Tratto dal libro: Introduzione al pensiero di Emanuele Franz; Audax Editrice 2018
Il misterioso dipinto di Caspar David Friedrich intitolato Winter Landscape 1 (1811), ci presenta un freddo paesaggio di montagna, innevato e ghiacciato, con abeti che svettano verso il cielo, e, all’orizzonte, immersa nella nebbia e seminascosta una cattedrale immaginaria. Ecco qui evocato tutto il valore mistico della montagna come meta di contemplazione ascetica, poetica e metafisica. Una montagna ultraterrena e oltreumana in cui si riverbera un senso di profonda pace. Il silenzio è ovunque. Il mistero si condensa nella cattedrale avvolta nella nebbia, simbolo della sacralità della Natura. Emanuele Franz è il filosofo della montagna, intesa come meta ascetica e mistica. Alla montagna egli dedica due libri: Il monte Nous, racconto fantasy-alchemico e La montagna degli Dei, suo memoriale da alpinista.
Il Monte Nous è un racconto allegorico che narra la ricerca della Verità (Nous in greco) da parte dei protagonisti che tra percorsi innevati e gole profonde, incontrano creature fantastiche che li guidano al raggiungimento della vetta. Esso è anche un’allegoria della montagna come disciplina con sé stessi, silenzio, purificazione interiore, solitudine e prova della volontà, al fine di sviluppare una via etica che consenta alla Volontà di sprigionarsi in modo impersonale e a-soggettivo. La montagna quindi ha un ruolo fondamentale come terreno pratico di applicazione della filosofia della Volontà di Emanuele Franz, essa è un’esperienza iniziatica che impone all’uomo una disciplina che lo eleva verso i segreti della Natura. Il concetto di Forza di Volontà appare in Emanuele Franz totalmente diverso dalla Volontà di Potenza di Nietzsche. In Nietzsche
Dodici uomini per dodici biografie che vanno a fondersi per tracciare la biografia di un unico personaggio: la Forza, ovvero la Volontà espressa al suo livello più estremo. Ne La Biografia della Forza, la Forza è considerata un principio metafisico che muove il cosmo quanto l’uomo, essa è esterna all’uomo e si riflette nell’uomo a diversi gradi di intensità, e ha la potenzialità di possedere l’uomo fino a spingerlo a compiere opere straordinarie. Tutto ciò a patto che l’uomo, attraverso una rigida disciplina, si sia reso in grado di riceverla e rifletterla nell’intensità adeguata a produrre grandi cambiamenti nel mondo. Questi dodici uomini di cui Franz narra le vite, hanno sottoposto la loro Volontà a condizioni difficili, a tribolazioni così significative che, come il testo “La Biografia della Forza” mette in evidenza, tale Volontà portata ai massimi livelli si è disancorata sia dal soggetto volente che dall’oggetto voluto. Una Volontà esercitata a livelli ordinari è impotente, essa necessita di prove esterne per essere sviluppata e ampliata.
Questi dodici uomini si sono trovati in situazioni ai limiti delle possibilità umane, e la loro Volontà è stata sottoposta a resistenze così terribili che, come questi uomini ammettono, la loro Forza è derivata da livelli sovrumani. Napoleone si diceva chiamato dal destino, Rasputin seguiva visioni mistiche, e anche gli altri hanno ubbidito a un richiamo sovraterreno di modo che appare evidente che questa Volontà così forte che li ha contraddistinti non è umana. Essa si riflette nell’uomo ma proviene da una dimensione Altra. Se ne evince che la Volontà una volta disancorata anche dallo stesso oggetto o obiettivo si rafforza incredibilmente. Risulta importante per Franz il darsi un obiettivo impossibile, considerato folle, di modo che esso rafforzi la Volontà fino ai casi estremi di Cortés, Gandhi, Beethoven ecc., in cui essa consente di percepire il mondo come plastico, malleabile, come plasmato da un pensiero più grande dell’uomo, quello che Franz chiama Pensiero Esteso. Questi uomini non agiscono per loro stessi, e in questo modo, disancorando la Volontà dall’ego, la loro Forza è ingigantita a livelli immensi, perché l’ego, la piccola individualità non è altro che una zavorra per la Volontà. Perciò risulta necessario sganciare la Volontà dal soggetto volente. Gandhi non voleva certo liberare l’India per il suo tornaconto personale, così come Cortés agiva per Dio e per la Spagna e Beethoven per l’ideale filantropico di portare la gioia a tutto il mondo.
