Di Fabio Calabrese
Non è possibile alcun paragone tra il fascismo, stroncato sui campi di battaglia ben prima di poter esprimere tutte le sue potenzialità nel bene e nel male, e il comunismo sovietico, questo mastodonte deforme crollato sotto il suo stesso peso per implosione interna, cosa finora inedita per qualsiasi regime nella storia umana, davanti alla constatata impossibilità di produrre altro che oppressione e miseria.
Gli esseri umani, tuttavia, hanno una singolare capacità di aggrapparsi a illusioni a lungo coltivate, a dispetto delle lezioni dell’esperienza e dei richiami del buon senso, perciò è sorprendente solo fino a un certo punto che a un quarto di secolo da quell’apocalittico crollo, vi siano ancora individui che non si limitano a dichiararsi “compagni”, “democratici”, “di sinistra” ma si proclamino esplicitamente comunisti o addirittura bolscevichi.
Dobbiamo al nostro ottimo Luigi Leonini, al suo paziente lavoro di osservazione di tutto quel che compare sui siti avversari, la scoperta di questa “perla”: un articolo pubblicato su “Internazionale, rivista bolscevica” del 6 dicembre 1996, “Scienziati razzisti” che, scritto con l’evidente intenzione di dimostrare il carattere razzista della scienza occidentale (cioè del mondo non comunista), finisce invece per essere involontariamente un’eccellente dimostrazione delle persecuzioni e dei soprusi di cui sono rimasti vittime nelle democraticissime democrazie gli scienziati accusati o sospettati a ragione o a torto, di razzismo.
Uno dei più emblematici è probabilmente il caso di Christopher Brand, docente dell’Università di Edimburgo, autore del libro “The G Factor, General Intelligence and his implications” (“Il fattore G, l’intelligenza generale e le sue implicazioni”), testo che è stato definito dall’editore newyorchese Wiley and Sons “Un saggio critico e ben argomentato”, e lo stesso Brand “ben noto per i suoi contributi alla ricerca e al dibattito sull’intelligenza e la personalità”. Bene, è bastato che in un’intervista a un giornale Brand facesse l’affermazione che per le donne che intendono diventare madri single sarebbe bene avere rapporti con uomini intelligenti per garantire un migliore patrimonio genetico ai loro figli, per farlo precipitare dall’empireo del prestigio accademico all’inferno dei “razzisti” proscritti. La canea censoria di sinistra si è prontamente scatenata. L’editore ha ritirato il libro avendo scoperto di colpo che conteneva “affermazioni repellenti”, il corpo studentesco dell’università scozzese ha votato per la rimozione di Brand dal suo posto di insegnante (e tutti noi sappiamo bene quanto insensibili alle strumentalizzazioni, raziocinanti e obiettive siano le assemblee studentesche), e il giorno dopo il rettore Stewart Sutherland ha dichiarato che le opinioni di Brand erano “false e odiose”.
Non è un motivo di riflessione d’importanza marginale il fatto che “democrazia” per i “buoni democratici” significa soprattutto negare a chi la pensa diversamente, a chi va controcorrente, il diritto di esprimersi, ma è forse più importante soffermarsi sulla confusione fra eugenetica e razzismo. Se il professor Brand avesse consigliato alle donne single di avere rapporti con uomini particolarmente stupidi per aumentare la probabilità di mettere al mondo figli affetti da ritardo mentale, sarebbe stato “politicamente corretto”?
Cosa c’è al fondo di questo rifiuto dell’eugenetica? Capirlo ci offre una chiave in più per comprendere la mentalità “di sinistra”.
Sugli errori di base della concezione marxista, mi sono soffermato più volte, e un punto è assolutamente chiaro: la mostruosità sovietica non è derivata da un fraintendimento e tanto meno da un tradimento delle idee di Karl Marx, ma al contrario, dalla loro puntuale applicazione.
Ho più volte spiegato la mia opinione che non possiamo essere “di destra” più di quanto siamo “di sinistra”, che destra e sinistra appartengono a una “logica” che non è la nostra: “destra” significa conservatorismo, difesa del privilegio sociale, “sinistra” significa egualitarismo, appiattimento. ENTRAMBE si basano sullo stesso errato presupposto: che le stratificazioni sociali determinate dal caso di nascita così come le conosciamo al presente, corrispondano a reali differenze di capacità e attitudini, in modo tale da non lasciare alternative alla difesa del privilegio o all’uguaglianza forzata.
