Fra tutte le serie di articoli che ho pubblicato su “Ereticamente” in un lasso ormai non piccolo di anni, I volti della decadenza è forse quella che ha avuto la storia più tormentata. Essa è nata da una circostanza bizzarra. Nel gennaio 2018 fui informato dall’Ufficio Scolastico Regionale che avevo maturato le condizioni per il collocamento a riposo a partire dal settembre di quell’anno. Un paio di mesi dopo fui ricontattato: avevano sbagliato i calcoli, e non sarei potuto andare in pensione prima del successivo settembre 2019.
Io ho cominciato il mio lavoro di insegnante con un entusiasmo e una passione che sono man mano svaniti nel tempo. Mi sentivo e mi considero un educatore, ma mi sono dovuto confrontare con una sempre maggiore indisciplina e indifferenza per l’apprendimento da parte degli studenti, autoritarismo dei presidi, crescente burocratizzazione della scuola e del lavoro di docente a tutti i livelli. E tralasciamo i numerosi bastoni fra le ruote che mi sono stati messi per le mie idee anticomuniste. Contrariamente a quanto asseriva Voltaire, il principio fondamentale della democrazia odierna, sembra essere quello di tappare la bocca a chi la pensa diversamente. Gli ultimi anni di lavoro, non lo nascondo, per me sono stati un incubo.
In questi anni ho avuto sempre più l’impressione che il modo migliore, anzi l’unico vero modo che avevo per appagare la mia vocazione di insegnante, fosse scrivere sulle pagine di “Ereticamente”.
Il problema maggiore che mi si è presentato allora, però, è stato il fatto che avevo contato sulla quiescenza per dedicarmi a una serie di letture e recensioni di testi, appunto, per “Ereticamente”. Dovendo rimandare questo programma, decisi di stendere su di essi qualche nota dopo avervi dato (uso l’espressione di un mio vecchio preside) “un’occhiata approfondita”, anche perché mi si evidenziò presto un fil rouge piuttosto chiaro che in varie misure ne univa le tematiche e che, credo, sia forse l’unica conclusione a cui può portare uno studio serio delle dinamiche del nostro mondo e della nostra civiltà quando non si abbia lo sguardo appannato dall’ingiustificato ottimismo dell’ideologia progressista, ossia la tematica della decadenza, del fatto che la nostra cultura perde quotidianamente di creatività e di dinamicità e marcia impavida verso il collasso finale. Tanto per essere chiari, prendiamo un campo che non è il più importante, ma è quello visivamente più evidente, il campo artistico: dove troviamo oggi un Michelangelo, un Leonardo, un Raffaello? Da nessuna parte, e intanto si continuano a riempire le collezioni e i musei di quotatissime brutture!
Certamente, a orientarmi in questa direzione è stata anche l’uscita del voluminoso libro Decadenza di Michel Onfray, di cui avevo già letto Il crepuscolo di un idolo, smascherare le favole freudiane, che è un’impietosa demolizione del padre della psicanalisi e lo riduce alla realtà di ciarlatano e plagiario. A proposito di Decadenza, c’è una rettifica che devo fare, dopo aver riletto questo testo con maggiore attenzione: secondo Onfray, la “nostra” civiltà che egli identifica erroneamente con “l’Occidente giudeo-cristiano” si appresta a essere sostituita da quella islamica.
Io commentavo al riguardo che Onfray non dovesse aver letto Il tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler. Spengler, infatti, ci spiega che a lato della civiltà classica antica e almeno in parte nascosta da essa, è esistita quella che chiama la civiltà arabo-magica, che in età antica riconosciamo soprattutto attraverso il magismo e il misticismo che s’infiltrano nella filosofia, cancellando gradatamente lo spirito razionale della grecità, e che trova nella predicazione di Maometto e nell’islam la sua fase matura.
