11 Ottobre 2024
Tradizione

Iduna o il pomo del ringiovanimento – Umberto Bianchi

Un testo piccolo, ma denso di significati e di conseguenze che andranno dipanandosi negli anni a venire, quello di “Iduna o il pomo del ringiovanimento”, scritto da Johann Gottfried Herder e pubblicato nel 1796 sulla prestigiosa rivista diretta ed animata da Friederich Schiller “Die Horen”. Uno scritto che aprirà un intenso dibattito in un ambiente, quello proto-romantico, i cui protagonisti già da molto tempo, andavano ponendo le basi per un decisivo cambiamento di paradigma, per quanto atteneva il modo di intendere la mitopoietica. In questo senso, vi era stato un primo segnale con la pubblicazione nel 1788 da parte dello stesso Schiller de “Gli Dei della Grecia”, un testo poetico che descrive l’abbandono da parte degli Dei di un mondo, oramai inaridito dal verbo razionalista e da una parola, oramai ridotta ad arida e sterile affabulazione. La sua visione della mitopoietica, qui si esplicita nell’immagine della doppia valenza della Dea Venere, Citerea per quanto attiene alla sfera della bellezza e dell’amore, e quindi dell’arte, dall’altro quale Urania, terrifica e splende

nte nel suo razionale e perfetto porsi, a simbolo della sapienza filosofica. A far da ulteriore detonatore alla pubblicazione di “Iduna…”, “Il più antico programma di sistema dell’idealismo tedesco”, attribuito a Hegel, Schelling e Holderlin. Ciò che accomuna questi scritti, è l’idea di una diversa funzione della mitopoiesi, non più intesa quale pura e semplice narrazione arcadica o estetica che dir si voglia, bensì quale vera e propria maieutica, in grado cioè di corroborare e sostenere una rinnovata forma di razionalità filosofica, un vero e proprio “sistemprogramme”, incentrato sull’idea di una stretta connessione tra mitologia ed anima identitaria dei popoli tutti. La poesia ed il mito sembrano qui farsi, pertanto, i portatori di quella nuova razionalità, tanto nei “desiderata” illuministi. In Herder, in particolare, tale rivalutazione della mitologia, si era già manifestata nel 1766 con lo scritto “Vom neuern Gebrauch der Mythologie”, le cui conclusioni, però, portavano a confinare la mitologia in una sfera meramente estetica. In “Iduna” Herder, invece, prefigura un dialogo tra due istanze, a cui dà il nome e la personalità di due individualità, Alfred e Frey. Il primo convinto sostenitore dell’innovativo valore educativo della narrazione mitopoietica, il secondo, intriso di illuministico spirito, invece, nel suo ruolo di convinto assertore di una algida e fredda razionalità. Tra i due, il confronto si impernierà tutto sulla proposta di Alfred riguardante l’idea dell’adozione, da parte di poeti e letterati germanici, della mitologia nordica islandese al posto di quella ellenica poiché, a detta del primo, questa nulla avrebbe da invidiare, quanto a lirismo narrativo ed immaginazione, alla seconda. La mitopoiesi va così facendosi espressione di quell’anima “volkisch”, la cui centralità farà da sfondo all’intera narrazione dei vari esponenti del Romanticismo.

Ma qui sta il bello. Nell’ultima edizione commentata del testo herderiano, curato dalla Professoressa Micaela Latini e dal Prof. Michele Cometa, proprio in omaggio alle tendenze più “mainstream” dell’attuale pensiero filologico e filosofico a riguardo, si insiste sulla vocazione razionalista e progressista del pensiero herderiano, che viene, in tal modo, frettolosamente appaiato ai vari moti rivoluzionari a venire ed al contesto ideologico progressista. Volutamente si omette o si riduce a mera “degenerazione”, il fatto che, invece, il percorso del pensiero romantico non sia di natura meramente lineare, finalizzato alla realizzazione di una Gerusalemme Celeste in terra e di una sorta di utopia universalista bensì, decisamente “circolare”, ciclico, ci riporta alla capacità della sintesi poesia-mito, di risvegliare quegli archetipi che riposano negli abissi dell’inconscio di ogni popolo. E così, quella che, inizialmente, aveva la parvenza di un’algida e luminosa narrazione di stampo winckleriano, agganciata al carrozzone illuminista e positivista, una sorta di esotico vezzo della settecentesca “Enciclopedie”, va, invece, facendosi impetuosa ed irrazionale onda emotiva. Quello Sturm und Drang, che sconvolgerà i piani di chi avrebbe voluto un generale appiattimento dell’occidente, sugli stereotipi del nascente materialismo economicista.

Il linguaggio poetico riporterà, pertanto, sulla scena quegli Dei, sino ad allora rimasti celati dalle nebbie della Storia. La bella Freya, Odino che sacrificò un occhio alla sapienza, il marziale Thorr, il prode Balder, l’infido Loki, sono così tornati ad affacciarsi sul grigio proscenio d’Occidente, mentre il frassino Yggdrasill, alte avrebbe levate le sue fronde verso l’infinito, lasciando che i raggi di un Sole Nero, tornassero a baciare i volti di un popolo totalmente rinnovellato e centrato nella coscienza di quel “sé”, di quell’identità che, avrebbe costituito la linea di discrimine della incombente Modernità. In mezzo a due contrapposte visioni del mondo, (l’una intrisa di un omologante e meccanicista materialismo, l’altra di invece volta a dare un’anima ed un senso superiore alla realtà intera), sta un nuovo punto di discrimine, rappresentato da quell’ “io”, da quella piena coscienza del “sé”, per cui gli Dei sul proscenio della Modernità, finiranno con l’avvicinarsi sempre più a divenire proiezioni di quello stesso “sé”. La poesia finisce pertanto, con il farsi il principale linguaggio in grado di esprimere, con la sua potenza espressiva, l’ambiguità di un Occidente, sempre in bilico tra due visioni del mondo che, anche se contrapposte, rimangono irrimediabilmente e misteriosamente legate al destino di quest’ultimo…

UMBERTO BIANCHI

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