La via alternativa che possiamo indicare è quella del socialismo nazionale, della persona giusta al posto giusto, della corrispondenza fra ruolo sociale, attitudini e meriti, una concezione che sebbene genialmente anticipata già venticinque secoli fa dalla “Repubblica” di Platone, non ha finora trovato concretizzazioni, se non una molto parziale nell’esperienza storica dei fascismi.
Il “socialismo” di stampo marxista, attribuendo teoricamente “al popolo” la proprietà dei mezzi di produzione, ma di fatto concentrando tutto il potere politico ed economico nelle mani della <
u>nomenklatura, l’élite non dichiarata dei membri del partito, ha di fatto creato una società a mobilità sociale bloccata, massimizzato il privilegio e la dispersione casuale di capacità, abilità e talenti lungo la scala sociale, ha prodotto una società immobile e perdente, senza libertà e senza benessere.
Io continuo a pensare che questa analisi sia giusta, ma forse non scava fino in fondo. Ciò di cui “i compagni” si (pre)occupano non è tanto la subalternità sociale quanto l’inferiorità, la devianza, la deformità IN SE’.
La storia del comunismo è costellata di atrocità e di delitti contro l’umanità, ma alcuni di essi hanno un significato, un “sapore” speciale: si pensi alle fosse di Katyn dove l’Armata Rossa trucidò migliaia di ufficiali polacchi prigionieri, era chiarissimo l’intento di decapitare la Polonia della sua classe dirigente, oppure si pensi ai Khmer rossi in Cambogia. Costoro massacrarono tutti i Cambogiani che portavano occhiali, sospettati per ciò stesso di essere degli intellettuali.
Oltre alla, o come aggravante dell’atrocità delittuosa di simili eventi (dei quali, a differenza di quelli attribuiti al fascismo, ben poco si parla), ci possiamo riconoscere un intento che si può definire CACOGENETICO (in senso opposto all’eugenetica), cioè di peggioramento della stirpe. Non sono i soli esempi dell’amore marxista per la bruttezza, la deformità, la degenerazione. Si pensi alla bruttura che è diventata “l’arte” contemporanea, per opera di “artisti” in massima parte di quella parrocchia ideologica. “Entartete Kunst”, “arte degenerata” la chiamavano i nazionalsocialisti, e come dar loro torto?
Peggio ancora, si ritiene che non si possa essere “un artista” senza disordine e perversità sul piano personale, “genio e sregolatezza” e all’occorrenza la sregolatezza come surrogato del genio, che un artista non possa essere creativo senza fare ricorso a droghe, alcool, intemperanze sessuali.
Da tutto ciò emerge chiaramente un volto di DISUMANITA’. Ricordo bene ad esempio, un dibattito televisivo demenziale all’epoca del referendum sull’aborto da cui emergeva con chiarezza che sostenitori dell’aborto (marxisti e radicali) e avversari (cattolici) avevano almeno questo in comune: erano gli uni e gli altri concordi nell’escludere l’aborto eugenetico.
Capite quel che significa? Se una donna sa di essere incinta di un bambino malato, magari una creatura deforme, la cui esistenza sarà carica di sofferenza per lei e i suoi genitori, allora quella vita andrà rispettata a ogni costo, ma se la donna sta per mettere al mondo un bimbo sano, ebbene, che lo ammazzi pure!
Un discorso assolutamente analogo vale per e terapie geniche. Per ora, queste terapie volte a curare le malattie genetiche, non hanno dimostrato di essere efficaci (per tutte, vale la polemica sul controverso metodo Stamina), ma già prima di intraprendere ricerche in questo campo, gli scienziati hanno dovuto specificare che queste terapie avrebbero agito solo sulle cellule somatiche e non su quelle sessuali deputate a trasmettere l’informazione genetica alle generazioni future, il che sarebbe equivalso a una pratica eugenetica. Tuttavia, quello che non è tecnicamente possibile oggi, potrebbe esserlo domani.