Noi possiamo arguire che la maturità di quel mondo è ormai trascorsa, e può essere che il fanatismo degli jihadisti finisca per travolgerci fisicamente, ma che l’islam non ha più nulla da apportarci in termini di creatività, ammesso che l’abbia fatto in passato. Oggi, ed è senz’altro un fatto nuovo nella storia, non vediamo da nessuna parte un accenno del sorgere di civiltà emergenti che possano fare da contraltare alla decadenza “occidentale”.
Ebbene, la sorpresa è questa: certamente Onfray conosce Spengler, visto che l’autore del Tramonto dell’Occidente è stato precisamente l’oggetto della sua tesi di laurea. Si tratta forse un esempio di quella che Jean François Revel ha definito La conoscenza inutile, la tendenza a pensare per settori senza la capacità di portare le conclusioni di uno a un altro.
Un’altra rettifica che devo fare: vi ho parlato di un autore certamente ben poco conosciuto, Angelo Bertolo, autore del testo L’Occidente visto con gli occhi di Machiavelli. In questo libro, l’autore si è proposto di illuminarci sul destino della nostra civiltà “con gli occhi di Machiavelli”, cioè basandosi su quella che il Segretario Fiorentino chiamava “la realtà effettuale”, mettendo da parte tutte le astrazioni ideologiche, i desideri, i moralismi, e il responso è chiaro e spietato: la decadenza del mondo occidentale dipende dal declino demografico, dalla sterilità e senilità che ci mettono in costante svantaggio rispetto alle popolazioni “colorate” demograficamente esuberanti, e quando Bertolo ha scritto il suo libro, non era ancora cominciata l’immigrazione/invasione che rende ogni giorno di più minacciosa la prospettiva della nostra sparizione per sostituzione etnica.
La rettifica che devo fare al riguardo, è l’editore del libro (avevo citato a memoria) che non è Campanotto, ma Firenze Libri. Campanotto ha invece pubblicato un altro testo di Bertolo, dedicato a Pier Paolo Pasolini.
Pasolini rappresenta un caso emblematico di nicodemismo politico (il nicodemismo è l’atteggiamento di chi professa pubblicamente una fede, mentre le sue reali convinzioni sono tutt’altre). Questo, sia chiaro, non cambia il giudizio morale sul personaggio, che rimane nettamente negativo, ma rappresenta un caso politico interessante. Nel dopoguerra, Pasolini si iscrisse al partito comunista, perché la tessera del PCI era di fatto indispensabile per farsi notare e far carriera in campo intellettuale, ma era una scelta che non poteva corrispondere alle sue reali convinzioni. Pasolini era stato toccato da vicino da uno degli episodi più vergognosi della sedicente resistenza: suo fratello, partigiano “bianco” della brigata Osoppo, era stato trucidato dai comunisti nell’eccidio delle Malghe di Porzus.
Mentire per tutta la vita non è facile: per Pasolini il momento in cui la maschera cadde, arrivò con la contestazione del ’68, quando in occasione degli scontri di Valle Giulia prese posizione per i poliziotti figli di lavoratori, contro i contestatori “rossi” rampolli borghesi. Probabilmente non aveva capito fino in fondo, ma a differenza di tanti cosiddetti intellettuali, aveva perlomeno intuito che questi fatti prefiguravano l’ingresso di molti rampolli alto-borghesi nella leadership dei movimenti di sinistra, e il conseguente tradimento di questi ultimi verso i ceti lavoratori, quel fenomeno che è stato chiamato “la mutazione genetica”.
Pasolini fu espulso dal PCI con la scusa della sua omosessualità, del resto ben nota da tempo, e questo a posteriori appare particolarmente grottesco, se pensiamo all’atteggiamento assunto oggi dalla sinistra nei confronti dell’omosessualità, al fatto che ad esempio Rifondazione Comunista portò un transessuale in parlamento.
Non è stato comunque il solo ad avvertire il tradimento delle classi lavoratrici che la sinistra ha compiuto: altri, perlomeno Giorgio Bocca e Umberto Eco si sono lasciati andare a delle ammissioni fra i denti. Ne ho fatto l’oggetto di un articolo che inizialmente faceva parte di questa serie, e certamente non si può dire che il capovolgimento di fronte di una sinistra oggi diventata il principale sgabello del NWO, del grande capitale finanziario internazionale, non sia un elemento della decadenza.
