“Questa perdita del centro,
da parte di un mondo che è uscito dai suoi cardini,
si può scorgere anche nel paesaggio
e persino nei volti degli uomini” (1)
Quanto la deriva del più cieco economicismo abbia ormai depauperato ogni dimensione spirituale dell’uomo contemporaneo, è costatazione che collima molto con un’ovvietà, ma quando la stessa sfera del Sacro si sia snaturata, falsificando se stessa e concedendosi a forme di parodia ovvero di perfetta inversione non solo formale, ma soprattutto sostanziale, è il tema su cui poco si rifletta, proprio perché è il tema primario che caratterizza la fase finale dell’Età del Lupo, come le saghe nordiche rappresentavano l’età oscura, in cui fatalmente ci si ritrova a vivere. L’uomo, ridotto alla sua pura animalità, vive per sopravvivere e con la solidificazione del manifestato alle sue spalle, sembra essersi volto ormai alla realizzazione del Quinto Stato, un gradino più in basso del mero materialismo, un viatico che perdurerà fino a quando sarà realizzata “la grande parodia”, immagine speculare e, quindi, invertita della polare Tradizione Primordiale,
“affinché tutte le possibilità contenute nel Principio, anche le più basse, possano avere il loro compimento sul piano della manifestazione” (2).
Tutto ciò si configura come l’avvento di una spiritualità alla rovescia, seguendo il significato simbolico di Satana come scimmia di Dio, in cui si sono spalancate le porte alle influenze infere dell’infraumano, cioè all’omologazione planetaria e la distruzione del carattere interno di una massa alienata di uomini senza forza interiore:
“…il passaggio allo stato libero e caotico di forze individuali e collettive, materiali, psichiche e spirituali che in precedenza erano state in vario modo vincolate da una legge dall’alto e da influenze d’ordine superiore” (3).
In ciò si manifestano le cosiddette “Fenditure della Grande Muraglia”, citate dal metafisico francese Renè Guenon (4), quale l’estinzione dell’Io che si determina non come una sua sublimazione, ma come con un suo annichilimento, nelle oscure contrade della palude psichica. Tutto ciò, recentemente, è stato brillantemente evidenziato in un sintetico ma ricco saggio di Flavio Ferraro – La malvagità del bene. Il progressismo e la parodia della Tradizione – per Irfan Edizioni. Al giovane autore, curatore anche delle Odi del poeta britannico John Keats, può essere tributo il merito di aver inteso come il processo dissolutivo in atto debba essere considerato nella sua organicità, non sezionando la sfera economicistica dall’ontologia smarrita dell’anima, essendo lo psichismo, la medianità, il trans umanesimo forze oscure “democraticamente” e sinercigamente agenti insieme a quei processi di rimodulazione statutaria e sociale, che le immigrazioni di massa e le indotte crisi finanziarie, mirano, ormai non più occultamente a realizzare. Un principio, nel testo, è stato, dal nostro punto di vista, eccellentemente compreso. La stabilità interiore si realizza ove le acque inferiori si possono gelare o addirittura essiccare, ove la fissità di un’identità possa concretizzarsi. Al contrario,
“quest’individuo fluido, inafferrabile, non conosce pace…La società globalista odia la fissità…” (5).
Flavio Ferraro descrive come l’impersonalità deviata collochi proprio in queste sinistre regioni il proprio regno, glorificando ad idoli immortali la passività, la soggezione, la promiscuità nei riguardi di un mondo che nel Caos ha il suo centro ordinatore. Nell’azione di tali forze infere, ritroviamo raffigurati nella tradizione indù i demoni Koka e Vikokae nel Corano, le « orde di Gog e Magog » nella famosa Sura della Caverna (6). L’esistenza di ciò che Vasile Lovinescu (Geticus) denominava le “Sette Torri del Diavolo” ed a cui l’autore dedica una specifica appendice (7), si connetterebbero con determinate localizzazioni geografiche in cui agirebbero della reali congreghe stregoniche, che avrebbero anche una duplice connessione simbolica sia con il petrolio e la sua estrazione, in qualità di Oro Nero – al di là di analisi finanziarie o geopolitiche – sia con la figura mitica del Dio dalla Testa d’Asino, il Seth degli Egizi.
Il testo, in linea con la parte migliore degli autori della Sophia Perennis, infine, risulta essere un agile e piacevole testo, atto ad una precisa presa di coscienza. Se l’Eudaimonìa per gli Antichi era intesa come affermazione del buon daimon personale, quale parte aurea della nostra personalità da riscoprire, indi scevra dai vincoli del materialismo quanto dello psichismo isterico e collettivo, è d’uopo comprendere quanto il mondo del Bene attuale sia l’inversione di quel Bene che mirava e contemplava un Platone…
Note:
1 – Flavio Ferraro, La malvagità del bene, Irfan Edizioni, 2019, p. 11;
2 – Presentazione di Pietro Corvo in A. Bonatesta, La Sinarchia Universale, Edizioni Il Cinabro, Catania 1986, p. 6;
3 – J. Evola, Cavalcare la Tigre, Edizioni Mediterranee, Roma 1995, p. 24;
4 – . Guènon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, Edizioni Adelphi, Milano 1995, p. 167:
5 – Flavio Ferraro, op. cit., p. 21;
6 – Corano, Al – Kahf, Sura XVIII
7 – Flavio Ferraro, op. cit., p. 64ss.
Luca Valentini