11 Ottobre 2024
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Il complesso di Cassandra – 1° parte –

di Esperus
Lo stato della società italiana (e non solo) è sotto gli occhi di tutti e per questo preferiamo non curarcene, rimandando ad un inafferrabile domani la panacea dei nostri mali.
Tentare di comprendere perché gli italiani siano così inerti nei confronti del comune vivere civile e del loro essere popolo, è opera che attiene alla psiche umana e necessiterebbe di un trattato a parte.
È opportuno però esercitare una breve considerazione.

Mentre tutti gli altri popoli d’Europa si sono costituiti in nazione con la forza delle proprie armi (siano esse feudali o meno non ha importanza) e con la convinzione di essere “popolo”, gli italiani si sono lasciati trascinare dai particolarismi locali e soprattutto clericali. È inutile dilungarsi sui guasti derivati dall’assunzione del potere temporale da parte dei papi; rimane però l’evidenza di quegli eventi: la fragilità dei comportamenti, civili, militari e morali.
Tale fragilità è esplosa in tutta la sua evidenza negli eventi del 25 luglio 1943 ed il conseguente 8 settembre dello stesso anno.
Eventi che, lungi dal costituire un momento di riflessione e consapevolezza, hanno acuito tale fragilità, aggravandola di un distacco dalle istituzioni, da parte del popolo e di un disinteresse per il popolo da parte delle istituzioni. È triste doverlo riconoscere, ma questo distacco, questo disinteresse di fondo dal senso civico e, soprattutto, dall’essere popolo ha iniziato la china del non ritorno.
Ci stiamo americanizzando e non vogliamo rendercene conto; stiamo perdendo la nostra anima e non ci interessa. Vestiamo all’americana, beviamo coca-cola, alle elementari si insegna l’inglese, molte insegne commerciali sono in inglese, noi stessi sul lavoro o in casa usiamo termini americani; e non parliamo dei nostri soldati che combattono per gli interessi americani e sotto la loro supervisione.
Tutto il nostro sistema economico è legato mani e piedi agli interessi degli U.S.A.
Siamo seduti sull’orlo di un precipizio, sfidando la forza di gravità che tende a farci precipitare nell’abisso. Il fondo è imperscrutabile perché siamo saliti così in alto da non poterlo vedere. Ciò che ci troviamo a dover affrontare, quando guardiamo in giù, non è altro che la distruzione della nostra civiltà e la maggior parte di noi, per paura delle vertigini, ha chiuso gli occhi.
Se uno sale per un breve tratto su per un pendio e scivola, probabilmente non si farà molto male, ma la caduta da un’altezza maggiore può essere fatale.
Noi stiamo salendo così in alto, sul pendio del progresso, della libertà e della democrazia (queste ultime spacciate per tali), che una caduta ci manderà in frantumi come un bicchiere lasciato cadere dal trentesimo piano di un palazzo.
Noi viviamo sulla cima, ampia e piatta, di una piramide di carta rovesciata. Di carta è la valuta (non abbiamo più la copertura aurea) che noi scambiamo ogni giorno con le cose che compriamo e il lavoro che facciamo. Di carta sono i rapporti che scorrono tra i vari settori del governo per dare loro una parvenza di animazione. Di carta sono i tabulati dei computer che spersonalizzano la nostra vita. Di carta sono i giornali che tutti i giorni ci sommergono d’informazioni incontrollate ed incontrollabili.
Se decidessimo di chiamare “prezzo” la sommità della piramide, allora l’unica pietra, pericolante, su cui la piramide poggia si potrebbe definire “valore”. Se la sommità è definita “produzione” allora l’estremità inferiore si può chiamare “vendita” oppure “acquisto”.
Quali che siano le ragioni (e sono moltissime), la complessità della vita quotidiana è stata gonfiata oltre i convincimenti su cui è basata. La società italiana (e non solo) si è evoluta, meglio sarebbe dire involuta, dilatandosi al di sopra delle fondamenta su cui è stata edificata e, come una piramide che appoggi sul suo vertice, basterà un leggero soffio di vento per farci precipitare.

2 Comments

  • Anonymous 10 Novembre 2013

    Ci stiamo tanto americanizzando che per fare un piacere a Obama, un quaquaraquà ignoto ha scelto come ministro una signora nativa dalle boscaglie del Congo
    salvator ricciardin

  • Anonymous 10 Novembre 2013

    Ci stiamo tanto americanizzando che per fare un piacere a Obama, un quaquaraquà ignoto ha scelto come ministro una signora nativa dalle boscaglie del Congo
    salvator ricciardin

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