L’articolo è rimasto vittima della formattazione di cui sto per dirvi, ma l’ho riscritto in forma autonoma da I volti della decadenza, e ve l’ho presentato sotto il titolo Come l’olio (ispirandomi al detto: “la verità è come l’olio, viene sempre a galla”).
Io vi ho già spiegato la volta scorsa che un articolo che mi è sembrato non valesse la pena di riscrivere, era un pezzo che era un commento veramente ampio a un’unica frase dello psichiatra Vittorino Andreoli, perché mi è sembrato che desse un’importanza davvero esagerata a questo personaggio. La frase incriminata era: “Stiamo regredendo alla mentalità del nemico”.
Come precisavo, essa non significava: “Ci confrontiamo con un nemico violento (i terroristi islamici o i migranti che rendono impossibile agli italiani nativi continuare a vivere dove si insediano) e questo ci costringe a tornare sul piano della loro stessa violenza per difenderci”, affermazione che avrebbe avuto un senso, ma “stiamo regredendo alla mentalità per la quale esiste un nemico”. Andreoli, in sostanza esprimeva in maniera molto netta il buonismo cosmopolita e accoglione tipico della mentalità sinistrorsa.
Solo che il discorso non finiva qui, altrimenti materia per un articolo non ce ne sarebbe proprio stata. Rilevavo che la capacità di diffidare, di distinguere fra ciò che è “nostro” e ciò che è “estraneo” e potenzialmente pericoloso, è una capacità fondamentale per la sopravvivenza. Le recenti ricerche nel campo delle neuroscienze hanno collegato questa facoltà a una specifica area del cervello, l’amigdala.
Con l’invecchiamento cerebrale, l’amigdala tende a degenerare, ed è per questo che gli anziani, perdendo la capacità di diffidare, di distinguere il “nostro” dall’ “estraneo” sono più facilmente vittime di truffe in cui difficilmente cadrebbe una persona più giovane.
L’aspetto più interessante della cosa è però che le stesse ricerche neuroscientifiche hanno messo in luce che le persone portatrici di ideologie (non importa se politiche, religiose o di altro tipo) buoniste e cosmopolite, hanno perlopiù un’amigdala di dimensioni inferiori alla norma. Noi dunque possiamo vedere che se c’è qualcosa di regredito, è proprio l’accoglioneria buonista sinistro-mentecattolica alla Andreoli (o alla Bergoglio, del resto).
Io non so quante volte abbiamo avuto l’impressione che la mentalità di sinistra non dipenda soltanto da difetti educativi, ma sia una vera e propria patologia psichica; bene, adesso abbiamo la prova che non solo lo è, ma che è collegata a un’anomalia cerebrale.
Quando il diavolo ci mette la coda. Avevo da poco raggiunto l’agognato pensionamento, con un anno di ritardo rispetto a quanto avevo preventivato (o mi ero illuso), quando mi è successo uno degli incidenti più temuti da coloro che lavorano con il computer: un bel blu crash, una formattazione con una splendida schermata blu che mi segnalava che il contenuto del mio hard disk era perduto e irrecuperabile.
Fortunatamente, avevo fatto il backup di molte cose, ma non di tutto. Ve l’ho raccontato la volta scorsa (ottava parte): fra le varie serie di articoli che avevo in preparazione per “Ereticamente”, I volti della decadenza ha subito la falcidie maggiore, ma il problema non sono stati tanto i miei pezzi che ho potuto riscrivere, ma il fatto che negli anni avevo collezionato scaricandola da internet, una serie di testi e articoli dal contenuto rilevante per il nostro discorso, che avevo in animo di esaminare e commentare, e qui ho dovuto registrare le perdite maggiori, praticamente la sparizione di una nutrita “biblioteca virtuale”, di testi che aspettavo il pensionamento per avere tempo e voglia per dedicarmi a una lettura a schermo non proprio rilassante quando si tratta di opere di una certa lunghezza.