Franz ci rivela che quando siamo in grado di sbarazzarci persino dell’ego ecco che arriviamo a quella condizione di plasticità del mondo. Scopriamo cioè che il mondo non è una serie di leggi fisiche inalienabili ed eterne, ma esso soggiace a degli schemi cognitivi non umani che il grande iniziato alla Forza di Volontà è capace di percepire. Chi esercita la Volontà a questi livelli percepisce che c’è una dimensione dell’esistenza sì cognitiva e di pensiero, ma in cui non è l’uomo a pensare, e anzi di più, e qui sta la grandissima innovazione del Pensiero Esteso, egli percepisce che non c’è un pensatore supremo. Il Pensiero Esteso non implica un pensatore. Coltivare la Volontà si traduce dunque in un duro percorso iniziatico che porte a forme di consapevolezza vaste ed elevate sulla natura dell’Essere, questo il messaggio di Franz. La Volontà franziana va infatti intesa in senso quasi religioso, non nel senso comune, ma come religere al sacro. In effetti sul lungo cammino di purificazione e potenziamento delineato dal filosofo questi grandi uomini, Gandhi, Cortés, Marconi ecc., sono solo il primo gradino di una scala, una scala ascensiva di una volontà infinita che, una volta superato il soggetto e il suo stesso oggetto, è praticamente capace anche di creare mondi. Il tutto si rivela quasi una pratica mentale perché, portata alla sua massima potenza, questa dottrina della Forza ci dice che un uomo stando seduto immobile al buio in una stanza potrebbe cambiare il mondo, perché la straordinaria potenza di questa Volontà a rigor di termini non richiede nemmeno l’azione per poter essere esercitata. Diceva Lao Tze: “Io sto seduto immobile in cima ad una montagna e dirigo una rivoluzione”.
Ciò implica che esista quindi un’azione a distanza di questa volontà espansa ai massimi livelli. In fondo Gandhi ha ottenuto risultati stando seduto a digiuno. Tutto ciò è possibile per Franz se la Volontà viene sviluppata tramite adeguate prove. Ritorna qui la questione della disciplina interiore e della montagna, e infatti, come vedremo nei capitoli successivi, nell’Utopia politica di Franz è previsto che l’uomo candidato alla collettività debba essere una sorta di alpinista, perché chi è capace di stare due mesi in silenzio, chi ha conosciuto il ghiaccio, la neve, la solitudine, poi sviluppa dentro di sé quel nucleo inscindibile che diventa disinteressata dedizione al prossimo. La Volontà di Franz si distanzia anche dalla hybris greca, la superbia, la tracotanza, ma ha un aspetto di incomparabile altruismo. Attraverso l’esercizio della Volontà, ci spiega Franz, è possibile superare persino la classica dicotomia Io-mondo. Infatti un individuo che giunge attraverso le prove della disciplina a percepire il mondo come plastico è in grado di fondere l’io con il mondo e di agire su di esso. Come vogliono i mistici io e mondo devono essere uniti perché si manifesti un cambiamento. Per Franz la Volontà è una dimensione metafisica e la dicotomia io-mondo, soggetto-mondo non è altro che uno di quei grossi centri di potenza del Pensiero Esteso la cui eliminazione richiede un’energia spaventosa, in quanto è un abituale e atavico meccanismo mentale.
Conquistare il Messico con 508 uomini contro 25 milioni di Aztechi, come fece Cortés è impossibile. Ma qui interviene l’azione irrazionale che è magica e si manifesta nell’atto di Cortés di bruciare le sue stesse navi per non avere nessuna possibilità di tornare indietro. Tale atto è per Franz un atto magico, irrazionale che ha portato a conseguenze inimmaginabili. Questi uomini grazie alla loro disciplina sono stati in grado, secondo il filosofo, di manifestare il Dio interiore, di incarnare potenze ultraterrene che hanno loro concesso di piegare la storia. Guglielmo Marconi aveva il proposito folle di lanciare delle onde elettromagnetiche oltre l’oceano, un progetto considerato folle dalla comunità scientifica di allora, ma, come scrive Franz a pagina 72 de La biografia della forza: “sapeva che ci sarebbe riuscito, e questo fu un atto irrazionale, mosso dalla pulsione onirica che muove i grandi rivoluzionari”. Egli come dice Franz era fermamente convinto che gli eventi fossero guidati da una forza soprannaturale e ciò gli diede la Forza immane di portare a termine il suo progetto.