E allora provatevi a mettervi nei panni di una persona portatrice di una malattia genetica a cui un medico debba dire: “Tecnicamente potrei garantirle di mettere al mondo un figlio sano, ma in obbedienza a un astratto principio etico, non mi è consentito farlo”.
E provatevi anche a mettervi nei panni di quel medico.
La scelta a favore di tutto quel che è deforme, malriuscito, malato, non vitale, contro la vita e la salute. Qui non è possibile dimenticare l’insegnamento di Nietzsche, e non vedere che la disumanità del marxismo è la fotocopia di quella insita nel cristianesimo.
Noi tendiamo a pensare che il cristianesimo sia una religione della bontà, che si accosta al dolore e alla sofferenza nell’intento di alleviarli, ma non potremmo avere in proposito un’idea più sbagliata. Ciò che è insito nel cristianesimo è l’amore feticistico per la sofferenza in sé, non il desiderio di alleviare i dolori della persona sofferente. Si pensi ai mistici medievali, alla pratica di leccare le piaghe dei lebbrosi che certamente non portava a questi ultimi alcun sollievo ma eccitava il gusto coprofilo dei “santi” e si accompagnava a pratiche che andavano dall’autoflagellazione all’ingestione di escrementi.
Il disprezzo per la cura del corpo e per la sessualità trovava un complemento nell’attrazione perversa per tutto ciò che è deforme, basso, putrido.
Non sono cose relegate a un lontano passato, si pensi al caso allucinante e non certo remoto di madre Teresa di Calcutta, questa donna di cui Giovanni Paolo II ha voluto la canonizzazione immediata subito dopo la morte, senza a
spettare i cinque anni prescritti, eppure le ombre attorno a questa persona sono molte e fitte. Con i suo incessante missionarismo, madre Teresa raccoglieva annualmente svariati milioni di dollari di donativi in tutto il mondo, ma di questo ai malati poveri della megalopoli indiana non è mai arrivato praticamente nulla. Una ciotola di riso e una stuoia su cui morire, di fatto madre Teresa non offriva loro altro. Desiderio di aiutare il prossimo o feticismo per la sofferenza? Si sa ad esempio che “la matita di Dio” aveva proibito alle sue suore di usare analgesici, considerava il dolore (quello altrui, naturalmente) “un tesoro da offrire al Signore”.
spettare i cinque anni prescritti, eppure le ombre attorno a questa persona sono molte e fitte. Con i suo incessante missionarismo, madre Teresa raccoglieva annualmente svariati milioni di dollari di donativi in tutto il mondo, ma di questo ai malati poveri della megalopoli indiana non è mai arrivato praticamente nulla. Una ciotola di riso e una stuoia su cui morire, di fatto madre Teresa non offriva loro altro. Desiderio di aiutare il prossimo o feticismo per la sofferenza? Si sa ad esempio che “la matita di Dio” aveva proibito alle sue suore di usare analgesici, considerava il dolore (quello altrui, naturalmente) “un tesoro da offrire al Signore”.
Falsa misericordia e feticistica attrazione per la sofferenza. Quello di madre Teresa può apparire un caso limite ma non lo è, si pensi al fatto che proprio grazie alla persistente influenza della Chiesa cattolica, la medicina italiana è spaventosamente indietro rispetto al resto dell’Europa nella terapia del dolore. I pazienti italiani non sono neppure informati che in molti casi il dolore potrebbe essere evitato.
Forse il caso che ha mostrato con maggiore chiarezza il volto disumano del cristianesimo cattolico dietro la maschera buonista, è stato il caso Englaro.
Provate a immaginarlo: vostra figlia è morta diciassette anni fa in un incidente stradale, una tragedia ma c’è di peggio. Vostra figlia è morta, non ci sono dubbi: la sua coscienza, la sua personalità non esistono più, ma disgraziatamente il suo corpo è ancora tenuto artificialmente in vita, una povera cosa attaccata a un respiratore, idratata e nutrita artificialmente. Cosa potreste volere per lei se non che possa chiudere dignitosamente la propria esistenza ponendo fine a quell’inutile calvario? (Calvario non per lei che non c’è più, ma per coloro che le hanno voluto bene).
Pensiamo alla lotta che ha dovuto sostenere il povero Peppino Englaro, la vera vittima di questa vicenda, per dare a sua figlia una fine dignitosa, e additato da alcuni come se sua figlia, in realtà scomparsa da diciassette anni, l’avesse voluta assassinare.