Recentemente ho ritrovato alcuni file in una penna USB, si tratta però, ve lo dico subito, soltanto di alcuni frammenti minimi della “biblioteca virtuale” sciaguratamente perduta.
Fra questi, il più interessante è forse un articolo della scomparsa antropologa Ida Magli che apparve su “Il Giornale” nel novembre 2013: Il nuovo ordine dell’Europa: distruggere ogni differenza.
La Magli faceva notare che dalla scuola, non solo quella italiana, ma di tutti i Paesi dell’Unione Europea è di fatto scomparso l’insegnamento delle scienze umane, la storia prima di tutto, ma non solo: quelle scienze che servono a sviluppare negli allievi l’attitudine al ragionamento.
“Sembra di vivere in una società di analfabeti, dove nessuno è in grado di valutare e di esprimere un giudizio (…). Di fatto i governanti, provvedendo a educare tutti con le scuole di Stato, hanno dettato anche il tipo di insegnamento cui i sudditi debbono essere sottoposti, tipo d’insegnamento che possiamo riassumere nel dato che segue: gli studenti debbono studiare in modo da non imparare nulla, o quasi. Per prima cosa non debbono imparare a «pensare», a che cosa serva «pensare», a che cosa serva «conoscere»; di conseguenza, debbono imparare tutto senza imparare nulla su di sé, sulla propria vita, sul proprio ambiente, sul proprio gruppo, sulla propria storia, sulle istituzioni e sul potere che le regge. Sembra evidente che tutto questo sia stato programmato in vista dell’ideologia di chi comanda in Europa, o almeno di quello che si suppone sia questa ideologia: l’omogeneizzazione mondiale, la formazione di persone tutte uguali: i «cittadini del mondo».
Un processo di omogeneizzazione nel quale devono sparire le differenze e quindi le identità etniche, culturali, religiose, in modo da trasformare l’essere umano, qualsiasi essere umano, in un passivo robot biologico produttore-consumatore asservito alle oligarchie al potere.
In quest’ottica, la Magli ci dà ragione anche di quella che oggi sembra una curiosa macchia cieca dell’ideologia della sinistra attuale: l’incapacità di vedere la contraddizione insita nel sostenere l’importazione di migranti provenienti perlopiù dal mondo islamico dove esiste una feroce omofobia da un lato, e dall’altro farsi portatrice della cosiddetta ideologia gender (concetto talmente assurdo, fa notare la Magli, che non si può nemmeno dare un’adeguata traduzione del termine in italiano).
Quella sessuale è l’ultima e più radicale barriera alla sparizione di qualsiasi differenza/identità; da qui gli sforzi per rimuoverla da parte di questo cosmopolitismo delirante:
“L’uguaglianza finale non sarà soltanto quella delle idee, della lingua, della religione, della Patria, ma anche fisica. L’uguaglianza che si persegue, però, è il più possibile «indistinta», di cui il modello è il «trans». Quello che abbiamo davanti oggi, dunque, in Occidente, è il mondo della non-forma che pretende di diventare modello prevalente sulla forma (…). Si tratta, dunque, di preparare i giovani a non appartenere a nulla, a non identificarsi in nulla, a non sapere orientarsi sessualmente ma anche geograficamente”.
Noi sappiamo che il primo passo per sventare questa minaccia, è quello di essere consapevoli del pericolo, ed è appunto questa la ragione del nostro lavoro. Come vi ho detto, i frammenti superstiti costituiscono solo una piccola frazione della mia dispersa “biblioteca virtuale”, tuttavia anche essi contribuiscono a gettare nuova luce sul fenomeno della decadenza della nostra civiltà. Vi dò appuntamento alla prossima parte, dove ne faremo un’ulteriore disamina approfondita.
NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra Angelo Bertolo, al centro l’edizione francese di Decadenza di Michel Onfray, a destra Ida Magli.
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