Ma, nel caso di Marconi, il filosofo si spinge addirittura oltre ed afferma che è il pensiero a creare la realtà e che, prima degli esperimenti di Marconi, la ionosfera, quello strato dell’atmosfera che permette la trasmissione di impulsi elettromagnetici a distanza, semplicemente non esisteva, Marconi l’ha creata con il suo pensiero. Leggiamo infatti a pagina 76 de “La Biografia della Forza”: “Il Genio, inteso come lo volevano i Greci, ovvero sia lo Spirito mediatore fra il Divino e l’umano, è riuscito, in virtù della Volontà Possente e sognatrice a immettere nel mondo quelle Leggi di cui prima era privo. Il Genio non scopre, il Genio crea”. Il mondo è per il filosofo frutto della Volontà, e coloro i quali sono in grado di esprimere questa Volontà a livelli eccelsi hanno veri e propri poteri creativi sul mondo. Infatti a pagina 77 de La Biografia della Forza Franz scrive:
“Se solo l’uomo comprendesse che la Volontà del Genio è solo la punta di un iceberg e riconoscesse che la Forza verso l’Ideale purpureo e immateriale è in grado di generare mondi, allora a tutti apparirebbe l’universo così per come esso è: un Sogno, un sogno vuoto che ha l’ombra del suo sognatore ad ogni crocicchio, allora la sua Verità stillerebbe sulle labbra ad ogni assetato di Bellezza”.
Abbiamo quindi delineato un rapporto tra Forza di Volontà e irrazionalità. I grandi gesti non possono che nascere dall’irrazionale come luogo della possessione divina e extraumana. Come dice Emanuele Franz a pagina 121 de La Biografia della Forza: La Forza è la capacità che le potenze irrazionali e passionali travalichino i dettati della ragione e ne valichino gli ostacoli. Di irrazionalità infatti si tratta, nei casi più modesti, come fu per Marconi, e di vera e propria follia, nei casi più eclatanti, come fu per Cortés. Ad ogni modo la Forza è sempre e comunque abisso della ragione, apoteosi dell’irrazionale, distruzione di schemi mentali preesistenti, prassi e consuetudini consolidate che vengono, nel guizzo estatico del sogno visionario, rase al suolo conferendo l’apertura al miracolo, il marmoreo coagularsi dell’Impossibile”. Non è un caso che Franz parli in egual modo di personaggi positivi come Gandhi e Marconi allo stesso modo che di personaggi negativi come Cortés o Rasputin. Il filosofo specifica infatti che la Forza non ha morale, essa esiste semplicemente per coloro che sono in grado di raggiungerla e rifletterla. Così non esiste il “lato oscuro” della Forza, poiché essa è unitaria e solo l’interpretazione umana la definisce chiara o scura.
L’influenza di una volontà sovrumana si manifesta come un vero e proprio fenomeno di “possessione”, un incontro con una realtà Altra praticato e usuale nella Grecia antica ma con cui abbiamo perso il contatto, leggiamo infatti a pagina 123 de La Biografia della Forza: “Gli antichi Greci non avevano vergogna di ammettere che le loro azioni erano mosse dagli Dei, i grecisti chiaramente lo dicono: gli antichi sentivano nel petto, nel Thumos (l’animo) delle vere e proprie voci che gli dicevano cosa fare, che essi attribuivano agli Dei e contro queste voci nulla si poteva fare, oltre che obbedirle. Si trattava, detto più semplicemente, di conferire “ad altri” la capacità delle proprie scelte, a qualcosa di “esterno””. Vediamo dunque anche in questo caso come la dimensione del fuori sia centrale nel pensiero di Emanuele Franz. Il sovrumano viene da una dimensione altra, esso è il richiamo dell’Essere stesso che ci spinge ad azioni nobili e disinteressate. Il filosofo ci spinge dunque ad intraprendere quel cammino di solitudine, silenzio e deprivazione sensoriale, tipico delle pratiche di un alpinista, al fine di sviluppare una Volontà degna di questo nome che sia in grado di apportare cambiamenti significativi e duraturi sul mondo esterno.
Ivan Buttazzoni
nasce a Udine nel 1977. È filosofo, scrittore e pittore. Si laurea in filosofia contemporanea all’Università di Trieste con il Prof. Pier Aldo Rovatti. Studia Storia dell’Arte presso l’Università di Udine. Nel campo della pittura si è distinto in numerose pubblicazioni nazionali e internazionali, vincendo diversi concorsi e ricevendo svariati attestati di merito e apprezzamenti fra cui quelli di Vittorio Sgarbi, José Van Roy Dalì (figlio del noto Salvator Dalì) e Paolo Levi.
I suoi campi di interesse sono l’Arte e la Spiritualità. Si occupa delle interconnessioni fra Storia dell’Arte, pensiero filosofico, occultismo, antropologia, alchimia, esoterismo e Storia della Magia. Vive e lavora a Udine.