Il cuore di Eluana si è fermato poco prima che fosse varata una legge concepita apposta per impedire di staccare quel respiratore. L’allora presidente del Consiglio ed eterno leader del centrodestra, un uomo con cui abbiamo in comune l’anticomunismo E NIENTE ALTRO!, un uomo che fa pubblica espressione di cattolicesimo e rimpiange manifestamente i “bei” tempi della DC, espresse pubblicamente il suo rammarico per “Non aver fatto in tempo a salvare Eluana”.
Certo era in ritardo, ma di diciassette anni!
Si ha quasi l’impressione che lo spirito della ragazza sia intervenuto al momento giusto per beffare i carnefici travestiti da benefattori.
Considerando che nessuno si è mai risvegliato né ha dato segni di attività cerebrale oltre i due anni di coma vegetativo, la domanda che si presenta spontanea, è perché la Chiesa cattolica per interposte autorità civili, ci tenga tanto a tenere in vita i cadaveri, con un aggravio di costi economici, di energie, di tecnologia che potrebbero trovare un impiego migliore per aiutare i vivi.
Ma vogliamo scherzare? Questa è una strategia preventiva per fare in modo che la questione dell’eutanasia non si possa nemmeno porre. Per la Chiesa cattolica la sofferenza della gente rappresenta il capitale più prezioso, per due motivi, perché le persone sofferenti o le famiglie in situazione di disagio, ad esempio per dover accudire un familiare in coma, sono le più vulnerabili alla propaganda religiosa, ma soprattutto pensiamo all’enorme business che esiste intorno alla sofferenza, che attraverso luoghi “miracolosi” come Lourdes o Madjugorje la Chiesa sfrutta allo stesso modo di maghi, medium e ciarlatani.
Naturalmente i cattolici più colti potranno sempre dire che la loro fede non ha a che fare con il miracolismo e la “santa” ciarlataneria, ma se fossero onesti, dovrebbero ammettere che una volta tolti questi, della loro fede e della loro Chiesa non rimane praticamente nulla.
La democrazia è un’altra forma di disumanità. Noi cerchiamo di giudicare i movimenti politici così come le persone, sulla base dei fatti e non delle intenzioni dichiarate, non si capisce allora perché si dovrebbe giudicare la democrazia sulla base di concetti astratti, di ideali solitamente non rispettati, parlando di “libertà”, “sovranità popolare”, “rispetto dei diritti” e via dicendo, come se la realtà effettiva non fosse ben diversa.
Quella che noi chiamiamo democrazia, è un potere che si è formato attraverso i secoli, approfittando delle rivolte, delle rivoluzioni, dei malesseri, delle rivendicazioni che hanno percorso l’Europa (e le realtà allora satelliti come le Americhe) dal secolo XVI in poi, che non ha certo portato alla formazione di un vero potere popolare, ma al passaggio di esso, come si disse a proposito dei moti parigini del 1830, con un giudizio che però può essere esteso all’insieme di questo trend secolare, “dai castelli alle banche”, quindi la nascita di una nuova oligarchia, non del
sangue ma del denaro. Ai fascisti, ai negazionisti dell’Olocausto, ai populisti, agli euroscettici, si è aggiunta una nuova categoria di reprobi, i “complottisti”.
sangue ma del denaro. Ai fascisti, ai negazionisti dell’Olocausto, ai populisti, agli euroscettici, si è aggiunta una nuova categoria di reprobi, i “complottisti”.
Quando un’idea è perseguitata, è l’indizio più sicuro del fatto che coglie nel segno, le fantasia prive di contatto con la realtà, infatti, sono innocue.
Che dietro l’astrazione della “sovranità popolare” esistano gruppi di interessi che non hanno niente a che fare con il bene o con i desideri della stragrande maggioranza della popolazione, questo è semplicemente insensato porlo in dubbio. Per affrettare la caduta de vecchio ordine europeo, le oligarchie del denaro hanno provocato due guerre mondiali e il crollo della posizione egemone a livello planetario di cui il nostro continente godeva fino a tutto il XIX secolo, e oggi preparano la sparizione dei popoli europei nell’universale meticciato. LORO in compenso hanno sempre visto aumentare la loro ricchezza e il loro potere.
