di assistere all’esumazione dei marò del btg. Barbarigo, caduti sul fronte di Anzio e sepolti nella sua tomba di famiglia, e affidarli all’Onorcaduti, furono appunto raccolti in piccole sacche trasparenti da volenterosi soldati per essere poi ognuno messo all’interno di una cassetta di legno e zinco). Quei corpi che, in vita, furono carne ossa e sangue, ma anche idee e emozioni e sentimenti; furono nella visione dogmatica della morale buoni e cattivi, nel giusto e nell’errore, nelle leggi supreme della natura e della storia carnefici e vittime.
Tutto questo ‘pistolotto’ – riconosco il suo essere alquanto affastellato e di necessario maggiore spazio d’approfondimento – per dare uno sguardo e rispondere, a mio modo, non alla morte di un centenario, che l’anagrafe ha protetto per un secolo e contro i desiderata di molti, ma ad un soldato alle sue esequie e al tam-tam mediatico che non risparmia nessuno… E, mentre scrivo, ho soltanto una somma di dinieghi: dalla lontana Argentina, che si è affrettata a dichiarare di non volerne la salma là dove, nel sud del paese, a Bariloche, egli ha vissuto e dove avrebbe voluto essere sepolto accanto alla amatissima moglie; al sindaco di Roma che sta studiando la soluzione per evitare che una tomba, magari anonima, rappresenti uno schiaffo alla città; al Vicariato che dichiara come, mai e poi mai, vi sarà una chiesa a disposizione per celebrare il suo funerale. Tutti dinieghi che trovano il plauso della comunità ebraica e non poteva essere altrimenti. Anzi, avendo una visione superiore e in grande della vita e della morte, auspica che, in un ipotetico al di là, le vittime guardino in eterno il loro aguzzino…
Dal 12 dicembre 1969, da quella data avrebbero voluto inchiodarmi ad un patibolo d’ombre… Mi confidò un pomeriggio il capitano: ‘Mi chiedevano in tribunale che facessi atto di pentimento, ma io dovevo rispondere della mia partecipazione alla rappresaglia, della sua liceità, delle mie personali responsabilità. Quanto vissi allora e da allora nella mia coscienza non ha alcuna attinenza con il processo, riguarda me stesso e Dio, se esiste…’. Il nemico non va solo reso innocuo, va annichilito. Appunto lo si inchioda ad un patibolo d’ombre… Non sempre, però, egli rimane quieto e si ribella, a scuola ad esempio e magari, soprattutto, in morte.
L’Argentina, dunque, si affretta a ricordare come l’ha consegnato all’Italia e già da lunga data. Che l’Italia se lo tenga perchè i morti non hanno alcun diritto e ogni modestissima pretesa, come quella stupida romanticheria di essere ricongiunto alla moglie almeno dopo morte, diviene inudibile. E la terra che ci fece entusiasmare per la presenza del generale Peron ed Evita, non dimentichi della lezione del fascismo di Mussolini; la terra che accolse prima chi cercava pane e poi chi era costretto all’esilio, s’allontana e si allontana da noi che, nomadi, ci entusiasmavamo per il grande spazio e ci rafforzava nell’idea di travalicare ogni forma d’orizzonte.
In quanto all’attuale sindaco, che si può dire? Un po’ di facile demagogia rappresenta il nuovo che avanza, mentre il vecchio permane nella gestione deficitaria della Capitale. Egli non fa che allinearsi al suo predecessore (che attribuiva la responsabilità dei bombardamenti aerei nel luglio del ’43 ai tedeschi). Quando l’Italia firmò il trattato di pace del 10 febbraio 1947, dopo un dibattito appiattito ed inutile, il vecchio Vittorio Emanuele Orlando parlò di ‘libidine di servilismo’. A chi, di volta in volta, esercita la nobile arte dell’usura, coadiuvato dall’acciaio made in USA.
Nell’abbraccio materno di Santa Madre Chiesa, beh, ci abbiamo creduto poco. Sorprendersi? George Orwell concludeva uno dei suoi libri più famosi, La fattoria degli animali, con il constatare come vi fossero animali più uguali degli altri e, sebbene egli volesse fare satira e denuncia dello stalinismo, sempre di una ‘chiesa’ si trattava… La pietas romana e la pietà cristiana, lo so, non sono la medesima cosa e principi, penso alla carità, sono come l’elastico delle mutande, si adattano secondo necessità cioè al giro vita.
Torna, alfine, sotto forma di domanda quanto scritto all’inizio: coloro che muoiono sono tutti livellati a pari grado, terra vermi ed ossa. A quanto pare, no, nell’incapacità o nella malafede di distinguere la carne da come quel corpo, nella sua complessità, s’è espresso in vita. Allora – ricordo il benevolo rimprovero rivoltomi da Giano Accame – si può benissimo scegliere d’essere poca cenere e che venga sparsa in qualche cassonetto dell’immondizia. Un silenzio, un anonimo gesto a sfida delle urla volgari e scomposte…
2 Comments