Fuori dagli slogan e dalla retorica, il vero volto della democrazia è quello del potere mondialista, di un’oligarchia bugiarda che per garantirsi un potere planetario inattaccabile, oggi preme per la sparizione di popoli e culture attraverso l’universale meticciato, e di cui la globalizzazione economica è solo uno strumento. “Sovranità popolare”? Non siamo ridicoli, ai popoli non è riconosciuto alcun diritto, nemmeno quello di continuare a esistere come tali!
Recentemente sul blog “Fronte di liberazione dai banchieri” è apparso un bell’articolo sul negazionismo, che non è quello dell’olocausto, ma di coloro che si ostinano a negare che la cospirazione contro i popoli europei esista. Ve ne riporto un estratto.
“Il pensiero ideologico dei disinformatori è, il più delle volte, fondato sul nulla, su incongruenze insanabili, su paradossi logici e su frottole. E’ inoltre alimentato da un’intuizione spesso farneticante, martellante e paranoica. Nella mente malata del negazionista la complessità del mondo è appiattita da una fantasia infantile e monomaniacale che pullula di governanti buoni, onesti e solleciti, scienziati intenti ad agire per il progresso dell’umanità, banchieri reputati benefattori, militari che difendono la patria dai terroristi brutti e cattivi, meglio se islamici e barbuti, aziende farmaceutiche che mirano a debellare tutte le patologie…
Al pari dello stato allucinatorio, l’Ideenkleid negazionista non può essere neppure scalfita né dai fatti né dal ragionamento, poiché ogni argomentazione contraria è sempre intesa come un tentativo sottile di dimostrare che la percezione dell’universo propria degli occultatori è puerile, edulcorata e del tutto inverosimile. La realtà dei disinformatori è simile ad un cartone animato per bimbi di tre-quattro anni: bidimensionale, con i colori vivaci in campiture uniformi e con storie sdolcinate alla Mary Poppins”.
Nel momento in cui il piano mondialista è sotto gli occhi di tutti, in cui è evidente, da un lato il saccheggio delle risorse dei popoli europei operato attraverso la crisi economica provocata dalle istituzioni cosiddette europee mediante l’inasprimento della leva fiscale e la complicità di governanti proni e venduti, dall’altro la pressione fortissima verso lo stravolgimento etnico degli stessi popoli con l’imposizione dell’immigrazione e del meticciato, si moltiplicano gli sforzi mediatici volti all’occultamento di questa realtà ormai evidente, in primo luogo tacciando di “complottismo” coloro che semplicemente si rendono conto di come stanno le cose, e presentando quest’ultimo come un pensiero patologico, ma la patologia è invece propria di chi vuole negare ciò che è ormai solarmente evidente, una patologia che parte dalla disinformazione creata dal potere.
Per un periodo non breve nella storia europea, il cristianesimo e la Chiesa cattolica, incrostati dei residui di quella tradizione pagana che avevano distrutto, hanno finito per incarnare in modo mutilo e stravolto “la tradizione”, ma la Chiesa ha voltato le spalle a questo ruolo con il Concilio Vaticano II, concepito per adeguarsi a un mondo comunista, nella convinzione che dal braccio di ferro della Guerra Fredda sarebbe uscita vincitrice l’Unione Sovietica. Quelle stesse trasformazioni rendono oggi la Chiesa funzionale agli interessi del mondialismo.
Paradossalmente, è il passaggio dei marxisti nel campo degli zelanti servitori del capitalismo mondialista a richiedere una spiegazione in più, tanto esso appare in contrasto con le radici proletarie o presunte tali dell’ideologia marxista. Almeno in parte, una spiegazione di questo cambiamento si può trovare nel fatto che l’incubo mondialista coincide almeno in parte con il sogno cosmopolita coltivato dalla sinistra, ma questo non spiega del tutto le cose. Il fatto è che il progetto mondialista finisce per coincidere sin troppo bene con la perversione CACOGENETICA da cui i “compagni” sono affetti, al punto da far passare in secondo piano il fatto che esso è il progetto di un’umanità di schiavi.
Marxismo, cristianesimo, democrazia, tre ideologie disumane e menzognere, VOLTE CONTRO L’UOMO.
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